Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
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Originariamente Scritto da
Jacopo Belbo
Molto interessante questa puntata. Peccato che la conduzione sia stata affidata a un Ruggeri non all'altezza dell'argomento.
Non mi è chiaro un passaggio; al minuto 2.44 Ruggeri dice: "in quel momento la Chiesa e la Massoneria dovevano trovarsi alleate per combattere la parte illuminista (sic) che stava invadendo l'Europa"...
Chiesa e Massoneria alleate contro l'Illuminismo? Come si può parlare di una contrapposizione tra Massoneria e Illuminismo quando i due pensieri, in moltissimi casi, si compenetrano quasi completamente?
Mi sfugge qualcosa?
Non so fino a che punto si compenetrassero (è un argomento che non ho mai approfondito), ma certamente alcune logge (soprattutto in Francia) inserirono principi del pensiero illuminista all'interno della Massoneria, dove mi risulta convivessero Illuminismo e anti-illuminismo.
Comunque sia, secondo me, quel video è apprezzabile, non fosse altro che per il commento di Massimo Marra. http://www.silviadue.net/smiles/smile.gif
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
Intorno alla metà degli anni '60, Francesco Celebrano fu incaricato di eseguire un pavimento di marmoree tarsie policrome, all'interno delle quali risultasse incastrata una linea di marmo bianco, continua e senza giunture, prodigiosa invenzione del geniale Raimondo di Sangro. L'esecuzione – come afferma lo stesso principe nel testamento – fu "difficile e intralciata", tanto da non essere verisomilmente terminata alla data della sua morte; è certo, però, che il pavimento labirintico fu compiuto nella sua quasi totalità, come si deduce dai tanti resti conservati nel deposito del Museo, nonché da una litografia ottocentesca che riporta – seppure semplificandolo – il motivo a labirinto.
La pavimentazione voluta da Raimondo di Sangro per il suo tempio gentilizio era quindi molto diversa da quella che si vede attualmente. Un grave crollo, che nel 1889 coinvolse sia la dimora magnatizia che il mausoleo dei Sansevero, dovette danneggiare a tal punto il pavimento originale da scoraggiare i restauratori di allora dall'intraprenderne il complicato restauro; così, la Cappella fu ripavimentata in cotto napoletano, smaltato in giallo e azzurro in corrispondenza dello stemma dei di Sangro.
Alcune lastre del pavimento settecentesco sono oggi visibili nel passetto antistante la tomba di Raimondo di Sangro, altre sono esposte nella Cavea sotterranea e in Sagrestia. Il disegno prevede l'alternarsi di croci gammate (o svastiche), formate appunto dalla linea continua di marmo bianco, con quadrati concentrici collocati in prospettiva. Le tarsie policrome presentano diverse sfumature, dal blu al bianco, dando così profondità alla composizione. Lungo il perimetro della navata correva poi una fascia più scura, anch'essa decorata da una linea intricata.
La scelta della pavimentazione labirintica si inquadra perfettamente nell'itinerario allegorico progettato dal principe per il tempio gentilizio. Il motivo a labirinto, di antichissima tradizione classica e ricco di rinvii alla sapienza ermetica, rappresenta la difficoltà dell'itinerario che deve compiere l'iniziato per approdare alla conoscenza. Risalente ai grandi miti astrali dell'Antico Mondo, la croce gammata simboleggiava secondo i più il movimento cosmico; i quadrati concentrici, alternati alle svastiche, alluderebbero al tetragono degli elementi. I labirinti, presenti in molte cattedrali gotiche e più in generale nelle cosiddette "dimore filosofali", sono l'immagine alchemica della Grande Opera.
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
Il miracolo laico del principe di Sansevero
Dal convegno per i trecento anni della nascita una rivelazione: Raimondo di Sangro svelò il mistero del sangue che si scioglie.
Stella Cervasio
Prima di Maradona e dopo il martire patrono di Napoli, qualcun altro è riuscito a sciogliere il sangue rappreso come per il miracolo di San Gennaro che si ripete ancora oggi con le reliquie più famose del mondo.
Il principe di Sansevero Raimondo di Sangro, una vita rovinata nei secoli avvenire da malevole dicerie, da scienziato quale fu, si cimentò nella riproduzione del miracolo celebre anche nel suo secolo, il Settecento. Se ne è parlato nel corso di un convegno ospitato dall'Università Orientale e promosso dal Museo Cappella Sansevero e dal Comitato per le celebrazioni del Tricentenario della nascita di Raimondo di Sangro. Una rassegna di studi recenti sul principe scienziato il cui fine è riportare l'ago della bilancia dal lato della magia a quello della scienza e della sperimentazione.
"L'ampolla sembrava mezza piena di una solida massa o impasto di color grigio [...] Variamente inclinato e agitato per circa mezzo minuto, l'impasto diveniva liquido e si scioglieva, talora solo in parte; in altri momenti diveniva nuovamente solido, e agitato ancora una volta, impiegava più o meno tempo a liquefarsi [...] Questo è quanto ho potuto vedere con i miei occhi".
La descrizione è firmata da un matematico e geografo francese, Charles Marie de la Condamine, giunto a Napoli per il suo Grand Tour di formazione nel 1754, sul Journal of a Tour to Italy (London 1763). Di Sangro non viene citato esplicitamente come autore dell'esperimento. Ma a confermarcelo c'è una seconda testimonianza, quella dell'astronomo francese Joseph-Jerome de Lalande. Nel 1769 il collega di Sansevero scrive che "uno scienziato, illustre sia per i natali che per le sue cognizioni, ha fatto fare un ostensorio o teca simile a quella di S. Gennaro, con due ampolle della stessa forma, piene di un'amalgama di oro e mercurio misto a cinabro". Qualche anno dopo, morto ormai il principe dei miracoli, de Lalande farà il suo nome per intero, senza più occultarlo per cautela nei confronti di vendette della Chiesa, in una nuova edizione del suo "Voyage en Italie".
Ma quel che conta perché aggiunge fatti nuovi alla critica desangriana e alla storia della fortuna nei secoli del principe di Sansevero, è la prima delle due testimonianze. Ne ha parlato al convegno Fabrizio Masucci, e lo ha fatto da studioso della "storia di famiglia". Masucci infatti ha una parentela con i di Sangro e si occupa della Cappella Museo del centro storico dove migliaia di turisti da tutto il mondo vangono per vedere il naturalistico Cristo Velato di Sanmartino. Raimondo apparteneva al Real Ordine di San Gennaro, e nella sua Lettera apologetica non parlava mai di miracolo, semmai di "maraviglia". Scrive de la Condamine: "Vidi sotto l'ampolla due piccoli coni (...) con le punte rivolte l'una contro l'altra, che, come mi disse il custode, presentavano una piccola apertura. (...) il cono inferiore era mobile, per cui l'orifizio a volte veniva a combaciare con quello del cono superiore; tutto ciò era puramente accidentale e, in conseguenza del movimento impresso all'ampolla, poteva accadere che gli assi dei due coni collimassero. Per quanto riguarda la polvere nell'ampolla, mi fu detto che si trattava di una amalgama di mercurio, stagno e bismuto (...) infine, che in un canale circolare, nascosto nella montatura, era contenuto dell'argento liquido; quando si scuoteva l'ampolla saltuariamente, e gli orifizi dei due coni venivano a coincidere, il mercurio penetrava in maggior o minore quantità e liquefaceva l'amalgama; che talora accadeva che in conseguenza dei vari movimenti impressi alla macchina, il mercurio, che s'era così introdotto, ritornava per la stessa apertura e che quindi l'amalgama cessava di essere liquido". Una sostanza chimica, il mercurio, che fa da "scaldino" e scioglie un'altra sostanza tinta di rosso grazie al cinabro.
Non un gioco di prestigio, ma chimica pura, quella che Raimondo dimostrò di aver sempre frequentato, anche quando inventò un tessuto impermeabile per farne una mantella per il re Ferdinando e i colori a cera usati per il quadro di una Madonna da uno dei pittori che lavorarono per lui. O per le macchine anatomiche, due scheletri completi di sistema arterio-venoso. Ossa vere ma vene di cartapesta in cui fu iniettato liquido colorante per distinguere il sangue venoso da quello arterioso. Gennaro Rispoli, chirurgo dell'Ascalesi e Incurabili, nella sua relazione ha spiegato che il principe aveva acquistato le due "meraviglie" a Palermo. Resta il mistero di quale spettacolo quelle meraviglie potessero dare: dove erano esposte, come erano montate e allestite, e così via. E chissà se il sangue nelle vene non circolasse davvero, aiutato, forse, anche quello, come il finto sangue nella teca, da un metallo "magico" come il mercurio.
Il miracolo laico del principe di Sansevero - Napoli - Repubblica.it
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
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Originariamente Scritto da
Jacopo Belbo
Non mi è chiaro un passaggio; al minuto 2.44 Ruggeri dice: "in quel momento la Chiesa e la Massoneria dovevano trovarsi alleate per combattere la parte illuminista (sic) che stava invadendo l'Europa"...
Chiesa e Massoneria alleate contro l'Illuminismo? Come si può parlare di una contrapposizione tra Massoneria e Illuminismo quando i due pensieri, in moltissimi casi, si compenetrano quasi completamente?
Mi sfugge qualcosa?
La "società dei Liberi Muratori" è pre-massonica. Nata in Inghilterra come libera associazione di muratori (masons) si tramandavano in segreto le norme del mestiere (muratori nel vero senso della parola). Nel XVIII (in quel periodo appunto) si trasformò in associazione politica, cioè massoneria (con pensieri illuministici) e si diffuse soprattutto in Francia favorita dai rivoluzionari e poi da Napoleone.
Può darsi che il Sansevero appartenesse al primo tipo di associazione più che alla massoneria che noi conosciamo
Citazione:
Originariamente Scritto da
Tomás de Torquemada
Vita di Raimondo de' Sangro
"Il principe aderì alla Massoneria ....
In un altro manoscritto il Principe di Belmonte si riferisce alle logge napoletane:
«I Liberi Muratori ...
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
Da ricordare che 4 delle statue nella cappella non risultano commissionate dal Raimondo.
Altra cosa interessante è la tomba con la storia di come furono fatte iscrizioni, a conferma che potesse conoscere alcuni usi della chimica nella libera muratoria.
***
A differenza degli altri monumenti sepolcrali, la Tomba di Raimondo di Sangro appare sobria, quasi severa. Disegnata dal Russo nel 1759, quando il settimo principe di Sansevero era ancora in vita, essa è costituita da due elementi essenziali: un complesso di emblemi scolpiti su un grande arco, di impostazione seicentesca, e una lapide con il lungo elogio del dedicatario. Tra questa e quello, è collocata la cornice marmorea con il Ritratto del principe.
I simboli voluti da Raimondo di Sangro per il mausoleo evocano le sue glorie terrene in ambito militare e scientifico-letterario. Una corazza e un cimiero sono circondati da insegne, bandiere, picche, alabarde e altre armi; si notano inoltre libri, pergamene, squadre e un mappamondo. Dall’estremità destra dell’arco, infine, pende la collana da cavaliere dell’Ordine di San Gennaro, onorificenza ricevuta nel 1740.
La parte più interessante e originale del monumento è la grande lastra marmorea con l’iscrizione. L’elogio funebre, infatti, non è inciso, ma in rilievo, e non reca traccia di scalpello: esso fu realizzato in questo modo grazie a un procedimento a base di solventi chimici ideato dal principe stesso. Le lettere “rilevate ad uso di cammeo” – come le definisce una fonte settecentesca – sono di colore bianco, e originariamente contrastavano con il fondo roseo della lastra, tinta che oggi risulta alquanto sbiadita. Un lievissimo intreccio di pampini e grappoli d’uva, anch’esso in rilievo, orna il perimetro della lapide: la finezza della decorazione rende evidente che non può essere stato impiegato alcun tipo di scalpello, poiché sarebbe stato impossibile “ridurre il marmo a tanta sottigliezza”. Di questa particolarità della Tomba parlano pressoché tutti i viaggiatori e le guide sin dal XVIII sec.
Altrettanto importante è il contenuto della dedica a Raimondo, composta formalmente dall’abate della Cappella Sansevero, ma senza dubbio dettata dal committente. Essa menziona la discendenza del suo casato dall’imperatore Carlo Magno, ricorda i titoli nobiliari, le onorificenze e le cariche di Raimondo, esalta la sua pubblicazione sulla disciplina della fanteria (elogiata da Federico II di Prussia). Ma, soprattutto, l’iscrizione magnifica il suo ruolo di ideatore del progetto iconografico della Cappella Sansevero, nonché le sue eccezionali doti di sperimentatore, definendolo “uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura”.
MUSEO CAPPELLA SANSEVERO
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero
Citazione:
Originariamente Scritto da
Silvia
Raimondo de Sangro, ritenuto fino a pochi anni fa uno spietato mago-stregone, grazie soprattutto alla studiosa Clara Miccinelli è stato recentemente oggetto di un'adeguata riabilitazione, dovuta alla scoperta di numerosi documenti, anche autografi dello stesso Principe, che lo ripropongono come una delle menti più colte e geniali della sua epoca: filosofo, scienziato, mecenate, inventore di macchine idrauliche e pirotecniche. E soprattutto alchimista.
Clara Miccinelli (1)
DIAVOLO D'UN PRINCIPE: QUEL GENIO DEL '700
da Abstracta n° 2 (febbraio 1986)
Raimondo de Sangro, Principe di Sansevero, inventore eclettico, alchimista e primo Gran Maestro della Massoneria del Regno di Napoli, è certamente il genio più strano, più discusso e più temuto del Settecento napoletano. Assurto ad emblema del. male, è stato stigmatizzato assassino dai metodi sofisticati, quale "metallizzatore" e"pietrificatore" di servi; precursore "nazista" nel costruire sedie con ossa e pelle umana; tirannico mecenate di giovani artisti cui avrebbe commissionato l'esecuzione di lugubri statue per abbellire l'altrettanto ferale Cappella di famiglia. A grosse pennellate, questo è il ritratto del Sansevero. così come emerge dall'elenco di leggende — lungo due secoli –cui hanno dato l'avallo studiosi del rango di Croce, Salvatore Di Giacomo, Serao, Fabio Colonna di Stigliano.
E dì fronte a tale ritratto mi sono trovata, allorché decisi di occuparmi di lui (2); un ritratto le cui sfumature si diramavano in infiniti rivoli di sangue. Al confronto, la stessa storia di Gilles de Rais (meglio noto come Barbablù) presentava qualche attenuante. Invece per il Principe di Sansevero ecco nascere innumerevoli accuse spaventose, convergenti sul suo palazzo e sulla sua Cappella, ubicati nel cuore della vecchia Napoli. La Cappella: chiesa sconsacrata, attualmente museo privato ove s'impongono alla vista dei visitatori statue stranissime, ricoperte di veli d'assurda trasparenza (il Cristo Velato del napoletano G. Sammartino e la Pudicizia del Veneto A. Corradini), e quella denominata il Disinganno del genovese F. Queirolo, nella quale un uomo si divincola da una rete che risulta staccata dal suo stesso corpo. In che modo gli artisti riuscirono ad effettuarle? I critici d'arte hanno "partorito" emblematici ed inconcludenti giudizi, senza rispondere al quesito di fondo. La fantasia, pronta a librarsi ovunque, ha sciolto gli enigmi così: il Principe, forte dell'aiuto di Satana, plasmò marmo come molle cera insieme a grasso umano; oppure ipnotizzò e poi accecò l'artista Sammartino per impedirgli d'eseguire un duplicato del Cristo Velato; oppure ancora il de Sangro effettuava manipolazioni extrasensoriali a distanza sul marmo, grazie all'energia proveniente dai sotterranei della Cappella maledetta, nei quali aveva dimora il suo capo supremo Belzebù. In realtà un terrificante spettacolo attende il turista, quando imbocca la scaletta a chiocciola della cripta ovale (sottostante il Tempio) dove, in due armadi, due scheletri ritti lo attendono al varco, come Edipo alle porte di Tebe, per porgli il misterioso arcano della loro conservazione: un uomo e una donna, in cui tutto il sistema circolatorio — a prima vista — appare conservato sin nelle ramificazioni periferiche... Ma il visitatore non ha il tempo di formulare una sua interprelazione: su un cartello, stampato a cura dei possessori della Cappella, compare la parola "pietrificazione"; e poi, se la cosa non è chiara, gli verrà raccontato che quello è il frutto di un esperimento di "metallizzazione" del sangue, realizzato dal Principe iniettando in due servi ancora in vita un misterioso composto coagulante. […]
È giunto quindi il momento di strappare il falso canovaccio della farsa che maldisposti storici, critici e discendenti del Principe hanno messo in scena. Ecco il vero copione: come melagrana scagliata al suolo si apre il '700 e lì, in uno spicchio di rilievo, svetta Napoli quando era una capitale europea, artistica, letteraria, scientifica, militare e musicale. Prima che l'ennesima rimonta restauratrice della superstizione ufficiale, teologicamente crudele, la rigettasse nel rango di capitale canora degli spaghetti alle cozze, del ventre che non pensa e del pensiero che muore denutrito. […]
Sin dall'infanzia Raimondo aveva dato segni d'esuberanza, tanto che a dieci anni s'era ritenuto opportuno chiuderlo nel seminario di Roma, sotto la tutela dei Gesuiti: ci rimarrà a lungo con grande... gioia dei suoi maestri, costretti a subire le intemperanze del giovanetto che — superdotato intellettualmente - rifiutava i limiti del normale insegnamento. Col bagaglio culturale che in parte gli derivava dai Gesuiti e in parte dai suoi fecondi studi personali, egli cominciò a spiccare sulla mummificata aristocrazia napoletana, dall'infimo livello dottrinario. Ovviamente fu additato come un "diverso", nel senso che la sua sapienza non andava a genio. Raimondo lo sapeva e se ne disinteressava. In ciò consiste appunto il suo errore, se tale può definirsi: l'aver volutamente ignorato il duro giudizio di coevi e posteri, che si concretizzò omettendo, bluffando, celando fatti e documenti; e aver lasciato invece, quale unica completa testimonianza del suo universale sapere, pochi ermetici scritti e la sua Cappella Geritilizia, condensato d'ineffabili simboli arcani: massonici, alchemici, rosacrociani.
Mi sembrava comunque impossibile che documenti (contratti, corrispondenza, testamento) non esistessero, cosi come le favole sui due "corpi metallizzati" (Macchine Anatomiche ebbe a definirle lo stesso Raimondo in un suo scritto) mi parevano adatte solo per gonzi. Poi, nelle mie ripetute visite presso l'Archivio Notarile Distrettuale di Napoli, grazie ad un colpo di fortuna, riuscii a reperire non solo il testamento olografo del de Sangro, ma anche contratti di ingaggio agli scultori impegnati in Cappella ed all'anatomo-patologo Giuseppe Salerno, co-esecutore delle Macchine Anatomiche.
Crollavano così, una per una, le imposture esalanti odore di zolfo sulla figura del nobiluomo settecentesco: l'apparato circolatorio delle Macchine Anatomiche risultò infatti realizzato con fili di ferro e di spago, ricoperti da cera colorata con porporina, nero fumo e bleu di metilene (rosso per arterie, bleu per vene), attorcigliati su scheletri preesistenti. Un'eccellente opera anatomica eseguita a scopo didattico-scientifico, in un'epoca in cui ben poche erano le conoscenze dei "cerusici" sulla circolazione. Un altro documento giunge poi ad evidenziare l'interesse del Principe per la medicina: quello in cui Raimondo stesso descrive la terapia da lui usata nel 1746 per due ammalati, uno «Luigi Sanseverino, Principe di Visignano (...) tagliato allo stomaco per infermità malvagia senza speranza alcuna. (...) Lo stomaco fornito d'una efflorescenza dura straripante dal proprio acconcio Alveo, la quale mai i Medici eziandio potevano incidere e di Colore inchinante al Grigiastro. (...) Stomaco, il quale negli orli era a guisa di setolettc di spazzola».; l'altro «presentava pallore a guisa di cadavere. Il quale Pallore procurava a me la certezza di grave Alterazione del Circolo del Sangue». Si tratta — come hanno affermato i professori Nicola Magliaro e Giulio Tarro — di cancro allo stomaco e di leucemia, cui il Principe somministra "Estratto di Pervinca Bullita": le attuali Vinblastina e Vincristina, alcaloidi di natura vegetale (scoperti ufficialmente nel 1968!) usati per carcinomi gastrici e sanguigni. Tale scritto autografo del de Sangro è una delle "ricette" più preziose contenute, insieme ad altro, in una cassetta da lui sigillata e nascosta in una abitazione settecentesca che prese in affitto nella zona di Napoli denominata Infrascata, tra il centro storico e la collina del Vomero (3).
Il "tesoro" di don Raimondo è stato da me scoperto, durante una pericolosa spedizione speleologica effettuata nel centro antico cittadino: quaranta metri sotto, alla ricerca del laboratorio alchemico del Principe. Il "gabinetto chimico"' sotterraneo e segreto, da molti cercato invano, è stato ritrovato non già pieno di scheletri (come da azzardata leggenda), ma d'iscrizioni parietali di cifra argot (4) o ermetica.
Circa gli altri documenti rinvenuti nell'Archivio Notarile, vanno messi in rilievo quelli relativi alle statue del Cristo Velato e del Disinganno. Infatti da essi si viene a sapere che il velo del Cristo non fu scolpito dal Sammartino: un velo di stoffa sottilissima imbevuto di latte e di calce fu deposto sulla statua, indi il Principe, soffiando esalazioni di ossido di carbonio sul complesso, provocò la precipitazione del carbonato di calcio che trasformò la stoffa in velo "marmorizzato" , il quale divenne un tutt'uno con la statua sottostante. Procedimento analogo fu adoperato per la "rete" che avvolge l'uomo scolpito nel Disinganno. Vengono in tal modo scardinate tutte le congetture relative a manipolazioni negromantiche a distanza su elementi fisici, chimici ed organici, mediante le quali il Principe avrebbe ottenuto la trasformazione della materia: questa, in sostanza, veniva sì da lui conseguita, ma con procedimenti degni d'uno scienziato moderno, seppur realizzati con i metodi empirici usualmente adottati dall'alchimista. Perché Raimondo de Sangro fu in realtà alchimista, non già il dolce ed inconcludente soffiatore (5) : lo dimostrano i suoi appunti sull'opera alchemica (condotta per una trentina di anni) da cui si evince, oltre alla pura e raggiunta ricerca della divina Gnosi, una sua quasi certa esperienza con materiale radioattivo (6) e la conoscenza dell'acqua pesante. […]
E' ovvio, a questo punto, che il lettore si chieda: come mai nel corso di due secoli questo brillante ingegno è stato dimenticato non solo da storia e da scienza ufficiali, ma dagli stessi trattati di esoterismo? Sfortuna? Uno strano "destino" volto ad obnubilare la sua figura schietta? Di certo nell'Ottocento e agli inizi del nostro secolo, la cultura ufficiale si è sbizzarrita ad evidenziarne arbitrariamente le sfaccettature da leggenda. E, sommando mito a mito, don Raimondo si è guadagnato le etichette di: ciarlatano, faust, scultore senza scalpello, venduto a Satana, e — a grande effetto — metallizzatore di corpi umani.
Il Principe è diventato un mito, un personaggio da favola dell'horror, schiacciato dalle fantasie, che, simili a magma impetuoso, lo hanno ricoperto e reso un fossile raro per ignominia e sete di sangue. Se nell'Ottocento si può trovare una giustificazione, ove si consideri quella famosa esasperazione del "sentimento", pare assurdo che nessuno nel nostro secolo abbia tentato di passare una spugna su quanto già era stato affermato sul de Sangro. Anzi, non si è sentita alcuna spinta a prendere le distanze dal «già detto» per restituire una così vigorosa figura del passato al più vibrante e corporeo presente. E allora? Deve, evidentemente, essere subentrata una situazione di comodo per qualcuno, se si è continuato a mantener vivo nel popolo lo "status quo" di Principe assassino. Il popolo crede, crede nei miracoli, perché non dovrebbe credere nel Diavolo? Ma, come Dio, il Bene per eccellenza, si identifica e deve identificarsi nei Santi, così il Diavolo, da quell'imbroglione che è, va ad "incorporarsi" nella vecchia senza gamba, sorda e muta per chissà quale maleficio, ma deve pure albergare in un personaggio "importante" e noto che possa incutere paura: il Principe di Sansevero è colui che uccise, che bevve il sangue dei bimbi innocenti; la pestilenza del '700 fu lui a causarla; è lui che la notte della vigilia di Natale "risorge" e se ne va in carrozza per i vicoli stretti di Napoli... Insomma ci vuole un "emblema espiatorio" del male. E don Raimondo i requisiti li ha... […]
Estrapolando tutto l'immaginifico, e i vari favoleggiamenti, sarebbe opportuno mettere un punto fermo e andare a capo, in virtù della supremazia di scienza e cultura, che non possono essere soppiantate. L'uomo cui Napoli, per oltre due secoli, non ha voluto dare ciò che gli appartiene, fu alchimista, teosofo, chimico, fisico, protomedico, letterato, mecenate, inventore, artista. Un uomo rivolto al passato per proiettarsi nel futuro; un uomo superbo del proprio ingegno e costantemente assetato di giustizia, di verità, di sapere: teso con tutta l'anima e la forza di volontà verso l'ideale meta della perfezione umana. Anche la sua vita politica fu militanza di "giustizia e libertà", pur consapevole che queste due parole "multi habent in ore, in intellectu vero pauci". E Sansevero le aveva nel cuore.
NOTE
(1) Le ricerche di Clara Miccinelli sono state sistematizzate in tre volumi: Il Principe di Sansevero - Verità e riabilitazione (ECIG, Genova); II Tesoro del Principe di Sansevero -
Luce nei sotterranei (SEN, 1984); E Dio creò l'Uomo e la Massoneria. I documenti segreti, la Superloggia inquietante e tutti gli Arcani della Cappella del Principe di Sansevero (ECIG 1985).
(2) Le ricerche sono state effettuate con la collaborazione del Conservatore supcriore, Nicola Sciandone.
(3) Tutti gli scritti contenuti nella cassetta sono stati sottoposti a perizia grafoscopica e giudicati autentici.
(4) Argot: gergo usato nella Francia del XII secolo dalla malavita e dai mendicanti organizzati nella Confraternita Argot. Successivamente il termine ha indicato un linguaggio segreto, o particolare, usato da individui o gruppi al fine di scambiarsi informazioni senza essere capiti dagli altri, anche come mezzo per tenere uniti i membri e difenderli dal resto della società. Per gli alchimisti l'argot è il linguaggio degli iniziati (vedi: Fulcanelli, II mistero delle Cattedrali. Roma, 1972, p. 46).
(5) Soffiatore: a differenza dell'autentico alchimista, che perseguiva la trasmutazione di se stesso sul piano spirituale, il soffiatore era colui che tentava, con qualsiasi mezzo e con lo scopo unico di trame profitto, la trasmutazione dei metalli vili in oro. Le disordinate ricerche dei soffiatori, più che le teorie della vera alchimia, sono all'origine della chimica moderna.
(6) Proprio l'esposizione a tale "energia" condusse Raimondo de Sangro alla morte il 22 marzo 1771. Dopo una lunga veglia funebre fu tumulato nella sua amatissima Cappella.
Stralcio da un articolo pubblicato su Abstracta n° 2 (febbraio 1986, Stile Regina editrice)
Rif: "Uomini pietrificati" e suggestioni alchemiche nella Cappella Sansevero