IL CARTEGGIO MUSSOLINI-CHURCHILL


Sono quasi sessant'anni che gli storici si interrogano se negli anni che precedettero e accompagnarono la Seconda guerra mondiale, ci fu o meno uno scambio di lettere segrete tra due personaggi all’apparenza lontanissimi: Benito Mussolini e Winston Churchill.

Nel maggio 1940 Churchill diventa primo ministro inglese. Sono quelli i giorni più difficili per le nazioni che si oppongono ad Hitler in Europa. Polonia, Danimarca, Norvegia, Belgio e Olanda sono invasi, in Francia gli eserciti di Parigi e Londra sono alle corde e sul punto di essere accerchiati. Sembra che il nazismo possa trionfare da una settimana all’altra. E' questo il clima in cui secondo molti intercorsero contatti segreti con Roma per impedire che l’Italia entrasse in guerra. Secondo altri invece, inglesi e soprattutto i francesi, avrebbero chiesto a Mussolini di entrare in guerra per poi, una volta arrivati all'armistizio, influire su Hitler per moderare le sue richieste alle nazioni sconfitte. In entrambi i casi Mussolini avrebbe avuto grosse ricompense territoriali, soprattutto in Africa.

Poi però la guerra prese una piega diversa. L'Inghilterra con l’aiuto degli Stati Uniti riuscì a fronteggiare l'emergenza. Già nel 1942 i rapporti di forza erano mutati. E con loro, le promesse di qualche anno prima cominciarono ad imbarazzare chi le aveva fatte, cioè Churchill. Chi le aveva ricevute, cioè Mussolini, pensò invece di usarle per ottenere buone condizioni di pace.

Tra l'autunno 1943 e l'aprile 1945 Mussolini visse a Gargnano, sul lago di Garda nella Villa Feltrinelli. Negli ultimi mesi di vita il dittatore fascista cercò davvero di portare avanti una trattativa segreta con gli inglesi? Ci sono molti indizi che lo fanno supporre.

Intercettazioni telefoniche e postali effettuate dai tedeschi, numerose dichiarazioni dello stesso Mussolini e testimonianze di suoi collaboratori: sono molti i segnali che portano a concludere che ci furono dei contatti segreti tra Mussolini ed emissari inglesi. Tra gli altri l'ha ricordato un attendente del dittatore, Pietro Carradori, tuttora vivente: Carradori ha più volte detto di aver accompagnato due volte il capo del Fascismo a incontri segreti con emissari inglesi a Porto Ceresio, presso Varese, a un passo dalla Svizzera. E di aver saputo di altri incontri sul lago di Iseo, nella casa di un noto fabbricante d'armi.

Mussolini, con la sua borsa di pelle da cui non si separò mai fino al momento dell'arresto, partiva sempre da Gargnano. Qui, a guerra finita, vennero gli uomini dei servizi segreti inglesi a cercare carte e documenti. Era la fase finale di una caccia iniziata già durante la guerra. Segno che gli inglesi sapevano che tra i dossier del Duce c’era qualcosa che li poteva interessare molto.

Villa Feltrinelli venne perquisita e venne stilato un lungo elenco dei documenti che vi trovavano. Un rapporto conservato a Londra, all'archivio di Stato di Kew Garden ci dice quello che fu trovato e, soprattutto, quello che non è mai stato restituito dopo essere stato microfilmato.

Sempre a Gargnano, a Villa delle Orsoline, Mussolini aveva fissato il suo quartier generale per il periodo della RSI. Qui c'era il suo ufficio e qui accadde un episodio molto significativo nel febbraio 1945.

Convocato nel suo ufficio il direttore dell'Istituto LUCE, Nino d’Aroma, Mussolini gli chiese se era in grado di far riprodurre segretamente circa 200 documenti. D'Aroma rispose che non poteva garantire l'assoluta segretezza e rimase stupito quando Mussolini gli fece una strana domanda: "Conoscono l’inglese i vostri fotografi?". Da varie fonti sappiamo che comunque negli ultimi mesi di vita Mussolini fece fare varie copie di documenti e che affidò i dossier a varie persone. Mentre gli originali erano sempre con lui, in una borsa di pelle che non lasciava mai.

A Milano, nei giorni immediatamente precedenti il 25 aprile 1945, Mussolini si stabilisce nella Prefettura. Da qui partono i suoi ultimi tentativi per raggiungere un compromesso con i partigiani. E sempre qui, nel suo studio, riordina per l’ultima volta le sue carte.

Bisogna sottolineare poi un fatto: l’archivio di Mussolini fu – a guerra finita – saccheggiato da molti. Non erano solo gli inglesi ad avere interesse per le sue carte e non è solo il carteggio con Churchill ad essere sparito. Ma curiosamente solo in questo caso molti storici – soprattutto se inglesi – diventano improvvisamente molto scettici.

Gli originali dei documenti riprodotti e affidati a vari uomini di fiducia restarono sempre col dittatore. Proprio qui, in questa stanza, la sera del 25 aprile 1945, partendo per Como, Mussolini ne diede conferma indirettamente al suo attendente, Carradori. Erano quasi le 20:

"Mussolini mi chiamò e, con una espressione seria e solenne, aprì un cassetto della scrivania, ne estrasse una borsa di cuoio marrone chiaro, con cerniera e senza manico, la stessa borsa – la riconobbi immediatamente – che aveva con sé le due sere degli incontri con emissari inglesi a Porto Ceresio, e mi disse queste precise parole: "Carradori, tutto potete abbandonare, meno questa borsa. Qui dentro ci sono i destini d'Italia"".

Il pomeriggio del 27 aprile 1945 Mussolini viene arrestato dai partigiani in questa piazza, a Dongo. Da questo momento le testimonianze sull’esistenza di un carteggio tra Mussolini e Churchill non si interrompono ma cambiano, se così si può dire, colore: prima ne parlavano soprattutto i fascisti, ora saranno molte le testimonianze che possiamo far risalire al mondo della Resistenza.

A Dongo, nel salone d’oro, dopo il fermo e la cattura della colonna di Mussolini, vennero riuniti i gerarchi e le varie borse con i documenti e i preziosi sequestrati. In uno stanzone al piano di sotto, al partigiano Bill che prendeva in consegna la borsa che continuava a portare con sé, Mussolini disse: "Guarda che questi documenti sono molto importanti per il futuro dell’Italia".

In realtà Bill – cioè Urbano Lazzaro – non fece molta attenzione perché affidò per qualche ora le borse ad alcuni partigiani che ne approfittarono – pare proprio in questa sala - per dare una sbirciatina. In tempi e modi diversi ben tre persone hanno confermato che in quelle borse esisteva, tra le altre cose, una cartellina su era scritto "Corrispondenza Mussolini-Churchill".

Pochi giorni dopo, le carte di Mussolini furono portate a Como, alla federazione comunista e qui, ai primi di maggio, il capo della federazione, Dante Gorreri, fece fare una prima copia dei documenti. In seguito, arrivò un dirigente comunista da Roma e Gorreri tornò da Ballarate e fece una seconda copia, tacendo di averne già fatta una. Così che una copia del carteggio finì a Roma, alla sede del PCI, insieme ad alcuni originali, mentre una copia restò in mano di Gorreri che forse pensava di venderla agli inglesi. Ma un imprevisto cambiò i suoi piani…

Servizi segreti, diplomatici, addirittura l’ambasciatore inglese in Italia: non si contano le operazioni messe in piedi per recuperare con le buone o con le cattive le carte di Mussolini. Churchill stesso venne nel nostro Paese più volte e il suo comportamento suscitò molti sospetti.

Nel settembre 1945 Churchill compie il primo di una serie di viaggi nel nord Italia: la motivazione ufficiale era quella di una vacanza per dipingere ma già all'epoca non sfuggirono alcune curiose coincidenze. Churchill infatti si stabilì prima sul Lago di Como e qualche tempo dopo sul lago di Garda. Sul lago di Como l'ex premier inglese non solo scelse la stessa sponda che aveva visto lo strano peregrinare di Mussolini nell'aprile 1945 ma – tra un quadro e l’altro – compì una serie di azioni decisamente "sospette": visitò il direttore della banca di Domaso dove erano state depositate le borse di Mussolini dopo la cattura; si intrattenne con l’ufficiale della Guardia di Finanza che aveva curato la prima parte della prigionia del dittatore fascista; si recò, non invitato, in una villa dove i partigiani di Dongo avevano custodito documenti sequestrati alla colonna Mussolini. Successivamente, sul Garda, Churchill si stabilirà a poche centinaia di metri da Villa Fiordaliso, ex residenza di Claretta Petacci, amante e confidente del Duce e incontrerà il falegname che aveva costruito – su indicazioni dello stesso Mussolini – delle casse impermeabili capaci di custodire dossier, poi gettate nel lago. Sempre in quei giorni Churchill cercò – invano - di incontrare anche uno dei capi dei servizi segreti della RSI, il colonnello Tommaso David, uno degli uomini a cui Mussolini avrebbe affidato una copia del suo carteggio.

Che le carte di Mussolini potessero avere un certo interesse anche per chi abitava all'estero è confermato, una volta di più dagli stessi documenti inglesi. Infatti, in un rapporto redatto dai servizi segreti inglesi prima della fine della guerra, si può leggere che "Poiché una parte del materiale può essere compromettente per i governi Alleati e alte personalità italiane, è nell’interesse degli Alleati mettere al sicuro gli archivi".

Sia prima che dopo la cattura, Mussolini disse di sapere che agenti inglesi erano sulle sue tracce per ucciderlo. La cosiddetta "Pista inglese", l'ipotesi che cioè uomini dei servizi inglesi abbiano avuto una parte attiva nella morte di Mussolini, divide da anni gli storici.

Per non essere mai esistito, come dicono gli scettici, il carteggio Mussolini-Churchill ha lasciato veramente molte tracce. Una tra le piste più importanti porta a Roma, al Quirinale. C'è da considerare seriamente l'ipotesi che, dopo mille peregrinazioni, una copia del carteggio Mussolini/Churchill sia finita – anzi sia tornata – a Roma, a guerra finita. Ovviamente all’ultimo re d’Italia non fu consegnato solo il carteggio, ma molti documenti provenienti dalle carte del dittatore. Pare, infatti, che pochi mesi fa sono venute alla luce alcune carte proprio provenienti dall'archivio di Mussolini. Quelle carte sono state custodite per oltre 50 anni da un ex ufficiale monarchico che servì proprio qui, al Quirinale, nell’ufficio dell’Aiutante di Campo di Umberto II. Quell’ufficiale si chiamava Mario Alicicco e i suoi eredi hanno consegnato all’Archivio Centrale dello Stato le carte che Alicicco aveva ricevuto proprio qui, da Umberto II poco prima di partire per l’esilio.

"Il giorno 13 giugno alle 10 del mattino - ha ricordato l'allora maggiore Mario Alicicco, addetto all'anticamera del Sovrano - Sua Maestà è uscito dalla sua stanza, ha attraversato l'anticamera dove ero io. Io l’ho seguito e lui è sceso per andare al portone della Manica Lunga, quel portone che a Casa Reale sta sulla via XX settembre e c’era una macchina che lo aspettava. Portava un gran pacco sotto il braccio: arrivato sul portone si è girato da me e mi ha detto: "Alicicco, in questo pacco ci sono documenti riservati. Li consegno a te con l’incarico che non prendano la luce prima di cinquant'anni. Me lo prometti?". "Sì, sì Maestà". E infatti lui mi ha dato il pacco, si è avvicinato, mi ha abbracciato ed è salito in macchina ed è andato a Ciampino dove l’aspettava l’aereo che l’ha portato a Cascais"

Umberto II consegnò ad Alicicco solo alcune delle carte che aveva. Sembra infatti che, come Alicicco, anche altri ufficiali fedeli ai Savoia abbiano ricevuto altri dossier. Tra quelle carte c'era anche il carteggio Mussolini-Churchill? E’ molto probabile.

Una parte importante della documentazione che Mussolini portava con sé negli ultimi giorni sarebbe stata recuperata e consegnata al Quirinale, a Umberto II di Savoia, pochi mesi prima della fine della monarchia in Italia. Chi consegnò quelle carte al Re? Era un uomo tutto da scoprire, si chiamava Aristide Tabasso.

da voyager

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voi che ne pensate di questa parte misteriosa dell'ultima fase del conflitto mondiale?