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    Predefinito Il Magistero antimodernista di san Pio X

    Il Magistero antimodernista di san Pio X




    1. Il Magistero antimodernista di san Pio X
    La reazione antimodernista all’interno della Chiesa si riassume emblematicamente nell’opera di magistero e di governo di Pio X anche senza evidentemente esaurirsi in essa. Il numero dei collaboratori pienamente fedeli agli orientamenti del Pontefice fu tuttavia meno consistente di quanto si possa immaginare e gli antimodernisti costituirono, come i modernisti, una minoranza all’interno della Chiesa.

    Quando, il 4 agosto 1903, cardinale Giuseppe Sarto, patriarca di Venezia, venne elevato al soglio pontificio, il padre Semeria ne apprese la notizia da don Minocchi in Russia. «Chi han fatto Papa?», domandò. «Sarto – rispose Minocchi – con il nome di Pio X». «Un reazionario! Siamo fritti», rispose Semeria1.

    Il «reazionario» Pio X, «fu nel medesimo tempo – come ben sottolinea Roger Aubert – uno dei più grandi pontefici riformatori della storia»2. Il suo programma di restaurazione della società cristiana, riassunto dalla formula Instaurare omnia in Cristo, implicava, oltre alla ferma difesa dell’ortodossia della Chiesa minata dal modernismo, anche un vasto programma di iniziative pastorali e di riforme, a cominciare da quella della Curia pontificia. La reazione di Pio X contro il modernismo non fu d’altra parte, semplice repressione, ma profonda riflessione e fermo giudizio sui problemi che esso sollevava. Ciò risulta chiaramente dalla enciclica Pascendi3, l’atto più significativo del suo regno e uno dei documenti pontifici di maggior spessore teoretico del secolo XX. La Pascendi venne preceduta dal decreto Lamentabili4 che sta ad essa come il Sillabo alla Quanta cura e fu seguita dal giuramento antimodernista Sacrorum antistitum, che ne costituisce il compimento.

    L’ampio ed elaborato documento è diviso in tre punti in cui vengono analizzate e ricondotte a unità le diverse personalità che si fondono nei fautori del modernismo: il teologo, lo storico, il critico, l’apologeta, il riformatore. Seguono le istruzioni disciplinari che i vescovi debbono attuare nella scelta dei professori nei seminari e per l’incremento degli studi filosofici, teologici e delle materie profane ausiliarie.

    Per Pio X, l’agnosticismo, secondo cui la ragione umana è ristretta interamente entro il campo dei fenomeni e non può innalzarsi a Dio, né conoscerne l’esistenza, sia pure per mezzo delle cose visibili, costituisce l’aspetto negativo del modernismo5. La dottrina dell’immanenza vitale ne costituisce l’aspetto positivo6.

    L’immanenza, come ogni fenomeno vitale, nasce per i modernisti da un bisogno che sorge a sua volta da un «movimento del cuore», un sentimento religioso, la cui specificità è la fede che non poggiando su alcune premesse razionali è in realtà fideismo. La fede per essi non è l’adesione dell’intelligenza ad una verità rivelata da Dio, ma una esigenza religiosa che per «vitale immanenza» si sprigiona dall’oscuro fondo (subcoscienza) dell’anima umana. L’immanenza postula l’equivalenza tra coscienza e rivelazione intesa come l’apparire di Dio all’anima: di qui «la legge che erige la coscienza religiosa a regola universale sullo stesso piano della rivelazione e alla quale tutto deve essere sottoposto, perfino l’autorità suprema, nella sua triplice manifestazione, dottrinale, culturale, disciplinare»7.

    L’immanenza viene applicata dal teologo alle formule e verità di fede con la conclusione che le rappresentazioni della realtà divina si riducono a «simboli», espressioni di particolari situazioni di coscienza la cui «formula intellettuale» muta a secondo dell’«esperienza interiore» del credente. Le formule del dogma, per i modernisti, non contengono verità assolute: esse sono immagini della verità che devono adattarsi al sentimento religioso8.

    Il modernismo respinge i concetti della trascendenza teologica di Dio rispetto al creato, della divinità di Gesù Cristo, considerata unicamente presente nella coscienza del credente e della divinità della Chiesa, prodotto dell’esperienza collettiva. In ultima analisi l’unica formula valida della verità religiosa si risolve nella struttura che la coscienza dà a sé stessa di fronte ai singoli problemi della fede. In questo senso viene capovolta la prospettiva tradizionale secondo cui l’esperienza religiosa può essere soltanto un valore secondario e indipendente dalla Rivelazione e dal Magistero ecclesiastico e si riprende il tentativo dello gnosticismo di abbracciare tutte le istanze della verità attraverso un principio unico, la soggettività della verità e la relatività di tutte le sue formule9.

    Il nucleo del modernismo per Pio X non consiste tanto nell’opposizione all’una o all’altra delle verità rivelate, ma nel cambiamento radicale della nozione stessa di «verità», mediante l’accettazione del «principio di immanenza» che sta a fondamento del pensiero moderno10, come riassume la proposizione 58 condannata dal Decreto Lamentabili: «La verità non è più immutabile dell’uomo stesso, giacché essa si evolve con lui, con lui per lui». Dio stesso si fa in noi e non sarà mai attuato in pieno perché il divenire non può arrestarsi. La conseguenza di quest’errore è la professione dell’evoluzione dei dogmi: il significato e valore dei dogmi non proviene più dal loro immutabile contenuto, ma dall’«esperienza religiosa» del credente, dall’emozione soggettiva che il dogma può suscitare in lui. Contrariamente ai principi di identità, di contraddizione e di causalità, il divenire è a se stesso la sua ragione, senza una causa superiore, in un vortice evolutivo in cui l’essere si confonde con il non essere, il vero con il falso, il bene col male.

    Considerata nella sua struttura fortemente teoretica ed anche nel suo inconfondibile stile, la Pascendi può essere considerata come un documento fondamentale del Magistero della Chiesa e fra tutti gli atti di Pio X resta «il monumento più insigne del suo pontificato»11. Essa, come sottolinea Poulat12, è lo sbocco logico dell’orientamento vigorosamente affermato da Pio X, circa mezzo secolo prima, nel Sillabo (1864): «Pio IX denunciava gli errori ad extra (all’esterno della Chiesa) che correvano nel mondo; Pio X, al contrario, colpiva un fenomeno ad intra (all’interno della Chiesa), colpendo quegli stessi errori che si erano infiltrati nella Chiesa, dove avevano preso forme e radici»13.

    La Pascendi costituirà un riferimento anche per l’enciclica Humani generis di Pio xii14 e la Fides et Ratio di Giovanni Paolo ii15.

    Il documento di Pio x fu inaspettatamente elogiato per la sua potenza filosofica e la sua coerenza dai due principali pensatori «laici» dell’Italia del tempo, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Croce, dopo la pubblicazione dell’enciclica, scrisse un articolo sul «Giornale d’Italia» del 13 ottobre 1907, dal titolo Insegnamenti cattolici di un non cattolico. Benedetto Croce a Salvatore Minocchi in cui concludeva ponendo ai modernisti l’alternativa: «o andare innanzi o tornare indietro. Ossia, o ricongiungersi ritardatari alle schiere dei pensatori non confessionali: o, dopo essersi dibattuti vanamente per qualche tempo, ricadere nel cattolicesimo tradizionale»16. Gentile da parte sua scriveva che «in verità l’enciclica Pascendi dominicis gregis è una magistrale esposizione e una critica magnifica dei principi filosofici di tutto il modernismo: e l’accusa di sfiguramento (secondo il termine tolto a prestito dall’enciclica stessa) che l’enciclica avrebbe fatto di esso modernismo, è gridio di paperi, come avrebbe detto il Carducci. L’autore dell’enciclica ha visto fino in fondo e interpretato esattamente, da critico enunctae naris, la dottrina giacente nelle esigenze filosofiche, teologiche, apologetiche, storiche, critiche, sociali dell’indirizo modernista»17.

    L’opera antimodernista di san Pio x fu coronata dal Motu proprio Sacrorum antistitum del 1 settembre 191018 e dal giuramento che esso imponeva. «Questo giuramento, senza nulla aggiungere di essenziale agli atti precedenti, ne è quasi un solenne riassunto»19: esso costituisce una positiva e diretta riaffermazione delle dottrine cattoliche alle quali si oppongono le eresie moderniste.

    In particolare il giuramento respinge «l’eretica invenzione della evoluzione dei dogmi, secondo la quale tali dogmi cambierebbero di significato per riceverne uno diverso da quello che è stato dato loro dalla Chiesa agli inizi»20 e rigetta la concezione modernista che vede nella dottrina cristiana una «creazione della coscienza umana» che si sarebbe formata poco a poco con lo sforzo degli uomini e dovrebbe perfezionarsi indefinitamente. La Chiesa ribadisce che la «dottrina della fede» è stata «trasmessa dagli apostoli e dai Padri ortodossi» come un «deposito divino» e non come un prodotto umano, frutto del pensiero o della coscienza dell’uomo. Infine l’ultimo articolo, fondendo la dottrina del concilio Vaticano i e quella della Pascendi ricorda che la fede non è «un cieco sentimento religioso che erompe dalle oscurità del subcosciente», ma che essa è «un vero assenso dell’intelletto» alla verità rivelata da Dio21.

    Nel corso del suo pontificato, Pio x seguì personalmente l’esecuzione delle disposizioni dell’enciclica e quelle relative al giuramento antimodernista. Questi interventi e le sanzioni ecclesiastiche che colpirono i protagonisti, circoscrissero la portata e gli effetti del movimento ma non valsero ad arrestarne il corso né a frenarne la profonda influenza.



    2. I collaboratori di Pio X nella difesa dell’ortodossia
    De gentibus non est vir mecum (Is. 63,3), aveva confidato Pio x a mons. Archi che era stato suo metropolitano a Venezia22. La croce del suo pontificato fu la solitudine nell’affrontare la lotta, con pochi veri e devoti collaboratori all’interno dell’episcopato italiano e della stessa Curia romana. Oltre alla sua segreteria, diretta da mons. Giambattista Bressan (1861-1950), Pio x fu coadiuvato soprattutto da due cardinali23, il segretario di Stato Rafael Merry del Val24 (1865-1930) e il prefetto della Congregazione Concistoriale per i Vescovi Gaetano De Lai25 (1853-1928). Se De Lai rappresentò, secondo alcuni, «l’uomo forte del pontificato»26, Merry del Val fu realmente unito a Pio x «cor unum et anima una»27, in undici anni di aspre lotte su molteplici fronti. Una unione intima e costante tra due uomini di così diverse provenienze che si spiega solo, come ben sottolinea Orio Giacchi, se si pensa «all’altissima atmosfera in cui le due anime vivevano»28: canonizzato il Pontefice, in attesa di beatificazione il suo Segretario di Stato, i due personaggi illuminarono indubbiamente con le loro personalità un’oscura epoca nella storia della Chiesa.

    Mons. Alfonso Archi (1844-1938), chiamato nel 1905 alla diocesi di Como che resse fino al 1925, e mons. Giovanni Volpi29 (1860-1931) vescovo di Arezzo dal 1904 al 1919, furono i due presuli più vicini a Pio x, rappresentando «le due punte più in vista dell’antimodernismo all’interno dell’episcopato italiano»30. Entrambi furono, oltre che zelanti pastori, insigni direttori di anime. Mons. Archi fu direttore spirituale della visitandina Benigna Consolata Ferrero31 (1885-1916), di cui è in corso il processo di beatificazione; mons. Volpi, già vicario e vescovo ausiliare della diocesi di Lucca, lo era stato della beata Elena Guerra (1835-1914) e di santa Gemma Galgani (1878-1903)32. I loro nomi non avevano tuttavia il prestigio e l’influenza di altri vescovi, come il cardinale di Pisa, Pietro Maffi (1858-1931) e il cardinale arcivescovo di Milano Andrea Carlo Ferrari (1850-1921), favorevoli alla cosiddetta «stampa di penetrazione», avversata dal Pontefice che appoggiava quei giornali che affermassero apertamente e senza compromessi i principi cattolici in tutti i settori della vita cristiana33.

    Il quotidiano «L’Unità cattolica» fondato nel 1863 a Torino da don Giacomo Margotti (1883-1887), poi trasferito a Firenze nel 1892 e affidato alla direzione di Giuseppe Sacchetti (1845-1906) era il più importante quotidiano intransigente dell’epoca e il più vicino a Pio x34. Esso fu diretto da due giovani sacerdoti, don Paolo de Toth35 (1881-1965) e poi don Alessandro Cavallanti36 (1879-1917).

    A Breganze, nella diocesi di Vicenza, uscì dal 1890 al 1915, la rivista «La Riscossa, Per la chiesa e per la patria» dei fratelli Scotton37, Jacopo (1834-1909), Andrea (1838-1915) e Gottardo (1845-1916). Nella rivista, voce ufficiosa dell’Opera dei congressi, più volte incoraggiata dalla Segreteria di Stato38, Paul Sabatier vedeva, con l’«Unità Cattolica», lo «specchio del pensiero di Pio x»39.

    A Genova infine, nel 1908, l’«Eco d’Italia» divenne «La Liguria del Popolo» sotto la direzione di don Giovanni Boccardo40 (1877-1956), membro, per un certo tempo, del Sodalitium Pianum41, legato a mons. Volpi, che gli affidò la direzione del seminario di Arezzo.

    Nei momenti delle più calde polemiche, Pio x manifestò la sua simpatia e benevolenza, «con gesti ed espressioni pubbliche ed inequivocabili»42, verso questi giornali che sussidiava, come ricorda il suo segretario particolare mons. Pescini, perché combattevano contro il modernismo43.



    3. Mons. Benigni e il Sodalitium Pianum (1909-1921)
    Mons. Umberto Benigni44 (1862-1934), entrò in scena qualche anno più tardi, con la sua agenzia di informazioni «Corrispondenza romana» (1907)45, prima pubblicata in italiano e poi in francese e poi con il Sodalitium Pianum, o Sodalizio San Pio v (1909), sotto il patrocinio del Papa che aveva istituito il Sant’Uffizio e ottenuto la grande vittoria di Lepanto contro i turchi (1571).

    Nato nel 1862 a Perugia dove aveva completato gli studi ecclesiastici, Benigni aveva iniziato una duplice attività nel campo storico e in quello giornalistico nella redazione di quotidiani intransigenti come il ligure «l’Eco d’Italia» e il romano «La voce della Verità». Personalità di forte ingegno e di vasta cultura, con notevoli doti di organizzatore, il 24 maggio del 1906, su proposta di mons. Gasparri, fu chiamato alla Segreteria di Stato come sottosegretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici straordinari e il 28 agosto 1906 venne nominato prelato domestico di Sua Santità46. Rimase in quella carica fino al 7 marzo 1911 quando gli successe l’allora monsignor Eugenio Pacelli47.

    Fu certamente questo il periodo più importante della sua vita. Grazie alla sua conoscenza delle lingue e alle sue relazioni internazionali, egli si occupava in particolare del servizio stampa della Santa Sede, svolgendo, per la prima volta nella storia, un ruolo che lo rese l’antesignano di quella che sarà la «sala stampa» vaticana48.

    Nella sua testimonianza al processo di beatificazione di Pio x, il cardinal Gasparri riferendosi al Sodalitium Pianum sottolinea «con dispiacere che questo fu approvato da Pio x e dalla Concistoriale audito Pontifice»49. Pur non avendo mai ricevuto un’approvazione canonica formale, il Sodalitium pianum fu effettivamente conosciuto e incoraggiato dalla Santa Sede: in particolare dalla S. Congregazione Concistoriale, di cui era prefetto il card. De Lai e dallo stesso Pio x che inviò tre autografi papali di benedizione ed assicurò una sovvenzione annuale; costituito nel 1909, il Sodalizio fu sciolto dopo la morte di Pio x per essere riattivato nel 1915, d’intesa con la Congregazione Concistoriale. Venne definitivamente sciolto in data 25 novembre 192150.

    Da quel momento in poi e fino alla morte, il 26 febbraio del 1934, mons. Benigni non esercitò alcuna carica ufficiale, al di fuori dell’insegnamento51.

    La storiografia contemporanea ha ripreso le accuse di «delazione» e di «spionaggio» già lanciate dai modernisti contro il prelato romano: Benigni sarebbe stato, in una parola, «il peccato di Pio x»52. Si dimentica però il «multiforme e fervido lavorio segreto»53 del modernismo, svolto, come scrive Bedeschi, da un «un reticolo inafferrabile e variegato»54 diffuso nelle principali città italiane (a Napoli Avolio, a Milano Casciola, a Roma Genocchi, a Genova Semeria); in particolare si deve a Sabatier «la creazione di una controinformazione vaticana e modernista»55 attraverso un efficace collegamento coi corrispondenti dalle capitali europee di autorevoli organi di infomazione, dal «Times» al «Journal des Débats», dal «Temps» a «Le Siècle», dal «Daily News» al «Morning Post». Così, nel 1907, Sabatier che era alla ricerca di notizie su Benigni per passarle al giornalista Maurice Pernot56, si rivolge all’oratoriano Mattia Federici per conoscere notizie sul passato genovese del direttore di «Corrispondenza Romana»57: metodi non molto diversi da quelli «spionistici» attribuiti al suo avversario.

    Attorno a mons. Benigni e al Sodalitium pianum si è creata una vera e propria «leggenda nera», in maniera tale da impedire un giudizio obiettivo sul personaggio che ebbe un carattere difficile58, ma intese, come scrive il card. Antonelli nella Disquisitio, «mettere sé stesso, le sue molteplici qualità intellettuali, le sue vaste esperienze, soprattutto nel campo storico-culturale e sociologico, al servizio della Chiesa»59. Va tenuta in conto la obiettiva ricostruzione dell’opera del prelato romano e dei suoi collaboratori di uno studioso come Poulat, così come sono di grande valore storico le conclusioni che scaturiscono dalla Disquisitio, che poté basare il suo esame sul prezioso incartamento della S. Congregazione Concistoriale60.

    1) Il Sodalitium pianum, considerato in sé e sulla base del suo Statuto e Programma, era un’organizzazione buona e destinata a buon fine.

    2) Il Sodalitium pianum voleva essere un organo di penetrazione (vita esemplare dei membri in conformità a tutte le direttive pontificie: vita cattolica «integrale»), e di informazione (raccolta personale, rapida e sicura, di notizie su tutti i campi della vita religiosa, politica, sociale, culturale) a servizio della Curia Romana.

    3) Il Sodalitium pianum nella idea primitiva di Benigni, avrebbe dovuto essere una specie di istituto ecclesiastico «secolare» sottoposto alla S. Congregazione Concistoriale, così come vivono e agiscono gl’Istituti religiosi sotto la S. Congregazione dei Religiosi.

    Il Sodalitium pianum servì effettivamente la Santa Sede offrendo regolari informazioni, facendo uso alle volte, per garantire la sicurezza della corrispondenza, di un apposito cifrario61. Il padre Jules Saubat62 (1867-1949), procuratore generale dei Padri di Betharram, che fu indirizzato a Benigni dal cardinale Merry del Val63 e divenne segretario del Sodalitium pianum, testimonia che «mai nella lotta furono usati mezzi illeciti o disonesti; però tutte le arti umane, anche le più scaltre, furono messe al servizio della verità»64. Ma, depone ancora lo stesso Saubat: «Spia no: la spia è il male al servizio del male e per il male. Qui c’è la vigilanza attraverso mezzi umani sufficientemente onesti, per il bene. Altrimenti bisognerebbe dire: spie sono i Nunzi che sono incaricati di informare; spia il Segretario di Stato a cui tutte le mattine il Papa domanda: Custos quid de nocte? Il Segretario di Stato passa per la scala regia: Benigni passava per la scala di servizio; è tutta qui la differenza»65.

    «In conclusione, e considerando oggettivamente le cose – afferma il card. Antonelli nella Disquisitio – il segreto e il cifrario erano in un certo senso mezzi necessari, per lo meno utili, certo non immorali, dal momento che Benigni non ebbe segreti verso l’autorità competente della Santa Sede con la quale si teneva in contatto»66.



    4. La Compagnia di Gesù al centro della tempesta
    Al centro dell’acceso scontro tra modernisti e antimodernisti si trovò la Compagnia di Gesù la cui rivista «Civiltà Cattolica», fin dalla sua fondazione legata alla Santa Sede, esprimeva il tradizionale spirito di attaccamento al Papato dell’Ordine, al cui interno tuttavia si erano manifestate gravi defezioni, a cominciare da quella del padre Tyrrell, espulso dalla Compagnia solo dopo il 1906.

    All’inizio del secolo, la «Civiltà Cattolica», che era stata un bastione delle posizioni intransigenti, si era piegata al vento delle novità, avvicinandosi a poco a poco, come scriveva l’oratoriano genovese Mattia Federici, amico di Loisy, «alla scuola esegetica che prima riteneva fosse suo compito combattere»67.

    Accanto a Pio x, si schierarono tuttavia le menti più fortemente speculative della Compagnia di Gesù come i padri Louis Billot68 (1846-1931) e Guido Mattiussi69 (1852-1925). Scrittore, conferenziere, professore, promotore del movimento tomistico in Italia70, Mattiussi «fu veramente il propugnatore della verità cattolica. Col suo ingegno potente ed acuto, penetrava con tale facilità le verità più alte, da dare la sensazione che ne avesse piuttosto un’intuizione che una qualunque cognizione»71 scrive il padre (poi cardinale) Paolo Dezza ricordandone «l’irremovibile fermezza nel difendere la verità»72.

    Billot, nel suo volume De inspiratione Sacrae Scripturae (1903), confutava non solo Loisy, ma gli scritti, ispirati alla metodologia storico-critica loisista, dei suoi confratelli Franz-Xavier Funk (1840-1907) Franz von Hummelauer (1841-1914) e Ferdinand Prat (1857-1938), ospitati tra il 1902 e il 1903 da «La Civiltà Cattolica» al cui interno esistevano, intorno al 1902, una tendenza «conservatrice» e una tendenza «progressista»73. Il padre Angelo De Santi (1847-1922), esponente dell’ala «progressista», dimostrava una sorprendente benevolenza nei confronti di Harnack, definendolo «un critico giusto, leale ed erudito»74 e tentando, la ambigua operazione di prendere «il buono che seppe darci il professore berlinese, lasciando a lui e ai suoi il cattivo»75, mentre il padre Prat teorizzava il «terzo partito», tra eterodossia e ortodossia, «quello dell’esegeta geloso di conciliare l’ortodossia più rigorosa con il desiderio di essere del suo tempo»76. Quando la rivista dei gesuiti arrivò al punto di pubblicare un articolo sostanzialmente elogiativo nei confronti del filosofo positivista ed evoluzionista Herbert Spencer, morto nel 1903, scese in campo lo stesso padre Mattiussi.

    Tra i gesuiti vicini a Pio x vanno ricordati inoltre lo storico Ilario Rinieri77 (1853-1941), il sociologo Giulio Monetti78 (1874-1948) e il padre Giuseppe Chiaudano79 (1858-1915), superiore della Provincia piemontese della Compagnia dal 1903 al 1910. Quando nel 1913 il padre Salvatore Brandi (1852-1915) fu colpito da apoplessia, Pio x, che stimava la pietà e la dottrina del padre Chiaudano, lo nominò inaspettatamente rettore del collegio degli scrittori della «Civiltà Cattolica», ma il padre Chiaudano sopravvisse di poco a Papa Sarto. Gli successe il padre Enrico Rosa80 (1870-1938), allievo del padre Sante Schiffini81 (1841-1906), mentre ferveva la polemica sul sindacalismo cattolico.

    Pio X non nascose la sua diffidenza verso la nuova linea della Compagnia di Gesù. Il padre Franz-Xaver Wernz (1842-1914), preposito generale della Compagnia, gravemente malato, il 31 luglio 1914 scrisse una lunga lettera protestando la fedeltà sua e dell’ordine e chiedendo direttive al Papa. Papa Sarto non rispose e in un colloquio confidenziale col nuovo «assistente d’Italia» manifestò le sue preoccupazioni per la linea delle riviste «Etudes» e «Stimmen aus Maria Laach» e per la persona del padre Wlodzimierz Ledochowski (1866-1942), «assistente» del padre Wernz e dall’11 febbraio 1915 suo successore come generale dell’Ordine82.



    5. L’affermazione della «terza forza»
    Tra modernisti e antimodernisti esisteva un «terzo partito»83 impersonata fino al 1913 dal cardinale Mariano Rampolla del Tindaro84 (1843-1913), Segretario di Stato di Leone XIII e mancato Papa nel conclave del 1903. Rampolla, nel 1901, aveva scelto come suoi collaboratori diretti mons. Giacomo Della Chiesa85 (1854-1922) e mons. Pietro Gasparri86 (1852-1934); il primo lo aveva nominato segretario della Congregazione per gli Affari ecclesiastici ordinari e Sostituto alla Segreteria di Stato; il secondo, segretario della Congregazione degli Affari ecclesiastici straordinari. Pio X, dopo aver nominato segretario di Stato il card. Merry del Val, aveva allontanato dalla Segreteria di Stato entrambi i protetti del cardinal Rampolla, il primo sostituito da mons. Nicola Canali (1874-1961), il secondo da mons. Raffaele Scapinelli di Legniguo (1858-1933). Dopo il 1908, la Segreteria di Stato, diretta da un cardinale Segretario comprendeva due sezioni, alla prima delle quali, la congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari, vennero affidati i compiti propri della Segreteria di Stato, mentre la seconda si occupava degli Affari interni. Dal cardinale Segretario di Stato Merry del Val dipendevano monsignor Canali, sostituto della Segreteria di Stato, a cui erano affidati gli Affari ecclesiastici ordinari e monsignor Scapinelli di Legniguo, segretario della sezione degli Affari ecclesiastici straordinari, coadiuvato fino al 1911 dal sottosegretario Umberto Benigni; una terza sezione si occupava dei brevi pontifici.

    Mons. Gasparri fu creato cardinale nel concistoro del 6 dicembre del 1907 per assumere il compito di stendere la nuova codificazione del diritto canonico; mons. Della Chiesa, nell’ottobre del 1907, fu nominato a sua volta arcivescovo di Bologna, dove attese per ben sette anni la sua elevazione al cardinalato, avvenuta il 25 maggio del 191487. Pio X morì il 3 agosto 1914; appena tre mesi dopo il conferimento della porpora, il 3 settembre 1914 mons. Della Chiesa venne eletto a sorpresa al soglio pontificio: «I retroscena del Conclave, ormai noti abbastanza nei circoli romani – scrive Buonaiuti a Houtin il 17 settembre 1914 – mostrano indubbiamente che l’elezione del card. Della Chiesa ha voluto rappresentare l’indicazione di un governo ecclesiastico che fosse l’antitesi perfetta del regime di Pio X»88.

    Quattro mesi dopo la morte di Pio X, mons. Eudoxe Mignot (1842-1918), arcivescovo di Albi, fece pervenire al cardinal Ferrata, primo segretario di Stato del neoeletto Benedetto XV, un Memoriale in cui attaccava duramente il movimento di reazione antimodernista promosso da san Pio X e invitava la Santa Sede ad una politica di «riconciliazione» con i modernisti89. Il 13 ottobre 1914, nominando, dopo il cardinale Ferrata, il cardinale Pietro Gasparri suo Segretario di Stato90, Benedetto XV manifestò la sua decisa volontà di mutare l’orientamento del pontificato piano91, tornando alla linea di governo «rampolliana» abbandonata da Pio X.

    Benedetto XV in accordo con il cardinale Gasparri smantellò il Sodalitium pianum92 e tese la mano, senza successo, a Buonaiuti93. Dopo la morte di Benedetto XV, l’ultima battaglia tra la tendenza ecclesiastica antimodernista che si richiamava a Pio X e la linea moderata impersonata dal card. Gasparri si svolse nel corso di un conclave che, secondo quanto avrebbe confidato lo stesso Gasparri, fu «uno dei più contrastati nella storia»94. Il cardinale arcivescovo di Milano Achille Ratti venne eletto Papa il 6 febbraio del 1922 con il nome di Pio XI. L’aspro dibattito che aveva contrapposto il modernismo all’antimodernismo andò estinguendosi. Si aprì una stagione di apparente tregua in cui il modernismo parve inabissarsi e l’antimodernismo dissolversi.



    NOTE
    1 Il dialogo è riportato in A. Agnoletto, Salvatore Minocchi, cit., pp. 116-117. In termini pressoché analoghi si esprimeva Blondel in una lettera all’abbé Johannes Wharle del 5 agosto 1903, cit. in M. Blondel-A. Valensin, Correspondance 1899-1912, Aubier, Paris 1957, vol. I, p. 94.

    2 R. Aubert, Pio IX tra restaurazione e riforma in Storia della Chiesa, vol. XXII/1, La Chiesa e la società industriale (1878-1922), a cura di E. Guerriero e A. Zambarbieri, tr. it. San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano), 1990, p. 137. cfr. anche M. Guasco, Modernismo, cit., p. 194. Tra le biografie: Yves Chiron, Saint Pie X, réformateur de l’Eglise, Publications du Courrier de Rome, Versailles 1999.

    3 Pio X, Enciclica Pascendi dominici gregis dell’8 settembre 1907, in AAS, vol. 40 (1907), pp. 596-628; Denz-H, nn. 3475-3500. Tra le opere di scrittori antimodernisti che si affiancarono a Pio X in occasione della pubblicazione della Pascendi, cfr. Franz Heiner, La dottrina dei modernisti confutata, Desclée, Roma 1907; Id., Le disposizioni contro il modernismo contenute nell’enciclica «Pascendi» e nel motu proprio «Sacrorum antistitum», Pustet, Roma 1911; Giovanni Battista Lemius, Catechismo sul modernismo secondo l’enciclica «Pascendi Domini gregis» di Sua Santità Pio X, Desclée, Roma 1908; Ilario Rinieri s.j., La enciclica «Pascendi Dominicis gregis» e la evoluzione della Chiesa e del dogma, Tip. S. Bernardino, Siena 1908; Christian Pesch s.j., Fede, Dogmi e fatti storici. Studio sulle dottrine moderniste, Pustet, Roma 1909; Enrico Rosa s.j., L’enciclica Pascendi e il modernismo. Studi e commenti, La Civiltà Cattolica, Roma 1909; Guido Mattiussi s.j., Dichiarazione del giuramento antimodernista imposto dal S. P. Pio X. Lezioni di apologetica, Tip. S. Alessandro, Bergamo 1912; Felice Cappello s.j., Errori modernisti nello studio del diritto pubblico ecclesiastico, ossia La natura giuridica della Chiesa cattolica difesa contro le aberrazioni del modernismo e del semi-modernismo, Tip. Cuggioni, Roma 1912.

    4 Decr. S. Officii Lamentabili del 3 luglio 1907, in AAS, vol. 40 (1907), pp. 470-478; Denz-H, nn. 3401-3466.

    5 Il modernismo si collega in tal modo alle due linee scaturite dal protestantesimo, il razionalismo, che subordina la religione alla filosofia e l’irrazionalismo fideistico che pone l’essenza della religione nel sentimento individuale del divino. Gli errori ottocenteschi del fideismo e del razionalismo confluiscono, nella tesi hegeliana per cui la fede riposa unicamente sulla ragione e in quella analoga e contrapposta dei «filosofi del sentimento» (Jacobi, Schleiermacher, Fries) secondo cui la fede si riduce al manifestarsi interiore del «sentimento di dipendenza (Abhengigkeitsgefühl)»: l’«esperienza religiosa» si sostituisce simultaneamente sia alla ragione che alla fede. Cfr. C. Fabro, Dall’essere all’esistente, Morcelliana, Brescia 1957, pp. 71-125.

    6 Il testo si collega alle condanne di Pio IX del fideismo (Denz-H, 2751-2756 e 2765-2769), del razionalismo (Denz-H, 2828-2831 e 2850-2861) e dell’ontologismo (Denz-H, 2841-2847).

    7 La proposizione XX del decreto Lamentabili condanna la definizione della rivelazione di Loisy secondo cui «la rivelazione non ha potuto essere altro che la coscienza acquisita dall’uomo della sua relazione con Dio». La Chiesa non nega che la verità rivelata sia ricevuta «nell’uomo», ma si rifiuta di vedere nella rivelazione il prodotto di un’attività semplicemente umana e naturale. L’uomo riceve il messaggio divino ma il suo contenuto procede da Dio ed è stato affidato alla Chiesa come un deposito da conservare fedelmente e da proclamare infallibilmente. La Rivelazione non è dunque una realtà in divenire, prodotto della coscienza umana, ma un deposito di verità soprannaturali affidato alla custodia della Chiesa; cfr. René Latourelle, Teologia della Rivelazione, tr. it., Cittadella, Assisi 1973, pp. 289-299.

    8 «È superfluo far notare con quale fedeltà questo quadro ricostruisce le diverse affermazioni trovate in Sabatier, Loisy e Tyrrell. Indubbiamente in quegli autori, esse non hanno i contorni netti che attribuisce loro l’enciclica. Rimane però il fatto che, nell’insieme i tratti vi corrispondono. Il documento pontificio le ha riunite e confrontate per scoprirne gli elementi dissolvitori»; R. Latourelle, cit., p. 295.

    9 Cornelio Fabro, Modernismo, in EC, vol. VIII, col. 1191.

    10 Ibidem, col. 1190.

    11 Ibidem, col. 1190.

    12 E. Poulat, Modernistica, cit., p. 25.

    13 Ibidem, p. 25.

    14 Pio XII, Lettera enciclica Humani generis del 12 agosto 1950, in AAS, vol. 42 (1950), pp. 562-563.

    15 Nella Fides et Ratio, Giovanni Paolo II ricorda esplicitamente il «prezioso contributo» (n. 54) dei suoi predecessori, affermando che oggi «i problemi di un tempo ritornano, ma con peculiarità nuove» (n. 55). «Il pragmatismo dogmatico degli inizi di questo secolo, secondo cui le verità di fede non sarebbero altro che regole di comportamento, è già stato rifiutato e rigettato», afferma Giovanni Paolo II, ricordando esplicitamente la proposizione 26 del Decreto Lamentabili. «In questo caso – aggiunge – si cadrebbe in uno schema inadeguato, riduttivo, e sprovvisto dell’incisività speculativa necessaria. Una cristologia, ad esempio, che procedesse unilateralmente «dal basso», come oggi si suole dire, o una ecclesiologia, elaborata unicamente sul modello delle società civili, difficilmente potrebbero evitare il pericolo di tale riduzionismo» (n. 98); Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et Ratio del 14 settembre 1998, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XXI,2 (1998), Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2000, pp. 277-454.

    16 L’articolo di Benedetto Croce è ora riportato in Pagine sparse, Laterza, Roma-Bari 1960, pp. 383-387.

    17 Giovanni Gentile, Il modernismo e i rapporti fra religione e filosofia, Sansoni, Firenze 1962 (1908), pp. 49-50. «Giudizio perfetto – commenta Augusto Del Noce – perché effettivamente la Pascendi definisce in maniera insuperabile l’essenza del modernismo»; A. Del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione filosofica della storia contemporanea, Il Mulino, Bologna 1990, p. 184.

    18 Motu proprio Sacrorum antistitum del 1 settembre 1910, in ASS, 2 (1910), p. 669-672; Denz-H, nn. 3537-3550. L’obbligo del giuramento fu sospeso nel 1967.

    19 R. Latourelle, cit., p. 296.

    20 Denz-H, n. 3541.

    21 Denz-H, n. 3542.

    22 E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 100-101.

    23 A questi due nomi, il cardinale Augusto Silj, nella sua testimonianza al processo di beatificazione (Positio, p. 719) aggiunge quello del prefetto dell’Indice, il cappuccino José Vives y Tuto (1854-1913).

    24 Su Merry del Val, oltre alla sua Positio, cfr. le biografie di mons. Pio Cenci, Il Cardinale Merry del Val. Segretario di Stato di San Pio X Papa, L.I.C.E. – R. Berruti, Roma-Torino 1955 (l’opera è redatta in realtà dal card. Canali); P. G. Dal Gal, Il servo di Dio card. Raffaele Merry del Val, Paoline, Roma 1956 e José M. Javierre, Merry del Val, Juan Flors, Barcelona 1965. Si veda, più avanti, pp. 96-99.

    25 Su De Lai, cfr. la voce di R. Cerrato in DBI, 36 (1988), pp. 278-280; E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, passim. De Lai, formatosi al seminario di Vicenza, prima di completare i suoi studi presso il Pontificio Seminario Romano, era stato ordinato sacerdote nel 1876 e aveva iniziato la sua carriera curiale. Nel 1889 aveva conosciuto il vescovo Giuseppe Sarto, in occasione di una sua visita alla diocesi di Mantova. Nel 1903, dopo l’elezione di Pio X, era stato promosso segretario della Congregazione del Concilio e l’anno successivo membro della commissione per la formazione del codice di diritto canonico. Creato cardinale nel concistoro del 16 dicembre 1907, venne nominato segretario della Congregazione concistoriale il 20 ottobre 1908 ufficio che mantenne fino all’ottobre 1928, quando gli successe il card. Carlo Perosi.

    26 E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 65, 270.

    27 Cfr. G. Dal Gal, cit., pp. 69-76.

    28 Orio Giacchi, Il Cardinale Raffaele Merry del Val, Società Editrice «Vita e Pensiero», Milano 1933, p. 9.

    29 Su mons. Volpi, cfr. la voce di A. Romiti in DSMC, vol. III/2, 899-900. cfr. anche Alfonso Cenni o.s.b., Il vescovo del Sacro Cuore. Mons. Giovanni Volpi (1860-1931), Tip. Artigianelli, Lucca 1962.

    30 L. Bedeschi, L’antimodernismo in Italia, Edizioni San Paolo, Milano 2000, p. 182.

    31 Cfr. Massimo Petrocchi, Storia della spiritualità italiana, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1984, p. 554.

    32 Cfr. M. Petrocchi, cit., pp. 523-527.

    33 «Come infatti si possono approvare – scriveva il 20 ottobre 1912 al Prevosto di Casalpusterlengo – certi giornali che colla etichetta nascosta di Cattolici, perché qualche volta riferiscono i ricevimenti pontifici o le note vaticane, non solo non dicono mai una parola sulla libertà e l’indipendenza della Chiesa, ma fingono di non accorgersi della guerra continua che gli vien fatta? Giornali, che non solo non combattono gli errori che avvolgono la società, ma portano il loro contributo alla confusione delle idee e massime divergenti dalla ortodossia, che prodigano incensi agli idoli del giorno, lodano libri, imprese ed uomini nefasti alla religione?» (cit. in Disquisitio, p. XVII). Sul problema della stampa cattolica, cfr. più ampiamente Disquisitio, pp. 53-100. Sul cardinale Andrea C. Ferrari, ora Beato, cfr. Maria Torresin, Il Cardinale Andrea C. Ferrari, arcivescovo di Milano, e San Pio X, in «Memorie storiche della diocesi di Milano», vol. IX (1963), pp. 37-297; Carlo Snider, L’episcopato del cardinale Andrea C. Ferrari, 2 voll., Neri Pozza, Vicenza 1981-1982.

    34 L. Bedeschi, Note e documenti per la storia dell’antimodernismo. De Toth e Cavallanti alla direzione dell’Unità Cattolica in «Nuova Rivista Storica», LV (1971), fasc. 1-2, p. 90132; id., L’antimodernismo in Italia, cit., pp. 53-68; Maurizio Tagliaferri, L’Unità Cattolica. Studio di una mentalità, Pontificia Università Gregoriana, Roma 1993.

    35 Su De Toth, cfr. il profilo di Marco Invernizzi, in Voci per un Dizionario del Pensiero Forte, a cura di Giovanni Cantoni, Cristianità, Piacenza 1997, pp. 239-244.

    36 Di Cavallanti si veda Modernismo e modernisti, Libreria del Sacro Cuore, Torino 1908, 2a ed.; su di lui cfr. il necrologio in Civ. Catt. 1612 (1917), p. 370 e le voci di L. Bedeschi in DBI, 22 (1979) pp. 680-683 e P.L. Ballini in DSMCI, vol. III/1, pp. 200-202.

    37 Cfr. Ermenegildo Reato, voce Scotton, in DSMCI, vol. II, pp. 591-593; G. Menara, I fratelli Scotton (mons. Jacopo, Andrea e Gottardo). Memorie biografiche, Tip. S. Maria Novella, Firenze 1925; L. Bedeschi, L’antimodernismo, cit., pp. 68-74. Il nome di mons. Andrea Scotton, che Pio IX nominò Cameriere Segreto e Pio X Protonotario Apostolico, resta legato in particolare a un Corso completo di Catechismo, più volte ristampato (S.A.T. Editrice, Vicenza): Il simbolo apostolico (1949); I Sacramenti (1950); I comandamenti (1950); L’orazione e la giustizia cristiana (1952).

    38 E. Reato, voce cit., p. 591.

    39 P. Sabatier, Les modernistes, cit., p. 224. «Hanno torto questi scrittori del Periodico – scriveva Pio X il 28 marzo 1911 al cardinal Ferrari, attaccato dai fratelli Scotton – quando negli attacchi si lasciano sopraffare dalla passione, quando dai casi particolari vengono alle conclusioni generali, quando discendono alle personalità, ma hanno pure una attenuante alla loro colpa quando conoscendo il male si trovano di fronte a chi ostinatamente lo nega e adoperano per difendersi le stesse armi colle quali sono colpiti» (Disquisitio, p. 178).

    40 Su don Giovanni Boccardo, direttore de «La Liguria del Popolo» dal 1908 al 1915, si veda L. Bedeschi, Lineamenti socioreligiosi dell’antimodernismo genovese, in «Fonti e documenti», 4 (1975), pp. 23-29. Il Boccardo fu ospite del Convitto Ecclesiastico dell’Opera di don Orione dal 1951 alla morte, il 6 dicembre 1956.

    41 Cfr. Disquisitio, p. 287; E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral, cit., pp. 582-583.

    42 Giacomo Martina, Storia della Chiesa, vol. IV, Morcelliana, Brescia 1995, p. 99.

    43 Pio X, Positio, p. 109.

    44 Su mons. Umberto Benigni le due opere fondamentali sono i volumi di E. Poulat, Intégrisme et catholicisme intégral (cit.) e Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et mgr. Benigni, Castermann, Bruxelles-Paris 1977; per una sintesi bio-bibliografica cfr. la voce dello stesso Poulat in DSMCI e quella di P. Scoppola in DBI, vol. VIII (1966), pp. 506-508. Si veda inoltre: Sergio Pagano, Documenti sul modernismo romano dal fondo Benigni, e id., Il fondo di mons. Umberto Benigni dell’Archivio Segreto Vaticano, Inventario e indici in «Ricerche per la storia religiosa di Roma», 8 (1990), pp. 223-300, 347-402.

    45 Il primo numero della «Corrispondenza romana» apparve il 23 marzo 1907, prima come ciclostilato, poi a stampa; dal numero del 2 ottobre 1909 cambiò il titolo in «La Correspondance de Rome» e durò fino al 31 dicembre 1912. Il direttore responsabile, Giovanni Grandi, e il gerente erano laici. Emile Poulat ne ha ricostruito e riprodotto una collezione pressoché completa (Feltrinelli Reprint, Milano 1971, 3 voll.).

    46 Nel 1907 mons. Gasparri fu elevato alla porpora e al suo posto, come immediato superiore di Benigni, fu chiamato, il 18 maggio 1908, mons. Raffaello Scapinelli di Leguigno.

    47 La ragione per cui Benigni lasciò la Segreteria di Stato risale probabilmente a una divergenza di vedute con Merry del Val. Che uscisse dalla Segreteria di Stato con onore lo si rileva dal fatto che Pio X creò per lui ex novo il posto di un ottavo Protonotario apostolico partecipante, mentre quel Collegio non aveva mai avuto più di sette membri. Sui rapporti Benigni-Merry del Val, Poulat scrive con giudizio: «Observation capitale: ce n’est pas dans la compréhension des évènements, dont ils ont l’un et l’autre une vue identique, mais sur la conduite des affaires que leur divergence s’est affirmée» (Intégrisme, cit., p. 77).

    48 L. Bedeschi, L’antimodernismo, cit., p. 49-50.

    49 Disquisitio, p. 10.

    50 Fra i cardinali che ebbero stima del Sodalitium pianum e di cui si servirono bisogna ricordare, oltre a Merry del Val e De Lai, il cappuccino José Vives y Tuto (1899-1913), prefetto della Congregazione dei Religiosi, il domenicano Tommaso Pio Boggiani (1863-1942), assessore della Concistoriale e poi Arcivescovo di Genova e Cancelliere di Santa Romana Chiesa, Girolamo Gotti (1834-1916), prefetto di Propaganda, il redentorista Wilhelmus van Rossum (1854-1932) poi prefetto di Propaganda (1918), Hector-Irenée Sevin (1852-1916) arcivescovo di Lione; Disquisitio, p. 234.

    51 Nel 1933 un anno prima della morte, Benigni pubblicò l’ultimo volume della sua Storia sociale della Chiesa, il cui primo volume era apparso nel 1907. «Morì povero – ricordò don Paolo de Toth – e questa è una delle sue migliori glorie e delle più significative prove della sua onestà e lealtà»; Disquisitio, p. 48.

    52 La formula è stata usata da uno dei suoi difensori, il padre Jules Saubat, in Disquisitio, p. 34. «Ceux qu’il combattit sont unanimes à voir en lui leur pire ennemi; en même temps qu’un produit typique et repoussant de ce catholicisme intégral qui leur apparaissait comme l’inversion du vrai catholicisme. Pour eux, il aura été sans contexte le péché de Pie X, un péché qui a retardé la canonisation en cours du Pontificat apres avoir failli l’arrêter»; E. Poulat, Catholicisme, démocratie et socialisme, cit., pp. 39-40.

    53 L. Bedeschi, Interpretazioni e sviluppo, cit., p. 86.

    54 Ibidem, pp. 86-87.

    55 Ibidem, p. 85.

    56 Pernot avrebbe utilizzate le notizie fornite da Sabatier nel saggio Le Vatican et l’organisation de la presse, apparso su «La grande revue», dicembre 1908, pp. 209-227.

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    Il progressismo cristiano,da Lammennais a Maritain




    Il progressismo cristiano
    errori e deviazioni
    (il testo che segue è l'ultimo di tre testi, apparsi per la prima volta in una serie di articoli pubblicati dalla rivista Relazioni,
    venendo poi dalla stessa pubblicati in un volumetto per i tipi delle edizioni Mediterranee,
    alla vigilia dell’ultima sessione del Concilio Vaticano II, senza indicazione di data ne’ luogo.
    La traduzione in italiano è stata rivista a fondo da Totus tuus network nel 2002 e 2003)



    PARTE III
    LE CONSEGUENZE DEL PROGRESSISMO CRISTIANO
    Abbiamo visto come l'idea di un progresso continuo accompagni tutto il dissolvimento della civiltà moderna, dal Rinascimento ad ora, e costituisca il falso fondamento su cui si appoggia il progressismo cristiano.
    Non vi è un progresso nell'“essenziale”, in ciò che è fondamentalmente umano, nella civiltà moderna. Ci potrà essere un certo progresso per quanto riguarda alcuni aspetti, soprattutto quello tecnologico.
    L'aspetto propriamente umano e morale dell'uomo costituito da un avvicinamento a Dio, non progredisce con il progredire la tecnologia. L'uomo può avanzare, ed in effetti realizza un immenso progresso nella produzione di un poderoso apparato produttivo ma, allo stesso tempo, tale apparato produttivo può convertirsi in rovina e distruzione.

    La civiltà moderna, per quanto riguarda l'aspetto più propriamente umano dell'uomo, sta “camminando all'indietro” da più di quattro secoli. Sta regredendo per la degradazione progressiva alla quale sottomette l'uomo. La società moderna sta diventando ogni giorno più materialista. Dopo aver respinto Dio, sta ora respingendo i valori propriamente umani ed anche quelli animali dell'uomo per convertirlo in un semplice ingranaggio della grande macchina materialista e socialista.

    La Rivoluzione Francese segna il punto decisivo di questa civilizzazione, per quanto riguarda il suo aspetto materialista. Con la Rivoluzione Francese l'uomo respinge definitivamente gli autentici valori spirituali di cui è depositaria la Chiesa, società soprannaturale, e assume un comportamento decisamente materialista.

    E' a questo punto che si pone un problema angoscioso per il cattolico. Cosa può fare il cattolico in questa società che respinge Dio, Cristo e la Chiesa e che proclama come supremo valore la libertà materialista dell'uomo? Vi sono due possibilità: o il cristiano prende un atteggiamento complessivamente critico verso questa società e quindi rischia di rimanerne praticamente ai margini, esposto a non far sentire il messaggio cristiano a questa società, oppure si piega ad essa e scende a patti. In questo caso però si espone ad alterare la purezza e l'integrità del messaggio cristiano.
    Questa fu la situazione angosciosa che si presentò ai cristiani dopo la Rivoluzione Francese. Lamennais fu il primo cattolico che, in tale alternativa, optò per il venire a patti con la nuova civiltà, con il liberalismo che lo riempiva e decise di “forgiare” il liberalismo cattolico.



    Il progressismo di Lamennais
    Lamennais è il personaggio chiave del cattolicesimo moderno. Nato nell'ultimo quarto del secolo XVIII si formò con le idee e la mentalità di Rousseau e dei filosofi liberali. Più tardi si convertì al cattolicesimo per professare un credo sospetto e poi un liberalismo che si sviluppò nel diario L'Avenir, fra il 1830 ed il 1831.

    C'è una logica nella concezione di Lamennais che è presieduta dall'idea del progresso storico. La storia progredisce e, di conseguenza, i tempi moderni rappresentano un progresso rispetto ai tempi anteriori. Lamennais giustifica l'idea del progresso storico con l'idea della Provvidenza divina che dirige la storia verso il fine che Lei sola conosce; egli sviluppa questi concetti in un articolo molto importante, del 28 luglio 1831. Secondo lui il progresso della storia si realizza non attraverso una maggiore acquisizione della bontà morale, di avvicinamento a Dio attraverso il bene e la virtù, ma attraverso l'acquisizione di gradi di maggiore libertà, che farà sì che i popoli crescano verso la maggiore età. Di conseguenza, Lamennais giustifica il liberalismo come un'acquisizione del progresso dell'umanità.

    Fino a Lamennais non si concepiva altra civilizzazione né progresso autentico per l'uomo che non fosse il riconoscimento della supremazia soprannaturale della Chiesa. La civiltà, infatti, non si proponeva come fine dei cittadini la libertà, ma il bene e la virtù. Nel quadro della verità, la libertà rappresenta indubbiamente un bene; però non si può adottare la libertà come un fine indipendente, che possa rinunciare ai diritti della verità.

    Nella Rivoluzione Francese la Chiesa non è più riconosciuta dal pubblico potere come l'unica vera religione, ma diventa uno dei tanti culti che i cittadini possono praticare. Tale situazione può essere accettata come un dato di fatto ma non certo come un diritto.

    Lamennais fu il primo cattolico che lo accettò come un diritto. Per lui, infatti, le verità moderne erano i diritti dell'uomo che dovevano essere considerati come conquista del progresso della storia.

    Lamennais fu quindi il primo a professare il progressismo cristiano e quindi è possibile identificare in lui l'iniziatore del liberalismo cattolico. Il liberalismo del secolo XIX rappresentava – per Lamennais - un progresso rispetto alla società anteriore che si diceva cristiana e che professava il riconoscimento della Chiesa come società soprannaturale, ed anche il liberalismo cattolico costituiva un vero progresso.

    Come è noto, Lamennaís fu condannato da Gregorio XVI nella “Mirari Vos”. Da allora, tutto il secolo XIX fu teatro di una tremenda lotta in seno alla Chiesa, tra liberali e non liberali. Tra i liberali troviamo figure come Lacordaire, Montalembert, Dupanloup. Tra gli anti‑liberali emergono soprattutto il Cardinale Pie ed il pubblicista Veuillot.

    Pio IX condannò con energia il liberalismo cattolico in una serie di documenti i cui punti salienti furono più tardi accolti nel famoso Syllabus. Ma la lotta non cessò. Al contrario, ricominciò durante il Pontificato di Leone XIII con l'apparizione dei chierici democratici come Naudet, Lemíre e Dabry.

    Leone XIII, nelle sue famose Encicliche, espose un piano completo di come avrebbe dovuto essere la civiltà cristiana, la città cattolica nello stile di vita moderno. Ma il pensiero di Leone XIII fu sistematicamente adulterato dai liberali che agivano in seno alla Chiesa.

    In quell'epoca, infatti, apparve nella Chiesa un movimento di tendenze decisamente liberali, democratiche e socialiste. Era il movimento di Le Sillon.

    La ferma azione di Pio X però, condannando il modernismo che si andava sempre più estendendo nel campo cattolico e il democratismo di Le Sillon, pose fine agli intenti del progressismo cristiano nella Chiesa.

    Ogni forma di progressismo cristiano scomparve dalla scena visibile della Chiesa tra il 1910 ed il 1930. La Pascendi e la Lettera Notre charge apostolique, che condannava Le Sillon, cercarono di ripulire il campo della Chiesa da queste piaghe.



    Il progressismo di Maritain
    Maritain diede allora un nuovo inizio al progressismo cristiano. Si tratta però del Maritain posteriore al 1930, perché il Maritain anteriore si distinse per la sua forza nel combattere ogni liberalismo ed ogni progressismo. Nel suo primo periodo aveva infatti scritto Antimoderne, Trois Reformateurs, Théonas, Primauté du Spirituel, nei quali rifiutava l'idea del progresso incondizionato ed esponeva la dottrina autentica della Chiesa sul piano della civiltà cristiana.

    Tuttavia, dal 1930, Maritain pubblica una serie di libri - in particolare Umanesimo integrale - dove, sotto le apparenze di una filosofia della cultura, emerge una problematica liberale che coincideva punto per punto con gli errori di Lamennais.

    Maritain, che nel suo Antimoderne aveva respinto l’idea di un progresso incondizionatamente buono, ora, in Umanesimo integrale, difende un concetto ambiguo, quello del progresso ambivalente della storia, per assumere, già durante la Seconda Guerra Mondiale, dopo il 1940, la difesa dell'idea di progresso.

    Questa idea di progresso affascina Maritain come già era accaduto a Lamennais, e la sviluppa in due libri scritti durante la Seconda Guerra Mondiale. In Cristianesimo e Democrazia e in I Diritti dell’uomo e la Legge naturale difende la nozione del progresso, avvertendo di trovarsi, su questo punto, in pieno accordo con Teilhard de Chardin. Dice testualmente: “Ho avuto il piacere di trovare esposte, dal punto di vista scientifico del loro autore, delle concezioni apparse in una conferenza pronunciata a Pechino dal celebre paleontologo Teilhard de Chardin, il quale in essa indica che ‘per vecchia che appaia la preistoria ai nostri occhi, l'umanità è ancora molto giovane e dimostra che la sua evoluzione deve essere guardata come la continuazione della vita integra, dove progresso significa ascensione della coscienza e dove tale ascensione è legata ad un grado superiore di organizzazione. Se il progresso deve continuare non sarà per sé solo. L'evoluzione, per il meccanismo delle sue sintesi, si carica sempre di più di libertà’”.

    Maritain, quindi, pone il progresso dell'uomo non nel bene, non in una sempre maggiore virtù, non in un maggiore avvicinamento a Dio, a Cristo, alla Chiesa, ma in una sempre maggiore libertà dell'uomo. Tutto ciò coincide, punto per punto, con il piano di Lamennais. Egli quindi considera odiosa la cristianità medievale ed il concetto autentico di civiltà cristiana, proponendo al loro posto una società fondata sulla libertà come idea preminente e dominante. Così, come il liberalismo cattolico di Lamennais finì con il declinare nel socialismo, anche per Maritain il liberalismo della nuova cristianità doveva portare ad una società socialista, nella quale fossero soddisfatte le aspirazioni della funzione storica del proletariato.



    Il progressismo di Emmanuel Mounier
    Maritain aveva anche elaborata tutta una teoria del personalismo, che alimentava il mito della nuova cristianità. Emmanuel Mounier avrebbe costituito per la Francia il profeta di questo nuovo messianesimo.

    Con la sua rivista, Esprit, egli prese ad ispirare tutto un movimento generazionale cattolico che avrebbe dovuto infondere un nuovo spirito, quello del progressismo cristiano, alle opere di apostolato cattolico in Francia ed in Europa.

    Il progressismo cristiano, oggi egemone in ambito cattolico francese e mondiale, può considerarsi opera di Mounier. Mounier ha influito in modo decisivo su alcuni importanti gruppi di teologi, sociologi e gesuiti: pertanto, non è esagerato assegnargli un'influenza di primo piano nella corrente progressista che oggi domina gli ambienti cattolici e che ha creato una poderosa struttura, alla quale devono piegarsi, volenti o nolenti, a volte anche i vari Vescovi.

    L'opera di Mounier prende le mosse dal rivalorizzare la nozione di progresso come idea sostanziale del cristianesimo. E' certo però che egli incorre in un equivoco perché, per quanto sia certo che esiste un progresso ed una crescita del Corpo Mistico di Cristo fino a raggiungere la pienezza dell'età perfetta, ciò non significa che ci debba essere anche un progresso nella civiltà che sopporta questo progresso del Corpo Mistico.

    Mounier non effettua tale distinzione permanente e nel suo studio Il cristianesimo e la nozione di progresso mantiene l'equivoco, come se il progresso dovesse tradursi nella stessa realtà temporale. In questo coincide completamente con Lamennais e Maritain. Su questa idea equivoca di progresso Mounier elabora tutto il sistema del suo personalismo, che dovrebbe dar corso ad una nuova civiltà o cristianità andando a sostituire la civiltà nata dal Rinascimento.

    Per capire il significato costituito dalla rivoluzione del personalismo di Mounier bisogna portare l'attenzione verso le realtà contro cui lotta. E la sua azione si sviluppa soprattutto contro il mondo del capitalismo, della borghesia e del denaro. Sono quelle le figure principali che vuole contrastare; è contro il capitalismo che Mounier punta le sue armi poderose. Nella stessa maniera con cui condanna duramente la borghesia ed il capitalismo, rivolge anche forti critiche contro il fascismo.

    Ma la durezza che Mounier mostra verso il capitalismo e il fascismo non somiglia affatto a quella che ha verso il comunismo, verso il quale mostra una significativa compiacenza. In innumerevoli pagine egli dà l'impressione che il comunismo eserciti su di lui una vera suggestione, come se si trattasse di un autentico umanesimo.

    Nel primo volume delle sue opere, a pag. 515, si legge: “La denuncia fatta dal marxismo dell'idealismo borghese e della sua ideologia sociale, era o avrebbe potuto essere un considerevole apporto all'umanesimo che cerchiamo. Essa costituiva un'indicazione capitale, sulla quale specialmente i cristiani si sentivano uniti da una fratellanza storica”.

    In merito alla sua posizione verso il comunismo, niente è più suggestivo di quello che scrisse ad André Dumas, il 9 ottobre del '49, a proposito del decreto del Santo Uffizio del 13 luglio dello stesso anno, con il quale si applicavano severe sanzioni a coloro che avessero prestato la loro collaborazione al comunismo. Mounier insinua essere questo un atto abusivo, di ingerenza mondana della Chiesa nella quale essa incorre seguendo le orme di Costantino e di Gregorio. Scrive testualmente: “Così, attualmente, tutti questi cattolici militano per la cristallizzazione di una certa difesa della civiltà cristiana, di certa glutinazione della Chiesa e dell'occidente capitalista e americano, della quale la Chiesa non è totalmente responsabile, ma lo fu solo per un primo periodo. Che le forze provenienti da questa tendenza diffamatoria spingano nel senso dell'atteggiamento attuale della nostra Chiesa verso il comunismo, é fuor di discussione. Non c'é il minimo dubbio che essa sia angustiata, tra le altre, dalle minacce che al comunismo fa pesare il suo potere post‑costantiniano o post‑gregoriano. E tale potere va combattuto senza reticenze”.

    Mounier fu il primo ad inventare questo carattere costantiniano (alludendo a Costantino) e questo carattere gregoriano (alludendo a Gregorio VII), per qualificare l'impegno della Chiesa nel difendere la civiltà cristiana. Per Mounier, la civiltà cristiana, città cattolica, ordine sociale cristiano, non sono altro che invenzioni abusive della cristianità costantiniana e gregoriana che devono essere combattute, così come va combattuto l'imborghesimento della Chiesa. Questa lettera ad André Dumas, sopra citata, termina con questo suggestivo saluto: “Con tutto il cuore in Cristo (e non nella civiltà cristiana)”.

    La teoria elaborata da Lamennais e Maritain e diffusa da E. Mounier, ha finito per imporsi negli ambienti cattolici. Non si può lavorare per la civiltà cristiana, non ci si può impegnare perché siano riconosciuti i diritti della Regalità di Cristo sulla scuola, i sindacati, i gruppi sociali, il potere pubblico, perchè tutto l’ambito temporale rimanga nelle mani del laicato cattolico. Secondo i progressisti, se tutto quest'ordine temporale è caduto nelle mani del liberalismo, del socialismo e del comunismo bisogna lasciarlo dov'é, perché ciò non sarebbe avvenuto senza acquisizioni di progresso nella maggioranza delle età della società attuale, passata dall'antico stato infantile ed ingenuo - attraverso lo stesso carattere sacro costantiniano e gregoriano -, ad una perfetta maturazione dell'età adulta e dell'attuale società moderna.

    Pertanto, pervenuti infine alla disistima dell'autentica civiltà cristiana e di un ordine sociale pubblico adeguato al Vangelo, che sostiene la Cristianità da sempre, si diffonde l'idea che il comunismo, senza il suo ateismo, possa essere un sistema compatibile con la fede cattolica. Si vuol far dimenticare che il comunismo è intrinsecamente perverso, anche come sistema sociale, così come ha detto con parole irreversibili e definitive Pio XII nel suo messaggio natalizio del 1955: “Rifiutiamo il comunismo come sistema sociale, in virtù della dottrina cristiana”.

    Al contrario, dobbiamo sostenere la necessità imposta dalle esigenze cristiane, di combattere il comunismo e di far fiorire una società cristiana nel quadro sociale: questo vuol dire lavorare per la civiltà cristiana. Il progressismo cristiano consiste precisamente nell'affermazione contraria, cioè nel non fare ciò che è necessario per le esigenze cristiane: lavorare per il fiorire di una società cristiana, contro la tesi progressista secondo cui il cristianesimo potrebbe propagarsi ugualmente, anzi forse meglio, in una società dove impera il comunismo.

    Le idee di Mounier alimentaranno i movimenti dei cristiani progressisti di Mandouze, che acquistarono una forza particolare dopo il 1948; queste idee influiranno anche sul gruppo di teologi riuniti attorno a Jeunesse de l'Eglise dell'ex domenicano Montuclard e, oprattutto, attraverso questi, sul movimento dei Preti Operai, la cui condanna da parte di Pio XII doveva avere una risonanza mondiale.



    Il progressismo di Teilhard de Chardin
    Teilhard de Chardin costituisce oggi la figura massima del progressismo cristiano, ma la sua traiettoria segui un itinerario diverso da quello di Lamennais, Maritain e Mounier.
    Sebbene la ragione fondamentale del suo progressismo consista dalla forte passione che lo muove ad unire in un solo insieme due fedi, la fede del cielo e quella della terra, Teilhard de Chardin è un innamorato del mondo e soprattutto del mondo moderno.
    Nel suo caso, in modo particolare, questo amore per il mondo diventa quanto mai forte verso la scienza moderna in generale e la scienza biologica in particolare. Da qui, seguendo la corrente imperante di questo tipo di scienze, confesse decisamente di essere partigiano dell'evoluzionismo e dell'evoluzionismo universale. Credo nell'evoluzione è la sua prima professione di fede scientifica. Credo che l'evoluzione vada verso lo spirito, credo che l'evoluzione vada verso il personale, credo che il personale supremo culmini in Cristo.

    Teilhard de Chardin, per la stessa ragione per cui crede nell'evoluzione universale, crede nel progresso. Progresso che va dal primitivo pulviscolo del cosmo fino ai primi elementi dell'atomo, dall'atomo fino alla molecola, dalla molecola alla grande molecola, da questa al virus, dal virus alla cellula, dalla cellula ai protozoi, da questi agli animali ed alle piante più complete, per finire all'uomo. Il cammino del progresso evolutivo non si arresta mai, fino al raggiungimento di forme più complesse di organizzazione collettiva e planetaria fino al "punto omega". E’ tutto un processo progressivo di cosmogenesi, biogenesi, noogenesi e cristogenesi.

    Però la specialità di Teilhard de Chardin era la paleontologia, che egli presume fornisca il fondamento scientifico e rigoroso a tutto il suo evoluzionismo. E' perciò necessario esporre il pensiero di Teilhard de Chardin su questo punto.
    Teilhard ha felicemente riassunto il suo pensiero nell'articolo su “La questione dell'uomo fossile”, pubblicato in Psyche, numero 99 e 100, nel secondo volume delle sue opere complete. Il de Chardin stabilisce in quella sede che il suo evoluzionismo universale ha come fondamento l'evoluzione dell'uomo. Infatti, in tale studio trae una conclusione che suona così: “E' anche chiave per il futuro: se corrisponde a verità è anche scientificamente vero che da un centinaio di migliaia di anni l'uomo non ha mai cessato di muoversi (senza retrocedere mai è sempre in testa alla vita) verso degli stadi costantemente crescenti di organizzazione e di coscienza: non c'è quindi nessuna ragione per supporre che tale movimento si sia attualmente arrestato. Al contrario, il gruppo dell'homo sapiens è tuttora intorno a noi nel pieno del suo vigore (per non dire nella sua piena gioventù), del suo sviluppo. Così sono giustificate e precisate su una solida base scientifica la nostra speranza e la nostra fede moderna nel progresso umano. L’antropogenesi non è certo chiusa. L'umanità avanza sempre e continuerà ad avanzare per altre centinaia di milioni di anni, con la convinzione di saper conservare lo stesso ritmo di marcia dei nostri predecessori verso una sempre maggiore coscienza e complessità”.

    Che valore ha il fondamento paleontologico di Teilhard de Chardin? Per esaminarlo spieghiamo brevemente la sua teoria. Per Teilhard de Chardin l'uomo appare nell'età quaternaria. Egli ammette che l'ascendente dell'uomo attuale è l'Homo Sapiens che appare nel pleistoceno superiore. Però prima appaiono forme intermedie rappresentate soprattutto dal Sinantropo, un presunto anello di animale/uomo verso l'uomo di Neanderthal e di questo verso l’Homo Sapiens.
    Ma bisogna rilevare che non esiste questa gradazione progressiva sulla quale si appoggia Teilhard de Chardin. Effettivamente si sono trovati pezzi di Homo Sapiens anteriori all'uomo di Neanderthal e bisogna porli nel pleistoceno inferiore. Nell'era preistorica di Fonte‑Chevade nella Charente, Germaine Henri Martin ha fatto conoscere nell'agosto del 1947 una calotta cranica comprendente, in connessione anatomica, una parte dell'osso frontale, i due parietali, una parte del temporale sinistro ed una parte dell'occipitale. L'interesse di queste scoperte poggia su quelle conformi al tipo di Homo Sapiens, di data anteriore al Musteriense, ossia bisogna porle nel pleistoceno inferiore. Pertanto, risulta chiaramente che, prima dell'uomo di Neanderthal, visse in Europa un tipo di Homo Sapiens.

    Per di più, il famoso Sinantropo o Uomo di Pechino, che costituisce per Teilhard de Chardin un vero animale umano, non ha valore. La questione è stata studiata in forma completa dal Reverendo Patrick O' Connell in “Science of to Day and the problems of Genesis”. L'argomento merita di essere trattato a lungo, cosa che non è possibile qui.
    Tratteggiamo tuttavia alcuni aspetti di cui occorre tener conto.

    Punto primo: bisogna tener presente che nel corso degli scavi di Choukoutien si è sostenuto che siano stati scoperti circa 30 crani interi o incompleti, 11 mandibole e 147 denti del preteso Sinantropo. Ma tutto ciò è ovviamente sparito.

    Punto secondo: è stata nascosta al pubblico l'importanza dell'industria trovata a Choukoutien, cosa che lascia ben supporre l’esistenza in loco di uomini con lo sviluppo tipico dell'Homo Sapiens.

    Punto terzo: il Dott. Pei trovò nel 1934, tre crani umani del tipo moderno ed i resti di scheletri presumibilmente umani. Weidenreich, che diresse gli scavi dopo la morte di Black, nell'esposizione illustrativa dei ritrovamenti, nel numero di Paleontologia Sinica del 1939 (che ripeté nella sua conferenza agli studenti dell'Università della California nel 1945) sentenziò testualmente: “Negli scavi chiamati del livello superiore di Choukoutien, che portarono alla luce i resti del Sinantropo, furono ritrovati 3 crani ben conservati, vari frammenti di altri crani e ossa di scheletri di circa 10 individui, che sembravano appartenere alla stessa famiglia. I 3 crani erano di un uomo maturo, di una donna di età media e di una donna più giovane. Benchè della stessa famiglia, avevano alcune caratteristiche diverse: il cranio dell'uomo era del tipo mongolo con alcuni tratti del Neanderthal; il cranio della donna di età media sembrava di un eschimese, mentre quello della donna giovane apparteneva ad un abitante della Melanesia”.

    Il quarto fatto da tener presente è che i crani del presunto Sinantropo mostravano tutti un buco nella parte posteriore, aperto per succhiare il cervello.

    Da tutti questi fatti deriva la validità dell'affermazione del grande paleontologo Marcellin Boule nella sua Antropoloaia, in cui scrive: “A questa ipotesi tanto fantasiosa quanto ingegnosa (cioè quella del Padre Teilhard de Chardin circa il Sinantropo) mi permetto preferire questa che mi sembra più conforme alla connessione delle nostre conoscenze; il cacciatore era un uomo vero del quale è stata trovata la figura tipica e che ha fatto del Sinantropo la sua vittima”.

    Ancora Boule: “Mi sembra temerario considerare il Sinantropo come il monarca del Choukoutien dato che appare nei depositi nei quali è stato trovato mentre caccia assieme ad altri animali”.

    Tutto ciò è utile per sgombrare e far chiarezza nel campo della Paleontologia, dal quale gli evoluzionisti traggono le loro argomentazioni fondamentali.
    Infatti, se sconfiniamo nel terreno della biologia, è facile dimostrare che tanto per il concetto di “specie” come per quello di “eredità” e quello dei “caratteri acquisiti” e della “genetica”, l'evoluzione è inverosimile. Le parole della “Enciclopedia” francese (tomo V, 1938) scritte da Paul Lemoine, restano tuttora valide. Vi si legge: “Il volume quinto dell'enciclopedia francese segnerà sicuramente una data nella cammino delle nostre idee sull'evoluzione: emerge dalla sua lettura che questa teoria sta quasi per essere abbandonata”.

    “Da quest'espressione risulta che la teoria dell'evoluzione è impossibile. In fondo, nonostante le apparenze nessuno crede ancora in essa e si dice, senza darle un'importanza particolare, ‘evoluzione’ intendendo ‘incatenamento’; ‘più evoluto’, ‘meno evoluto’, nel senso di ‘più perfezionato’ o ‘meno perfezionato’, facendo parte tutto ciò di un linguaggio convenzionale, non solo ammesso ma quasi obbligatorio nel mondo scientifico”.

    “L'evoluzione è una specie di dogma nelle quale non credono nemmeno i sacerdoti, che però la mantengono per il popolo. Bisogna avere il coraggio di dire tutto ciò perché gli uomini della futura generazione orientino le loro ricerche in un'altra direzione”.

    L'idea di progresso in Teilhard de Chardin manca dunque, ovviamente, di basi scientifiche serie. Ma nemmeno possono esserle offerte basi filosofiche. Ciò che conviene sottolineare ‑ e qui si capisce perché il comunismo è impegnato nel favorire e propagandare il teilhardismo negli ambienti cattolici ‑ è che per Teilhard bisogna operare attualmente per la congiunzione e l'unione di cristianesimo e marxismo.
    Infatti, nel suo articolo “Il cuore del problema”, presente nel 5° volume delle sue opere, propone come soluzione all'umanità una combinazione risultante da oy che rappresenta la tendenza cristiana o la fede tendente in alto, con ox che rappresenta la tendenza comunista o marxista, cioè la fede nel futuro o la fede nel mondo. Scrive Teilhard: “Due forze religiose sino a questo momento sono state contrapposte una all'altra nel cuore di ogni uomo; due forze, come abbiamo visto, che si debilitano e languiscono se vengono isolate; due forze conseguentemente (questo è quello che mi rimane da dimostrare) che non sperano che una cosa: non che si faccia una scelta tra le due ma che si trovi il modo di unirle” (in L'Avvenire dell'uomo, ed. fr. pag. 343; ed. sp. Taurus, pag. 324).



    Il Progressismo ed il Concilio Vaticano II
    Per formulare un giudizio definitivo su questo punto bisogna aspettare le conclusioni definitive alle quali arriverà il Concilio. Ma un Concilio è opera dello Spirito Santo e lo Spirito non si mostra realmente se non nelle conclusioni alle quali perviene l'unanimità dei Padri Conciliari sotto la direzione del Romano Pontefice.

    Tuttavia, fin da ora, bisogna dire quanto segue:

    1) Il Concilio è, nella mente della Chiesa, un grande atto di carità della Chiesa stessa, che cerca oggi di salvare il mondo moderno e di unire tutti gli uomini nella fede e nella carità di Cristo.

    2) Questo grande atto di carità della Chiesa per salvare dallo stato di indigenza spirituale il mondo moderno, avviene proprio nel momento in cui questo mondo, orgoglioso, si esalta per le sue conquiste scientifiche e tecniche e tenta di riorganizzarsi respingendo Dio ed affermando un ateismo militante su scala mondiale, con il quale non farà che portare alla distruzione ed alla rovina la specie umana: un mondo senza Dio è un mondo distruttore dell'uomo. Ecco perché la Chiesa ha voluto, vuole e vorrà sempre mettere questo mondo in contatto con le energie vivificanti e permanenti del Vangelo. Il mondo ha bisogno di essere salvato dalla Chiesa. Non è la Chiesa, come immaginano i progressisti, che deve essere salvata dal mondo moderno.

    3) Questo grande atto di carità della Chiesa vedrà il mantenimento intatto ed integro della Verità della Chiesa, perché nella Chiesa la carità sgorga dalla Verità. Lo Spirito Santo procede dal Verbo, che è Verità.

    4) Questo grande atto di carità della Chiesa coincide con una grande confusione e con un'ansia non sempre legittima di cambiamenti e di progressi, che sta agitando il mondo cattolico da più di 30 anni.

    5) Il movimento progressista, al quale abbiamo fatto riferimento, sta operando con trenta organizzazioni in tutto il mondo, in Francia, Belgio, Olanda e Germania ed ora vuole approfittare della grande Assemblea Conciliare per imporre la sua idea di pericoloso progressismo a tutto il popolo di Dio.

    6) Il comunismo non è estraneo a questo proposito sinistro. Nella primavera del 1963, il Cardinal Segretario di Stato del Pontefice Romano ha fatto conoscere al Nunzio Apostolico a Parigi, perché lo facesse sapere all'Episcopato ed ai Superiori Maggiori Religiosi residenti in Francia, i propositi sinistri del movimento Pax (nato in Polonia e diretto da Piasecki, un cattolico progressista polacco), che ha come obbiettivo lo sviluppo del progressismo in Francia e cerca di approfittare della grande Assemblea Conciliare per insinuare dialettica tra gli stessi Padri Conciliari. Questo movimento comunista Pax dispone di fondi inesauribili per esercitare la sua influenza sui mezzi mondiali di comunicazione. Sta insinuando dialettica con il fare apparire i Padri Conciliari divisi tra di loro in due gruppi diversi, buoni e cattivi, progressisti ed integralisti, di attitudine aperta e di attitudine chiusa, innovatori e reazionari. In realtà, in un'assemblea di quasi 3.000 persone, sono molti i gruppi e le sfumature, e queste sono parecchio elastiche, di modo che non si ha diritto di dividerli precisamente in due tendenze antagoniste, e solo in due, come esige la dialettica comunista. Tutto ciò sta venendo messo in atto con propaganda mondiale la quale, nello stesso tempo, fa apparire come divisi in due gruppi antagonisti di progressisti ed integralisti tutti i cattolici del mondo.

    7) Questa guerra psicologica, sviluppata con uno spiegamento dell'apparato pubblicitario mondiale, ha come fine il produrre un atteggiamento di vergogna e timore, già ben visibile in molti, di poter venire qualificati come reazionari, cavernicoli, ristretti ed integralisti,

    8) Il cattolico non si dovrà lasciar prendere da complessi, ma dovrà mantenere la sua fedeltà al Magistero della cattedra romana, perché questa è la condizione della fedeltà autentica alla fede di Cristo.

  3. #3
    presbitero cristiano ortodosso
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    Predefinito Non ti hanno avvisato forumista apoliticos

    Non ti hanno avvisato forumista apoliticos che la tua Chiesa ha fatto un Concilio,il Concilio Vaticano secondo?

    Perchè devo ricordartelo io?

  4. #4
    Ashmael
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    L'antimodernismo è paragonabile ai tentativi disperati di Giuliano l'Apostata di affossare il cristianesimo trionfante resuscitando un paganesimo moribondo.

  5. #5
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    Citazione Originariamente Scritto da Ashmael
    L'antimodernismo è paragonabile ai tentativi disperati di Giuliano l'Apostata di affossare il cristianesimo trionfante resuscitando un paganesimo moribondo.


    Il "dissenso" teologico "aggiornato"
    evoluzionismo nel dogma




    GIOVANNI CANTONI, da Cristianità n. 204 (1992)



    Il "dissenso" teologico "aggiornato"



    1. Nella dichiarazione Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberato, i presuli partecipanti all’Assemblea Speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi — svoltasi in Vaticano dal 28 novembre al 14 dicembre 1991 — affermano che, "mentre [...] una teologia radicata nella parola di Dio e aderente al magistero della Chiesa è sommamente utile per il compito dell’evangelizzazione, si deve riconoscere che il "dissenso" teologico costituisce un ostacolo per l’opera evangelizzatrice, in primo luogo per quella che si deve attuare continuamente all’interno della Chiesa stessa" (1).

    2. A chi ha ritenuto il monito espressione di routine ecclesiastica e come tale lo ha accolto, offre prova certa della sua puntualità un’intervista allo scolopio toscano padre Ernesto Balducci, raccolta a metà febbraio del 1992 da Carlo Formenti per il supplemento settimanale del Corriere della Sera (2). Le affermazioni in essa contenute contrastano in modo tanto evidente con l’ortodossia e con l’ortoprassi cattoliche da non necessitare di commento; ma è di qualche importanza conoscerle sia per il loro carattere esplicito, sia perché il "pulpito" messo a disposizione da chi le pronuncia le qualifica in modo inequivoco come funzionali al progetto di secolarizzazione, "[...] cioè di estromissione della motivazione e della finalità religiosa da ogni atto della vita umana" (3), quindi come autentico ostacolo all’evangelizzazione.

    3. Dunque, secondo padre Ernesto Balducci "il cristianesimo in quanto religione è in crisi irreversibile", "[...] è attraversato da una scissione: in quanto profezia messianica, esso predice l’avvento di un uomo che non è mai stato, un uomo futuro che realizzerà quelle possibilità che non hanno ancora trovato attuazione[...]. In questo senso la fede cristiana non è una "religione". Essa si è trasformata in religione in quanto ha assunto delle forme culturali particolaristiche, che coincidono con la storia dell’Occidente. Giovanni Paolo II è interno a questo cristianesimo storico che ha avuto la sua formulazione più rigorosa nel Concilio di Trento, e che è vissuto condannando tutte le conquiste politiche e scientifiche dell’umanità"; egli è "[...] un vir catholicus nel senso tridentino-polacco, [quindi] torna ora ad affermare che la Chiesa è l’anima dell’Europa. Un Iuogo comune ormai privo di senso, che legittima una cultura che ha anche espresso i roghi contro gli eretici".

    4. Ma la situazione attuale è ancipite, nota lo scolopio: infatti, "oggi viviamo nell’evento della dissociazione fra la forma culturale, relativa, e la potenzialità messianico-profetica del cristianesimo". "Già nel 1871 Darwin diceva che, di fronte alla scoperta che la Terra è l’unico ambiente vitale comune a tutta la specie, i vincoli di "simpatia" che nel passato legavano fra loro i membri di una stessa tribù, città o nazione avrebbero dovuto abbracciare tutti gli abitanti del pianeta. Oggi siamo arrivati a questa soglia"; "ma per affrontare la sfida dell’età planetaria [...] bisogna capire qual è l’attuale fase evolutiva della nostra specie. La prima fase è stata quella dell’ominazione: uscendo dalla lotta per la vita basata sulla selezione naturale, l’homo sapiens entrò nella fase culturale, in cui l’evoluzione non è più il risultato della selezione ma di un "progetto" evolutivo. Un progetto, tuttavia, sempre dominato dalle strutture psichiche e sociali dell’antagonismo, dalla legge della "guerra madre di tutte le cose" di cui parlava Eraclito. Io però — tiene a precisare l’intervistato — non sono d’accordo con chi vede nel passato solo conflitti: oltre alle pulsioni aggressive, l’uomo ha sempre avvertito l’impulso opposto all’amicizia; per dirla con Freud: non c’è solo Thanatos, c’è anche Eros. Così come non sono d’accordo con chi ritiene che la natura umana sia immutabile, segnata dal "peccato originale": la nostra storia evolutiva dimostra al contrario che l’uomo è un essere plastico, modificabile".

    5. Passando dalla dottrina, e dalla cultura in cui si incarna, alla morale, lo stesso scolopio afferma che, mentre "il problema demografico è la più grande sfida epocale [...] il messaggio che arriva alla gente comune è solo questo: la Chiesa è contraria ai metodi contraccettivi, e cioè un messaggio che non tiene conto della responsabilità nei confronti dell’umanità intera. Su questi temi il cristianesimo storico sarà sbaragliato. [...] Così come il cattolicesimo è la fede cristiana incarnata nella filosofia platonica, spesso fino a identificarsi con essa, dovrà incarnarsi nelle idee della nuova scienza".

    6. Rebus sic stantibus, emerge finalmente il problema del "che fare", anche a fronte di chi, come Hans Küng, ritiene che il dissenso sia in regresso e la "restaurazione" avanzi. In proposito, padre Ernesto Balducci afferma che "Küng è rimasto troppo "cattolico": interpreta il fatto che sono diminuiti i fenomeni di contestazione della Chiesa dall’alto come una restaurazione del potere gerarchico"; quindi periodizza significativamente: "Nella fase dell’integrismo preconciliare chi dissentiva diventava spretato, eretico, reietto; poi è venuta la fase dell’antagonismo fra Chiesa conciliare e Chiesa apparato; oggi stiamo vivendo una terza fase: c’è la Chiesa apparato e poi c’è una forma comunitaria che progredisce autonomamente senza confrontarsi con la prima, che non ne tiene semplicemente conto. Facciamo l’esempio dell’America Latina: è vero che la teologia della liberazione è vessata, che Roma impone vescovi allineati all’Opus Dei, ma poi succede che, quando si insediano, non dispongono di strutture su cui far presa, di preti che condividono le loro idee. C’è una "Chiesa duale", c’è un dimorfismo evolutivo per cui mi viene a volte di dire provocatoriamente che il Vaticano rischia di diventare un gruppo del dissenso".

    7. Dunque, secondo l’esponente del dissenso, "[...] è giunta l’ora di un nuovo adattamento della specie al suo ambiente [...]. [I nuovi scienziati] ci hanno fatto capire la necessità di costruire una "comunità creaturale": noi abbiamo sempre parlato di una comunità fra gli uomini, ma la nuova comunità dev’essere quella fra tutte le creature. La nuova etica si rivela come una "religione naturale" con cui dovranno misurarsi le religioni positive, la cui origine è nella comunione fra tutte le creature che si rivela alla coscienza che ha preso atto delle interconnessioni che legano l’uomo all’uomo e gli uomini alle cose. Nel coincidere con questo substrato materiale e biologico la necessità etica non muore: ritrova il suo senso profondo che è, a dispetto di tutti gli spiritualismi, la custodia del fuoco della vita su questo pianeta".

    8. Quanto alla politica, "[...] più grave dell’inaffidabilità morale dei partiti è la loro impotenza — che coincide con l’impotenza del moderno Stato-nazione — ad affrontare le sfide dell’età planetaria, i problemi che io definisco "assoluti", come quelli dell’ecologia, dell’immigrazione, della droga". Per esempio, relativamente alla droga, "la legge del ’91 ha trasformato nuovamente il tossicodipendente in un criminale. Le carceri sono piene di detenuti condannati per questo tipo di reati, e i sieropositivi aumentano continuamente perché una siringa costa mezzo milione al mercato nero e, ovviamente, la usano in decine di persone. È il punto d’arrivo di una catena causale mondiale che mobilita enormi interessi contro i quali solo quella che io chiamo la "cosmopoli", il nucleo costitutivo di una comunità politica mondiale, può prevalere. O arriveremo a creare questa autorità politica mondiale o andremo sempre di più verso la disgregazione e la crisi".

    9. Dunque, il vecchio progressismo catto-comunista si "aggiorna", si rivela anche catto-mondialista e, se non propone più di "battezzare" Karl Marx razionalista, richiama Karl Marx romantico, "letto" da Ernst Bloch (4) e all’interno di una filière che da Charles Robert Darwin passa attraverso Sigmund Freud: "La qualifica di cristiano — afferma esplicitamente padre Ernesto Balducci —, in quanto mi differenzia dagli altri, mi pesa. Il termine è nato ad Antiochia, nel 43 d. C., coniato da burocrati romani per "schedare" quelle comunità poco conformi alle regole sociali.[...] È vicino il giorno in cui capiremo che Gesù non intese dar vita a una nuova "religione", ma abbattere tutte le barriere che impediscono all’uomo di essere fratello all’uomo. Se voglio sapere se uno è cristiano non gli chiedo se crede, ma come assume la responsabilità del prossimo. Bloch diceva che solo un ateo può essere un vero cristiano, e solo un vero cristiano può essere ateo nel senso che nega il "dio della tribù"".

    Quanto all’azione, il new look del dissenso pratica la disattenzione organizzata nei confronti della Chiesa gerarchica, cioè la trasformazione del dissenso dottrinale in dissenso sociologico, inteso a ridurre lo stesso "Vaticano", in una prospettiva appunto sociologica e quantitativa, a un "gruppo del dissenso".

    Mentre devo registrare con dispiacere il fatto che padre Ernesto Balducci possa esternare quanto riportato senza incorrere in nessuna censura ecclesiastica, utile in tesi anche a lui, ma, in tesi e in ipotesi, certamente profittevole al popolo di Dio che lo incontra sui mass media, medito e propongo di meditare le parole del Signore Gesù relativamente al "piccolo gregge" (5) e una tesi di san Bonaventura secondo cui "il Sommo [...] Pontefice [...] è vicario di Cristo sulla terra; perciò, anche se fosse solo, e tutto nella Chiesa fosse distrutto, potrebbe restaurare tutto" (6).

    Giovanni Cantoni

    ***

    (1) Sinodo dei Vescovi. Assemblea Speciale per l’Europa, Dichiarazione Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberato, n. 5; a esposizione e a commento cfr. il mio Per la "nuova evangelizzazione" dell’Europa, in Cristianità, anno XIX, n. 200, dicembre 1991.

    (2) Cfr. Ernesto Balducci S.P., Dalla crisi delle religioni alla rinascita della fede, intervista a cura di Carlo Formenti, in 7 Supplemento del Corriere della Sera, n. 7, s.i.d. ma 15-2-1992, pp. 23-30. Tutte le citazioni senza rimando sono tratte da questo testo, che si presenta implicitamente come esposizione sintetica delle tesi dell’opera dello stesso padre scolopio La terra del tramonto. Saggio sulla transizione, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (FI) 1992.

    (3) Giovanni Paolo II, Annunciare il valore religioso della vita umana. Discorso "Sono lieto", del 1°-3-1991, n. 1, Cristianità, Piacenza 1991, p. 5.

    (4) Cfr. il mio Fra crisi e "ristrutturazione": ipotesi sul futuro dell’impero socialcomunista, in Cristianità, anno XVIII, n. 187-188, novembre-dicembre 1990.

    (5) Cfr. Lc. 12, 32.

    (6) San Bonaventura, Quaestiones disputatae de perfectione evangelica, q. 4, a. 3, ad 15, in Obras de San Buenaventura, ed. bilingue, vol. VI, Biblioteca de Autores Cristianos, Madrid 1972, p. 330.

  6. #6
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    Le fonti del forumista apoliticos sono molto chiare . Cristianità,alleanza cattolica, , tra poco verrà fuori il centro Lepanto di De Mattei e Maira,....Radio Maria,magari una tocco anti semita, poi sempre la questione del pipono...



    Chiedo allora al forumista apoliticos di -in assoluta libertà- offrire la sua lettura del pontificato di Paolo VI e di Giovanni Paolo II

    Interessante che a chiedertelo sia un prebitero non cattolico-romano....

  7. #7
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    Cause di una rovina

    di Eugenio Corti

    Falso l'umanesimo che mette i cattolici al servizio del mondo. Il rimedio è nella coerenza cristiana.

    Tra le principali cause dell'attuale smarrimento di identità della cultura cristiana si deve collocare la comparsa, poco prima della seconda guerra mondiale, di un corpo di idee nuove, promosse dal filosofo cattolico francese Jacques Maritain.
    Costui, convertitosi nel 1905 dall'ateismo rivoluzionario al cattolicesimo, aveva in un primo tempo scritto opere antirivoluzionarie (come Antimoderno e i tre riformatori), e si era in seguito distinto per un efficace ammodernamento del tomismo, per il quale gli siamo debitori ancora oggi. Aveva insomma molto bene meritato nel campo della cultura cattolica, e glien'erano venuti ampi riconoscimenti e una straordinaria autorità. Per farsi un'idea della grande autorità acquisita da Maritain tra le due guerre e nel dopoguerra, si pensi a quella - nello stesso periodo di tempo - di Benedetto Croce nella cultura laica italiana: con la differenza che l'autorità di Maritain non si limitava all'ambito francese, ma si estendeva alla cultura cattolica del mondo intero.
    Prima della guerra, però, Maritain aveva formulato un suo grande progetto di "nuova cristianità", che si staccava non poco dall'insegnamento perenne della Chiesa, e l'aveva diffuso mediante un volume che divenne notissimo; Umanesimo integrale (uscito in Francia nel 1936, tradotto in italiano nel 1946). L'opera si caratterizzava per la ricerca delle verità e virtù, e valori cristiani "impazziti" - cioè delle verità e virtù, e valori cristiani "prigionieri dell'errore" ma pur sempre cristiani - che si trovano nel patrimonio culturale di determinati gruppi avversi alla Chiesa, segnatamente dei comunisti e dei laicisti radicali. Di questi gruppi Maritain prospettava l'inclusione nella "nuova cristianità", appunto sulla base di tale patrimonio comune.
    Le sue idee vennero severamente confutate dalla rivista dei gesuiti "Civiltà cattolica" (anno 1956, v. III, pagg. 449463) in un importante articolo del direttore padre A. Messineo, considerato allora portavoce di papa Pio XII: detto articolo si conclude con le parole: "L'umanesimo integrale non è l'umanesimo dell'uomo rigenerato dalla grazia... Nella sua sostanza l'umanesimo integrale è un naturalismo integrale".
    Malgrado questo, le idee di Maritain incontrarono sempre maggior credito e adesione tra i cristiani: qui in Italia il successo si fece un po' alla volta addirittura travolgente, favorito anche dagli stessi avversari, i quali, mentre non intendevano certo farsi inquadrare dai cristiani, vedevano pero in quel progetto un'occasione d'incontro che bloccasse l'avanzata allora in atto dei cristiani su piano nazionale.
    Va detto, per amore di verità, che diversi dei primi portatori delle idee di Maritain, e del suo discepolo e braccio destro in politica Mounier, erano persone colte, disinteressate e per più aspetti esemplari. Tali, del resto, erano gli stessi Maritain e Mounier; così qui in Italia Dossetti, Lazzati, La Pira e parecchi altri fino a Martinazzoli. Tuttavia il chiudere troppo a lungo gli occhi sulla realtà delle cose, il fare - anche se in buona fede - spazio all'errore, può comportare sbocchi molto gravi. Paradigmatico fu il caso di La Pira che, a quanto sembra, allorchè nel 1956 venne richiesto da Crusciov - col quale aveva notoriamente scambio di corrispondenza - di far conoscere in Occidente il suo famoso "rapporto segreto" al XX Congresso, in cui si denunciava e demoliva lo stalinismo, non ne volle sapere. La Pira cioè non avrebbe accettato di collaborare al ristabilimento di una verità comportante la liberazione dalla schiavitù per centinaia di milioni d'esseri umani; evidentemente perchè, se avesse accettato, avrebbe con ciò stesso implicitamente riconosciuto di avere costruita la propria testimonianza anche su una colossale menzogna. Viene spontaneo chiedersi fino a che punto si debba a questa omissione di La Pira - e ad altre consimili di personaggi "esemplari" come lui il fatto che tra i cattolici italiani l'enormità negativa dell'esperimento storico comunista venne recepita in modo del tutto inadeguato. Tanto che, al pari degli altri italiani, i cattolici vivono ancora oggi in uno stato di semi menzogna.
    Dice il Vangelo: "riconoscerete i falsi profeti dai loro frutti". Dai frutti, cioè dai fatti.
    Cos'è derivato nei fatti dall'apertura che tanti cattolici finirono col fare non soltanto al mondo contemporaneo in generale, ma specificamente al comunismo, al laicismo, e ad ogni genere di modernismo? Per cominciare, una spaccatura nella cultura cattolica che ha portato alla sua paralisi. Poi limitandoci ai soli accadimenti maggiori una cessazione, nell'ambito delle società più avanzate, delle conversioni al cattolicesimo, che prima si contavano ogni anno a centinaia di migliaia. Inoltre una crescente perdita della nostra identità, con conseguente caduta delle vocazioni religiose: nel giro di appena una decina d'anni i chierici nei seminari si ridussero alla metà, e in qualche diocesi addirittura a un quinto o a un sesto. Negli ordini religiosi si ebbero colossali defezioni: tra i gesuiti diecimila padri su trentaseimila abbandonarono lo stato religioso, tra i domenicani (altro ordine culturalmente avanzato) la percentuale delle defezioni fu ancora più elevata (si fa presto a dirlo: ma quando mai nella storia millenaria della Chiesa si era assistito a qualcosa di simile?). In pari tempo, l'Azione Cattolica italiana ha visto il numero dei propri membri precipitare da tre milioni a seicentomila.
    È ben noto il lamento di papa Paolo VI già nel giugno 1972: "Il fumo di Satana è entrato nel tempio di Dio... Si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una "giornata di sole per la storia della Chiesa. È venuta invece una giornata di nuvole, di tempesta, di buio". E la sua precisazione (18.9.74): "Grande parte di essi mali non assale la Chiesa dal di fuori, ma l'affligge, l'indebolisce, la snerva dal di dentro. Il cuore si riempie di amarezza".
    Contemporaneamente, ha avuto luogo sul piano storico una nuova, tumultuosa avanzata della società secolarizzata, che si è affermata rapidamente nel costume (paganesimo sessuale, droga, scristianizzazione crescente del popolo), nonchè nell'ambito delle leggi (divorzio, aborto ed altre).
    Quanto a Jacques Maritain va ricordato che più tardi si è spaventato e ricreduto. Nel suo ultimo libro importante infatti, Il contadino della Garonna (1966; traduzione italiana ritardata al 1969), Maritain ha parlato, riprovandolo, di un "neo-modernismo" inaspettatamente scatenatosi nella Chiesa, confronto al quale quello che a principio secolo preoccupava tanto non fu che "un modesto raffreddore da fieno".
    Ma ormai il danno era fatto. I suoi seguaci non sono più tornati indietro: anzi, dopo che si è arrivati alla spaccatura del partito politico cristiano, essi si sono subordinati agli eredi del comunismo, dandogli modo di prendere la guida del governo.
    Che fare oggi, in tale situazione? Ci richiamiamo a un'altra affermazione di papa Paolo VI: "Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all'interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non-cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all'interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia". Il Papa aggiunge: "Ciò che manca in questo momento al cattolicesimo è la coerenza".
    Ecco: i cattolici che non si sono messi al seguito degli atei devono conservarsi coerenti, e conservare gelosamente la propria identità. Consci di quella promessa che è pegno di vittoria, fatta da Cristo ai suoi: "Io sarò con voi sino alla fine". Dobbiamo anche ricordare quel severo ammonimento del Vangelo: "Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il suo sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini" (Mt 5,13).

    Bibliografia

    Eugenio Corti, Le responsabilità della cultura occidentale nelle grandi stragi del nostro secolo, Mimep-Docete, Pessano (Ml) 1998.
    Eugenio Corti, Breve storia della Democrazia Cristiana, con particolare riguardo ai suoi errori, Mimep-Docete, Pessano (Ml) 1995.
    Giovanni Cantoni, La "lezione italiana", Cristianità, Piacenza 1980.

    © Il Timone - n. 6 Marzo/Aprile 2000

  8. #8
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    ed eretico perfino di se stesso -contraddisse e si contraddisse
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    Predefinito E' incredibile. ma siamo sempre alla reazione viscerale.

    E' incredibile. ma siamo sempre alla reazione viscerale.

    Tu sussurri il nome di Dossetti e subito la pancia cattolico-reazionaria esce allo scoperto


    ed io avevo solo postato il testamento spirituale del presbitero cristiano Don Giuseppe Dossetti...


    E tocchi con mano un odio totale,immenso da parte dei suoi fratelli di fede8(a questo punto presunti...) verso Don Giuseppe.... Che tristezza...

    Ma un pò di rossore in volto...no ,,,eh...no...Che tristezza.....

    --------------------------------------------------------------------------------

  9. #9
    Ashmael
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    Il sabato per l'Uomo, non l'Uomo per il Sabato. Il cattolicesimo tradizionalista è paragonabile a quei farisei che non volevano che il Nostro Salvatore Gesù Cristo guarisse di sabato. Chi ha orecchi per intendere intenda.

  10. #10
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    1° Io sono il Signore tuo Dio, amerai Il Signore tuo Dio con tutta la tua anima , con tutta la tua mente , con tutto il tuo cuore ......



    il prossimo ( solo ) come te stesso .

 

 
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