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  1. #1
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    Predefinito 28° anniversario del pio transito di Paolo VI

    PAOLO VI
    NEL XXVIII ANNIVERSARIO DEL PIO TRANSITO
    6 agosto 1978 - 2006



    Il 6 agosto 1978 moriva in Castelgandolfo il
    Sommo Pontefice Paolo VI.

    Nel XXVIII della Sua nascita alla Vita che non avrà fine, lo ricordiamo e preghiamo perchè interceda per tutti noi e per la Chiesa che ha tanto amato.

  2. #2
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    Predefinito Il testamento di Paolo VI



    Alcune note
    per il mio testamento

    In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

    1. Fisso lo sguardo verso il mistero della morte, e di ciò che la segue, nel lume di Cristo, che solo la rischiara; e perciò con umile e serena fiducia. Avverto la verità, che per me si è sempre riflessa sulla vita presente da questo mistero, e benedico il vincitore della morte per averne fugate le tenebre e svelata la luce.

    Dinanzi perciò alla morte, al totale e definitivo distacco dalla vita presente, sento il dovere di celebrare il dono, la fortuna, la bellezza, il destino di questa stessa fugace esistenza: Signore, Ti ringrazio che mi hai chiamato alla vita, ed ancor più che, facendomi cristiano, mi hai rigenerato e destinato alla pienezza della vita.

    Parimente sento il dovere di ringraziare e di benedire chi a me fu tramite dei doni della vita, da Te, o Signore, elargitimi: chi nella vita mi ha introdotto (oh! siano benedetti i miei degnissimi Genitori!), chi mi ha educato, benvoluto, beneficato, aiutato, circondato di buoni esempi, di cure, di affetto, di fiducia, di bontà, di cortesia, di amicizia, di fedeltà, di ossequio. Guardo con riconoscenza ai rapporti naturali e spirituali che hanno dato origine, assistenza, conforto, significato alla mia umile esistenza: quanti doni, quante cose belle ed alte, quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo!
    Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena, come ancora ringraziare Te, o Signore, dopo quello della vita naturale, del dono, anche superiore, della fede e della grazia, in cui alla fine unicamente si rifugia il mio essere superstite? Come celebrare degnamente la tua bontà, o Signore, per essere io stato inserito, appena entrato in questo mondo, nel mondo ineffabile della Chiesa cattolica? Come per essere stato chiamato ed iniziato al Sacerdozio di Cristo? Come per aver avuto il gaudio e la missione di servire le anime, i fratelli, i giovani, i poveri, il popolo di Dio, e d’aver avuto l’immeritato onore d’essere ministro della santa Chiesa, a Roma specialmente, accanto al Papa, poi a Milano, come arcivescovo, sulla cattedra, per me troppo alta, e venerabilissima dei santi Ambrogio e Carlo, e finalmente su questa suprema e formidabile e santissima di San Pietro? In aeternum Domini misericordias cantabo.

    Siano salutati e benedetti tutti quelli che io ho incontrati nel mio pellegrinaggio terreno; coloro che mi furono collaboratori, consiglieri ed amici - e tanti furono, e così buoni e generosi e cari!
    benedetti coloro che accolsero il mio ministero, e che mi furono figli e fratelli in nostro Signore!

    A voi, Lodovico e Francesco, fratelli di sangue e di spirito, e a voi tutti carissimi di casa mia, che nulla a me avete chiesto, né da me avuto di terreno favore, e che mi avete sempre dato esempio di virtù umane e cristiane, che mi avete capito, con tanta discrezione e cordialità, e che soprattutto mi avete aiutato a cercare nella vita presente la via verso quella futura, sia la mia pace e la mia benedizione.

    Il pensiero si volge indietro e si allarga d’intorno; e ben so che non sarebbe felice questo commiato, se non avesse memoria del perdono da chiedere a quanti io avessi offeso, non servito, non abbastanza amato; e del perdono altresì che qualcuno desiderasse da me. Che la pace del Signore sia con noi.

    E sento che la Chiesa mi circonda: o santa Chiesa, una e cattolica ed apostolica, ricevi col mio benedicente saluto il mio supremo atto d’amore.

    A te, Roma, diocesi di San Pietro e del Vicario di Cristo, dilettissima a questo ultimo servo dei servi di Dio, la mia benedizione più paterna e più piena, affinché Tu Urbe dell’orbe, sia sempre memore della tua misteriosa vocazione, e con umana virtù e con fede cristiana sappia rispondere, per quanto sarà lunga la storia del mondo, alla tua spirituale e universale missione.

    Ed a Voi tutti, venerati Fratelli nell’Episcopato, il mio cordiale e riverente saluto; sono con voi nell’unica fede, nella medesima carità, nel comune impegno apostolico, nel solidale servizio al Vangelo, per l’edificazione della Chiesa di Cristo e per la salvezza dell’intera umanità. Ai Sacerdoti tutti, ai Religiosi e alle Religiose, agli Alunni dei nostri Seminari, ai Cattolici fedeli e militanti, ai giovani, ai sofferenti, ai poveri, ai cercatori della verità e della giustizia, a tutti la benedizione del Papa, che muore.

    E così, con particolare riverenza e riconoscenza ai Signori Cardinali ed a tutta la Curia romana: davanti a voi, che mi circondate più da vicino, professo solennemente la nostra Fede, dichiaro la nostra Speranza, celebro la Carità che non muore, accettando umilmente dalla divina volontà la morte che mi è destinata, invocando la grande misericordia del Signore, implorando la clemente intercessione di Maria santissima, degli Angeli e dei anti, e raccomandando l’anima mia al suffragio dei buoni.

    2. Nomino la Santa Sede mio erede universale: mi obbligano a ciò dovere, gratitudine, amore. Salvo le disposizioni qui sotto indicate.

    3. Sia esecutore testamentario il mio Segretario privato. Egli vorrà consigliarsi con la Segreteria di Stato e uniformarsi alle norme giuridiche vigenti e alle buone usanze ecclesiastiche.

    4. Circa le cose di questo mondo: mi propongo di morire povero, e di semplificare così ogni questione al riguardo.

    Per quanto riguarda cose mobili e immobili di mia personale proprietà, che ancora restassero di provenienza familiare, ne dispongano i miei Fratelli Lodovico e Francesco liberamente; li prego di qualche suffragio per l’anima mia e per quelle dei nostri Defunti. Vogliano erogare qualche elemosina a persone bisognose o ad opere buone. Tengano per sé, e diano a chi merita e desidera qualche ricordo dalle cose, o dagli oggetti religiosi, o dai libri di mia appartenenza. Distruggano note, quaderni, corrispondenza, scritti miei personali.

    Delle altre cose che si possano dire mie proprie: disponga, come esecutore testamentario, il mio Segretario privato, tenendo qualche ricordo per sé, e dando alle persone più amiche qualche piccolo oggetto in memoria. Gradirei che fossero distrutti manoscritti e note di mia mano; e che della corrispondenza ricevuta, di carattere spirituale e riservato, fosse bruciato quanto non era destinato all’altrui conoscenza.

    Nel caso che l’esecutore testamentario a ciò non possa provvedere, voglia assumerne incarico la Segreteria di Stato.

    5. Raccomando vivamente di disporre per convenienti suffragi e per generose elemosine, per quanto è possibile.

    Circa i funerali: siano pii e semplici (si tolga il catafalco ora in uso per le esequie pontificie, per sostituirvi apparato umile e decoroso).

    La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me.

    6. E circa ciò che più conta, congedandomi dalla scena di questo mondo e andando incontro al giudizio e alla misericordia di Dio: dovrei dire tante cose, tante. Sullo stato della Chiesa; abbia essa ascolto a qualche nostra parola, che per lei pronunciammo con gravità e con amore. Sul Concilio: si veda di condurlo a buon termine, e si provveda ad eseguirne fedelmente le prescrizioni. Sull’ecumenismo : si prosegua l’opera di avvicinamento con i Fratelli separati, con molta comprensione, con molta pazienza, con grande amore; ma senza deflettere dalla vera dottrina cattolica. Sul mondo: non si creda di giovargli assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo.

    Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, drammatica e magnifica, chiamando ancora una volta su di essa la divina Bontà. Ancora benedico tutti. Roma specialmente, Milano e Brescia. Alla Terra santa, la Terra di Gesù, dove fui pellegrino di fede e di pace, uno speciale benedicente saluto.

    E alla Chiesa, alla dilettissima Chiesa cattolica, all’umanità intera, la mia apostolica benedizione.

    Poi: in manus Tuas, Domine, commendo spiritum meum.

    Ego: Paulus PP. VI.

    Dato a Roma, presso S. Pietro, il 30 giugno 1965, anno III del nostro Pontificato.

    Note complementari
    al mio testamento

    In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum.
    Magnificat anima mea Dominum. Maria!

    Credo. Spero. Amo.

    Ringrazio quanti mi hanno fatto del bene.

    Chiedo perdono a quanti io avessi non fatto del bene. A tutti io do nel Signore la pace.

    Saluto il carissimo Fratello Lodovico e tutti i miei familiari e parenti e amici, e quanti hanno accolto il mio ministero. A tutti i collaboratori, grazie. Alla Segreteria di Stato particolarmente.

    Benedico con speciale carità Brescia, Milano, Roma, la Chiesa intera. Quam diletta tabernacula tua, Domine!

    Ogni mia cosa sia della Santa Sede.

    Provveda il mio Segretario particolare, il caro Don Pasquale Macchi, a disporre per qualche suffragio e qualche beneficenza, e ad assegnare qualche ricordo fra libri e oggetti a me appartenuti a sé e a persone care.

    Non desidero alcuna tomba speciale.

    Qualche preghiera affinché Dio mi usi misericordia.

    In Te, Domine, speravi. Amen, alleluia.

    A tutti la mia benedizione, in nomine Domini.

    PAULUS PP. VI

    Castel Gandolfo, 16 settembre 1972, ore 7,30.

    Aggiunta
    alle mie disposizioni testamentarie

    Desidero che i miei funerali siano semplicissimi e non desidero né tomba speciale, né alcun monumento. Qualche suffragio (beneficenze e preghiere).

    PAULUS PP. VI

    14 luglio 1973

  3. #3
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  6. #6
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Il 6 agosto di 28 anni fa moriva Paolo VI

    UN PAPA CHE AMAVA LA CHIESA



    http://www.chiesadimilano.it/or4/or?uid=AD...dex&oid=498075#



    Papa Paolo VI



    La lontananza nel tempo invece di cancellare od oscurare il suo profilo ne accende le linee più vere e più utili per il cammino di fede di ogni cristiano.

    di Giorgio Basadonna

    Sembrerebbe inutile o scontato parlare dell'amore di Paolo VI per la Chiesa, perché ogni Papa ne è il servitore, il custode, la pietra su cui Gesù l'ha fondata, segno sicuro voluto da Gesù e luogo della sua presenza lungo i secoli «fino alla fine del mondo». Credo però che si possa cogliere la sua particolare sensibilità nel dirigere e sostenere la barca di Pietro nei vari momenti di difficoltà al suo interno e nel mare aperto del mondo, e il suo impegno di realizzare il disegno voluto da Gesù nel suo iniziare quei viaggi che lo hanno portato in tutti i continenti a «confermare i fratelli» secondo l'indicazione rivolta a Pietro. Grandi viaggi, grandi discorsi, grandi incontri con le popolazioni e le loro urgenze spesso drammatiche e con le autorità alle quali ricordare la loro responsabilità e rafforzare il loro impegno urgente e decisivo.

    Era stata la grande novità inventata da Paolo VI e poi diventata quasi normalità nel suo successore, ed era stata anche una volta (a Manila nel 1970) un pericolo grave per la sua vita nel gesto violento di un oscuro attentatore, ma sempre segno del suo servizio generoso e costante, della sua vita spesa unicamente per la Chiesa. Forse la frase nel suo “Pensiero alla morte” si può capire non come un sentimento momentaneo, ma come l'espressione di tutta la sua vita a cominciare dalla sua adolescenza fino al suo servizio sacerdotale a Roma, poi in Vaticano, a Milano e infine come Sommo Pontefice: la Chiesa «sempre l'ho amata... ma vorrei che la Chiesa lo sapesse, e che io avessi la forza di dirglielo, come una confidenza del cuore, che solo all'estremo momento della vita si ha il coraggio di fare».

    E' l'amore alla Chiesa che lo ha portato fino alla sede delle Nazioni Unite rispondendo all'invito del segretario generale, ed è lì che ha potuto incoraggiare i rappresentanti del mondo intero a realizzare il sogno scaturito dal cuore del mondo ferito dalla strage della seconda guerra mondiale, con quel grido forte e appassionato: «Jamias plus, jamais plus la guerre!». Fu un grido che entrò nel cuore di tutti i presenti, anche se ancora oggi è rimasto senza eco mentre la terra in gran parte è ancora immersa nel sangue fraterno.

    La data del 6 agosto che annualmente ci riconduce a pensare e rivivere la figura di Paolo VI, la trasfigurazione di Gesù sul monte con i suoi discepoli offre una lettura serena e cordiale dell'antico Pontefice, e ridona a chi lo ha conosciuto e seguito prima a Milano e poi a Roma, un ricordo luminoso che diventa invito a seguirlo come maestro ed esempio. La lontananza nel tempo invece di cancellare od oscurare il suo profilo ne accende le linee più vere e più utili per il cammino di fede di ogni cristiano.

    Con Giovanni Paolo II che ne ha seguito le orme e ha proseguito la sua seminagione di verità e di amore, assieme a lui nella gloria eterna continua l'impegno serio e severo di un servizio urgente per il bene della Chiesa e della stessa umanità redenta e salvata da Gesù. La trasfigurazione di Gesù vissuta nella giornata odierna apre l'animo riconoscente e devoto a contemplare la nuova realtà di Paolo VI trasfigurato nella resurrezione di Gesù, e trovarvi la traccia per un nuovo cammino di fede e di servizio nella Chiesa e attraverso la Chiesa.

    Paolo VI si spegne quella sera nella invocazione a Dio padre, mormorando la preghiera insegnata da Gesù e riproposta mille e mille volte nel suo insegnamento e nella sua vita. È l'ultimo giorno del suo percorso umano, è il giorno più lungo senza tramonto oggi fissato nella memoria e nel cuore di tanti e tanti, attratti dalla sua fede illuminata e dalla profondità del suo animo. La sua memoria continua a generare fiducia e speranza in questa umanità oggi sottoposta a gravi pericoli, perché non si spenga la certezza di un destino di pace, di giustizia e di fratellanza, come è il disegno di Dio, e come Paolo VI l'ha vissuto e proclamato per il bene di tutti.
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  7. #7
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Sua Beatitudine Atenagora I e Sua Santità Papa Paolo VI, dopo essersi tolte le rispettive scomuniche datate anno 1054, rivolgono a tutto il Popolo di Dio e al mondo intero, una comune Benedizione.

    Le Lettere Apostoliche che a me sono piaciute di più sono:


    Lumen ecclesiae (5 dicembre 1974)
    [Italiano, Latino]
    http://www.vaticano.va/holy_father/paul_vi...clesiae_it.html

    Amoris Officio: Lettera Pontificia per l'istituzione del Pontificio Consiglio "Cor Unum" per la promozione umana e cristiana (15 luglio 1971)
    [Inglese, Italiano, Spagnolo, Tedesco]
    http://www.vaticano.va/holy_father/paul_vi...officio_it.html

    Pacis nuntius (24 ottobre 1964)
    [Italiano, Latino]
    http://www.vaticano.va/holy_father/paul_vi...nuntius_it.html

    Questa Lettera è stata scritta al mondo intero e all'Europa in occasione della proclamazione di S.Benedetto a Patrono dell'Europa. In questi giorni in cui Giovanni Paolo II ha scritto una Lettera per la Chiesa d'Europa, invito ogni anima di buona volontà a leggersi anche ciò che scriveva Paolo VI, per comprendere come gli allarmi di questo Papa siano più che giustificati.

    Io temo che il Magistero Pontificio non sia affatto conosciuto.

    Sia lodato Gesù Cristo:

    ***************************

    Dopo aver letto queste parole di invito da parte di una amica in un altro forum.....ho ritenuto opportuno riportarle alla Memoria venerabile di Paolo VI visto che anche Domenica 6 ricordiamo l'Anniversario della sua dipartita da questa terra.

    Paolo VI è stato definito il Papa "INCOMPRESO" ed è vero......se provassimo a fare un sondaggio fra i giovani di oggi, pochi saprebbero dire chi fu questo grande Pontefice......e se lo facessimo fra gli adulti credo che andrebbe anche peggio......



    Vi condivido le parole di Don Giussani il quale ha rilasciato tempo addietro, questa interessante intervista:

    Quando Paolo VI salvò la Chiesa dal disastro

    Intervista con don Luigi Giussani


    un giovane don Giussani con Paolo VI

    D. – Il mese di agosto del 1978 morì Paolo VI e venne papa Albino Luciani. Poi ci fu l’avvento del “papa venuto da lontano”. Ricorda le ore in cui fu annunciata la morte di Paolo VI?

    R. – “Ricordo quei momenti. [...] Versava in tali condizioni la Chiesa che la perdita di quella guida mi parve gravissima. Era stato Paolo VI che, con tutta buona fede, aveva visto favorevolmente una certa evoluzione della Chiesa. Ma tanta era la verità del suo amore alla Chiesa che, a un certo punto, dovette accorgersi del disastro cui la dinamica delle cose – pur [da lui] approvate – portava. Fu allora che si aprì totalmente all’esperienza di Comunione e Liberazione. Che papa Montini venisse meno allora fu come l’assentarsi di una possibile guida. Aveva visto e avallato; conosceva le intime connessioni di quel processo di distruzione. Ora, intendeva andare contro corrente: ed era lui il più indicato a farlo, il migliore”.

    D. – Da quando data questa volontà nuova di Paolo VI?

    R. – “È a far data dal suo famoso ‘Credo’, il 30 giugno del 1968, che avviene la svolta. L’’Humanae Vitae’ e gli inauditi attacchi cui fu sottoposto lo confermarono nel suo giudizio. Il culmine della sua disillusione si ha con il referendum sul divorzio in Italia, nel 1974, quando proprio i dirigenti dell’Azione Cattolica e della FUCI, che egli aveva amato e protetto, gli volsero le spalle. È in questo clima, probabilmente, che Paolo VI si accorge della capacità di rinnovamento dell’avvenimento cristiano e di risposta all’uomo che Comunione e Liberazione implicava. È dal 1975 che si sono moltiplicati i segni di questa sua nuova e forte simpatia. Per la Domenica delle Palme di quell’anno egli chiamò i giovani di tutti i gruppi cattolici a Roma [...]. Chiamò tutti. Si trovò da solo coi diciassettemila di CL”.

    D. – E poi come andò?

    R. – “[...] Finita la messa, era circa mezzogiorno, mi sento chiamare da un prelato: ‘Don Giussani, il papa la vuole’. Ero nel pronao della basilica di San Pietro, avevo la pisside con ostie consacrate tra le mani, e sentii quella voce. Tentai di affibbiare, nell’emozione, la pisside a un alabardiere, che si ritrasse. Finalmente potei correre verso il papa. Comparvi dinanzi a lui proprio sulla porta della chiesa. Mi sono inginocchiato, ero così confuso... Ricordo con precisione solo queste parole: ‘Coraggio, questa è la strada giusta: vada avanti così’”.

    D. – Fu qualcosa di inaspettato?

    R. – “Totalmente inaspettato. Ma non furono parole estemporanee di incoraggiamento. [Anni dopo] ne ebbi la prova certa dalla viva voce del cardinale Benelli, che fu il più stretto collaboratore gerarchico di Paolo VI. Mi disse che, negli ultimi anni del suo pontificato, a ogni sua visita, papa Montini gli chiedeva di Comunione e Liberazione. E gli diceva: ‘Eminenza, quella è la strada’. Benelli mi commentò: ‘Se Paolo VI fosse vissuto ancora un anno, le assicuro che tutti i suoi problemi ecclesiastici sarebbero stati già risolti’. Paolo VI avrebbe avuto il coraggio di dirlo e di farlo. [...] Una conferma notevole del cambiamento di Paolo VI fu del resto evidente nell’esonero dalla cura dell’Azione Cattolica del suo intimo amico monsignor Franco Costa, che aveva determinato il corso dell’associazionismo cattolico negli ultimi decenni”.

    D. – Con quelle parole l’antico collaboratore di Paolo VI intendeva anche esprimere un preciso giudizio sulla Chiesa?

    R. – “[Quella sua frase] significava l’affermazione della bontà dell’ispirazione di CL, come valida per la Chiesa. E questo di fronte all’impostazione di tutto l’associazionismo cattolico di quegli anni, che nel suo corpus dirigenziale votò e fece votare [nel referendum sul divorzio] non secondo i desideri del papa. La linea della ‘scelta religiosa’ aveva portato l’associazionismo cattolico a rifugiarsi in ogni specie di sinistra politica: e lì, tra l’altro, si propagandò tranquillamente il divorzio”.

    D. – Da anni lei desidera che siano ripetute e conosciute da tutti le parole che Paolo VI disse all’amico Jean Guitton, l’8 settembre del 1977, dove si parla di ‘un pensiero non cattolico’ e della resistenza di un ‘piccolo gregge’. Perché?

    R. – “Perché è così che sta accadendo. La prego di rileggermi quelle parole”.

    D. – Eccole: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà ancora la fede sulla terra?’. Capita che escano dei libri in cui la fede è in ritirata su punti importanti, che gli episcopati tacciano, che non si trovino strani questi libri. [...] Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”.

    R. – “Sono le parole sintetiche della riflessione del papa sulla situazione e il destino della Chiesa. Qui si connette l’apertura a CL”. [...]

    D. – C’è qualche punto di forza dottrinale di Paolo VI che sente centrale nel suo magistero?

    R. – “L’affermazione assolutamente contro corrente della Chiesa come ‘entità etnica sui generis’. Era il 23 luglio del 1975, fu il cuore della sua predicazione, nelle udienze generali del mercoledì, sull’identità della Chiesa. Siamo stati quasi i soli a richiamarla. Paolo VI sentiva la distruzione della presenza cattolica nella società. La presenza si nascondeva. Anzi, invece di una presenza cattolica, c’era un rinchiudersi sempre più stanco e astratto nelle sedi delle associazioni, mentre la vita concreta degli stessi giovani seguiva le idee correnti e si metteva in coda. Oppure, invece della presenza cattolica, c’era l’interpretazione intellettuale alla maniera della Lega Democratica, degli studenti universitari della FUCI, dei Laureati Cattolici. Costoro teorizzavano una concezione della fede assolutamente elitaria e missionariamente suicida. In terzo luogo, la posizione della Chiesa veniva identificata nella scaltrezza politica e diplomatica. Credo, comunque, che furono determinanti le notizie sulla situazione delle università cattoliche e degli istituti cattolici, delle scuole di teologia, perché a Paolo VI apparisse nettissimo il baratro verso cui la direzione della Chiesa stava trascinando l’intero suo corpo”.

    D. – Alcuni osservatori giudicano fallimentare il pontificato di Paolo VI.

    R. – “Il papato di Paolo VI è stato uno dei più grandi papati! Aveva dimostrato nella prima parte della sua vita una sensibilità estrema a tutta la problematica dell’angosciosa vicenda dell’uomo e della società d’oggi. Ed egli ha trovato una risposta! L’ha data negli ultimi dieci anni. Il papato di Paolo VI è fallimentare solo per chi non lo ha seguito fino in fondo”.

    D. – È il papa che ha concluso il Concilio Vaticano II.

    R. – Certo. Bisognerebbe fare la storia di tutti i suoi interventi che coraggiosamente e impopolarmente hanno fermato la falsa democrazia, l’equivoca dogmatica che molti padri conciliari tentarono di far passare con una pretesa democraticistica”. [...]

    D. – Qual è stato, davanti al dissolversi del popolo cattolico, allo smarrimento delle moltitudini, il metodo di Paolo VI?

    R. – “È stato quello del ‘Credo’. Vale a dire della proclamazione autentica del dogma, sine glossa, con chiarezza, e della presenza della Chiesa nel mondo, come nel suo discorso sul popolo cristiano del 23 luglio 1975, quel mercoledì”. [...]

    D. – Paolo VI fu bersagliato a causa della sua riscoperta del diavolo come attore nell’umana vicenda. Fu lasciato solo anche dai vescovi.

    R. – “Papa Montini cominciò ad accorgersi del disastro in cui la Chiesa andava scivolando, quando percepì il formalismo con cui il soprannaturale era trattenuto e ripetuto. Perciò il suo discorso sulla presenza del diavolo nel mondo è stato una sfida – così coraggiosa che il temperamento di Paolo VI non la lasciava prevedere – al mondo e a tutta la teologia anche cattolica che con il mondo veniva a patti”.

    D. – Quel mese di agosto del 1978, morto un papa e mentre un altro se ne stava facendo, che cosa si augurava per la Chiesa?

    R. – “Un uomo che continuasse l’intuizione della tragedia in cui la Chiesa versava. E dell’unico rimedio che è quello di ritornare alla fede nel soprannaturale come determinante la vita della Chiesa: all’autenticità della tradizione. Insomma, aspettavo un papa che continuasse la strada che Paolo VI negli ultimi anni aveva clamorosamente indicato. [...] Alla fine arrivò Giovanni Paolo II. Un papa che è l’incarnazione di quello che gli ultimi dieci anni di Paolo VI hanno intuito ed espresso”.

    __________


    Questa intervista è apparsa la prima volta sul settimanale “Il Sabato” del 9 agosto 1988. Ed è uscita di nuovo nel seguente volume, alle pagine 97-113:

    Luigi Giussani, “Un caffé in compagnia. Conversazioni sul presente e sul destino”, a cura di Renato Farina, Rizzoli, Milano, 2004, pp. 192, euro 14,00.
    http://www.chiesa.espressonline.it/...io.jsp?id=23494

    Le parole di Paolo VI a Guitton citate nell’intervista sono apparse in questo libro:

    Jean Guitton, “Paolo VI segreto”, Edizioni Paoline, Milano, 1985, pp. 152-153.

    La frase del cardinale Giacomo Biffi citata all’inizio del servizio è ripresa da questa sua intervista ad “Avvenire” del 23 febbraio 2005:

    > Biffi: quella “presa” chiamata carisma
    http://www.db.avvenire.it/avvenire/...23/dossier.html

    __________
    Sandro Magister


    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  8. #8
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    Predefinito Per il servo di Dio Paolo VI vescovo di Roma antica secondo la tradizione ortodossa

    dal Trisàghio dei defunti

    --------------------------------------------------------------------------------


    Insieme agli spiriti dei giusti resi perfetti* dona il riposo* o Salvatore*al tuo servo introducendolo nella vita beata che viene da te* o amico degli uomini.
    Nella tua quiete Signore* là dove riposano tutti i tuoi santi* dona riposo al tuo servo * tu che solo sei immortale.
    Gloria al Padre e al Figlio e al santo Spirito.
    Tu sei il Dio che è disceso nell'inferno * e ha fatto cessare i dolori dei prigionieri* tu dunque dona il riposo o Salvatore* al tuo servo

    E ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.

    Sola Vergine pura e immacolata* che senza seme hai generato Dio* intercedi per la salvezza delle anime nostre

  9. #9
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Predefinito

    Se abbiamo a cuore la Memoria autentica di questo grande Pontefice.....ricordiamoci allora della Professione di Fede che mirabilmente, Paolo VI, seppe tradurre in questo Documento.....

    "CREDO" DEL POPOLO DI DIO, di Paolo VI

    Fonte
    http://www.vatican.va/holy_father/pa..._credo_it.html
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

 

 

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