26/09/06 - Una riflessione sui fatti di Ungheria
I grandi vecchi del glorioso PCI, Giorgio Napolitano, Pietro Ingrao e Armando Cossutta, hanno rievocato i fatti di Ungheria dell’ottobre-novembre ’56.
Il primo saltando abilmente il fosso delle proprie responsabilità ha detto che “sull’Ungheria Nenni aveva ragione”. (il che non significa che lui riconosca il suo torto...)
Il secondo, all’epoca dei fatti direttore dell’Unità, ha affermato di aver commesso sull’Ungheria il più grosso errore politico della sua vita.
Per ultimo ha fatto sentire la sua voce Cossutta che si è dichiarato “comunista non pentito” e assolutamente favorevole alle decisioni togliattiane sull’Ungheria.
Tutti e tre facevano parte della direzione del PCI a capo del quale c’era Palmiro Togliatti “il Migliore”.
I fatti: dopo un primo intervento militare sovietico del 24 ottobre 1956 , Togliatti il 30 ottobre scrisse una tremenda lettera al presidium del Comitato centrale del PCUS, esortando i compagni sovietici ad estirpare la “mala erba della reazionaria controrivoluzione ungherese”.
La sua poltrona scricchiolava e Giuseppe Di Vittorio, segretario della CGIL, scaldava il motore sulle ali di un disorientamento che, di fronte ai fatti ungheresi si era impadronito di alcuni dirigenti .
Togliatti perciò taglio corto: o reprimete duramente gli ungheresi oppure non sono solo io che vengo messo in discussione ma potrebbe crollare tutta l’impalcatura del movimento comunista internazionale.
Il documento sicuramente fece pendere l’ago della bilancia a favore dei più oltranzisti tra gli stalinisti filo-interventisti, Molotov, Kaganovic, Vorosilov: Togliatti era il più autorevole segretario comunista occidentale, pezzo da 90 del Comintern e candidato da Stalin alla guida del Cominform.
Punti sul vivo il 31 ottobre Kruscev e gli altri decisero la “tolleranza zero” e affidarono al maresciallo Kruscev il compito di spazzare via i traditori del socialismo.
Stavolta la feroce normalizzazione partì e i russi non fecero prigionieri .
Il 4 novembre 2000 tanks della Stella Rossa fecero mattanza degli insorti ungheresi.
Togliatti si incontrò a Mosca nel novembre ’57 con il nuovo capo ungherese Janos Kastar che espresse assenso alla condanna di Nagy e gli chiese un favore; che tale condanna , e relativa esecuzione, avvenissero dopo le elezioni politiche che, in Italia, si sarebbero svolte il 25 maggio ’58.
Detto e fatto. In quelle elezioni il PCI guadagnò voti e, secondo gli accordi, Nagy e altri furono giustiziati il 16 giugno.
Naturalmente le impiccagioni degli insorti del ’56 durarono fino al 26 agosto 1961.
Con quel Togliatti si schierarono decisamente Napolitano ed Ingrao. (quello che oggi pretende di rappresentare il mio Paese nel mondo...)
Pietro Nenni, bollato nella citata missiva di Togliatti come “socialdemocratico” si schierò decisamente a favore dei patrioti ungheresi, prese nettamente le distanze dal PCI e, finalmente, con le decisioni dell’Autonomia socialista adottate dal Congresso di Venezia del febbraio ’57, ruppe il patto di nità d’azione del ’47-’48.
Scelte politiche drammatiche che costarono non poco al leader del PSI.
Restituì il Premio Stalin conferitogli nel ’52 devolvendo i 14 milioni di lire del premio alla CRI. Nenni si era accorto da tempo che qualcosa non quadrava nei fraterni rapporti fra socialisti e comunisti e tra comunisti.
E i primi dubbi gli erano venuti dopo il processo-farsa, e successiva impiccagione che, nel ’52, aveva condannato il segretario del PC cecoslovacco.
Nenni ebbe ragione e coraggio da subito a differenza delle coccodrillesche lacrime di oggi.
Segnalo, per l’approfondimento, la lettura di
Federico Argentieri, Ungheria 1956-la rivoluzione calunniata, Marsilio
Victor Zaslavsky, Lo stalinismo e la sinistra italiana, Le Scie Mondadori
Erik Durochmed, Eroi senza gloria, Piemme
Raymond Aron, Una rivoluzione antitotalitaria, saggio del 1957, Rizzoli
Giovanni Lubrano di Scorpaniello