Antonino Amato (Ciaoeuropa):
1. A mio sommesso parere su un punto Adinolfi ha ragione. Il Fascismo, come esperienza politica, è finito nel 1945 con la sconfitta militare dell’Asse. Anche perché i vincitori hanno occupato l’occupabile. Ed hanno dato vita ad una parvenza di “democrazia”. (...) Chi sceglie la strada dei “ludi cartacei” deve tenere conto che tutto, proprio tutto, è nelle mani del nemico.
In queste condizioni, dar vita ad un Movimento che deve contendere con gli altri sulla “quantità” (richiede molti soldi) è quanto mai problematico. Molti lo hanno fatto. E su questo c’è la storia del neofascismo di questo lungo e tormentato dopoguerra. Su queste cose, dunque, Adinolfi ha ragione, quando osserva che molti “capi” ingannano la “base”.
2. Adinolfi ha torto quando, invece di fare “massa critica” con gli altri, si inventa un suo particolare modo “aperturista” di entrare nel mondo dei ludi cartacei. E se in Lombardia, nelle Regionali 2005, non è scattato il seggio, dobbiamo addossarlo alla sua voglia di fare “lo stratega del nulla”. Difatti il “suo Guaglanone” tolse alla lista AS molti più voti di quanti erano necessari per fare scattare il seggio.
3. Convengo, in ogni caso, che molti di quelli che, di questi tempi, si agitano e strepitano contro il “tradimento” dei 5 capataz dell’area nazionalpopolare “recitano a soggetto”. E sperano solo di raccogliere gli scontenti….. per continuare a fare la solita vecchia politica del piccolo partitello.
Dalle mie parti si dice: “il gioco dei 4 cantoni”. Perché, se vai a chiedere a qualcuno che lancia altisonanti proclami, cosa intende “fare da grande”, costui ti risponde candidamente che conta di continuare sulla vecchia strada del “partito piramide”. Malgrado i guasti che questa formula ha prodotto.
4. Io che sono molto più modesto (modestia forzata) chiarisco che sto lanciando un “progetto editoriale”, che conto di lanciare una “battaglia culturale”, che invito tutte le iniziative a partecipare “alla pari”. E che, se tutto va bene, il tutto sfocerà in una “cooperativa”. Niente “Duci” dunque, ma tutti noi che dobbiamo tornare a “stare assieme”. Così come stavano assieme gli Spartiati, così come stavano assieme gli “antichi romani”.
Gabriele Adinolfi:
La critica neanche accanita di Amato ha mancato completamente il segno perché sembra non aver minimamente colto il senso del mio intervento e del mio operato.
Il quale, se vogliamo essere pignoli, è volto proprio a quell'azione metapolitica e spartiata al contempo che Amato si ripropone di lanciare. Anche se parlare di spartiati rischia di essere francamente eccessivo. Specie quando è di redazioni di riviste che si tratta e non di altro: più che a Sparta vien da pensare a Cirene.
Ciò premesso, senza per questo ripetere quanto ho affrermato e chiarito in lungo e in largo in relazione al balletto elettorale, debbo rilevare delle grosse imprecisioni nel commento critico di Ciao Europa.
Partiamo dalla questione Guaglianone
1. Guaglianonone non era il "mio" candidato. Non l'ho candidato io, l'ho sostenuto per una serie di motivi che ho già ampiamente chiarito; rivendico quella scelta che rifarò senza esitazione. In ogni caso non travisiamo le cose e non ingigantiamo il mio operato, non si trattava certo di un "mio" prodotto.
2. Non mi risulta di essere una macchina di voti e men che meno nel collegio milanese dove correva Guaglianone; non vedo quindi quali consensi radicali avrei spostato da AS a Lino per il solo fatto di sostenerlo.
3. Non mi risulta affatto esistere un elettorato oscillante fra AN e l'estrema destra; se esistesse, alle europee, ovvero subito dopo Gerusalemme, la Nipote non avrebbe strappato al partito di Fini la pochezza di ventimila voti a livello nazionale. Il travaso si era oramai concluso da tempo e l'elettorato era nettamente diviso, sicché chi votava AS e chi AN non era affatto intercambiabile. Non averlo capito e avere non solo insistito ma letteralmente investito tutto su un tema oramai stanco ha rappresentato il grande handicap delle formazioni di estrema destra. Cosicché lo scorso anno Lino ha certamente recuperato tanti voti dall'astensionismo ma non vedo proprio quali avrebbe pescato in AS. Si noti che lo scarto che avrebbe impedito a quest'ultima di ottenere un consigliere regionale fu di almeno 250 voti. Sfido chiunque a identificare cinque voti, dico cinque, che Lino avrebbe tolto ad AS; e sono già largo perchè in realtà non penso che ne esista lo straccio di uno.
4. Se AS ha mancato di far eleggere il consigliere regionale in Lombardia non ha senso che qualcuno se la prenda con Lino o che accampi come alibi fantasiose manovre di disturbo; il problema è che quella lista unitaria di estrema destra fin da dopo le europee non ha più convinto nessuno, non riuscendo a coniugare una politica credibile e sbagliando modi e toni tanto da fare un flop clamoroso alle regionali con una flessione davvero sostanziosa rispetto a solo dieci mesi prima. Non dimentichiamo che il risultato decoroso in Lombardia è dovuto in larga misura al fatto che in quella regione corse in coalizione con la lista dei pensionati.
Cosa poi se ne sarebbe fatta AS di un solo consigliere eletto fra tutte le regioni italiane è un altro mistero buffo che qualcuno dovrebbe spiegarmi.
In poche parole, accampare come scusa (e come prova di non si sa quale inconcludenza) il fatto che Guaglianone avrebbe sbarrato la strada ad AS in Lombardia e che il sottoscritto, appoggiandolo, avrebbe compiuto un atto sconsiderato e deleterio, non so bene se sia più grottesco o pretestuoso.
Un'altra imprecisione notevole e forse ancor più significativa si riscontra all'inizio della dissertazione.
È assolutamente falso che io abbia sostenuto che il fascismo è morto nel 1945. Non solo non lo penso, ma sono uno dei pochi a sostenere l'esatto contrario: ovvero a credere e ripetere che il fascismo è vivo e che rappresenta la sola soluzione per l'oggi e per il domani. Il fascismo, la sua mentalità, la sua prassi, il suo spirito, la sua dinamica, non certo la sua imbalsamazione. E proprio al fascismo come archetipi, modelli e atti, mi riferisco chiaramente e senza ambiguità. Non solo l'ho inequivocabilmente scritto e chiarito in "Quel domani che ci appartenne" ma appare evidente in qualsiasi cosa io realizzi, accompagni e sostenga.
Queste precisazioni erano d'uopo; non ho nulla contro le critiche, anche quelle feroci, purchè siano corrette e dignitose. Non sarebbe male se fossero altresì rigorose e se si riferissero a quanto viene detto e fatto invece di fondarsi sulla fantasia e sul pressapochismo.