Semplicità e innocenza



Signore Iddio, dammi ancora del tempo da vivere; ho bisogno di vivere per capire. Capire cosa? La bellezza e la forza della semplicità, che non è, lo so bene, sinonimo di innocenza: l'innocenza forse non esiste; in ogni caso, alla mia età, non posso affermare di possederla.
Finisce così, con una lettera a Dio dattiloscritta su una Olivetti 22, il romanzo che lo scrittore Raffaele Crovi ha pubblicato qualche mese fa col titolo Cameo (Mondadori), storia di un ebreo battezzato, della sua malattia, della sua famiglia e della comunità passata e presente reggiana in cui egli è immerso. Proprio agli inizi del mese tradizionalmente riservato alla vacanza voglio proporre questa lettera-preghiera perché fa una domanda "povera", eppur importante, a Dio, quella della semplicità. Ha ragione l'amico e scrittore Crovi a ricordare a me e ai lettori che essa non è identica all'innocenza, che è purezza assoluta da ogni odio e male, una dimensione di "immacolatezza" che riserviamo appunto a Maria, la Madre del Signore.
La semplicità è più "umana", è spontaneità, schiettezza, naturalezza. È sobrietà, franchezza, anche un po' di ingenuità. Va contro la complicazione, l'ansia da carriera, l'oscurità macchinosa. Ignora l'artificiosità, l'ipocrisia, l'affettazione. Detesta la scaltrezza, la malizia, la perversione. Siamo in un tempo di quiete, abbiamo deposto le difese che alziamo durante la vita in società nel resto dell'anno. Non possiamo, allora, spazzar via dall'anima anche certe escrescenze, quei fronzoli e quegli orpelli che cercano di nascondere il vuoto interiore? Non siamo capaci, con semplicità appunto, di risalire dentro all'anima e al cuore per mettervi ordine? Non riusciamo a ritrovare la chiarità intima che dà serenità, senza ricorrere allo psicologo?

Sì, chiediamo a Dio di capire «la bellezza e la forza della semplicità».