Corriere della sera intervista di oggi a Cossiga.
ROMA — Si sono scambiati insulti a non finire. Massimo D'Alema ha detto che a Silvio Berlusconi non rimaneva che girare con lo scolapasta in testa. Berlusconi lo ha accusato di essere rimasto un comunista. Eppure i due si piacciono, si rispettano e, soprattutto, si stimano. Francesco Cossiga li conosce bene entrambi. «Sono stato io, molto tempo fa, — dice — a suggerire all'amico Silvio di scegliere Massimo come l'interlocutore privilegiato nell'altro campo politico. Spiegai a entrambi che non c'è democrazia bipolare se non vi è una legittimazione reciproca e se non vi sono, quindi, due o tre persone che nei momenti difficili sono in grado di dialogare tra di loro. Quando parlo di dialogo non intendo affatto inciuci o cose del genere. Lo fecero Alcide De Gasperi e Palmiro Togliatti ai tempi della guerra fredda, io dialogai con Enrico Berlinguer ai tempi dell'installazione dei missili Nato a Comiso, figuriamoci se non possono farlo ora Berlusconi e D'Alema».
E che cosa dicono l'uno dell'altro?
«A parte le contumelie che si sono scambiati nel corso della campagna elettorale e che appartengono al "gioco" della politica, i due nutrono grande rispetto reciproco».
E lei come fa a esserne così sicuro?
«Posso rivelare una cosa graziosa e cioè che l'attuale presidente del Consiglio considera intelligentissimo D'Alema e D'Alema m'ha detto che ha paura di parlare a quattr'occhi con Berlusconi perché è così cortese e gentile che lui non sa come difendersi tanto si sente in imbarazzo».
E lei come spiega questo particolare feeling tra i due?
«La gente forse si è dimenticata che razza di accordo fecero in casa di Gianni Letta attorno alla crostata...».
Resta però il fatto che il Paese è spaccato a metà.
«È vero, d'altronde la divisione verticale è caratteristica storica dell'Italia. Non sarò certo io a ricordare che lo stesso Risorgimento ebbe come connotato una spaccatura tra risorgimentali e cattolici, e di questo passo tra interventisti e neutralisti agli inizi del Novecento, tra fascisti e antifascisti, e giù, fino ai giorni della guerra fredda, tra "servi dell'Urss" e "servi degli Usa". Insomma, voglio dire che tenere i rapporti serve. La saggezza di De Gasperi e Togliatti ha fatto sì che un Paese così spaccato non sia mai scivolato nella guerra civile».
Durante la campagna elettorale, però, una parte ha delegittimato l'altra. Allora come è possibile aprire il confronto?
«Prima di risponderle faccio un esempio. L'infame legge elettorale antidemocratica combattuta dall'Unione è quella che ha fatto vincere l'Unione. E quella sporca e pasticciata legge maggioritaria sostenuta dall'Unione avrebbe fatto perdere l'Unione. Siamo quindi nel caos più assoluto. Ecco quindi perché diventa necessario dialogare, e non certo fare degli inciuci o la grande coalizione perché non si può fare vista la non omogeneità dei due poli».
Perché?
«Per ragioni che attengono alla composizione dei poli. Il centrodestra, in verità, è più omogeneo dell'Unione, ma anche nella Cdl c'è un'ala — l'Udc — non certo omogenea a Forza Italia. Nel centrosinistra già è in rivolta Mastella perché lo vogliono cacciare a calci in culo e poi c'è una sinistra radicale che non ha nulla a che vedere neppure con Prodi».
Niente inciuci niente grande coalizione, allora che cosa si può fare? «Il quadro delineato è complicato anche dall'interpretazione assai prudente data dal capo dello Stato che ha voluto seguire i vecchi canoni che sono sbagliati». Perché? «Beh, se si fosse chiusa tutta la diatriba e la Cassazione si fosse mossa prima e avesse proclamato i seggi e Fassino avesse conosciuto la legge elettorale e si fosse arrivati subito alla nomina di Prodi alla presidenza del Consiglio la cosa si sarebbe fermata».
Lei, però, accennava anche a un problema politico che impedirebbe la grande coalizione.
«Sì, l'Italia non è la Germania. Là Schröder ha preferito allearsi con la Merkel piuttosto che con gli scissionisti della Spd o i comunisti di Gysi. Sarebbe come se i Ds preferissero formare un governo con Berlusconi invece che con Rifondazione comunista e il Pdci».
Ma D'Alema ha fatto un'apertura e Berlusconi l'ha raccolta.
«A questo tavolo deve partecipare anche Romano Prodi altrimenti diventa uno scavalcamento dello stesso Prodi e la cosa finisce in una rissa all'interno del centrosinistra».
Lorenzo Fuccaro
16 aprile 2006
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