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Sulla Vivisezione


Edito da ETS, è uscito senza troppo clamore un piccolo gioiello "Sulla Vivisezione", capace forse di stupire non pochi: perché il suo autore è Richard Wagner, esimio compositore, di solito non accostato a tematiche animaliste.

20 novembre 2006 - Annamaria Manzoni

"Sulla Vivisezione" è una lettera aperta, scritta a Ernst von Weber, in risposta al suo scritto "Le camere di tortura della morte", in cui Weber condannava "la vacua curiosità e mania di scoperta" che spingeva i vivisettori a fare "ogni sorta di esperimenti a vanvera su migliaia di esseri viventi".
La copertina del libro Sulla vivisezione Wagner, incurante che siano gli spiriti beffardi e motteggiatori i soli ad occuparsi delle prese di posizione contro la vivisezione, ne parla come della "più grave questione dell'umanità", della "barbarie più inumana"; la combatte con la forza fiera delle sue argomentazioni rifiutando di farlo in nome del principio dell'utilità, a cui oppone piuttosto quello della compassione per tutto ciò che vive: perché le società che ragionano solo in termini di interesse sono maledette e le religioni che le sostengono sono sdivinizzate, svuotate del dio che divulgano.
La compassione di cui Wagner parla, lontana da quella a buon mercato che si esprime con scuotimenti di testa e alzate di spalle, è compassione pura, è empatia, partecipazione, dolore dell'altro sentito nel proprio corpo e nella propria anima.
Sa bene di non doverla cercare nel dogma ecclesiastico, tranquillo nel ridurre gli animali a oggetti d'uso e consumo; e rabbiosamente comprende di non poterla trovare nei medici, quando questi, pur consacrati ad alleviare le sofferenze umane, difendono le torture sugli animali: così incapaci di compassione da diventare inaffidabili, nullità nel loro mestiere, già pronti, nella loro insensibilità alla sofferenza dell'altro, a passare alla sperimentazione umana, sostituendo una vittima debole e indifesa con un' altra altrettanto debole e indifesa.
La pietà nei confronti degli animali (che diventerà in Wagner anche difesa del vegetarianesimo) si esprime nell'ammonimento a chi "si arrampica sull'albero della scienza" a guardare non nell'interno sventrato di un animale vivo ma nei suoi occhi, dove "parla la sublime tristezza della natura, per il buio della sua esistenza....piena di tormento, poiché dove egli scherza con la scienza, l'animale prende la cosa sul serio". Se l'uomo è in grado di trasformare la propria sofferenza dandole un senso religioso o metafisico, l'animale è tutto lì nella sua percezione e nel suo sentire presente e privo di riscatto, e l'unica sublimazione della insensata sofferenza che gli viene inflitta sta, incredibilmente, nella sua capacità di continuare ad amare il suo tormentatore.
Straordinariamente attuale, Wagner sostiene la necessità di una abolizione incondizionata della vivisezione, senza se e senza ma, non una sua limitazione nè un controllo statale, che altro non produrrebbero se non la presenza "di un gendarme appositamente istruito a ogni conferenza di fisiologia dei signori professori e dei loro spettatori".
Grande Wagner, che traduce le pulsioni del suo genio in un atto di accusa dolentissimo ed estremo: l'eco della sua protesta attraversa un tempo che si misura in secoli, per arrivare dove nulla è cambiato, dove stato e chiese, istituzioni e scienza, solerti vigilano affinché la compassione tra esseri viventi sia tacitata in nome della necessità, ridicolizzata nella gerarchia di valori di comodo, sostituita dalla filosofia dell'interesse.

Note:
"Sulla vivisezione" di Richard Wagner
(traduzione a cura di Sandro Barbera, Giuliano Campioni)
Collana: nietzscheana
48 pagine
10 euro