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    Predefinito Israele-Vaticano: il cenacolo della discordia

    Israele-Santa Sede. Il Cenacolo della discordia

    di Mattia Bianchi/ 10/11/2005

    Mentre si avvicina l'incontro atteso tra Benedetto XVI e il presidente israeliano Moshe Katsav, il luogo dell'ultima cena di Cristo torna al centro delle polemiche per la possibile restituzione ai cristiani, dopo la guerra del 1948.


    GERUSALEMME - Il Cenacolo di Gerusalemme restituito alla Santa Sede? Alcune voci sono sufficienti per far scoppiare la polemica e rendere ancora più indecifrabile l’incontro ormai imminente tra il papa e il presidente di Israele Moshe Katsav. L’udienza in programma il 17 novembre viene vista con grande interesse, se si tiene conto delle relazioni diplomatiche non sempre lineari tra i due Stati. Da una parte, l’annosa questione dell’accordo tra Israele e Santa Sede sulle proprietà e i diritti della Chiesa in Terra Santa, firmato nel 1993 e mai attuato; dall’altra la crisi diplomatica della scorsa estate quando da ambienti del ministero degli Esteri israeliano si levarono accuse pesantissime contro Benedetto XVI, colpevole di non aver ricordato uno dei tanti attentati palestinesi, durante la preghiera dell’Angelus.

    La vicenda del Cenacolo, invece, è l’ultima pietra di inciampo. Da tempo, il Vaticano chiedeva la restituzione del luogo santo, occupato da Israele durante la guerra del 1948. Qualche settimana fa, la svolta con le indiscrezioni di stampa circa un preaccordo tra le parti, in base al quale la Santa Sede si impegnava a tutelare il carattere storico del Cenacolo, mentre Israele avrebbe garantito il rispetto della sicurezza. Come controparte, sarebbe stata offerta una antica sinagoga di Tolda, trasformata in chiesa cattolica. La partenza del cardinale Walter Kasper per Gerusalemme aveva avvalorato l’ipotesi, accolta tuttavia da polemiche, a tal punto che il governo israeliano si è visto costretto a precisare che ''non è una questione attuale e non c'è niente di nuovo in merito”. Categorico anche il commento all’Ansa del consigliere diplomatico del presidente Katsav, Avi Granot: “E’ una notizia assolutamente priva di fondamento”.

    Uno dei luoghi cardine della fede si trova così al centro di interessi più grandi e di una diatriba che coinvolge religioni diverse. Il Cenacolo, infatti, fu un convento dei frati francescani, custodi della Terrasanta, dal 1335 al 1551; nel 1953 i religiosi vennero cacciati dagli ottomani, che trasformarono la sala in moschea, mentre dal 1948 la proprietà passò direttamente allo stato di Israele. Gli stessi ebrei sono legati in modo particolare al luogo, perché a pianoterra, secondo la tradizione, si trova la 'Tomba di Re Davide', oggetto di venerazione ogni giorno da parte di centinaia di fedeli. Ecco così che le voci sulla possibile restituzione hanno provocato una levata di scudi delle frange religiose nazionaliste del Monte Sion che hanno chiesto al premier Sharon di “evitare che la Tomba di Davide cada in mani cristiane”. Un altro rabbino, Mordechai Goldstein, ha scritto invece al sindaco di Gerusalemme, l'ultra-ortodosso Uri Lupolianski, avvertendo che le yeshiva dell'area si opporranno con tutte le loro forze a un accordo con il Vaticano.

    Per il momento, la questione rimane in sospeso, misurandosi con l’esigenza di non turbare equilibri sociali e politici, ma anche con la perplessità di chi vede nel luogo dell’Eucaristia una spiritualità e un messaggio da difendere e valorizzare.


    korazym.org

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    Il Cenacolo

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    Thread dedicato ai rapporti tra Israele e Vaticano. Gli interessati possono contribuire per gli aggiornamenti.

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    P. Jaeger: Ridare sostanza all’accordo fra Israele e la Santa Sede

    di Bernardo Cervellera

    A pochi giorni dalla visita di Moshe Katzav in Vaticano, un esperto giurista, cattolico e cittadino israeliano, racconta le difficoltà e le speranze nel rapporto fra la Chiesa cattolica e lo stato d’Israele.


    Roma (AsiaNews) – Negli ultimi mesi il rapporto fra Israele e il Vaticano ha subito alti e bassi. Tutti ricordano quest’estate la polemica sulla “mancata” citazione di Israele fra le vittime del terrorismo, ma anche la profonda stima manifestata da Benedetto XVI alle personalità ebraiche di Colonia e le distanze prese dal presidente Katzav proprio sulla polemica della “non citazione”. Gli scossoni temporanei non cancellano lo storico passo fatto nel ’93 con l’Accordo Fondamentale fra Santa Sede e stato d’Israele che ha dato il via agli accordi diplomatici fra le due parti. Eppure proprio questo Accordo viene sminuito da alcune frange del mondo israeliano. Il prossimo 17 novembre, Moshe Katzav, presidente israeliano, giunge in visita in Vaticano.

    Per fare il punto sui rapporti fra Israele e Santa Sede, AsiaNews ha intervistato il francescano p. David M. Jaeger, che è stato fra i membri del gruppo che ha stilato l’Accordo Fondamentale. Nell’accettare l’intervista, p. Jaeger precisa che egli esprime solo le sue vedute personali e che parla solo “in quanto esperto accademico, con qualche esperienza pratica sul campo”.

    Ecco l’intervista che ci ha concesso:

    Il presidente israeliano giunge in Vaticano quasi 12 anni dopo la firma dello storico trattato che ha aperto la strada alle piene relazioni diplomatiche fra l’Autorità sovrana della Chiesa cattolica e lo stato d’Israele. Ma come si sa vi sono ancora alcune difficoltà nella relazione. Molti sperano che la venuta del presidente Katzav aiuti a risolverle. Padre Jaeger, quali sono le maggiori difficoltà e quali sono i passi necessari a risolverli?

    Ricordiamo prima di tutto un fatto importante: le due parti hanno stabilito e mantengono relazioni amichevoli. Non c’è avversità; è una relazione amichevole, ma basata su delle regole. Negoziati ed accordi sono i modi in cui si stabiliscono tali regole e si rendono più sicure le relazioni amichevoli. Ciò detto, credo che la questione più importante oggi sia il valore, lo status dell’Accordo Fondamentale (AF) stesso. L’anno scorso, in modo ufficiale, il governo ha detto alla Corte suprema di Israele che esso non riconosce i suoi obblighi legati all’Accordo fondamentale. Questo è stato uno shock. Ovviamente è necessario che il governo corregga questa affermazione. Penso che questa sia la necessità più urgente: l’AF è la base e lo schema in cui si esprime tutto il rapporto. Io spero che questo sia stato solo un errore, fatto da rappresentanti non molto informati e senza l’autorizzazione o la conoscenza dei livelli più alti del governo. Spero che il governo manifesti con urgenza il suo vero pensiero correggendo le affermazioni fatte alla Corte Suprema.

    So benissimo che il governo dà molta importanza ai rapporti con la Chiesa cattolica. Per questo io spero che il governo d’Israele riaffermi la sua ratifica dell’AF e lo iscriva nelle leggi dello stato.

    Un altro preoccupante sviluppo riguarda il valore dell’AF. Poco tempo fa alcuni avvocati governativi hanno detto che l’AF, in ogni caso, non è vincolante per i governi locali: come se essi fossero dei piccoli stati stranieri e non parte dello stesso stato di Israele! È ovvio che questo è un errore, ma ha bisogno di una correzione, altrimenti si rischia di minare in profondità lo stesso Accordo.

    Quali altri problemi sono ancora da affrontare?

    Vi è la necessità di concludere con successo i troppo lunghi negoziati – cominciati nel ’99 – per far riconoscere allo stato di Israele tutti i diritti e le libertà che la Chiesa ha acquisito nel corso di molti secoli e che esistevano ben prima che lo stato d’Israele nascesse nel 1948.

    Vi sono varie fonti legali per questi diritti: trattati precedenti; tradizioni; usi; legislazione… Tutto ciò è stato confermato e approvato dalle Nazioni Unite, autorizzando la nascita dello stato di Israele. È stato sempre chiaro che l’AF e le relazioni diplomatiche rendevano i tempi ormai maturi per il consolidamento di tali diritti e il loro riconoscimento ufficiale da parte dello stato. Entro il 1996 si prevedeva l’elaborazione finale di un trattato, e invece i negoziati sono ancora in corso. Naturalmente, i nuovi accordi devono anche assicurare alla Chiesa i pieni diritti e libertà, normali in ogni moderna democrazia qual è lo stato di Israele.

    Ci può dare qualche esempio?

    Sì: in passato in Terra Santa, la Chiesa è stata sempre esente dal pagare le tasse locali sulla proprietà. Negli Stati Uniti – attuale modello e alleato di Israele - chiese, sinagoghe, monasteri e molte istituzioni religiose sono esenti. Eppure nel dicembre 2002, proprio poco tempo dopo che la stessa Corte suprema aveva confermato l’esenzione (per ben due volte), la legge è stata cambiata! L’inaspettato cambiamento cancellava l’esenzione da monasteri, conventi e dalla maggior parte delle istituzioni cattoliche. Questa non era l’intenzione della legge, ma solo il frutto casuale di una sua stesura frettolosa. Ma è necessario rettificare e restaurare la piena esenzione, altrimenti molte di queste istituzioni non potranno sopravvivere.

    Vi è poi il caso di una chiesa che esisteva a Cesarea, un luogo che è molto citato negli Atti degli Apostoli e nella prima storia cristiana. Lì i gentili hanno ricevuto per la prima volta lo Spirito Santo. Ebbene la chiesa è stata confiscata negli anni ’50 e in seguito completamente distrutta. A questo si aggiunge il caso del convento di Sant’Antonio, delle suore francescane di Gerusalemme: una parte di esso è tuttora occupato con ostinazione dalla Hebrew University, una importante istituzione nazionale. Le suore, con cordialità hanno dato ospitalità all’università nel ’48, quando, a causa della guerra, l’università aveva dovuto fuggire dalla sede originaria, rifugiandosi nel convento. Ora però l’università possiede diversi edifici e sedi molto ampie, ma si rifiuta di lasciare il piccolo convento.

    Lei ha detto che vi sono da assicurare anche diritti ritenuti “normali in un moderno stato democratico”. Vi è qualche problema?

    Ve n’è uno molto grande. In Israele, una vecchia legge prevede che il governo possa revocare la giurisdizione dei tribunali in dispute legali implicanti chiese e edifici religiosi. I casi sarebbero decisi dal potere esecutivo a sua sola discrezione, senza alcun processo. Questa situazione è intollerabile. Vi è un esempio di ciò che può accadere: negli anni ’90 alcuni privati hanno cercato di requisire un cimitero cattolico. Per decidere sulla disputa, il governo ha nominato un impiegato di basso livello il quale, come prima decisione ha affermato che egli non era vincolato dalle regole dell’evidenza! Tutto ciò è intollerabile in uno stato di diritto come quello israeliano: la Chiesa deve avere il diritto di difendere le sue proprietà religiose in un tribunale, come ogni altro proprietario. Anche questo tema attende una soluzione dai negoziati in corso. L’AF riconosce in modo esplicito il diritto della Chiesa alla proprietà. Questo diritto non vale nulla, se non può essere difeso nei tribunali.

    Lei cosa si attende dalla visita del presidente Katzav in Vaticano?

    Sono un professore di diritto canonico, non un politico o un diplomatico e non sono implicato in questa visita. Ad ogni modo, in quanto prete cattolico e cittadino israeliano, ho a cuore le relazioni fra la Chiesa e lo stato. Spero con passione che la visita sia anzitutto un’occasione per Israele di confermare il riconoscimento dell’AF come vincolante per tutte le autorità dello stato, anche quelle locali.

    Spero anche che l’AF - e il trattato del ’97 ad esso collegato, che riconosce la personalità giuridica della Chiesa e delle sue istituzioni – sia presto inserito nella legge israeliana.

    E infine spero che la tanto necessaria esenzione dalle tasse di proprietà locali, così pesanti, sia restaurata e rispettata; che la chiesa di Cesarea possa essere ricostruita; che il convento di Sant’Antonio venga ridato alle suore Francescane. Ma più di tutto, spero che i negoziati attuali vengano accelerati in vista di una conclusione a breve, in sintonia con l’AF. Solo così, le grandi speranze suscitate nel ’93 potranno essere giustificate e questa nostra amicizia, acquisita con duro lavoro da entrambe le parti, possa infine essere stabilizzata.


    asianews.it

 

 

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