Gli S.u.a. sembrano essersi accorti che in sudamerica tira aria socialista e, come nelle presidenziali messicane e probabilmente anche in quelle peruviane ecco che magicamente i risultati di TUTTI sondaggi preelettorali che davano in NETTO vantaggio il candidato populista della sinistra ''chavezziana'', in alcuni casi anche di 10 punti, ecco che questi all'atto del voto si stravolgono e portano in vantaggio di 4 e più punti il candidato neoliberista filoamericano, filodollarizzazione e tls Noboa ai danni di Correa. Che modo orrendo di intendere la ''democrazia'' la ''democrazia'' dei furti elettorali e del terrorismo di stato.
QUITO - Un ricco imprenditore, Alvaro Noboa, ed un economista di sinistra, Rafael Correa, si disputeranno in un ballottaggio il 26 novembre prossimo il diritto a succedere nel Palazzo di Carondelet al presidente uscente Alfredo Palacio. Il risultato, che deve essere ancora ufficializzato dal Tribunale superiore elettorale (Tse), conferma una consolidata tradizione in Ecuador in base alla quale dal ritorno alla democrazia nel 1979 le presidenziali si sono sempre risolte in un secondo turno a due.
Al termine di una tormentata campagna elettorale Noboa, che é proprietario di 110 imprese fra cui molte di banane, ha rappresentato la vera sorpresa imponendosi ieri nelle presidenziali ad altri 12 candidati e soprattutto superando all'ultimo momento anche il leader di Alianza Pais, che era addirittura stato indicato come possibile vincitore al primo turno.
Per gli analisti, il risultato permette agli Stati Uniti di tirare un sospiro di sollievo perché un eventuale chiaro successo di Correa avrebbe spinto l'Ecuador verso una possibile alleanza con l'area più radicale dei paesi latinoamericani formata da Cuba, Venezuela e Bolivia. Si tratterà comunque, sottolineano gli esperti, di un secondo turno complesso, perché i due candidati non rispondono alle regole tradizionali della politica e fanno ricorso a promesse assai difficili da mantenere, come la costruzione di 300.000 alloggi ed il milione di posti di lavoro che ha evocato Noboa nella fase finale della sua campagna.
Gli exit-poll alla chiusura dei seggi, e poi in serata i risultati preliminari non ufficiali del Tribunale superiore elettorale (Tse), al 50% del totale, hanno indicato che Noboa era al primo posto con oltre il 27% dei voti, davanti a Correa (22%). Staccati, e quindi fuori da ogni possibilità di accedere al ballottaggio, si trovavano altri candidati di rilievo come il socialdemocratico Leon Roldos, il centrista di Sociadad Patriotica Gilmar Gutierrez e la socialcristiana di destra Cynthia Viteri.
Il leader degli indigeni, Luis Macas (Conaie), aveva per parte sua raccolto attorno al 2% dei voti in un paese in cui la popolazione autoctona è oltre il 25% del totale. In un primo improvvisato dibattito elettorale, Noboa si è rallegrato perché "gli ecuadoriani non hanno votato per la dittatura ed il comunismo" rappresentati a suo avviso da Correa. Quest'ultimo ha replicato che gli elettori debbono sapere che il progetto di Noboa è quello di "trasformare l'Ecuador in una colonia statunitense".