Vi riporto un bel testo tratto da un blog
E' da un pò che ci pensavo, mi chiedevo come mai è in vigore tra i luoghi comuni che la Chiesa Cattolica è oscurantista?.
Cercavo di capire gli eventi che possono aver determinato questo luogo comune che purtoppo viene ribadito di continuo sia dagli opinionisti televisivi che da politici, fino a far diventare una menzogna una verità. La solita menzogna detta mille volte che diviene verità, siamo sempre alla stessa dinamica.
Ho pensato di fare una piccola ricerca, con i miei pochi strumenti e quello che ho scoperto è meravigliosamente immenso, che dovrebbe sgretolare completamente il luogo comune della Chiesa Oscusantista.
Mesi fa cominciai a leggere un libro di Jean Guitton, pensatore cattolico del '900, "Dio e la Scienza" per poi passare a "Perchè credo in colui che ha fatto il mondo" dello scienziato italiano Antonio Zichichi. C'erano riferimenti, nomi, legami e molto altro che smentiva in maniera evidente l'artificioso oscurantismo.
Una fonte di convinzione dell’esistenza di Dio, connessa alla ragione e non ai sentimenti, è data dall’estrema difficoltà di concepire questo universo meraviglioso come il cieco risultato del caso o della necessità.
Ma chi è che ha inventato l'idea che fede e scienza siano incompatibili?
Da allora mi misi a fare una ricerca di nomi di scienziati rigorosamente credenti in Dio e cosa avessero fatto per meritarsi il loro nome sui libri di scienze.
I padri della scienza moderna erano credenti!
Sia la fede che la ragione sono entrambe doni di Dio: dunque, non sono e mai potranno essere in contrasto fra loro. La certezza cristiana è che il Dio Creatore è anche il Dio Rivelatore: dunque, le scienze naturali, in quanto investigazione delle meraviglie della Sapienza divina, sono in qualche modo atti di culto, motivi di meditazione religiosa.
E anche per questo che le opere matematiche e geometriche degli antichi (primo fra tutti Euclide) giunsero a noi, devotamente ricopiate dai monaci e poi — appena fu possibile — subito stampate e diffuse da altri religiosi.
E ci sarà pure una ragione se al tempo di Galileo le università, questa tipica creazione del Medio Evo cattolico, erano 108 in Europa, se ne contava qualcuna nelle Americhe spagnole e non ce n’era nessuna nelle terre non cristiane.
Del resto, basta pensare che la storia delle scienze, anche fisiche, è piena di nomi di credenti, spesso preti e frati.
Proprio nel secolo del positivismo ateo, del razionalismo agnostico, uno dei maggiori scienziati, fra i più grandi della storia (e fra i suoi più preziosi benefattori) è quell’uomo di profonda e conclamata fede cattolica che è Louis Pasteur.
Nello stesso secolo, per fare un solo altro nome, il grande Johann Gregor Mendel, il biologo che formulò le leggi sulla ereditarietà, era un frate.
Ma sì, bisogna stare attenti a non cascare nel trappolone che vorrebbe convincerci di un divorzio irreparabile e unanime tra scienza e fede.
Prendiamo, ad esempio, uno dei simboli e dei fattori più potenti della «modernità»: l’energia elettrica.
Alessandro Volta era un uomo da messa e da rosario quotidiani;
André-Marie Ampère scrisse addirittura delle "Prove storiche della divinità del Cristianesimo";
Michael Faraday alternava straordinarie invenzioni a predicazioni del vangelo sulle strade inglesi;
Luigi Galvani era devoto terziario francescano;
Galileo Ferraris un austero, esemplare cattolico praticante;
Léon Foucault, il primo che calcolò la velocità della luce, un convertito...
Ed è un fatto innegabile che i più grandi scienziati di tutti i tempi erano, o sono impregnati di profonda religiosità. Gli esempi abbondano. Copernico era un religiosissimo canonico;
Newton passava dagli studi sulla gravitazione universale alle pratiche di religione e di carità, saltava pasti e dormiva pochissimo, ma non tralasciava mai di pregare.
Galileo Galilei era cattolico convinto, al punto di lasciar scritto che "in tutte le opere mie, non sarà chi trovar possa pur minima ombra di cosa che declini dalla pietà e dalla riverenza di Santa Chiesa".
(Nota di Aganto: Galilei aveva ragione nel sostenere che nelle sue opere si trovasse nulla di contrario alla dogmatica. Sbagliarono quelli che credetto ciò. La dogmatica pertanto non è inficiata dal caso Galilei e men che meno lo è la Infallibilità)
Keplero era credente;
Boscovich, che era astronomo, fisico, matematico, architetto, storico e poeta, un vero genio universale, era anche gesuita.
Alexis Carrol, Premio Nobel per la medicina, positivista incredulo finchè constatò di persona, a Lourdes, una guarigione instantanea e inspiegabile.
John Eccles, Premio Nobel per la medicina (studio del sistema nervoso) credente.
Coyne, padre gesuita direttore della Specola Vaticana, l'Osservatorio Astronomico della Chiesa Cattolica.
Johnny von Neumann, il padre dei computer, dimostrò la non-contraddizione della meccanica quantistica. Era uno scienziato cattolico e nulla di ciò che scoprì lo portò ad abbandonare la propria fede. Enrico Medi, fisico, credente.
I modernissimi Plank, Einstein e Bohr credevano in Dio.
Il Nobel Rubbia, scienziato di prim'ordine e credente in Dio, ha dichiarato: "Noi [i Fisici] arriviamo a Dio, percorrendo la strada della ragione, altri seguono la strada dell'irrazionale".
Non dunque "aut fides aut ratio", ma "fides et ratio", come insegna il Papa nella sua ultima Enciclica.
Ne era convinto anche il tedesco Max Plank (1858-1947), uno dei padri universalmente riconosciuti della fisica del nostro secolo, premio Nobel, che scriveva nel 1938: "Per quanto si voglia guardare, non troviamo da nessuna parte, tra religione e scienza, una contraddizione, ma precisamente, nei punti più decisivi, perfetta concordanza. La religione e le scienze naturali non. si escludono a vicenda, come molti oggi credono o temono, ma si completano e si connettono reciprocamente".
I fatti sono questi, a meno di voler ammettere una assurdità: e cioè che i summenzionati luminari, quando si occupavano di Dio, pensionavano la ragione.
Dai geni della scienza a quelli della letteratura e della poesia, la storia non cambia.
Il sommo Dante in testa a tutti, e poi Petrarca, ma anche Shakespeare, Milton, Dostoievski, Manzoni, il Nobel Grazia Deledda ("cattolica a tutte lettere", la defnisce il gesuita Sommavilla) per arrivare a Claudel.
E poi Lewis, Bernanos, il Nobel Mauriac, Julien Green, Tolkien, Peguy, Chesterton, Elliot, per concludere con il russo Solzenicyn (il più grande scrittore russo di questo secolo, implacabile accusatore dei misfatti del Comunismo) fino al cattolicissimo Eugenio Corti, autore de ll cavallo rosso.
Stessa musica nel campo dell'arte:
Giotto, il Beato Angelico (era un frate), Michelangelo, Raffaello, Tiziano, Bramante, Rembrandt, per citare solo alcuni tra i talenti più noti, non si spiegherebbero senza la fede. Tutto il loro genio è emerso in dipinti e sculture a sfondo religioso. Fede e ragione convivono, insegna la storia.
Troppo facile poi parlare dei filosofi.
I più grandi credevano in Dio. Platone e Aristotele, due geni del pensiero, erano certi della sua esistenza, senza avere mai letto un solo rigo delle Sacre Scritture.
Credenti, e santi, i sommi Agostino, Anselmo d'Aosta, Alberto Magno e Tommaso. Santo e anche Bonaventura. Pascal e Vico erano cattolici. E avevano fede pensatori del calibro di Cartesio e Leibniz, di Rosmini e Kierkegaard, di Bergson e Solovev, di Gilson e Del Noce.
E anche Kant credeva in Dio (ma quanti errori in questo filosofo). (citazione di Vittorio Messori)
A chi lo nega, vien bene suggerire quel che diceva Gustave Thibon, il francese autodidatta, un genio della umana saggezza:
"Chi si reputa di essere Dio, sarà in eterno la sua scimmia".