come da titolo...secondo me nella sua prima parte NO ma nella seconda Si
come da titolo...secondo me nella sua prima parte NO ma nella seconda Si
Nel suo complesso sicuramente no.
Se ci si limita al Terrore e alla Vandea, certamente sì.
«Non ti fidar di me se il cuor ti manca».
Identità; Comunità; Partecipazione.
La Rivoluzione Francese è stata certamente uno dei periodi storici più importanti per la creazione della Civiltà Occidentale. Un'evento indispensabile. Anzi: inevitabile.
Un fallimento dell'Illuminismo? E perché mai?
La Riv. Fr. - con Terrore e tutto - rappresenta proprio la massima espressione delle pretese illuministiche.
La "funzione storica" della Rivoluzione era l'accrescimento e il consolidamento del dominio della borghesia e dei suoi valori sulla società: fine di ogni privilegio ed eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, laicità dello Stato, libertà di coscienza, libertà personale, libertà economica. Non c'è alcun dubbio sul fatto che questi obiettivi siano stati raggiunti con successo. Anzi, le politiche intraprese dai governi del decennio rivoluzionario prima, e da Napoleone poi, ebbero conseguenze durature solo nella misura in cui si armonizzavano con il moto della società civile (o con lo spirito del mondo, se si preferisce).
Ma non furono raggiunti dalla rivoluzione francese e sono ad essa preesistenti, illuministici appunto.
Fece più napoleone a questo proposito, la rivoluzione francese sostenzialmente fallì, come quella americana che ha portato a bush.
Si può dire che il rapposrto della riv francese con gli ideali illuministici somigli a quello dell'unione sovietica col socialismo, e non è una somiglianza casuale,
anche se la riv russa fu un fallimento più grave.
Addio Tomàs
siamo fatti della stessa materia di cui sono fatti i 5 stelle
C'é da dire, in effetti, che non esiste un'unica Rivoluzione Francese. O, meglio, non esiste una sola fase della Rivoluzione.
La Rivoluzione che ebbe inizio nel 1789 era davvero inevitabile. La situazione dello Stato e della società in Francia era divenuta insostenibile. Non era solo un dramma economico. Era un dramma sociale, culturale, umano.
A tutto ciò era impossibile, se non con un miracolo, far fronte con gli strumenti ordinari. Né il Re da solo (che aveva contro tutta la nobiltà e parte del clero), né gli stessi Stati Generali potevano prendere in mano la situazione e rovesciare uno stato di cose che si era ormai stabilizzato e sedimentato nei secoli.
C'é stato allora bisogno di uno scossone forte: ecco la Rivoluzione. La stessa Rivoluzione, appunto, che portò all'abolizione dei privilegi, all'abolizione del feudalesimo, alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino (che ancora oggi è alla base della Dichiarazione dei diritti dell'uomo che nel 1948 ha adottato l'ONU).
Voglio dire, in sostanza, che la Rivoluzione Francese, sotto la guida dei primi e genuini ideali illuministici, di passi avanti alla Francia di allora ne fece compiere eccome. Il dramma è che la Rivoluzione del 1789 non è quella del 1793.
La Rivoluzione del Popolo, quella guidata dalla fame e dalla Marsigliese... non è quella del Robespierre ormai impazzito o quella di un Tribunale Rivoluzionario che sentenziava più decapitazioni di quante volte un uomo possa battere le ciglia in una giornata.
Il periodo del Terrore fa parte della Rivoluzione Francese, sì. Ma non della prima sua fase. Fa parte del periodo in cui la Rivoluzione degenerò, pretendendo di continuare a marciare anche quando da rivoluzionare ormai non c'era più nulla.
Prima di tutto le conquiste della Rivoluzione non erano date una volta per tutte, ma era necessario difenderle sia dai nemici esterni sia da quelli interni. In secondo luogo c'erano altri innumerevoli passi in avanti da fare, soprattutto in campo sociale. E da questo punto di vista l'alleanza (pur difficile e caratterizzata da reciproche incomprensioni) strategica tra il movimento popolare e il governo convenzionale rappresenta un aspetto importante e innovativo dell'esperienza dall'anno II (per tacere dell'abolizione della schiavitù nelle colonie).
Ma soprattutto mi preme sottolineare come l'assetto sancito nel 1791 (il punto di arrivo di una rivoluzione liberale) era tutt'altro che stabile. L'ambiguità della condotta del re, lo scisma religioso, il malcontento contadino per la liberazione dai gravami feudali compiuta solo a metà, la scellerata decisione di dichiarare guerra all'Europa (il conflitto sarebbe stato inevitabile, ma prendere l'iniziativa fu un errore politico).. tutti questi fattori erano ben presenti nella loro gravità prima dell'ascesa di Robespierre, del Comitato di Salute Pubblica e della convenzione montagnarda, e anzi ne causarono la prepotente ascesa.
Sull'ambiguità della condotta del Re ho qualche riserva. Di tutto credo si possa accusare Luigi XVI nel periodo che seguì al suo trasferimento alle Tuileries, ma non penso sia giusto accusarlo di ambiguità. Fu ambigua, semmai, la Convenzione che dapprima si dichiarò pronta a proteggere e difendere la persona del Re e poi, con una calma serafica quasi surreale, si lasciò conquistare dalle idee deliranti del giovane Saint Just.
L'instabilità è un elemento che è inscindibile dalle rivoluzioni, qualunque esse siano. Rovesciata l'autorità statale preesistente, il caos che ne consegue non è certo gestibile con le fragili istituzioni rivoluzionarie, soprattutto quando alla guida di esse vi sono personaggi contraddittori, litigiosi e in lotta continua con gli ideali e i pensieri di altri leader rivoluzionari.
E poi c'é anche da considerare un altro fatto. E' verissimo che l'assetto, soprattutto sociale, era instabile e tutto da consolidare. E' altrettanto vero, però, che non si consolidava certo prorogando la vita della Rivoluzione e istituendo il Tribunale Rivoluzionario di Fouquier Tinville. Si sarebbe dovuta voltare pagina, anche formalmente, e ripristinare un'autorità statale che avesse il carattere della stabilità. Anche se apparente, come apparente era la Repubblica appena istituita. Si è preferito proseguire nel cammino rivoluzionario.
I risultati li abbiamo visti tutti.