Conte Clemente Solaro della Margarita (1792-1869)


LEZIONI DI POLITICA
raccolte fra le sue principali opere




CAPITOLO I
LA SCIENZA POLITICA


1 - La politica è principalissima scienza
(L'uomo di Stato, Proemio al I vol., pagg. I-XXIV)


I Materia d'altissima importanza è la politica; sublime è la missione d'un uomo di Stato che non vuol trasgredire alcun de' suoi doveri verso il Principe e la patria, ma compiere i disegni dalla Divina Provvidenza prestabiliti per la gloria e la felicità delle Nazioni, onde raggiungano il fine cui tender debbono tutte le umane società.
Ardua è tal missione; fra tanti contrasti di passioni, d'interessi, e di principii non è concesso a tutti distinguere dov'è la verità, dove l'errore; [...]

II. La politica che insegna a reggere gli Stati è principalissima scienza, poiché le scienze e le arti all'ombra di quella fioriscono, né può darne ragione chi non l'ha imparata mai, chi non ne ha studiato neppure i rudimenti. [...]

III. Quasi questa scienza non avesse massime fisse, s'interpreta a norma delle passioni o degli interessi privati, si dimenticano i principii su cui si fonda; ma questi principii sono certi, e le massime che ne derivano hanno quella forza che non manca a tutto ciò che è fondato sul vero. La verità non ammette eccezioni, non può modificarsi senza cessar d'esser quello che è, senza perire; chi l'adombra l'uccide. Sorgono fra i turbini delle rivoluzioni uomini nuovi che dicono al popolo, non coloro che applicarono la mente a severe discipline, o che negli affari pubblici acquistarono l'esperienza, conoscono la politica, ma noi, che il genio di libertà ispira e l'amore informa dell'umanità finora tradita. [...] Altri vi sono che non si curano dei principii buoni o cattivi, e tutta l'arte di governo ripongono nel numero e nella forza delle armi [...]. Le loro massime esecro, e contro le medesime scrivo.

VI. [...] Uomini nuovi ergono cattedre e dicono agli antichi: il vostro tempo è passato, le vostre dottrine sono invecchiate, nuova sapienza irraggia il mondo, occultatevi, occultate le vostre massime, [...]
VII. A tal condizione di cose pensando dissi a me stesso: è d'uopo gettarsi in mezzo alla turba, vi è sempre chi cerca la luce nel caos, a questi mi rivolgo, e spiego quali siano le qualità necessarie ad un perfetto uomo di Stato; [...]

VIII. L'uomo di Stato non si trova come una pianta in ogni giardino [...] Il mondo fu quasi sempre così mal governato, che può trarsene la conseguenza che, o non furono nei diversi paesi chiamati i migliori a tal ufficio, o che vi fu sempre penuria d'uomini a tal peso idonei. [...]

2. La vera scienza politica
(L'Uomo di Stato, cap. I, pagg.1-3)


I Prima qualità d'un uomo di Stato è l'ingegno accoppiato alla scienza. Quello per ammirabile disposizione della divina Provvidenza è dote di natura, la seconda s'acquista collo studio...

II. La scienza ha da essere vera; santo lo scopo con cui s'acquista; vera non è se erra ne' principii, se abbandona quelli che emanano da una legge conosciuta ed eterna qual è la legge di Dio per crearne altri che a quella contrastino: santo non è lo scopo se si attende a pascere d'orgoglio il cuore e ad insuperbire per sovrastare sugli altri, anziché per rendersi utili alla società cui si appartiene.
[...] Loro scopo esser deve far trionfare la giustizia, conoscerne le ragioni per non violarle mai in qualunque siasi atto del Governo,...

III. [...] La capacità politica è la prima dote richiesta per un uomo di Stato. Sia chiaro nelle lettere ed erudito nelle scienze, sarà poeta, storico, filosofo, non uomo di Stato se dell'arte di governare è digiuno. Tale capacità ha il suo fondamento in una certa attitudine naturale alla politica per cui l'uomo si trova quasi nel suo elemento quando tratta gli affari di Stato, ma è poco assai se non collo studio corredata la mente di quelle cognizioni positive che fanno scorgere quanto in pratica sia d'uopo diffidare d'ogni idea che sorga, quando sia opportuno e prudente accarezzarla e seguirla, quando convenga farne, per bella che sembri e seducente, il sacrificio e respingerla.

VI. Qual è pertanto questa scienza che io dichiaro indispensabile per un uomo di Stato? Essa è la scienza politica da cui s'imparano quali siano i diritti, le condizioni di una società ben ordinata, quale sia il modo di mantenere la sua indipendenza, e di ben indirizzare le sue relazioni cogli Stati esteri, qual sia quello di amministrare all'interno pel bene, e per la salute del popolo che si governa. ...

VII. L'avvedutezza è dote di natura, ma si accresce collo studio e coll'esperienza, e ne emerge la capacità necessaria al maneggio della cosa pubblica. Se s'impara meditando soltanto le massime di Machiavelli e dè suoi seguaci, l'avvedutezza genera in perfidia ...





3. Il retto giudizio
(L'Uomo di Stato, cap. I, pagg.4-11)



VIII. Per distinguere colla scienza il vero dal falso, per trarre buon profitto dall'esperienza, è d'uopo esser fornito di sano criterio, e talvolta questo dà tal capacità che supplisce in parte alla scienza. Fra colui che men erudito giudica rettamente, ed uno che sapientissimo non discerne giustamente le cose, è da preferirsi il primo, e si avranno minori errori a deplorare. Né devono considerarsi come savi capaci dell'arte di governo coloro che fanno pompa di dottrina, e la cui scienza sta tutta nello sfoggio di massime e teorie imparate senza norma, senza criterio per sapere se siano attuabili, se non possano produrre effetti contrari e dannosi. Non devono considerarsi come capaci di governo i letterati soltanto perché dissertano magnificamente sopra ogni cosa. ...

XVI. La scienza sociale necessaria agli uomini di Stato non deve andare disgiunta da quelle altre che servirle devono di corredo, ma non intendo perciò ch'esser debbano tutti laureati in legge, professori di filosofia o di economia politica, o di matematica; intendo bensì che conoscano a fondo i principii del diritto pubblico e civile, che conoscano gli elementi di una buona amministrazione, ed abbiano quelle cognizioni speciali che a queste possano esser applicate; ...

XVII. Quello studio poi deve esser fatto a buona scuola, e non è buona dottrina quella che devia dai savi principii; quei della politica si trovano tutti nelle sacre scritture; e con ragione il chiarissimo pubblicista spagnuolo, il signor Saavedra confermava le "massime principali di Stato da lui stesso dettate colla testimonianza delle sacre carte; poiché la politica che passò per tal crogiuolo è argento sette volte purgato e raffinato dal fuoco della verità" (Saavedra, Idea del Principe cristiano nel Prologo).
[...] I falsi filosofi, gli ideologi hanno tutto confuso appunto perché a quell'autorità [della Sacra Scrittura] si sono ribellati, e giungono perfin a confondere l'ideologia colla professione dei principii immutabili, che sono i cardini della umana società fondata da Dio. Costoro ci rimproverano di cercare i fondamenti della politica in una regione troppo alta da cui essi la fanno cadere, cercandone le massime nella traviata ragione dell'uomo.

XVIII. Tale scienza è fallace e sinonimo d'ignoranza, non vorrei fosse conosciuta mai, né studiata dai reggitori della cosa pubblica; per essa si perde la norma di giudicare rettamente, non riconoscendo l'autorità che sola può porre freno ai deviamenti dell'umana fantasia, ed arrestare gli slanci d'uno spirito presuntuoso che della propria dottrina, dei propri lumi non diffida. Questa è la vera ideologia che sempre spazia nel vago; i nostri principii sono fermi, impreteribili.

[...] La falsa scienza antepone le cose del momento a quelle dell'avvenire; il bene individuale, spesso apparente e precario, al ben pubblico reale e duraturo; è insomma terrena, animalesca, diabolica, secondo le parole dell'Apostolo S. Giacomo (C.III, 15); come terrena sacrifica all'utile l'onestà, come animalesca segue l'istinto delle passioni; come diabolica d'ogni nequizia si lorda chiamando bene il male, male il bene.

XIX. [...] La Chiesa sola maestra di morale evangelica, è sola vera interprete della sana politica, ma con ciò non intendo negare che coloro che sono separati dal grembo della Chiesa non sentano anch'essi, ove abbiano vera intenzione, la forza della verità depositata da Dio nel cuor di tutti gli uomini, anzi mi sia concessa l'espressione, nel fondo sociale; il consenso delle nazioni in tutti i secoli ha confermata la riverenza a certi principii da cui si può deviare, ma non si distruggono, poiché sempre esiste chi condanna le aberrazioni e fa omaggio alla ragione di Dio e dei secoli, e fra gli acattolici stessi, coloro meglio provvedono alla pubblica cosa che non contrappongono alla ragione di Dio quella dell'uomo. Seguono molti di costoro buoni principii, se non per obbedienza alla Chiesa, perché nella natural rettitudine del loro cuore sentono la forza di quei principii che sono inconcussi, indelebili nell'umana famiglia. Se così fu, se così è di tanti che sono pur da noi separati nelle idee religiose, quanto più dovere è nei cattolici di camminare per le vie rette, di attingere a fonti sicure? Epperciò quando io parlo di scienza, intendo che sia quella che non è in opposizione mai all'autorità divina. [...]