Originariamente Scritto da
apoliticos
Per evitare che situazioni simili si ripetano, le religiose sono state "invitate" a diffidare dei racconti dei detenuti, cercare sempre dei riscontri e, soprattutto, ad evitare di innamorarsi dei carcerati.
La tua recensione dell’articolo è, come dire, un po’… lacunosa. Nel testo originale il Quaglia dice:
“… per evitare che troppe suore abbandonino il velo portando all’esasperazione il loro bisogno di rendersi utili e risolvere problemi veri o presunti degli altri, sono state inasprite le regole per partecipare all’opera di redenzione dei detenuti.”
[….]
“E da quando hanno cominciato a verificarsi storie sentimentali tra volontarie e carcerati abbiamo imposto anche altre norme: innanzitutto quella di non innamorarsi mai dei detenuti, seguita da quella di non credere a tutto quello che dicono e cercare i riscontri a quanto raccontano per evitare brutte sorprese.”
Quindi le suore non sono “invitate” a non innamorarsi dei detenuti ma, come è detto a chiarissime lettere, è loro “imposto” di non innamorarsi. E la differenza non è lieve.
Come sia ipotizzabile che un sentimento possa essere imposto o vietato per “superiori disposizioni”, lo sa solo Quaglia. Ma è una teoria che “non quaglia”, perchè dimentica che gli esseri umani non rispondono alle stesse regole degli automi (“al cuor non si comanda”, dice un vecchio adagio). E così la quaglia si trasforma; e diventa un… ocone.
L’articolo integrale:
http://www.lastampa.it/redazione/cms...9042girata.asp