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    Predefinito La sfida dei Cristiani venuti dall’Islam

    La sfida dei Cristiani venuti dall’Islam (parte II)
    Intervista a Giorgio Paolucci, caporedattore di “Avvenire”
    ROMA, giovedì, 7 settembre 2006 (ZENIT.org).- Giorgio Paolucci, caporedattore di “Avvenire”, ha scritto insieme a Camille Eid, giornalista libanese e inviato dello stesso quotidianoin Medio Oriente, un volume dal titolo “I cristiani venuti dall’Islam” (Piemme, 220 pagine, 12,90 Euro), che raccoglie le testimonianze di musulmani residenti in Italia che hanno scelto di convertirsi al cristianesimo.

    In questa seconda parte dell’intervista a ZENIT, Paolucci racconta e descrive alcune di queste storie di conversione, nate da un incontro gioioso quanto misterioso con Gesù e dalla scoperta delle risposte alle domande esistenziali fino ad allora rimaste inappagate.

    La prima parte dell’intervista è stata pubblicata il 6 settembre.

    Ci racconti alcune delle storie contenute nel suo volume.

    Paolucci: Una ragazza algerina, padre cattolico, madre algerina musulmana, nata a Varese, educata all’islam. Un giorno è andata al liceo e ha avuto di fianco una ragazza di “Comunione e Liberazione” che è diventata la sua migliore amica. Ha cominciato a studiare con lei, a 15 anni si è chiesta come mai questa sua amica era sempre allegra, felice, e gli ha chiesto: posso venire anch’io alle gite ed agli incontri che organizzate? Solo dopo aver frequentato gruppi di giovani uniti dalla fede cristiana ha capito che l’origine di questa gioia era Gesù ed il suo amore. Ed ha detto allora questo lo voglio anch’io. All’inizio ha avuto problemi con la madre che non accettava che andasse all’oratorio, in parrocchia, a Messa, poi ha scelto lei.

    Spesso all’interno della famiglia musulmana, il padre o la madre, o nella comunità, c’è un opposizione radicale ai fenomeni di conversione verso il cristianesimo. Ci sono casi estremi, con persone che vengono uccise se si allontanano dai costumi musulmani. Dalle diverse storie ho tratto il convincimento ancora più chiaro che alla base della conversione ci sia il fascino umano rappresentata dalla testimonianza cristiana.

    Un ragazzo turco che non trovava risposte convincenti all’interno della tradizione islamica, andava dall’Imam e quello gli rispondeva di leggere il Corano. Il ragazzo turco leggeva il Corano ma le risposte non le trovava. Così un giorno ha fatto visita ad un francescano, gli ha posto le stesse domande ed ha ricevuto le risposte precise e soddisfacenti, e questo lo ha portato alla conversione.

    E’ vero che alcuni si sono convertiti leggendo il Vangelo?

    Paolucci: Proprio così. C’è un bosniaco che combatteva nel Balcani nelle milizie musulmane contro i serbi e contro i croati. Durante la notte ascoltava in trincea una radio di Sarajevo che trasmetteva contemporaneamente i discorsi di Mustafa Ceric, capo della comunità islamica di Bosnia ed Erzegovina, e i discorsi del Cardinale Vinko Pulijc sulla guerra. Ceric diceva dobbiamo fare la guerra santa (jihad) e combattere perché questa terra diventi musulmana, ed è dovere di ogni musulmano fare la jihad, mentre Puljic diceva che non ci sarà pace su questa terra finché non avremo il coraggio di perdonarci e che la riconciliazione è l’unica strada che porterà all’amicizia.

    E lui rimaneva colpito dal fatto che mentre il suo leader incitava all’uso delle armi il suo nemico invitava alla riconciliazione. Finchè per motivi diversi è venuto in Italia dove è finito in carcere ingiustamente per un incendio in cui non c’entrava nulla, infatti è stato poi assolto. Nel periodo passato carcere ha incontrato una suora croata che andava a trovare i detenuti, e gli ha chiesto se voleva leggere il Corano, ma l’ufficiale bosniaco ha risposto che il Corano lo conosceva già e voleva leggere il Vangelo, perché si ricordava una frase del Cardinale Puljic che diceva che Gesù nel Vangelo ci insegna il perdono. La suora rimase colpita, e gli procurò un Vangelo in lingua croata, lui lo lesse ed iniziò una amicizia che alla fine lo ha portato al battesimo. Sono delle storie miracolose, come è miracolosa ogni conversione.

    Un'altra storia riguarda la conversione di una ragazza turca che ha avuto un sogno. Costei amava un italiano che ha sposato civilmente in Turchia, subito dopo è venuta ad abitare a Verona; doveva sposarsi ma il Vescovo tardava nel dargli il consenso per il matrimonio misto, c’erano ostacoli di natura burocratica. A questo punto la ragazza fa un sogno dove gli appare un uomo con il naso adunco e la veste bianca, che gli dice sono Giovanni non ti preoccupare perché la tua vita sarà felice.

    Dopo un mese, lei stava lavando i piatti in cucina quando vede in TV Piazza san Pietro con una immagine della faccia di quella stessa persona che aveva sognato. Naso adunco, vestito di bianco, un po’ grassottello. Chiama suo marito e gli dice, vieni a vedere quello è l’uomo che ho sognato, si trattava della beatificazione di Giovanni XXIII, la ragazza turca aveva sognato il Pontefice bergamasco. E dopo pochi giorni da questa rivelazione arrivò dalla Curia di Verona la notifica che il matrimonio si poteva celebrare. Lei rimase così colpita che chiese il battesimo. Insomma tutte storie di persone che sono state raggiunte da Cristo in maniera misteriosa, assolutamente non programmata.

    E’ vero che c’è anche chi si è convertito ascoltando “Radio Maria”?

    Paolucci: Proprio così. Si tratta di un algerino che voleva imparare l’italiano. L’università era chiusa perché c’erano stati dei disordini, lui era un appassionato di lingue, aveva comprato un corso di audiocassette in italiano, e si era chiuso in casa a studiare. Per migliorare la sua conoscenza della lingua utilizzava la radio. Una sera si ferma su una stazione che ripeteva in continuazione le stesse parole, a lui serviva molto questa litania per imparare la lingua. Era Padre Livio che da Erba recitava il rosario, le parole che venivano ripetute erano quella dell’ “Ave Maria, piena di grazia…”.

    Il ragazzo stava imparando l’italiano ed è rimasto affascinato da questa preghiera. Ha continuato ad ascoltare “Radio Maria”, ha approfondito la sua conoscenza del cristianesimo e di Maria sui libri.
    Si è convinto che la religione cristiana era quella che voleva seguire. Il prete francese di Algeri non l’ha voluto battezzare perché era troppo pericoloso in quel momento. E’ quindi venuto in Italia, è andato a trovare la redazione di “Radio Maria”, si è fatto battezzare e adesso vive in Toscana, E’ diventato un grande devoto di Maria, ma è ancora uno che vive nascosto, perché ha la famiglia ad Algeri, il fratello era entrato in un gruppo islamico.

    In Appendice al libro c’è la storia molto bella di un libanese musulmano che si è convertito al cristianesimo, è diventato sacerdote ed ha poi convertito centinaia di musulmani. La sua storia è arrivata fino in Segreteria di Stato. L’allora Pontefice Paolo VI lo invitò a Roma, ed in ginocchio gli chiese la benedizione, dicendogli: “Tu sei l’esempio di come la libertà di Dio non ha confini”.

    Esiste una pastorale per i convertiti dall’Islam?

    Paolucci: La Conferenza Episcopale Italiana ha preparato un documento “Catecumeni provenienti dall’Islam” (Paoline 2000), scritto da don Walther Ruspi. C’è giustamente molta cautela perché molti dei musulmani convertiti rischiano la vita. E’ un problema di libertà che non tocca solo i paesi islamici. Purtroppo si sta verificando un problema di libertà anche in un paese come l’Italia, perché l’Islam prevede solo una religione da cui non si può uscire. Da questo punto di vista è molto importante chiedere alle comunità musulmane di riconoscere ai loro fratelli la libertà religiosa di potersi convertire e di vivere liberamente in Italia.

    Quali sono le conclusioni che avete tratto da questa inchiesta?

    Paolucci: Noi diciamo che il libro lancia tre sfide: la sfida all’Islam perché riconosca la libertà religiosa, la sfida alle autorità civili italiane che devono garantire questa libertà e la sfida a noi cristiani “tiepidi” affinché si riaccenda l’amore di Gesù.

    Come scritto dall’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo approvata nel 1948, il diritto alla libertà religiosa è fondamento di ogni società civile. E’ legittimo che le comunità musulmane presenti nel nostro Paese chiedano la tutela dei loro diritti religiosi, ma proprio per questo devono riconoscere lo stesso diritto anche a coloro che liberamente intendono convertirsi ad un’altra religione.

    Da questo punto di vista le autorità civili italiane devono garantire il diritto e la pratica della libertà religiosa. Non è ammissibile che un convertito dall’islam debba vivere clandestinamente, frequentare una chiesa che sta a 30 chilometri dall’abitazione, perché ha paura che la comunità musulmana lo colpisca.

    La terza e decisiva sfida è alla Chiesa, perché questi convertiti sono parte della nuova primavera del cristianesimo, in un paese dove il cattolicesimo è spesso diventato un soprammobile. Nel corso dell’inchiesta per la pubblicazione del libro, Camille Eid ed io siamo rimasti colpiti dalla freschezza e dal coraggio di questi convertiti dall’islam, i quali ci dicevano “voi non vi rendete conto di quale grande tesoro avete… Gesù Cristo ha rivoluzionato la nostra vita”.

    Un algerino ci ha detto “voi tenete lo scrigno con il coperto chiuso, e dentro c’è un tesoro. Noi veniamo nelle vostre chiese e non vediamo il tesoro, veniamo in un paese cattolico come l’Italia e vediamo che lo scrigno è chiuso, invece lo scrigno dovete tenerlo aperto perché c’è un tesoro che è per tutti. Gesù lo dovete comunicare agli immigrati che arrivano, invece siete timidi ed avete vergogna”.

    In questi convertiti abbiamo visto una fede straordinariamente vitale che ci ha richiamato alla mente la rivoluzione che Cristo ha operato nel mondo.

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    La sfida dei Cristiani venuti dall’Islam (parte I)
    Intervista a Giorgio Paolucci, caporedattore di “Avvenire”
    RIMINI, mercoledì, 6 settembre 2006 (ZENIT.org).- Lunedì 21 agosto, Giorgio Paolucci ha presentato al Meeting di Rimini il libro scritto insieme a Camille Eid “I cristiani venuti dall’Islam” (Piemme, 220 pagine 12,90 Euro) nell’ambito dell'incontro "Islam e Occidente, la sfida della libertà religiosa".

    Il volume raccoglie le testimonianze di musulmani residenti in Italia, che anche a rischio della propria incolumità dopo aver incontrato il fascino del cristianesimo si sono convertiti e hanno ricevuto il battesimo.

    Per approfondire un tema di così scottante attualità, ZENIT ha intervistato Giorgio Paolucci, giornalista e scrittore, nonché caporedattore del quotidiano dell’episcopato italiano “Avvenire”.

    “Il libro – ha spiegato Paolucci – è il tentativo di portare alla luce un iceberg. Mentre gli occidentali che si convertono all’islam sono piuttosto noti, vanno in televisione, sono ospiti dei programmi più visti, sono presidenti delle associazioni islamiche più famose e non hanno problemi di visibilità, noi siamo andati a cercare le persone che, per la natura stessa della loro esperienza, hanno problemi a far conoscere cosa gli è capitato, anche se sono molto contenti di quanto gli è accaduto”.

    “Si tratta dei musulmani convertiti al cristianesimo – ha continuato il giornalista –, persone che, per questa loro libera scelta, vanno incontro a discriminazioni e minacce, in alcuni Paesi islamici perdono i diritti civili e rischiano la pena di morte, vengono respinti dagli stessi familiari e amici perché accusati di apostasia”.

    Una inchiesta delicata e pericolosa…

    Paolucci: Il primo problema è stato trovare i convertiti dall’islam al cristianesimo. Tutti hanno sentito parlare di Abdul Rahman, il 41enne afgano che rischiava la pena di morte nel marzo di quest’anno perché accusato di apostasia e che ora vive in Italia, salvato da una mobilitazione internazionale. Quando si è verificato il suo caso, per 15 giorni tutti i giornali in Italia, in Europa e nel mondo hanno parlato del problema dell’apostasia e della condanna a morte che l’islam prevede per chi si converte ad altra religione. Il nostro compito era quello di andare a conoscere le storie ed i volti di queste persone, facendo capire che la questione non riguarda paesi lontani come l’Afghanistan, ma anche l’Europa e l’Italia.

    Perché ci riguarda?

    Paolucci: Uno dei frutti dell’immigrazione è che l’Islam è tra noi. Essendo tra noi lo è in tutta la sua complessità, compreso il grande nodo della libertà religiosa, nodo che i paesi islamici e le relative comunità sparse per il mondo non hanno ancora sciolto. Volevamo fare un libro che approfondisse le implicazioni teologiche, giuridiche e dell’apostasia e delle relative condanne, ma che lo facesse attraverso dei percorsi umani, cercando di capire come può accadere che persone amino così tanto Gesù da rischiare persecuzioni e pena di morte.

    Nel 1995 è uscito anche in Italia il libro di Jean Pierre Gaudeul “Vengono dall’Islam, chiamati da Cristo” (Emi, Bologna 1995) il cui obiettivo era quello di analizzare le storie da un punto di vista teologico. A noi invece interessavano le storie per intero. Ci abbiamo messo due anni a trovarle, perché è molto difficile convincere le persone a parlare, organizzare i racconti in modo che rimanga l’essenza, cambiando i connotati per ragioni di sicurezza…. Alla fine abbiamo trovato trenta storie, alcune raccontate personalmente, altre raccolte per telefono o per internet, altre ancora recuperate da alcuni rari articoli della stampa italiana.

    Nell’introduzione al libro il gesuita egiziano Samir Khalil Samir, docente di storia della cultura araba e islamologia all’Università Sait-Joseph di Beirut, affronta il problema dell’apostasia. Potrebbe illustrarci i risultati della sua analisi?

    Paolucci: Secondo Khalil Samir dallo studio del Corano non risulta che ci sia una pena di morte per gli apostati. Ci sono 14 sure in cui si parla delle punizioni dell’apostata, ma solo in una di queste si fa riferimento al tipo di punizione, e cioè “l’apostata sarà punito con una punizione in questo mondo e nell’altro mondo”. Nel passaggio che dice “in questo mondo” non viene specificato come, mentre il Corano in genere è molto specifico sulle pene, perché se rubi deve essere amputata la mano, se sei adultero vieni punito con cento frustate ecc. Samir sottolinea quindi che il fatto che gli apostati vengano condannati a morte secondo il codice penale di Arabia Saudita, Iran, Sudan, Yemen Mauritania e Afghanistan, non deriva da una prescrizione coranica.

    Se questo è vero gli integralisti islamici che dicono bisogna uccidere gli apostati, non parlano a nome del Corano. Questo fatto è importante non solo per i musulmani che si convertono al cristianesimo, ma per il fatto che l’apostasia è diventata negli ultimi trenta anni lo strumento principale per eliminare gli avversari politici. Molto spesso i Fratelli musulmani e altri gruppi accusano i loro avversari politici di apostasia e quindi non è più un problema religioso ma una tecnica di eliminazione dell’opposizione. L’analisi condotta da Samir su questo argomento è rivoluzionaria e si spera che sollevi un dibattito interno all’Islam.

    Quanti sono in Italia i convertiti dall’islam al cristianesimo?

    Paolucci: Dati precisi non ce ne sono. Per quanto riguarda la nostra inchiesta possiamo testimoniare di alcune centinaia di convertiti, provenienti da paesi del nord Africa, dal Medio Oriente e dall’Asia. Diversi sono stati battezzati in Italia, altri battezzati nel loro paese e poi sono venuti ad abitare in Italia. Altri battezzati in un paese terzo poi arrivati in Italia.

    Dalle storie che abbiamo raccolto risulta che ci sono domande che sono nel cuore di ogni persona: il senso della vita, la felicità, l’amore, l’amicizia, cosa c’è dopo la morte. Alcune delle persone che abbiamo conosciuto non trovavano una risposta soddisfacente nel Corano e nell’educazione islamica che avevano ricevuto, nel contempo hanno incontrato delle testimonianze affascinanti di cristiani, loro amici, colleghi di lavoro, vicini di casa, insegnanti, che sono state l’inizio di una risposta diversa da quella coranica musulmana. Le diverse esperienze hanno fatto scattare l’idea che forse era il Cristianesimo, Gesù, e non il Corano, la cosa che stavano cercando per realizzare il loro percorso umano.

 

 

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