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    Predefinito Testimonianze di Famiglia.

    Otto maschi e una vita trafelata.

    Il pane fatto in casa per risparmiare e la spesa in negozi diversi per spuntare il prezzo migliore. L'hobby delle cartelle punti e le lettere delle aziende alimentari che ringraziano per la fiducia.


    La mamma di sette figli è amatissima dai suoi ragazzi e dall'industria alimentare. "Signora Vanna, la ringraziamo per aver scelto i nostri prodotti". Le scrivono tutti: Nutella, brioches, latte, acqua, tutto. Lei dice di "raccogliere tutti i punti e di mandare anche 30 schede al mese". E così arrivano decine di regali dalle aziende: servizi di piatti, da caffè. maglioni, felpe, camicie, borse, zaini, lettori di mp3, cd, dvd...

    Vanna Cotto Cattide, 47 anni, infermiera professionale, vive coi suoi sette figli e il marito a Nuoro. Alle sette di sera sta sistemando in cantina, le buste di pane carasau: "Lo faccio una volta al mese da mia mia madre. Ne servono anche 70 chili al mese. Risparmiamo molto così".

    Il marito, Peppino, 49 anni, lavora anch'esso in ospedale: "Ci siamo conosciuti lì, e dopo pochi anni di fidanzamento ci siamo sposati. Già da fidanzati mi ripeteva: voglio tanti figli! E io gli rispondevo: ma vuoi me o i figli?!!!.".

    E questi figli sono arrivati, tutti maschi. Francesco, Sebastiano, Lorenzo, Piegiuseppe, Adriano, Simone e Gabriele. Da 21 a 8 anni di età. "Sono la mia vita, una benedizione del Signore: li abbiamo accolti con amore, uno dopo l'altro. Certo, vorremo anche una femminuccia, chissà che il Signore non ci faccia dono anche di questo! Ma abbiamo già ricevuto tanto, ci va bene così".

    Cristiani, Cattolici fino al midollo, è così che si definiscono. I loro figli non hanno mai avuto dubbi riguardo la fede: sanno che solo il Signore può dare queste benedizioni e questa felicità vera e naturale.

    "La mia giornata è ritmata, e dall'esterno può sembrare monotona, ma è tutto l'opposto! Sveglia alla sei, nanna a mezzanotte. Prima di andare al lavoro e prima che i ragazzi si alzino mi metto a stirare: è l'unico momento tranquillo. Se ho il turno pomeridiano pulisco il soggiorno, poi preparo la colazione e rassetto le stanze. I più grandio mi danno una mano tenendo a bada almeno le loro stanze!".

    Da otto anni e cioè dalla nascita del più piccolo, Gabriele, ha deciso di lavorare solo part time: "Mi permette di seguire meglio i bambini: compiti, catechismo, sport". Una famiglia da cartolina..? "Non è così. Una famiglia che ci impegna tantissimo, me e mio marito. Viviamo per i ragazzi, come tutti i genitori, e nonostante le corse e le giornate sempre piene, io conosco la stanchezza e la fatica, ma non lo stress. Ecco, questo credo che io sia il senso dell'amore per i figli: dedicarsi completamente a loro per vederli crescere, diventare uomini".

    Tra compiti, catechismo, sport, la giornata è piena ma "riesco sempre a ritagliare spazi per me, alla fine della giornata. Mi piace cucinare, leggo, faccio decupage: ma solo quando sono sicura di aver dato tutto quello che era possibile ai miei uomini di casa!".



    Che dire...

  2. #2
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    Ai figli si dà la vita
    Josemaría Escrivá amava e rispettava molto la libertà, nel suo autentico significato. Lo testimonia una persona che ha conosciuto personalmente il fondatore dell’Opus Dei: la scrittrice Marta Brancatisano, moglie felice e madre di sette figli.

    16 marzo 2007
    Intervista a cura di Carlo Climati


    “Libertà” è una parola affascinante, alla quale si attribuiscono tanti significati. Non sempre, però, viene utilizzata nella maniera giusta. Spesso la si confonde con il desiderio egoistico di fare ciò che si vuole, senza pensare agli altri.

    “Vorrei raccontare - dice Marta - un episodio che illustra bene lo spirito del messaggio di Josemaría Escrivá. Quando ero molto giovane, andai a trovarlo con mio marito. Avevo appena intrapreso la carriera universitaria ed ero in attesa della mia prima figlia. Gli chiesi un consiglio: ‘Padre, non so che cosa fare. Devo lasciare il lavoro e dedicarmi alla famiglia, oppure svolgere entrambe le attività?”. Lui, con affetto, mi rispose: ‘Queste sono cose che riguardano te e tuo marito. Devi essere tu a risolverle, con piena responsabilità’”.

    “Quale fu la sua decisione?”


    “Scelsi di dedicarmi alla famiglia. Ed apprezzai molto il comportamento di Josemaria Escrivá. Quest’uomo di Chiesa, se fosse stato strategico o clericale avrebbe potuto invitarmi a studiare, con l’obiettivo di vedermi diventare, un giorno, una voce cristiana all’interno dell’università. Sarebbe stata, peraltro, una cosa importantissima. Invece, con la piena consapevolezza della libertà delle coscienze, il fondatore dell’Opera mi disse che la decisione riguardava esclusivamente me e mio marito”.

    “Che cosa le ha comunicato Josemaría Escrivá, sull’argomento della libertà?”

    “Ho compreso il significato della libertà attraverso tutto ciò che lui ci ha insegnato sulla famiglia: sul rapporto di coppia e sull’educazione dei figli. Il fondatore dell’Opus Dei aveva il criterio di libertà chiarissimo, perché era una persona unita a Dio e piena d’amore. Solo chi ama molto è in grado di sopportare la libertà degli altri”.



    “Come ha capito tutto questo?”

    “Attraverso il rapporto coniugale e con i figli. Ai figli si dà la vita. E poi li si vede, a poco a poco, staccarsi dalla famiglia. Tutto questo è molto difficile da vivere, soprattutto per il timore degli errori che i propri ragazzi potrebbero commettere. Ogni genitore è protettivo, e tende a soffocare la libertà dei figli. A un certo punto, però, deve accettare l’idea che i giovani vadano in giro a fare le loro esperienze. In quel il momento si capisce che il rispetto per la libertà viene da un amore più grande, che l’essere umano, a volte, non riesce a vivere. Quindi, l’uomo ha bisogno di unirsi a Dio. Attraverso la grazia, si riesce a vivere questa libertà”.

    “Secondo lei, la parola ‘libertà’ viene spesso utilizzata in modo sbagliato?”

    “In questo momento culturale, stiamo vivendo un grosso equivoco. Nella nostra società, abbiamo staccato il concetto di libertà da quello di verità. Ci troviamo, a volte, di fronte ad una libertà vissuta in modo egoistico, disinteressandosi dell’altro”.

    “E quali sono i frutti di questo comportamento?”

    “Non l’incontro. Ma soltanto lo scontro o l’indifferenza. Quando la libertà viene vissuta dicendo che ognuno può fare ciò che vuole e che non bisogna sindacare le idee degli altri, si cade in un’atmosfera di non-incontro. Ogni scelta che facciamo rappresenta un momento etico molto forte. Se questo diventa un punto non rilevante nelle relazioni umane, viene a mancare il tessuto di connessione di una società. Se non ci si interessa di ciò che muove la volontà degli altri, si cade nel non-rapporto”.



    “Questa è la realtà in cui ci troviamo oggi?”

    “L’attuale società, così ‘libera’, non ha favorito i rapporti. Prima di tutto quelli familiari, che sono in distruzione. E poi quelli sociali, che già si definiscono ‘virtuali’. Tutti noi abbiamo una grande spinta sentimentale verso coloro che sono lontani, e poi distruggiamo i nostri vicini. Questo è il paradosso”.

    “Come difendersi dai rischi di una società relativista, in cui l’uomo tende spesso ad essere egoista e a fare ciò che vuole?”

    “L’essere umano desidera essere felice. Il problema è che, a volte, compie delle scelte sbagliate. Crede d’aver trovato la felicità, ma poi si rende conto di essere caduto in un inganno. Oggi molte cose, apparentemente, sembrano rendere felici. Come la droga e il sesso libero. Ma certe scelte non sono sufficientemente illuminate dalla ragione. Si sceglie per istinto, per sentimento, per opportunismo, per debolezza, per vigliaccheria o per non andare controcorrente. Alcuni adolescenti consumano droga perché non vogliono sentirsi diversi dal resto del gruppo. Bisogna, invece, recuperare le capacità razionali, che aiutino ad illuminare le scelte nella ricerca della vera felicità”.

    “La libertà, oggi, è considerata il bene supremo?”

    “La libertà ‘timbra’ la dignità dell’uomo, perché un essere umano non è niente senza libertà. Ma questa libertà va legata ad un significato, che una volta si chiamava verità. Ed è ciò che ci si deve impegnare a cercare”.

    “Josemaría Escrivá come si comportava?”

    “Era una persona estremamente sensibile ed amante dell’altro. Ma, allo stesso tempo, decisa e categorica nell’affermare la verità. Certamente non quella dettata dai suoi gusti personali, ma la verità di Dio. La sua personalità, in una cultura decadente e relativista come quella di oggi, potrebbe sembrare troppo decisa. Ma questo è stato un altro ‘campanello’ per la mia formazione di donna e di genitrice”.

    “Che cosa le ha fatto capire?”

    “Ho capito che la libertà è un mezzo, e che bisogna cercare i significati delle cose. Devo sempre chiedermi, e far chiedere ai figli, che cosa voglio raggiungere. Evitando gli atteggiamenti dogmatici, che non favorirebbero la crescita della responsabilità nelle persone. La libertà, insomma, è l’avventura della vita. A volte si cade e ci si fa male, perché essa implica il dolore. Ci possono essere dei criteri, dei significati profondi, degli orientamenti. Ma poi, ognuno la vive sulla propria pelle, imparando ogni giorno qualcosa”.

 

 

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