Perché Niger Gate e Cia Gate non sono parenti
di Gigi Malabarba

Per il movimento contro la guerra italiano e internazionale, per Rifondazione comunista e la sinistra alternativa c’è, e come, un ruolo dell’Italia nella guerra angloamericana in Medioriente (prima in Afghanistan poi in Iraq). E lo abbiamo sempre denunciato - vedi le risoluzioni parlamentari presentate con regolare continuità negli anni - e con esso abbiamo denunciato la violazione dell’articolo 11 della Costituzione. Doverlo ricordare suona quasi ridicolo per noi.

E’ noto, infatti, che la presenza militare italiana in Afghanistan ha sempre avuto la motivazione - secondo i comandi alleati nel teatro di guerra - di consentire una maggiore dislocazione di forze inglesi e americane per l’avvio della guerra all’Iraq, decisa da Bush e Blair sulla base di prove false riguardanti il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein. Hans Blix e gli ispettori dell’Onu, che non ne avevano mai trovate, e lo dicevano tentando di scongiurare la guerra, dal fervore contro il terrorismo e contro Saddam di gran parte dei media occidentali venivano quasi fatti passare per amici dei no global.

Berlusconi fin dall’11 settembre aveva dichiarato il suo pieno e totale appoggio politico alla guerra preventiva di Bush contro il terrorismo, fornendo ogni tipo di supporto che non prevedesse il dispiegamento di truppe, almeno nella prima fase dell’intervento, perché l’opinione pubblica italiana, fortemente ostile alla guerra, gli si sarebbe scatenata contro. Tutto ciò ci pareva fosse sufficientemente conosciuto.

Da quando sono membro del Copaco, il comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti, ho sempre abbondantemente informato i cittadini - non solo tramite questo giornale - sul ruolo giocato dalla nostra intelligence. In particolare ricostruendo il ruolo del Sismi nella liberazione degli ostaggi italiani in Iraq culminati nell’assassinio di Nicola Calipari, ho spiegato come l’Intelligence militare italiana, migliore alleata della Cia ancor più dell’M16 britannico, fosse entrata in rotta di collisione con gli Usa proprio a causa della linea favorevole alla trattativa con i rapitori. Una linea decisa dal governo italiano insieme alle opposizioni e ripetutamente applicata, ma duramente contrastata dagli americani come una forma di finanziamento e incoraggiamento del terrorismo. Tra le note di merito per il Sismi - prima di questo scontro con il centro ostaggi di Baghdad e i suoi padrini, Negroponte e il Pentagono - figura l’aver fornito la logistica e il supporto di conoscenze nel teatro delle operazioni, prima, durante e dopo l’avvio dei bombardamenti Usa in Iraq, proprio grazie alle relazioni storiche esistenti tra la nostra intelligence, i gruppi considerati terroristi dagli Usa e gli apparati dei cosiddetti "stati canaglia". In sostanza le conoscenze e la rete di contatti di Nicola Calipari in Medioriente da una parte erano utili per la guerra angloamericana, e dall’altra si erano dimostrate indispensabili anche per salvare gli ostaggi italiani e di altri paesi.

Sarebbe d’altronde assai curioso pensare che il Sismi potesse godere di autonomia in scelte che concernono la politica estera italiana: cosa che non è ovviamente mai avvenuta. Le responsabilità sono tutte politiche e attengono a questo governo.

Giuseppe D’Avanzo e Carlo Bonini hanno probabilmente sentito il bisogno di effettuare una clamorosa autocritica rispetto all’epoca in cui ogni manifestazione contro la guerra (e ogni risoluzione dei parlamentari pacifisti) era bollata da "Repubblica" come antiamericana, perché non riconosceva la necessità primaria di abbattere il regime iracheno. Così ammettono oggi che l’Italia è stata in guerra. Meglio tardi che mai, ovviamente. Forse facendo ancora un passettino in avanti potrebbero anche riconoscere che la guerra in Iraq non è finita nel 2003 con le parole di Bush "missione compiuta", e che le truppe italiane inviate a Nassiriya subito dopo continuano a costituire una violazione dell’art. 11 della Costituzione, perché l’Italia è ancor più di prima pienamente in guerra e queste truppe dovrebbero subito essere ritirate. Tra due, tre anni, chissà, qualcuno scoprirà con un’approfondita inchiesta che nel 2005 c’erano 3mila militari italiani in Iraq...

Siccome poi "Repubblica" bolla il Copaco come ente inutile e le sue componenti di opposizione all’interno come silenti, ci sarebbe piaciuto che le informazioni da noi fornite sull’attività della nostra intelligence in Iraq fossero rese note dal giornale quando le inviammo anche a loro o quando furono apertamente dichiarate in quel luogo clandestino che è il Parlamento italiano!

Il Cia Gate vero e il Niger Gate falso

La bufera che ha investito il presidente Bush e i suoi più stretti collaboratori è in primo luogo il frutto del fallimento della guerra in Iraq e della resistenza del movimento contro la guerra anche negli Stati Uniti. Il fronte comune repubblicano-democratico che aveva consentito non solo lo scatenamento dei bombardamenti su Kabul e Baghdad, ma anche la liquidazione di tutto il gruppo dirigente della Cia di George Tenet e l’imposizione del nuovo uomo forte, John Negroponte, a capo di tutte le Intelligence Usa, oggi si è rotto.

La falsità delle prove su cui l’attacco a Saddam si è basato comincia ad avere riscontri anche sul piano giudiziario e ciò incoraggia ulteriormente il movimento pacifista americano.

Ma verosimilmente questo scandalo non è parente di quello assai più provinciale del Niger Gate, ossia dei falsi documenti che sarebbero stati confezionati dal Sismi e passati agli americani come prova del tentativo di Saddam di acquistare Yellow Cake per l’atomica nel paese centroafricano. Le cosiddette "prove documentali" di cui parlò Pollari al Copaco nel dicembre 2002 non erano i documenti falsificati dall’ex uomo del Sid e faccendiere Rocco Martino e tutta la ricostruzione fornita dall’inchiesta di "Repubblica" si fonda curiosamente su informazioni diffuse alla stampa americana dai falchi del Pentagono; guarda caso quelli che si sono scontrati col Sismi proprio per le trattative per il rilascio degli ostaggi italiani in Iraq.

I particolari descritti da D’Avanzo e Bonini relativi a riunioni tenute negli Stati Uniti o a Roma da Pollari e dai suoi collaboratori, infatti, o sono stati forniti in modo suicida dallo stesso capo del Sismi oppure provengono proprio dai falchi Usa. Ce n’è abbastanza per diffidare di chi usa argomenti di queste fonti per attaccare il generale Pollari sull’onda del discredito per le bugie di Bush, Blair e Berlusconi.

La vera partita è un’altra

Il feuilleton che da molti mesi compare sul quotidiano vicino al centro sinistra ha in realtà ben altre finalità. "Repubblica" cominciò con l’attaccare in modo inusitato Nicola Calipari e il suo capo, Pollari, dopo l’assassinio dell’agente del Sismi che riportava in Italia Giuliana Sgrena. Li chiamò volgarmente "furbetti" per aver tentato di imbrogliare gli americani, non mettendoli a conoscenza di tutti i particolari del negoziato per la liberazione della giornalista del "manifesto", ben sapendo - tra l’altro - che gli americani l’avrebbero impedito, come accaduto per quattro volte durante la detenzione dei due giornalisti francesi...

E ora tenta di sfruttare il clamore internazionale del Cia Gate per accusare Pollari di essere il vero ispiratore delle prove false usate da Bush per scatenare il conflitto. Di tutto ciò con ogni probabilità non resterà niente sul piano istituzionale e anche giudiziario a carico del Sismi, ma il discredito sarà servito per aprire la strada a una riorganizzazione di tutti gli apparati di pubblica sicurezza e di intelligence sotto la direzione del Negroponte italiano: Gianni De Gennaro. Almeno questo è l’auspicio di molti, contando sulle contraddizioni nella maggioranza di governo. L’esecutivo per ora difende molto formalmente Pollari e il Sismi, ma in particolare lo fa il sottosegretario Gianni Letta, artefice della linea della trattativa adottata in Iraq. Di diverso avviso sono altre forze della maggioranza e, in particolare, gli ambienti vicini al ministro della Difesa Antonio Martino, molto attento ai movimenti del suo omologo statunitense, Donald Rumsfeld.

Sotto accusa il governo Berlusconi

C’è solo da sperare che il flop molto probabile di "Repubblica" non costituisca l’occasione per Berlusconi di tentare di tirarsi fuori da responsabilità gravissime, che sono innanzitutto sue, nel coinvolgimento dell’Italia nella guerra con tutti i suoi strumenti politici, diplomatici e militari, a partire dal sostegno alla tesi delle prove che Saddam avesse armi di distruzione di massa.

Per quanto riguarda il Sismi, sarebbe utile per una sinistra degna di questo nome tentare di trasformare il servizio di Intelligence in un organismo effettivamente utile per la difesa della democrazia e della sovranità nazionale, aiutandolo a liberarsi di faccendieri e piduisti, come già avvenuto in parte nel corso degli ultimi anni.

La guerra in Iraq imputata oggi a Pollari equivale né più né meno a imputare la presenza dei carabinieri a Nassiriya al generale capo dell’Arma: sembra uno scherzo, ma si è arrivati in questi giorni quasi alle dimissioni del capo del Sismi perché non sufficientemente difeso dal suo governo. Lo scontro tra apparati è fortissimo. Va nettamente contrastato chi pensa, come a Napoli e a Genova nel 2001, di partecipare alla riorganizzazione internazionale della pubblica sicurezza nel quadro del fronte interno della guerra globale permanente al terrorismo dettata da George Bush. E non esita ad attivare tutti gli strumenti per togliersi eventuali ostacoli di torno.