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  1. #1
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    Predefinito Magistero ordinario del Papa

    Una domanda sul Magistero ordinario del Papa. Anche se di per sé non è infallibile, bisogna prestare l'ossequio dell'intelletto e della volontà che si distingue dall'assenso di Fede. Ora se il credere il contrario è temerario, vuol dire che in pratica il Papa è infallibile anche nel suo Magistero ordinario, o no? O è un rispetto della sua autorità?
    Oltretutto anche nel Magistero ordinario il Papa è assistito dallo Spirito Santo.
    Per cui è possibile che un Papa si sbagli nell'esercitare il suo Magistero ordinario? Se no, non è equivalente affermare che il Papa è infallibile anche nell'esercizio del Magistero ordinario?
    Se invece il Papa si può sbagliare, i cattolici sono tenuti per l'ossequio a seguirlo nell'errore?

    CIAO

  2. #2
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    Predefinito

    Citazione Originariamente Scritto da Eugenius
    Una domanda sul Magistero ordinario del Papa. Anche se di per sé non è infallibile, bisogna prestare l'ossequio dell'intelletto e della volontà che si distingue dall'assenso di Fede. Ora se il credere il contrario è temerario, vuol dire che in pratica il Papa è infallibile anche nel suo Magistero ordinario, o no? O è un rispetto della sua autorità?
    Oltretutto anche nel Magistero ordinario il Papa è assistito dallo Spirito Santo.
    Per cui è possibile che un Papa si sbagli nell'esercitare il suo Magistero ordinario? Se no, non è equivalente affermare che il Papa è infallibile anche nell'esercizio del Magistero ordinario?
    Se invece il Papa si può sbagliare, i cattolici sono tenuti per l'ossequio a seguirlo nell'errore?

    CIAO
    Accidenti che domanda scorbutica... come principiante posso tentare una personale opinione... il Papa... come uomo sicuramente può sbagliare... come successore di Pietro credo possa sbagliare molto di meno... ma tu esimio Eugenius ... mi perdoni la confidenza... ma cosa pensi in merito?

    B.

  3. #3
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    Predefinito

    Riporto quanto ho scritto in un altro forum. In pratica mi sono autorisposto.

    Documento

    3. Quindi vi è il "religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza" (n. 23) dovuto a tutti quegli interventi di carattere dottrinale, che non rientrano però nell’ambito sia delle definizioni solenni del Papa e dei concili che degli insegnamenti proposti come da tenersi in modo definitivo da parte del Magistero ordinario e universale. Ciò avviene "quando il Magistero, anche senza l’intenzione di porre un atto "definitivo", insegna una dottrina per aiutare ad un’intelligenza più profonda della Rivelazione e di ciò che ne esplicita il contenuto, ovvero per richiamare la conformità di una dottrina con le verità di fede, o infine per mettere in guardia contro concezioni incompatibili con queste stesse verità" (n. 23). "Religioso ossequio" significa che non è sufficiente una qualunque presunzione di verità, come si ritrova comunemente nei rapporti umani, per cui si presume che la persona competente — il medico, l’avvocato, e così via — dica il vero nella sua materia, ma un atteggiamento che si radica nella fede teologale, cioè nella persuasione che il depositario della funzione magisteriale è divinamente assistito nell’adempimento del suo compito: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni [...] Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (10). L’"essere con" di Cristo è un dato di fede, ed è quindi "[...] nella logica e sotto la spinta dell’obbedienza della fede" che deve collocarsi il "religioso ossequio della volontà e dell’intelligenza". Fra la presunzione di verità della vita corrente e l’obbedienza al Magistero vi è una comunanza solo analogica. "Ossequio della volontà e dell’intelligenza" implica che non ci si può accontentare di un atteggiamento esterno, ma vi deve essere lo sforzo sincero di conformarvisi interiormente, appunto perché si tratta di un atto radicato nella fede. Insegnamenti di questo tipo si ritrovano per esempio nei documenti del Concilio Vaticano II, nelle encicliche e nei pronunciamenti più significativi del Magistero ordinario del Papa e dei vescovi sparsi per il mondo. Ma molto spesso si trovano accanto, in modo non sempre facilmente discernibile, a dottrine già altrove definite o definitivamente proposte, e questo fatto deve essere tenuto in adeguata considerazione (11).
    Per quanto riguarda il Magistero ordinario del Papa dipende dal tenore dei documenti la sua infallibilità o meno. Anche se non è di per se infallibile il cattolico è sempre tenuto a seguire il Papa anche nel suo Magistero ordinario.

    Mentre la dottrina sull’esistenza del Magistero ordinario infallibile è certa ed è definita, così come quella sui criteri del Magistero straordinario — sono le quattro condizioni enunciate nella Costituzione dogmatica Pastor Aeternus, c. 4, in DS 3074 —, altrettanto non si può dire per i criteri dell’infallibilità del Magistero ordinario. Certamente l’universalità e la definitività della proposizione sono condizioni sicure, tuttavia non è sempre facile discernerle, posto che il Magistero ordinario, di norma, è quello dei vescovi dispersi nel mondo. Qualcuno ha affermato, con solidi argomenti, che la continuità ininterrotta, per un certo periodo di tempo, di un insegnamento ordinario del Papa, in quanto principio e segno dell’unità cattolica, costituisce un criterio sicuro che tutta la Chiesa così crede o tiene fermamente. Queste sono però soltanto, per ora, delle opinioni teologiche: cfr. Paul Nau O.S.B., Le Magistère pontifical ordinaire, lieu théologique, in Revue Thomiste, anno LXIV, tomo LVI, n. 3, luglio-settembre 1956, pp. 389-412; e Fidelis M. Gallati O.P., Wenn die Päpste sprechen. Das ordentliche Lehramt des apostolischen Stuhles und die Zustimmung zu dessen Entscheidungen [Quando i Papi parlano. L’insegnamento ordinario della cattedra apostolica e l’assenso alle sue decisioni], Herder, Vienna 1960. Ma, allora, come si deve comportare concretamente un fedele — e quindi anche un teologo — di fronte ai pronunciamenti del Magistero ordinario? Appunto: deve aver chiaro che la ragione dell’obbedienza al Magistero non è la sua infallibilità, ma la sua autorità religiosa, cioè il fatto che è divinamente assistito. Davanti a un singolo pronunciamento sa che, accidentalmente, potrebbe anche essere erroneo, tuttavia sa anche che, di regola, la sua verità è soprannaturalmente garantita. In certi casi, poi, può disporre di criteri che gli fanno per lo meno dubitare che l’insegnamento sia infallibile.
    CIAO

  4. #4
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    Ok gentilissimo Eugenius... ho capito qualcosa merito soprattutto di quest'ultimo paragrafo:

    ...allora, come si deve comportare concretamente un fedele — e quindi anche un teologo — di fronte ai pronunciamenti del Magistero ordinario? Appunto: deve aver chiaro che la ragione dell’obbedienza al Magistero non è la sua infallibilità, ma la sua autorità religiosa, cioè il fatto che è divinamente assistito. Davanti a un singolo pronunciamento sa che, accidentalmente, potrebbe anche essere erroneo, tuttavia sa anche che, di regola, la sua verità è soprannaturalmente garantita. In certi casi, poi, può disporre di criteri che gli fanno per lo meno dubitare che l’insegnamento sia infallibile...

    Dal punto di vista del "vero fedele" nulla da obiettare... ma da parte di chi... diciamo non è "totalmente fedele"... qualche spunto di critica ci sarà sempre... poi magari si batterà il petto... in ogni caso la tua risposta al quesito, per me principiante, è abbastanza soddisfacente... sinceri saluti...

    B.

  5. #5
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    Ciao Barbanera

 

 

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