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Risultati da 1 a 4 di 4
  1. #1
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    Predefinito Calcola il tuo risparmio

    Interessante, prova anche tu

    http://www.menotassepertutti.it/calcolo.htm

  2. #2
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    Bisognerebbe anche fare una tabellina per sapere quanto si è speso di più per l'aumento dei prezzi .
    E sopratutto chiedere al governo come mai non ha sostenuto i comitati di controllo sul change over da lira ad euro , esercitando di fatto nessun tipo di controllo sui prezzi .

  3. #3
    *Syd*
    Ospite

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    semplicemente perchè i prezzi NON si devono controllare

    Prezzi ballerini, fondamento della società libera
    di Carlo Stagnaro

    Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo XII. Renzo giunge a Milano, ove si trova coinvolto in un tumulto popolare. I fornai sono accusati di tenere nascosto il grano allo scopo di realizzare ingiusti profitti. Per sedare le proteste, il gran cancelliere Antonio Ferrer si rende conto «che l'essere il pane a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla. Fissò la meta (così chiamano qui la tariffa in materia di commestibili), fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il grano si fosse comunemente venduto trentatré lire il moggio: e si vendeva fino a ottanta. Fece come una donna stata giovine, che pensasse di ringiovinire, alterando la sua fede di battesimo».

    Chi, come Manzoni, conosce le ferree leggi dell'economia sa bene che il prezzo non è una variabile indipendente. Esso porta con sé un'informazione: è un "indice di scarsità" sulla base del quale è possibile effettuare il calcolo economico. "L'economia di mercato - spiega Ludwig von Mises - è reale perché può calcolare". Quando però il prezzo viene "falsato" dall'intervento del governo (per esempio attraverso l'imposizione di una soglia massima o minima), l'intero mercato scivola su una buccia di banana. Cambiare i prezzi d'autorità è come decidere ope legis che il pi greco valga 3 anziché 3,14: senz'altro i calcoli sono più semplici, ma, disgraziatamente, i risultati sono del tutto avulsi dalla realtà.

    Decidere arbitrariamente che, nella città di Vattelapesca, le zucchine costano, diciamo, mediamente 10 centesimi di troppo (rispetto a cosa?), e sanzionare quei commercianti che vendono le zucchine a un prezzo "eccessivo", significa porre le premesse perché in città vi siano meno zucchine. Esattamente come accadeva nella capitale lombarda dipinta da Manzoni: «i magistrati qualche cosa facevano: come di stabilire il prezzo massimo d'alcune derrate, d'intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti di quel genere. Siccome però tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venire derrate fuor di stagione; e siccome questi in ispecie non avevan certamente quella d'attirarne da dove ce ne potesse essere di soprabbondanti; così il male durava e cresceva».

    Non sta alla Guardia di Finanza vigilare sui prezzi; i commercianti debbono badare a un guardiano ben più inflessibile: la concorrenza. Se qualcuno pretendesse di vendere le zucchine a 100 euro al chilo, non troverebbe alcun acquirente, perché un suo collega gli metterebbe i bastoni tra le ruote, per attirare nuovi clienti. Il libero mercato è un meccanismo meraviglioso proprio perché piega ogni egoismo individuale al bene comune. Nelle parole di Adam Smith, «non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che noi attendiamo il nostro pranzo, ma dalla loro considerazione del proprio interesse. Noi ci rivolgiamo non alla loro umanità, ma al loro interesse, e non parliamo mai dei nostri bisogni ma dei loro vantaggi». La libertà dei commercianti è la prima e più importante arma dei consumatori.

    Perché, allora, i prezzi di molti beni in Italia sono aumentati? Non certo perché decine di migliaia di negozianti si siano messi d'accordo (nella qual cosa, comunque, ci sarebbe nulla di male). In fondo, uno dei principi di una società libera è la libertà di associazione. I sindacati, per esempio, assolvono alla funzione di creare un "cartello di lavoratori": e sconfinano nella distruzione della libertà allorché pretendono d'imporre il prezzo di cartello anche a quei lavoratori che sarebbero disposti a percepire uno stipendio inferiore. In parte, i prezzi sono alti perché i consumatori debbono sostenere l'immane peso del protezionismo e della politica agricola comune.

    Del resto, quando all'inflazione si accompagna, come nel momento attuale, la stagnazione economica, significa che l'economia nel suo complesso è malata, e non è certo truccando le carte o additando nuovi untori che si risolve il problema. Per usare l'efficace battuta di Antonio Martino, "rompere il termometro non cura la febbre". Secondo Milton Friedman, "il controllo dei prezzi (inflazione soppressa) fa molti più danni degli aumenti dei prezzi (inflazione aperta)".

    L'introduzione dell'euro gioca un ruolo rilevante nell'aumento dei prezzi. Se non altro perché, nella percezione diffusa, s'è affermata l'equivalenza tra la moneta da un euro e la banconota da mille lire. Per giunta, l'ostilità del nostro Paese alla grande distribuzione (che si manifesta politicamente ogniqualvolta un supermercato fa per aprire i battenti) non ha agevolato la transizione. Come ha sottolineato il presidente Silvio Berlusconi, «che l'euro abbia fatto aumentare i prezzi è una assoluta verità che vale per tanti altri Paesi. Perché la moneta è stata adottata senza adeguati studi e trattative. Ma anche perché ci troviamo in mercati liberi e la grande distribuzione in Italia rappresenta una percentuale ridotta del sistema commerciale rispetto ad altri Paesi». Inoltre, sono le tariffe dei servizi pubblici ad aver spiccato il balzo più vistoso: eppure, nessuno denuncia gl' "ingiusti profitti" di autostrade, ferrovie, poste e quant'altro.

    In ogni caso, «i governi non possono intervenire sul controllo dei prezzi, non lo può fare un governo liberale, né un governo totalitario», prosegue il Cavaliere. A controllare i prezzi deve essere «il singolo acquirente, la massaia, che dovrebbe dare alla spesa più tempo, in modo che, quando un prezzo è ingiustificatamente alto, decida di soprassedere dall'acquisto, rivolgendosi ad altri negozi e acquistando dove il prezzo è più conveniente».

    In generale, insomma, «il controllo dei prezzi - spiega Martino - impedisce al mercato di funzionare, distorce i segnali che i prezzi e le loro variazioni danno a venditori e acquirenti; se funzionante, crea scarsità dove c'era abbondanza (prezzo inferiore a quello altrimenti prevalente), o surplus di prodotti invenduti dove prima c'era equilibrio (prezzo superiore a quello che prevarrebbe altrimenti), diffondendo inefficienza e distorsione nell'impiego delle risorse produttive».

    Chi si fa portavoce della battaglia per il controllo politico dei prezzi (che, insieme alla proprietà statale dei mezzi di produzione, è uno dei cardini della politica economica comunista) combatte contro la realtà. Parafrasando Ernest Hemingway, il controllo dei prezzi è il primo rimedio cui ricorre un Paese mal governato: pur creando prosperità temporanea e illusoria, nel lungo termine è la causa di rovina permanente. Questo lo rende l'ultimo rifugio degli opportunisti economici e politici.

    D'altronde, la scienza economica mostra che commercianti e consumatori sono alleati, e che il loro comune nemico sono le politiche interventiste. Metterli gli uni contro gli altri è il sogno di tutti gli statalisti. Ma se questi gruppi si prestano alla strumentalizzazione, finiscono e finiranno come i capponi di Renzo.


    Carlo Stagnaro è direttore del dipartimento "Ecologia di mercato" dell'Istituto Bruno Leoni

  4. #4
    Fiamma dell'Occidente
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    Citazione Originariamente Scritto da *Syd*
    semplicemente perchè i prezzi NON si devono controllare

    Prezzi ballerini, fondamento della società libera
    di Carlo Stagnaro

    Alessandro Manzoni, I promessi sposi, capitolo XII. Renzo giunge a Milano, ove si trova coinvolto in un tumulto popolare. I fornai sono accusati di tenere nascosto il grano allo scopo di realizzare ingiusti profitti. Per sedare le proteste, il gran cancelliere Antonio Ferrer si rende conto «che l'essere il pane a un prezzo giusto, è per sé una cosa molto desiderabile; e pensò, e qui fu lo sbaglio, che un suo ordine potesse bastare a produrla. Fissò la meta (così chiamano qui la tariffa in materia di commestibili), fissò la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto, se il grano si fosse comunemente venduto trentatré lire il moggio: e si vendeva fino a ottanta. Fece come una donna stata giovine, che pensasse di ringiovinire, alterando la sua fede di battesimo».

    Chi, come Manzoni, conosce le ferree leggi dell'economia sa bene che il prezzo non è una variabile indipendente. Esso porta con sé un'informazione: è un "indice di scarsità" sulla base del quale è possibile effettuare il calcolo economico. "L'economia di mercato - spiega Ludwig von Mises - è reale perché può calcolare". Quando però il prezzo viene "falsato" dall'intervento del governo (per esempio attraverso l'imposizione di una soglia massima o minima), l'intero mercato scivola su una buccia di banana. Cambiare i prezzi d'autorità è come decidere ope legis che il pi greco valga 3 anziché 3,14: senz'altro i calcoli sono più semplici, ma, disgraziatamente, i risultati sono del tutto avulsi dalla realtà.

    Decidere arbitrariamente che, nella città di Vattelapesca, le zucchine costano, diciamo, mediamente 10 centesimi di troppo (rispetto a cosa?), e sanzionare quei commercianti che vendono le zucchine a un prezzo "eccessivo", significa porre le premesse perché in città vi siano meno zucchine. Esattamente come accadeva nella capitale lombarda dipinta da Manzoni: «i magistrati qualche cosa facevano: come di stabilire il prezzo massimo d'alcune derrate, d'intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti di quel genere. Siccome però tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venire derrate fuor di stagione; e siccome questi in ispecie non avevan certamente quella d'attirarne da dove ce ne potesse essere di soprabbondanti; così il male durava e cresceva».

    Non sta alla Guardia di Finanza vigilare sui prezzi; i commercianti debbono badare a un guardiano ben più inflessibile: la concorrenza. Se qualcuno pretendesse di vendere le zucchine a 100 euro al chilo, non troverebbe alcun acquirente, perché un suo collega gli metterebbe i bastoni tra le ruote, per attirare nuovi clienti. Il libero mercato è un meccanismo meraviglioso proprio perché piega ogni egoismo individuale al bene comune. Nelle parole di Adam Smith, «non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che noi attendiamo il nostro pranzo, ma dalla loro considerazione del proprio interesse. Noi ci rivolgiamo non alla loro umanità, ma al loro interesse, e non parliamo mai dei nostri bisogni ma dei loro vantaggi». La libertà dei commercianti è la prima e più importante arma dei consumatori.

    Perché, allora, i prezzi di molti beni in Italia sono aumentati? Non certo perché decine di migliaia di negozianti si siano messi d'accordo (nella qual cosa, comunque, ci sarebbe nulla di male). In fondo, uno dei principi di una società libera è la libertà di associazione. I sindacati, per esempio, assolvono alla funzione di creare un "cartello di lavoratori": e sconfinano nella distruzione della libertà allorché pretendono d'imporre il prezzo di cartello anche a quei lavoratori che sarebbero disposti a percepire uno stipendio inferiore. In parte, i prezzi sono alti perché i consumatori debbono sostenere l'immane peso del protezionismo e della politica agricola comune.

    Del resto, quando all'inflazione si accompagna, come nel momento attuale, la stagnazione economica, significa che l'economia nel suo complesso è malata, e non è certo truccando le carte o additando nuovi untori che si risolve il problema. Per usare l'efficace battuta di Antonio Martino, "rompere il termometro non cura la febbre". Secondo Milton Friedman, "il controllo dei prezzi (inflazione soppressa) fa molti più danni degli aumenti dei prezzi (inflazione aperta)".

    L'introduzione dell'euro gioca un ruolo rilevante nell'aumento dei prezzi. Se non altro perché, nella percezione diffusa, s'è affermata l'equivalenza tra la moneta da un euro e la banconota da mille lire. Per giunta, l'ostilità del nostro Paese alla grande distribuzione (che si manifesta politicamente ogniqualvolta un supermercato fa per aprire i battenti) non ha agevolato la transizione. Come ha sottolineato il presidente Silvio Berlusconi, «che l'euro abbia fatto aumentare i prezzi è una assoluta verità che vale per tanti altri Paesi. Perché la moneta è stata adottata senza adeguati studi e trattative. Ma anche perché ci troviamo in mercati liberi e la grande distribuzione in Italia rappresenta una percentuale ridotta del sistema commerciale rispetto ad altri Paesi». Inoltre, sono le tariffe dei servizi pubblici ad aver spiccato il balzo più vistoso: eppure, nessuno denuncia gl' "ingiusti profitti" di autostrade, ferrovie, poste e quant'altro.

    In ogni caso, «i governi non possono intervenire sul controllo dei prezzi, non lo può fare un governo liberale, né un governo totalitario», prosegue il Cavaliere. A controllare i prezzi deve essere «il singolo acquirente, la massaia, che dovrebbe dare alla spesa più tempo, in modo che, quando un prezzo è ingiustificatamente alto, decida di soprassedere dall'acquisto, rivolgendosi ad altri negozi e acquistando dove il prezzo è più conveniente».

    In generale, insomma, «il controllo dei prezzi - spiega Martino - impedisce al mercato di funzionare, distorce i segnali che i prezzi e le loro variazioni danno a venditori e acquirenti; se funzionante, crea scarsità dove c'era abbondanza (prezzo inferiore a quello altrimenti prevalente), o surplus di prodotti invenduti dove prima c'era equilibrio (prezzo superiore a quello che prevarrebbe altrimenti), diffondendo inefficienza e distorsione nell'impiego delle risorse produttive».

    Chi si fa portavoce della battaglia per il controllo politico dei prezzi (che, insieme alla proprietà statale dei mezzi di produzione, è uno dei cardini della politica economica comunista) combatte contro la realtà. Parafrasando Ernest Hemingway, il controllo dei prezzi è il primo rimedio cui ricorre un Paese mal governato: pur creando prosperità temporanea e illusoria, nel lungo termine è la causa di rovina permanente. Questo lo rende l'ultimo rifugio degli opportunisti economici e politici.

    D'altronde, la scienza economica mostra che commercianti e consumatori sono alleati, e che il loro comune nemico sono le politiche interventiste. Metterli gli uni contro gli altri è il sogno di tutti gli statalisti. Ma se questi gruppi si prestano alla strumentalizzazione, finiscono e finiranno come i capponi di Renzo.


    Carlo Stagnaro è direttore del dipartimento "Ecologia di mercato" dell'Istituto Bruno Leoni
    clap clap. quoto integralmente con applauso.
    _
    P R I M O_M I N I S T R O_D I _P O L
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    Presidente di Progetto Liberale

 

 

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