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    Predefinito Udienza ai pellegrini

    UDIENZA AI PELLEGRINI CONVENUTI A ROMA PER LA BEATIFICAZIONE DI MADRE TERESA DI CALCUTTA

    Alle 11.45 di questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre ha ricevuto in Udienza i pellegrini convenuti a Roma per la Beatificazione di Madre Teresa di Calcutta ed ha loro rivolto il discorso che pubblichiamo di seguito:


    DISCORSO DEL SANTO PADRE

    Venerati Fratelli nell’Episcopato,

    cari Missionari e Missionarie della Carità,

    carissimi Fratelli e Sorelle!

    1. Vi saluto cordialmente e con gioia mi unisco al vostro rendimento di grazie a Dio per la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta. A lei ero legato da grande stima e sincero affetto. Per questo sono particolarmente lieto di trovarmi con voi, sue figlie e suoi figli spirituali. Saluto in modo speciale Suor Nirmala, ricordando il giorno in cui Madre Teresa venne a Roma per presentarmela personalmente. Estendo il mio pensiero a tutte le persone che compongono la grande famiglia spirituale di questa nuova Beata.

    2. "Missionaria della Carità: questo è stata Madre Teresa, di nome e di fatto". Con commozione ripeto oggi queste parole, che ebbi a pronunciare all’indomani della sua morte (Angelus del 7/9/1997).

    Anzitutto, missionaria. Non c’è dubbio che la nuova Beata sia stata una delle più grandi missionarie del secolo XX. Di questa donna semplice, proveniente da una delle zone più povere d’Europa, il Signore ha fatto uno strumento eletto (cfr At 9,15) per annunciare il Vangelo a tutto il mondo non con la predicazione, ma con quotidiani gesti d’amore verso i più poveri. Missionaria col linguaggio più universale: quello della carità senza limiti ed esclusioni, senza preferenze se non verso i più abbandonati.

    Missionaria della carità. Missionaria di Dio che è carità, che predilige i piccoli e gli umili, che si china sull’uomo ferito nel corpo e nello spirito e versa sulle sue piaghe "l’olio della consolazione e il vino della speranza". Dio ha fatto questo nella Persona del suo Figlio fatto uomo, Gesù Cristo, buon Samaritano dell’umanità. Egli continua a farlo nella Chiesa, specialmente attraverso i Santi della carità. Madre Teresa brilla in modo speciale in questa schiera.

    3. Where did Mother Teresa find the strength to place herself completely at the service of others? She found it in prayer and in the silent contemplation of Jesus Christ, his Holy Face, his Sacred Heart. She herself said as much: «The fruit of silence is prayer; the fruit of prayer is faith; the fruit of faith is love; the fruit of love is service; the fruit of service is peace». Peace, even at the side of the dying, even in nations at war, even in the face of attacks and hostile criticism. It was prayer that filled her heart with Christ’s own peace and enabled her to radiate that peace to others.

    4. A missionary of charity, a missionary of peace, a missionary of life. Mother Teresa was all these. She always spoke out in defence of human life, even when her message was unwelcome. Mother Teresa’s whole existence was a hymn to life. Her daily encounters with death, leprosy, AIDS and every kind of human suffering made her a forceful witness to the Gospel of Life. Her very smile was a «yes» to life, a joyful «yes», born of profound faith and love, a «yes» purified in the crucible of suffering. She renewed that «yes» each morning, in union with Mary, at the foot of Christ’s Cross. The «thirst» of the crucified Jesus became Mother Teresa’s own thirst and the inspiration of her path of holiness.

    5. Teresa di Calcutta è stata realmente Madre. Madre dei poveri, madre dei bambini. Madre di tante ragazze e tanti giovani che l’hanno avuta come guida spirituale e ne hanno condiviso la missione. Da un piccolo seme, il Signore ha fatto crescere un albero grande e ricco di frutti (cfr Mt 13,31-32). E proprio voi, figlie e figli di Madre Teresa, siete i segni più eloquenti di questa profetica fecondità. Conservate inalterato il suo carisma e seguite i suoi esempi, e lei dal Cielo non mancherà di sostenervi nel cammino quotidiano.

    Il messaggio di Madre Teresa, ora più che mai, appare però come un invito rivolto a tutti. L’intera sua esistenza ci ricorda che essere cristiani significa essere testimoni della carità. Ecco la consegna della nuova Beata. Facendo eco alle sue parole, esorto ciascuno a seguire con generosità e coraggio i passi di questa autentica discepola di Cristo. Sulla strada della carità Madre Teresa cammina al vostro fianco.

    Di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica.

  2. #12
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    Il 5 settembre 2004 è la ricorrenza della prima festa liturgica della Beata madre Teresa di Calcutta.
    In suo onore riporto in rilievo questo thread della Beatificazione.

    Augustinus

  3. #13
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    Dal sito SANTI E BEATI:

    Beata Teresa di Calcutta (Agnes Gonxha Bojaxiu)

    5 settembre

    Skopje, Macedonia, 27 agosto 1910 - Calcutta, 5 settembre 1997

    A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è in India. Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù (scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegna storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Il 10 settembre 1946, mentre era in treno diretta a Darjeeling per gli esercizi spirituali, avvertì la “seconda chiamata”: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Lasciò le suore di Loreto il 16 agosto 1948. Nel 1950 la sua nuova congregazione delle Missionarie della Carità ottenne il riconoscimento dalla Chiesa.

    Al piano terra della Mother House, la casa-madre nella Lower Circular Road di Calcutta, c’è la cappella semplice e disadorna dove dal 13 settembre 1997, dopo i solenni funerali di Stato, riposano le spoglie mortali di Madre Teresa. Fuori, nel fitto dedalo di viuzze, i rumori assordanti della metropoli indiana: campanelli di risciò, vociare di bimbi, lo sferragliare di tram scalcinati attraverso i gironi infernali della miseria. Dentro, invece, il tempo sembra fermarsi ogni volta, cristallizzato in una specie di bolla rarefatta: la cappella accoglie una tomba povera e spoglia, un blocco di cemento bianco su cui è stata deposta la Bibbia personale di Madre Teresa e una statua della Madonna con una corona di fiori al collo, accanto a una lapide di marmo con sopra inciso, in inglese, un versetto tratto dal Vangelo di Giovanni: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”(15,12).
    (…)Madre Teresa di Calcutta, al secolo Agnes Gonxha Bojaxhiu, era nata il 26 agosto 1910 a Skopje (ex-Jugoslavia, oggi Macedonia), da una famiglia cattolica albanese. A 18 anni decise di entrare nella Congregazione delle Suore Missionarie di Nostra Signora di Loreto. Partita nel 1928 per l’Irlanda, un anno dopo è già in India.
    Nel 1931 la giovane Agnes emette i primi voti prendendo il nuovo nome di suor Mary Teresa del Bambin Gesù(scelto per la sua devozione alla santa di Lisieux), e per circa vent’anni insegnerà storia e geografia alle ragazze di buona famiglia nel collegio delle suore di Loreto a Entally, zona orientale di Calcutta. Oltre il muro di cinta del convento c’era Motijhil con i suoi odori acri e soffocanti, uno degli slum più miserabili della megalopoli indiana, la discarica del mondo. Da lontano suor Teresa poteva sentirne i miasmi che arrivavano fino al suo collegio di lusso, ma non lo conosceva. Era l’altra faccia dell’India, un mondo a parte per lei, almeno fino a quella fatidica sera del 10 settembre 1946, quando avvertì la “seconda chiamata” mentre era in treno diretta a Darjeeling, per gli esercizi spirituali.
    Durante quella notte una frase continuò a martellarle nella testa per tutto il viaggio, il grido dolente di Gesù in croce: “Ho sete!”. Un misterioso richiamo che col passare delle ore si fece sempre più chiaro e pressante: lei doveva lasciare il convento per i più poveri dei poveri. Quel genere di persone che non sono niente, che vivono ai margini di tutto, il mondo dei derelitti che ogni giorno agonizzavano sui marciapiedi di Calcutta, senza neppure la dignità di poter morire in pace.
    Suor Teresa lasciò il convento di Entally con cinque rupie in tasca e il sari orlato di azzurro delle indiane più povere, dopo quasi 20 anni trascorsi nella congregazione delle Suore di Loreto. Era il 16 agosto 1948. La piccola Gonxha di Skopje diventava Madre Teresa e iniziava da questo momento la sua corsa da gigante.
    Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione ottiene il suo primo riconoscimento, l’approvazione diocesana. È una ricorrenza mariana, la festa del Rosario, e di certo non è casuale, dal momento che a Maria è dedicata la nuova famiglia religiosa.
    L’amore profondo di Madre Teresa per la Madonna aveva salde radici nella sua infanzia, a Skopje, quando mamma Drone, che era molto religiosa, portava sempre i suoi figli (oltre a Gonxha c’erano Lazar e Age) in chiesa e a visitare i poveri, ed ogni sera recitavano insieme il rosario.
    “La nostra Società – si legge nel primo capitolo delle Costituzioni – è dedicata al Cuore Immacolato di Maria, Causa della nostra Gioia e Regina del Mondo, perché è nata su sua richiesta e grazie alla sua continua intercessione si è sviluppata e continua a crescere”.
    La figura della Vergine ha ispirato lo Statuto delle Missionarie della Carità, al punto che ognuno dei 10 capitoli delle Costituzioni è introdotto da una citazione tratta dai passi mariani dei Vangeli. La Madonna è detta la prima Missionaria della Carità in ragione della sua visita a Elisabetta, in cui dette prova di ardente carità nel servizio gratuito all’anziana cugina bisognosa di aiuto. In aggiunta ai tre usuali voti di povertà, castità e obbedienza, ogni Missionaria della Carità ne fa un quarto di "dedito e gratuito servizio ai più poveri tra i poveri", riconoscendo in Maria l’icona del servizio reso di tutto cuore, della più autentica carità.
    (…)La devozione al Cuore Immacolato di Maria è l’altro aspetto del carisma mariano e missionario dell’opera di Madre Teresa, praticato con i mezzi più tradizionali e più semplici: il S. Rosario, pregato ogni giorno e in ogni luogo, persino per la strada; il culto delle feste mariane (la professione religiosa delle sue suore cade sempre in festività della Madonna); la preghiera fiduciosa a Maria affidata anche alle “medagliette miracolose”( Madre Teresa ne regalava in gran quantità alle persone che incontrava); l’imitazione delle virtù della Madre di Dio, in special modo l’umiltà, il silenzio, la profonda carità.
    "I thirst" (ho sete), c’è scritto sul crocifisso della Casa Madre e in ogni cappella – in ogni parte del mondo – di ogni casa della famiglia religiosa di Madre Teresa. Questa frase, il grido dolente di Gesù sulla croce che le era rimbombato nel cuore la fatidica sera della "seconda chiamata", costituisce la chiave della sua spiritualità.
    La figura minuta di Madre Teresa, il suo fragile fisico piegato dalla fatica, il suo volto solcato da innumerevoli rughe sono ormai conosciuti in tutto il mondo. Chi l’ha incontrata anche solo una volta, non ha più potuto dimenticarla: la luce del suo sorriso rifletteva la sua immensa carità. Essere guardati da lei, dai suoi occhi profondi, amorevoli, limpidi, dava la curiosa sensazione di essere guardati dagli occhi stessi di Dio.
    Attiva e contemplativa al tempo stesso, nella Madre c’erano idealismo e concretezza, pragmatismo e utopia. Lei amava definirsi "la piccola matita di Dio", un piccolo semplice strumento fra le Sue mani. Riconosceva con umiltà che quando la matita sarebbe diventata un mozzicone inutile, il Signore l’avrebbe buttata via, affidando ad altri la sua missione apostolica: "Anche chi crede in me compirà le opere che io compio, e ne farà di più grandi" (cfr. Gv 14, 12).
    Madre Teresa è scomparsa a Calcutta la sera del venerdì 5 settembre 1997, alle 21.30. Aveva 87 anni. Il 26 luglio 1999 è stato aperto, con ben tre anni di anticipo sui cinque previsti dalla Chiesa, il suo processo di beatificazione; e ciò per volontà del S. Padre che, in via del tutto eccezionale, ne ha voluto accelerare la procedura: per la gente Madre Teresa è già santa.
    Il suo messaggio è sempre attuale: che ognuno cerchi la sua Calcutta, presente pure sulle strade del ricco Occidente, nel ritmo frenetico delle nostre città. “Puoi trovare Calcutta in tutto il mondo – lei diceva – , se hai occhi per vedere. Dovunque ci sono i non amati, i non voluti, i non curati, i respinti, i dimenticati”.
    I suoi figli spirituali continuano in tutto il mondo a servire “i più poveri tra i poveri” in orfanotrofi, lebbrosari, case di accoglienza per anziani, ragazze madri, moribondi. In tutto sono 5000, compresi i due rami maschili, meno noti, distribuiti in circa 600 case sparse per il mondo; senza contare le molte migliaia di volontari e laici consacrati che portano avanti le sue opere. “Quando sarò morta – diceva lei –, potrò aiutarvi di più…”.

    Autore: Maria Di Lorenzo












  4. #14
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    Predefinito La notte oscura di Madre Teresa di Saverio Gaeta

    Due grandi segreti hanno caratterizzato la vita di Madre Teresa di Calcutta. Il primo riguarda la sua avventura, che non scaturì da un’intuizione personale, ma fu ispirata da Gesù Cristo stesso, con il quale dialogò a lungo nel silenzio del cuore. Il secondo fu che, dopo quelle locuzioni, Madre Teresa sperimentò per il resto della sua vita la "notte oscura", che ha connotato l’esperienza spirituale di molti mistici. Il racconto di questa lunga e dolorosa lotta interiore per conservare la fede è proposto nel libro Il segreto di Madre Teresa, del quale pubblichiamo in queste pagine un’anticipazione.

    «Il mio sorriso è un grande mantello che copre una moltitudine di dolori», scrisse Madre Teresa in una lettera del luglio 1958. Che cosa intendesse dire con queste drammatiche parole appare chiaro unicamente oggi, dopo che le sue lettere inedite ai direttori spirituali sono state recuperate agli atti del processo di canonizzazione, svoltosi a Calcutta fra il luglio 1999 e l’agosto 2001.

    Potremmo dire in sintesi che, se l’inizio della sua nuova vocazione fu «al buio», mediante le locuzioni interiori che ebbe sul treno notturno che la conduceva a Darjeeling, tutto il resto della sua esistenza – dopo quei mesi straordinari di confronto serrato con Gesù – è stato trascorso dalla religiosa nella completa oscurità spirituale, senza più conforti interiori, ma anzi con la costante sensazione di vivere nella lontananza e nell’assenza di Dio.

    «Si tratta di un’esperienza che l’accomuna a tanti grandi mistici della storia cristiana, da san Giovanni della Croce a santa Teresa di Lisieux, dal riformatore protestante Martin Lutero al pastore tedesco Dietrich Bonhoeffer», spiega padre Neuner, che ha particolarmente approfondito questo aspetto della spiritualità di Madre Teresa. «È come se fin dagli inizi», prosegue il gesuita, «ella dovesse sperimentare non soltanto la povertà materiale e l’impotenza degli emarginati, ma anche la loro tetra desolazione».

    L’accidentato percorso cominciò immediatamente, provocando in lei confusione e sconcerto. Per esempio, nel marzo 1953 scriveva a monsignor Périer, proprio nel tempo in cui stava per subentrargli come superiora della Congregazione: «Per favore, preghi specialmente per me, affinché io non rovini il lavoro di Gesù e Nostro Signore si riveli, perché c’è una così terribile oscurità dentro di me, come se tutto fosse morto. Mi sono sentita così più o meno da quando ho dato inizio all’opera. Chieda a Nostro Signore di darmi coraggio». A sorreggerla, una ineluttabile certezza: il lavoro per la Congregazione delle Missionarie della Carità «non lo faccio io, ma Gesù: sono più certa di questo che della mia reale esistenza».

    Le confidenze all’arcivescovo sembrano quasi una dolente litania: «C’è una solitudine così profonda nel mio cuore che non riesco a esprimerla» (gennaio 1955); «Dentro di me è tutto gelido. È soltanto la fede cieca che mi trasporta, perché in verità tutto è oscurità per me. Finché al Signore piacerà, io realmente non conto» (dicembre 1955); «A volte l’agonia della desolazione è così grande e nel contempo il vivo desiderio dell’Assente è così profondo, che l’unica preghiera che riesco ancora a recitare è "Sacro Cuore di Gesù, confido in te. Sazierò la tua sete di anime"» (marzo 1956); «Voglio sorridere perfino a Gesù, così da nascondere se possibile il dolore e l’oscurità della mia anima anche a lui» (aprile 1957); «Il desiderio vivo di Dio è terribilmente doloroso e tuttavia l’oscurità sta diventando sempre più grande. Quale contraddizione vi è nella mia anima! Il dolore interiore che sento è talmente grande che non provo nulla per tutta la pubblicità e il parlare della gente» (gennaio 1958).

    Per un solo mese la sua pena venne sospesa. Fu quando, nell’ottobre del 1958, si celebrava nella cattedrale di Calcutta la Messa di suffragio per papa Pio XII: in quella circostanza Madre Teresa, oppressa dalla sofferenza spirituale, chiese a Gesù un segno della sua vicinanza. Nella lettera del 17 ottobre raccontò a monsignor Périer che «allora scomparve quella lunga oscurità, quella pena della perdita, della solitudine, di quello strano dolore decennale. Oggi la mia anima è piena d’amore, di gioia indicibile, di una ininterrotta unione d’amore».

    Ma già il successivo 16 novembre comunicava che «Nostro Signore ha pensato che sia meglio per me restare nel tunnel, così egli se ne è andato nuovamente, lasciandomi sola. Gli sono grata per il mese di amore che mi ha donato». E il tormento continuò, in base a quello che si percepisce dagli scritti successivi, fino alla morte, in modo da raffinarla sempre di più nel suo amore per Dio e per i fratelli.

    Gradualmente ella cominciò a comprendere meglio il significato di tale dolorosa esperienza e a metterla in relazione con la propria vocazione. Nel novembre 1958 disse a monsignor Picachy di non aver mai saputo «che l’amore può far soffrire così tanto, sia per l’assenza, sia per il desiderio». All’inizio del 1960 poté confidare a padre Neuner: «Per la prima volta in questi undici anni, ho cominciato ad amare l’oscurità. Perché ora credo che essa sia una parte, una piccolissima parte, del buio e del dolore vissuto da Gesù sulla terra».

    Il pressante interrogativo era sempre lo stesso: «Che cosa Dio ricava davvero da me, mentre sono in questo stato, senza fede, senza amore, senza neanche un sentimento? L’altro giorno c’è stato un momento nel quale quasi rifiutavo di accettare la situazione, e allora ho preso il Rosario e ho iniziato a recitarlo lentamente e con calma, senza meditare o pensare nulla. Così il brutto momento è passato, ma l’oscurità è veramente densa e il dolore molto tormentoso. In ogni caso, accetto qualunque cosa egli mi dà e gli dono qualunque cosa egli mi prende». Grande era perciò il suo turbamento nel rendersi conto dei sentimenti che manifestavano quanti le stavano accanto. Nel settembre 1962 rivelò a monsignor Picachy: «Le persone dicono di sentirsi attirate verso Dio, vedendo la mia solida fede. Questo non significa ingannare la gente? Ma ogni volta in cui volevo dire la verità – e cioè che io non ho fede – le parole proprio non uscivano, la mia bocca restava serrata e continuavo a sorridere a Dio e a tutti». Il vero timore che l’attanagliava era quello di poter arrivare a tradire Gesù: «Preghi per me affinché io non divenga mai come Giuda», lo implorò nel gennaio 1964.

    Nonostante le sofferenze che l’oscurità spirituale le arrecava, Madre Teresa ebbe infatti sempre la chiara consapevolezza che la fede era il vero faro della propria vita, tanto da riuscire a guardare alle cose del mondo secondo la prospettiva di Dio e a intravedere anche negli eventi più insignificanti la sua mano. Sono innumerevoli le testimonianze che ricordano come ella, durante qualsiasi discorso, intercalasse frasi quali: «Guarda Dio che cosa sta compiendo» e «Ammira la grandezza di Dio».

    Una lettera alle Missionarie datata 31 luglio 1962, in uno dei periodi più faticosi della sua esperienza spirituale, manifesta la convinzione che ella per prima mise in pratica durante tutta la vita: «Cristo ti utilizzerà per compiere grandi cose a condizione che tu creda più nel suo amore che nella tua debolezza. Credi in lui, abbi fede in lui con cieca e assoluta fiducia perché lui è Gesù. Credi che Gesù, e soltanto lui, è la vita; e che la santità non è altro se non lo stesso Gesù che vive intimamente in te».

    Saverio Gaeta

    Fonte: Jesus n. 12/2002

  5. #15
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    Predefinito Un rapporto speciale

    La vita religiosa e l’attività caritativa di Madre Teresa si intrecciano a filo doppio con la Compagnia di Gesù. Gesuitici sono stati esempi e riferimenti, in buona parte gesuiti sono stati i compagni di strada di un’esistenza dedicata al prossimo. In questo Dossier cerchiamo di mettere a fuoco il loro rapporto, senza dimenticare di fornire le «coordinate» di una vita straordinaria.

    Il rapporto di Madre Teresa con i gesuiti risale a prima che essa entrasse nella vita religiosa. A Skopje, in Albania, dove nacque il 26 agosto 1910, il parroco era un gesuita, padre Stefan Jambrekovic (1883-1965), grazie al quale ebbe i primi contatti con la spiritualità ignaziana. Egli ebbe una profonda influenza su di lei in gioventù e, come padre spirituale, ne incoraggiò la vocazione.
    Da bambina Agnes Gonxha Bojaxhiu (questo il suo nome) era molto attiva in parrocchia, e partecipava ai raduni del Sodalizio di Nostra Signora, un’organizzazione laica fondata dai gesuiti e basata sugli Esercizi Spirituali di sant’Ignazio. Durante gli incontri si leggevano le lettere inviate dai gesuiti jugoslavi in missione nel Bengala, in India. Queste lettere devono aver infiammato il cuore della giovane Agnes, che decise di entrare in una congregazione di suore impegnate a Calcutta.

    Dall’Irlanda all’India

    Nel settembre 1928 lasciò la sua casa e partì per l’Irlanda, dove entrò nella Istituzione della Beata Vergine Maria (Ibvm), nota anche come «Sorelle di Loreto» (ramo irlandese). La congregazione era stata fondata nel 1609 da Mary Ward (1565-1645). Il carisma di Mary Ward si era formato attraverso l’esperienza degli Esercizi Spirituali di s. Ignazio.
    Agnes arrivò in India come giovane postulante il 6 gennaio 1929 e iniziò il suo noviziato a Darjeeling (nell’India settentrionale) il 23 maggio dello stesso anno. Fece la sua professione il 25 maggio 1931, e da allora in poi il suo nome fu Sorella Teresa, mutuato dalla sua patrona Santa Teresa di Lisieux. Quando fece la professione definitiva il 24 maggio 1937, divenne nota come Madre Teresa, secondo il costume delle Sorelle di Loreto. Sei mesi dopo la sua professione perpetua, Teresa era ancora in uno stato di meraviglia per l’intensa gioia che aveva caratterizzato l’evento. «Se solo lei sapesse com’ero felice… Voglio essere tutta solo per Gesù… darei tutto per Lui, anche la vita stessa», scrisse a padre Jambrekovic, suo padre spirituale a Skopje.
    Come espressione di questo suo ardente desiderio, nel 1942, all’età di 32 anni, con il permesso del suo direttore spirituale, fece un voto personale di «dare a Dio qualsiasi cosa Egli chieda, e di non rifiutarGli nulla». Per 17 anni il voto rimase un poderoso segreto personale che Madre Teresa condivise solo con il suo direttore spirituale. Fu solamente nell’aprile del 1959, nell’ottavo giorno di un ritiro con il gesuita padre Lawrence Trevor Picachy, che scrisse del suo voto e degli effetti che aveva avuto su di lei. Nella primavera del 1960 scrisse al suo direttore spirituale, il gesuita padre Joseph Neuner (1908-vivente): «Fin d’allora (1942) ho mantenuto questa promessa, e talvolta, quando il buio è molto fitto e sono sul punto di dire “no” a Dio, il pensiero di quella promessa mi risolleva». In seguito, padre Neuner aiutò Madre Teresa a integrare la sua esperienza interiore di buio spirituale e a vederne il valore come il lato spirituale del suo lavoro in favore dei più poveri dei poveri. Egli scrisse anche il primo articolo su Madre Teresa, che fu pubblicato in Germania. A quel tempo, Teresa era ancora nel convento delle Sorelle di Loreto a Calcutta, dove il gesuita padre John Moyersoen (1900-1969) confessava regolarmente. In seguito la incoraggiò nell’apostolato per i poveri.
    Per 17 anni Madre Teresa insegnò nella Scuola media St. Mary Bengali per ragazze, gestita dalle Sorelle di Loreto e situata in una zona di Calcutta chiamata Entally. La scuola era annessa al convento e accoglieva orfani e bambini poveri. Nel 1944 essa divenne direttrice della scuola. In quel periodo ebbe anche l’occasione di assistere i poveri nelle cliniche gestite dalla sua congregazione. Questi incontri ebbero un profondo influsso su di lei.

    Un treno, la svolta

    La sera di lunedì 9 settembre 1946, Madre Teresa lasciò il convento delle Sorelle di Loreto a Calcutta per trascorrere un periodo di vacanza e per partecipare a un ritiro spirituale di otto giorni a Darjeeling. Il giorno seguente, mentre era in treno, Madre Teresa sentì per la prima volta la voce di Gesù che le parlava interiormente. Nel corso dei mesi seguenti, Gesù le parlò di nuovo, inviandole visioni interiori e chiedendole di fondare una comunità religiosa dedicata ai più poveri tra i poveri. L’esperienza del treno fu un punto di svolta nella vita di Madre Teresa, ed essa in seguito vi fece sempre riferimento come a una «chiamata dentro la chiamata».
    Dopo il ritiro, Madre Teresa riprese i suoi incarichi a Calcutta. Il gesuita padre Celest Van Exem (1908-1993) era il suo direttore spirituale, e fu il suo primo e principale consigliere nella futura costituzione delle Missionarie della Carità, poiché essa gli aveva confidato la sua ispirazione. Padre Van Exem appoggiò la richiesta di Teresa all’arcivescovo Ferdinand Périer, anch’egli gesuita (1875-1968), di poter lasciare la congregazione di Loreto. Nel gennaio 1947, padre Van Exem, pienamente convinto della genuinità dell’ispirazione di Madre Teresa, le consentì di informare l’arcivescovo, cosa che essa fece il 13 gennaio con una lettera a lui indirizzata, in cui esponeva la sua «chiamata dentro la chiamata» a favore dei più poveri. Dalle parole di Madre Teresa appare chiaro che già a quell’epoca essa aveva dedicato molto tempo e molta riflessione alla congregazione che sperava di fondare. Dalle sue parole, ciò che risalta particolarmente è l’enfasi da lei posta su una profonda vita spirituale delle appartenenti alla congregazione come fondamento del servizio ai poveri e il suo marcato spirito innovatore.
    È evidente che il suo desiderio di impegnarsi a fondo a favore dei più poveri precede il 10 settembre 1946 (il giorno del viaggio in treno), e che questo desiderio è venuto allo scoperto quando Gesù le chiese di fare qualcosa in merito. Ma, come abbiamo detto, Madre Teresa non era tipo da limitarsi ad aspettare le decisioni della Chiesa.
    L’arcivescovo Périer si dimostrò un pastore prudente e saggio, e non si affrettò ad accettare o a rifiutare la proposta di Madre Teresa, anche perché si rendeva conto che la sua uscita dalla congregazione di Loreto coinvolgeva la vita e il futuro di molte persone. Dedicò l’intero 1947 alla riflessione e alla preghiera, alla consultazione di esperti, cercando di farsi un’idea propria su come esaudire le aspirazioni di Madre Teresa, e di rispettare la volontà di Dio. Intanto, il desiderio di rispondere alla chiamata di Gesù cresceva in Madre Teresa, che per tutto l’anno 1947 si tenne in contatto con l’arcivescovo Périer, sia scrivendogli lettere, sia attraverso padre Van Exem, che continuava a svolgere il suo ruolo di consigliere.
    La convinzione di Madre Teresa che la sua ispirazione venisse da Dio si fece sempre più salda in lei nel corso dello stesso anno, così il 3 dicembre scrisse una lettera all’arcivescovo Périer e a padre Van Exem. L’arcivescovo non aveva ancora preso una decisione, ma sentiva di non potere negare il suo consenso, perché ciò avrebbe costituito un ostacolo sulla via della volontà di Dio. Così, il mattino del 6 gennaio 1948, dopo aver celebrato la Messa nella cappella del convento di Loreto, l’arcivescovo chiamò Madre Teresa e le disse: «Può andare avanti». Quattro giorni dopo Madre Teresa scrisse una lettera alla sua superiora generale, spiegando i suoi desideri e chiedendo il permesso di lasciare il convento. Era il primo passo che l’avrebbe portata nelle strade e nei tuguri di Calcutta.
    Dopo aver ricevuto il permesso dalla superiora generale, Madre Teresa si rivolse alla Sacra Congregazione per i religiosi in Vaticano. Nell’agosto 1948 ricevette l’approvazione formale che le consentiva di vivere fuori dal convento, pur rimanendo una Sorella di Loreto vincolata dai voti.
    L’arcivescovo Périer, che aveva cautamente approvato la fondazione delle Missionarie della Carità, fu il suo confidente e la sua guida spirituale, e anche il suo superiore, finché non diventò essa stessa superiora generale della nuova congregazione. Egli era l’unico vescovo che la conosceva dal momento del suo arrivo in India nel 1929. Madre Teresa aveva una fiducia straordinaria e quasi infantile in lui, che considerava il portavoce della volontà di Dio. A sua volta, egli la guidava con prudenza.
    Ricevuti i necessari permessi, vestita in un sari tradizionale, Madre Teresa partì per Patna il 17 agosto 1948 per iniziare la sua istruzione medica, che durò fino a dicembre. Tornata a Calcutta, trovò temporaneo alloggio presso le Piccole Sorelle dei Poveri. Da lì, il 21 dicembre 1948, uscì per la prima volta verso i bassifondi per iniziare il «lavoro», l’impegno che caratterizzerà la sua vita e la grande missione di carità verso i più poveri tra i poveri.

    Le strade di Calcutta

    Fu il gesuita padre Julian Henry (1901-1979), uno dei primi collaboratori e sostenitori di Madre Teresa, a offrirle un posto per pregare, per riposarsi e per gestire un dispensario. Le sorelle del primo gruppo che si unirono a Madre Teresa furono sempre grate a padre Henry per il suo aiuto nei primi tempi del loro apostolato.
    L’approvazione da parte del Santo Padre della nuova congregazione arrivò nell’autunno del 1950. Il 7 ottobre, festa del Santo Rosario, l’arcivescovo Périer celebrò per la prima volta la Messa nella minuscola cappella situata all’ultimo piano di una casa affittata dal signor Gomes, un cattolico bengalese. Padre Van Exem lesse il documento che dava vita alle Missionarie della Carità. Lo stesso giorno le undici sorelle che avevano seguito Madre Teresa iniziavano il postulantato come Missionarie della Carità.
    Per la stesura delle costituzioni della nuova congregazione, Madre Teresa chiese consiglio a due dei suoi primi sostenitori, i padri Henry e Van Exem; in particolare il contributo di quest’ultimo fu notevole. La stesura finale delle costituzioni fu opera del gesuita padre Joseph de Geldere, poi furono inviate a Roma per l’approvazione. A questo riguardo va ricordato padre Jerome Sanders (1901-1971), canonista e professore al teologato gesuita di Kurseong nonché consigliere dell’arcivescovo Périer, che ebbe un ruolo importante nella fondazione e nelle costituzioni delle Missionarie della Carità.
    Dal tempo della fondazione della congregazione fino alla sua malattia negli anni ’80, padre Van Exem fu il confessore e l’insegnante delle novizie delle Missionarie della Carità. Alcuni giorni prima della sua morte, egli scrisse a Madre Teresa, anch’essa gravemente malata, affermando di aver offerto la sua vita a Dio in cambio di quella di Madre Teresa e della missione di quest’ultima in Cina (che non si realizzò).
    Un altro gesuita che fin dall’inizio e per molti anni diede il suo contributo a Madre Teresa, fu padre Eduard Le Joly (1909-2002), istruttore delle novizie. Scrisse molti libri notevoli su Madre Teresa e sulla nuova congregazione, alcuni dei quali sono stati tradotti in 25 lingue. Nel 1979, con la crescita delle Missionarie della Carità, divenne il loro confessore. Fu anche assistente spirituale delle novizie nella casa madre e delle sorelle che si preparano ai voti definitivi. Su richiesta di Madre Teresa scrisse un libro di meditazioni, Remain in my love («Rimanete nel mio amore») a uso delle sorelle. A Madre Teresa il libro piaceva molto e lo usava per le sue preghiere quotidiane. In seguito padre Le Joly scrisse due altri libri di meditazioni per le suore. Il gesuita padre Camille Bouche (1922-2002) successe a Le Joly. Madre Teresa confidava in lui completamente. Oltre a celebrare la Messa quotidiana per le sorelle, teneva regolari lezioni alle giovani. È stato uno dei confessori delle novizie, predicatore e guida spirituale.

    Compagni di viaggio

    È già stato ricordato il gesuita padre Lawrence Trevor Picachy (1914-1992): fu durante gli esercizi spirituali da lui diretti nell’aprile del 1959 che Madre Teresa scrisse del suo voto del 1942 e degli effetti che aveva avuto su di lei. Nel 1962 padre Picachy diventò il primo vescovo di Jamshedpur. Fu anche guida spirituale di Madre Teresa, confidente, confessore e direttore di esercizi delle Missionarie della Carità. Fu uno dei direttori spirituali che ebbe la maggiore influenza su Madre Teresa, ed essa aveva assoluta fiducia in lui. Diede il suo massimo appoggio e la sua massima cooperazione quando fu arcivescovo di Calcutta, dal 1969 al 1986. L’aiutò nei momenti difficili. Fu fatto cardinale nel 1976.
    Le lettere inviate sulle missioni a Calcutta da un gesuita missionario jugoslavo, padre Anton Gabric (1915-1988) furono d’ispirazione per la giovane Agnes quando essa era ancora in Albania. Per molti anni fu parroco di Basanti, a sud di Calcutta. Era amico di Madre Teresa come suo connazionale, e fu lui a convincerla ad aprire centri di assistenza nelle zone rurali. Teresa lo ammirava e ne condivideva gli ideali, compresi il suo zelo nella cura delle anime, l’amore per i poveri e la volontà di «amare fino a che fa male». Come lei, padre Gabric vedeva le immediate esigenze dei poveri e cercava di portare loro Cristo, grazie al servizio materiale e spirituale. La personale povertà in cui viveva il missionario probabilmente piaceva molto a Madre Teresa.
    Un altro gesuita jugoslavo impegnato a Calcutta era padre Joseph Kukale (1915-1999). Era originario della Croazia ed era giunto in India nel 1950, l’anno in cui le Missionarie della Carità avevano ricevuto l’approvazione del Papa. Lavorò a stretto contatto con Madre Teresa e, quando essa glielo chiese, andò per un anno in Armenia come cappellano delle Sorelle impegnate in quel Paese. Quando il processo di beatificazione di Madre Teresa si aprì a Calcutta il 26 luglio 1999, l’ottantenne padre Kukale, morente di cancro, fu il primo a essere chiamato a testimoniare su di lei.
    Un gesuita australiano, padre Travers-Ball, fu il cofondatore e il primo Servitore Generale dei Missionari della Carità (Fratelli), fondati il 25 marzo 1963. Dopo aver lasciato la Compagnia di Gesù, prese il nome di Fratello Andrea e si dedicò alla costituzione dei Fratelli come congregazione, aiutandoli a vivere il carisma di Madre Teresa con una loro distinta identità. Padre Lawrence Abello (1931-vivente) è un gesuita canadese che ora lavora a Calcutta. È una delle guide spirituali e un confessore, un predicatore e un consulente. Durante gli ultimi undici anni di vita di Madre Teresa, aiutò a rispondere a parte delle lettere che Madre Teresa riceveva, e che richiedevano spiegazioni filosofiche o teologiche. L’aiutò inoltre a scrivere alcuni dei suoi discorsi, specialmente quello da lei pronunciato il 3 febbraio 1994 a Washington in occasione del National Prayer Breakfast («Prima colazione nazionale di preghiera»). Le sue acute parole contro l’aborto furono indirizzate a un uditorio che vedeva presenti molti personaggi favorevoli all’aborto stesso, compresi il presidente Clinton e la moglie Hillary. Il discorso fu tradotto in molte lingue, e, per la prima volta, esprimeva nello stile semplice ma trasparente di Madre Teresa, il motivo per cui l’aborto è un male.
    Tra gli altri gesuiti presenti in India che hanno aiutato Madre Teresa e le consorelle, c’è un altro canadese, padre Edward McGuire (1927-vivente), che tiene conferenze per loro ed è un regolare confessore. Il gesuita americano padre Carl Dincher (1927-vivente) predica gli esercizi spirituali per le sorelle, mentre un altro gesuita americano, padre John A. Hardon (1914-2000) ha predisposto, su richiesta di Madre Teresa, un manuale di studio interno per le Missionarie della Carità. Il gesuita belga padre Albert Huart (1925-vivente) rende anch’egli preziosi servizi come direttore di esercizi spirituali, come confessore e come guida spirituale. Due altri gesuiti belgi, padre Robert Antoine (1914-1981) e padre Pierre Fallon (1912-1985), entrambi indologi di fama, hanno anch’essi aiutato la giovane congregazione nei suoi primi anni.
    Certo vi sono molti altri gesuiti nel mondo che hanno direttamente o indirettamente aiutato Madre Teresa o i vari rami della sua congregazione. Uno di questi, ad esempio, è il maltese padre Paul Chetcuti (1946-vivente) che non solo ha incontrato Madre Teresa molte volte, ma che ha regolarmente predicato gli esercizi spirituali alle Sorelle e alle collaboratrici di Madre Teresa in diverse parti del mondo. Il suo ruolo è stato essenziale nell’apertura del primo convento della congregazione a Malta nel 1989.
    La migliore conclusione di questo articolo su Madre Teresa e i gesuiti è citare le sue parole. In una lettera inviata a un gesuita in India nell’agosto 1990 (foto a p.7) scrisse: «Quasi ogni missionaria [della Carità] deve profonda gratitudine alla Compagnia di Gesù per aver consentito che i suoi sacerdoti si prendessero cura della nostra formazione spirituale. La nostra profonda gratitudine per ciascuno di loro in tutto il mondo, e specialmente a Calcutta, si esprime nella nostra preghiera che la Compagnia di Gesù possa dare alla Chiesa molti santi». Una volta, uno scolastico gesuita, mentre scriveva sul rapporto tra Madre Teresa e la Compagnia, andò a trovarla, sapendo che era in un ritiro spirituale. Ella lo vide. Quando egli si scusò per averla disturbata, gli sorrise e disse: «Avrò sempre tempo per i gesuiti».

    John Scicluna S.I.

    Fonte: Popoli n. 10/2003

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    Predefinito “ Vieni, sii la mia luce” - Chi è Madre Teresa - di una Missionaria della Carità

    Piccola mia, vieni, vieni, portami nei tuguri dei poveri.

    Vieni e sii la Mia luce.

    Da solo non posso andarci. Essi non mi conoscono, e perciò non mi vogliono. Vieni tu. Va’ in mezzo a loro.

    Portami con te dentro la loro vita.

    Quanto desidero entrare nei loro tuguri, nel loro buie case tristi. Vieni e sii vittima per loro. Nella tua immolazione, nel tuo amore per me, Mi vedranno, Mi conosceranno, Mi vorranno”.

    “Tu hai paura, e quanto la tua paura mi ferisce! Non temere.

    Sono io che ti chiedo di fare questo per me. Non temere”.

    “Soffrirai. Soffrirai molto, ma ricorda che sono con te.

    Anche se il mondo intero ti rifiuta, ricorda che mi appartieni e che io appartengo a te. Non temere. Sono io. Obbedisci soltanto.”…

    “Voglio Suore Missionarie della Carità indiane, che siano il Mio fuoco d’amore fra i più poveri, gli ammalati, i moribondi, i bambini di strada.

    Sono i poveri che devi condurre a me; e le suore che offrissero la loro vita come vittime del mio amore porterebbero a Me queste anime.

    So che tu sei la persona più incapace, debole e peccatrice, ma proprio perché sei così desidero usarti per la mia Gloria! Rifiuterai?!”

    (Parole di Gesù a Madre Teresa, da una lettera della Madre a P. Van Exem e a S. Ecc.za Ferdinand Périer, Arcivescovo di Calcutta, 3 dicembre 1947)

    “Per nascita sono albanese; indiana di cittadinanza. Per fede, sono una suora cattolica. Per chiamata, appartengo al mondo. Ma il mio cuore, appartiene totalmente al Cuore di Gesù” : questo è il modo in cui Madre Teresa descriveva se stessa. Piccola di statura, una fede solida come la roccia, gioiosa nella sofferenza, instancabile nella scoperta dei più bisognosi, perseverante nel parlare e vivere le verità dell’amore, splendente e luminosa in un mondo oscurato dalla miscredenza e dall’incapacità di amare, Madre Teresa è stata un’anima piena dell’amore di Cristo, infuocata d’amore per Lui e con un unico, ardente desiderio: placare la Sua sete d’amore e di anime.

    “Ho sete”, Gesù ha gridato dalla Croce poco prima di morire, “trovandosi abbandonato, disprezzato e distrutto nell’anima e nel corpo. Parlava della Sua sete - non di acqua ma di amore”. Madre Teresa ha vissuto in spirito con Maria ai piedi della croce di Gesù, dando ascolto al suo grido nel profondo della sua anima. La sua vita ha avuto un solo scopo: è vissuta per saziare la Sua sete. Ha lavorato per la salvezza e la santificazione dei più poveri tra i poveri con un unico fine: portare ogni anima a conoscere e ad amare il Dio che l’ha creata, salvata e amata.

    Questa luminosa messaggera dell’amore di Dio è nata il 26 agosto 1910 a Skopje, una cittadina situata all’incrocio della storia (o: a una frontiera storica) dei Balcani. La più piccola dei figli nati a Nikola e Drane Bojaxhiu, fu battezzata col nome di Gonxha Agnes, ricevette la Prima Comunione all’età di cinque anni e mezzo e fu cresimata nel Novembre del 1916. Il giorno della sua Prima Comunione nel cuore della bambina nasce un profondo desiderio: più tardi lesi stessa scriverà che da quel momento ebbe in sè l’amore per le anime. I genitori di Gonxha erano profondamente religiosi e fornirono ai figli una casa piena d’amore e una solida educazione cattolica. La morte improvvisa di Nikola, quando Gonxha aveva circa 8 anni, porta gravi difficoltà alla famiglia, con la madre Drane sola a doversi prendere cura dei tre bambini. Il carattere affettuoso ma deciso di Drane influenza profondamente la personalità della figlia e il suo orientamento futuro. La famiglia trova appoggio nella parrocchia del Sacro Cuore. Gonxha è impegnata nella Sodalità, canta nel coro, prende parte alle recite e si unisce agli altri giovani nei pellegrinaggi alla Madonna di Letnica. Fu proprio in quel santuario che sentì i primi segni della vocazione.

    Nel Settembre del 1928, a diciotto anni d’età, spinta dal desiderio di diventare missionaria, Gonxha lascia la casa paterna per entrare nell’Istituto della Beata Vergine Maria, conosciuto come le Suore di Loreto, in Irlanda.

    Lì accolta, le danno il nome di Suor Mary Teresa, in onore di S. Teresa di Lisieux. In dicembre, parte per l’India insieme ad altre tre compagne e arriva a Calcutta il 6 gennaio 1929.

    Dopo due anni di noviziato a Darjeeling, Suor Teresa fa (emette) la prima professione dei voti nel maggio del 1931. Assegnata alla comunità di Loreto Entally a Calcutta, insegna alla scuola femminile di St. Mary. Come insegnante, si prende grande cura delle studentesse, impara a parlare correntemente in bengalese ed è in grado di assistere le giovani e le loro famiglie.

    La chiamata sul treno per Darjeeling

    Alla giovane religiosa piena di zelo viene affidata anche una scuola parrocchiale, la Scuola Elementare di S. Teresa situata poco lontano da St. Mary. Il suo viaggio quotidiano per la città ed il lavoro medico nella clinica mobile di Loreto durante le vacanze estive, le permettono di osservare le sofferenze dei poveri. Il 24 maggio 1937, Sr. Teresa fa la Professione finale dei voti, divenendo la “sposa di Gesù” per “tutta l’eternità”. Da quel momento sarà chiamata Madre Teresa. Continua ad insegnare a St. Mary e nel 1944 diviene la direttrice della scuola. I vent’anni trascorsi da Madre Teresa nella Congregazione di Loreto furono pieni di profonda felicità, caratterizzati da una profonda vita di preghiera ed un intenso amore per le sue consorelle e per le sue allieve.

    Rinomata per la sua carità,il suo altruismo e il suo coraggio, la sua capacità di fare del lavoro pesante, insieme alle sue doti naturali di organizzatrice, Madre Teresa ha vissuto la sua consacrazione a Gesù con fedeltà e gioia nel mezzo delle sue compagne.

    Il 10 settembre 1946, durante un viaggio in treno da Calcutta a Darjeeling per il suo ritiro annuale, Madre Teresa riceve l’“ispirazione”, “la chiamata dentro la chiamata” come l’ha sempre definita. Quel giorno, in un modo che non spiegherà mai, la sete di Gesù d’amore e di anime prende possesso del suo cuore e il desiderio di saziare la Sua sete diverrà la forza pressante della sua vita. Nel corso delle settimane e dei mesi che seguirono, Gesù, attraverso locuzioni e visioni interiori, le rivela il desiderio del Suo Cuore di “vittime d’amore” che avessere “irradiato il Suo amore sulle anime” e che fossero state la sua luce per coloro che non lo conoscevano: “Vieni sii la Mia luce. Non posso andare da solo”. Gesù le rivela il Suo dolore per il fatto che i poveri sono dimenticati, la Sua sofferenza perché essi non lo conoscono e il Suo profondo desiderio di ricevere il loro amore. E chiede a Madre Teresa di stabilire una comunità religiosa, le Missionarie della Carità, dedicata al servizio dei più poveri fra i poveri. In commoventi visioni, Madre Teresa vede i poveri, coperti dall’oscurità, e la Madonna, che al suo fianco, la supplica: “Prenditi cura di loro. ...Portali da Gesù. ...Insegna loro a pregare il rosario, il rosario in famiglia”. Dalla croce, Gesù stesso la implora: “Ti rifiuterai di farlo per Me? Di prenderti cura di loro, di portarli da Me?”.

    Madre Teresa, pur avendo un desiderio ardente di dire “sì” a Dio, ha lottato con la paura e il senso di esserne indegna. Sottomette la sua ispirazione al suo direttore spirituale, il Padre Gesuita Celeste Van Exem, e poi all’Arcivescovo di Calcutta, il Reverendo Ferdinand Périer, S. J. Nel gennaio del 1948, dopo un anno di discernimento, l’Arcivescovo le dà il permesso di procedere. Madre Teresa ottiene anche il necessario permesso dalla sua Superiora Generale di Loreto e ’Indulto di Esclaustrazione dalla Sacra Congregazione per i Religiosi di Roma. Finalmente il 17 agosto 1948, vestita per la prima volta con un sari bianco bordato di blu, attraversa i cancelli dell’amato convento di Loreto ed entra nel mondo dei poveri.

    Dopo un breve corso a Patna con le suore della Missione Medica, Madre Teresa torna a Calcutta. Ivi, le Piccole Sorelle dei Poveri, le offrono ospitalità. Il 21 dicembre 1948, si reca per la prima volta nei bassifondi della città. Visita alcune famiglie, pulisce le piaghe di alcuni bambini, si prende cura di un vecchietto malato che giaceva sulla strada ed offre aiuto ad una donna che stava morendo di fame e di T.B.C.

    Il Signore ha mantenuto la sua parola: Lasciami fare. ... Voglio usarti per la mia gloria”. L’apostolato fiorisce, benefattori cominciano ad aiutarla nel lavoro e arrivano vocazioni: una alla volta, le sue ex studentesse di St. Mary cominciarono ad unirsi a lei. In poco tempo, Madre Teresa apre la prima scuola dei bassifondi e alcuni dispensari medici in varie parti della città. Ovunque si reca, si dà da fare per trovare “i rifiutati, coloro che nessuno amava, coloro di cui nessuno si curava” e li serve come se servisse Gesù.

    Il 7 ottobre 1950 la nuova Congregazione delle Missionarie della Carità viene ufficialmente riconosciuta come un istituto religioso nella Diocesi di Calcutta. Il 22 agosto 1952, festa del Cuore Immacolato di Maria, Madre Teresa apre la prima casa per i moribondi, Nirmal Hriday, (“Cuore Immacolato”), a Kalighat, Calcutta. Tre anni più tardi viene inaugurato il primo Shishu Bhavan, la casa per bambini abbandonati e denutriti.

    Durante gli anni ’50 Madre Teresa divide il suo tempo fra il lavoro diretto con i poveri, cercando di raggiungere sempre più poveri sia a Calcutta che nei sobborghi, e l’insegnamento basilare della vita religiosa alle giovani suore. Agli inizi degli anni ’60, comincia a inviare le suore in altre parti dell’India. Il Decreto di Lode concesso alla Congregazione da Papa Paolo VI nel Febbraio del 1965, incoraggia Madre Teresa ad aprire una casa in Venezuela, la prima fuori dall’India. Seguono a breve termine fondazioni a Roma ed in Tanzania. Dato che il numero dell vocazioni continua a crescere, Madre Teresa ha potuto estendere la sua missione ai poveri in ogni continente, aprendo in ogni luogo “nuovi tabernacoli in cui Gesù fosse amato ed adorato”.

    Frutti incalcolabili dalla sofferenza per amore

    Per poter far fronte in maniera più adeguata ai bisogni sia fisici che spirituali dei poveri, Madre Teresa fonda nel 1963 i Fratelli Missionari della Carità; nel 1976 il ramo contemplativo delle Suore; nel 1979 i Fratelli Contemplativi; nel 1984 i Padri Missionari della Carità. La sua ispirazione non si limita solo a coloro che hanno una vocazione religiosa. Fin dall’inizio una parte potente, sebben nascosta, della missione di Madre Teresa è stato il suo legame con gli ammalati. Molti sono divenuti Collaboratori malati e sofferenti in quanto assistono il lavoro offrendo le loro preghiere e le loro sofferenze per una particolare Missionaria della Carità e per i poveri. Nello stesso modo, fin dall’inizio un numero incalcolabile di persone ha ricevuto l’ispirazione di aiutare come volontari o di contribuire assistendo materialmente. Per Madre Teresa queste persone erano le mani della provvidenza divina. In questo grande numero ce ne sono migliaia che avevano in sè il desiderio di servire Dio nei poveri attraverso un vita di preghiera, semplicità e umili opere d’amore. Tutti questi vennero uniti da lei nella vasta associazione internazionale ed interreligiosa conosciuta come i Collaboratori di Madre Teresa. Un ulteriore desiderio di vivere secondo la sua spiritualità, ispira, nel 1984, la formazione dei Laici Missionari della Carità. Madre Teresa era profondamente conscia del bisogno dei poveri e della Chiesa intera di santi sacerdoti. Come risposta alle richieste di molti sacerdoti, nel 1981 dà inizio al Movimento Sacerdotale del Corpus Christi come una piccola via di santità per coloro che desiderano condividere il suo carisma ed il suo spirito.

    Cominciando nel 1980 e per tutti gli anni ’90, Madre Teresa ha aperto nuove case in quasi tutti i paesi comunisti. Nella ex Unione Sovietica, apre quindici fondazioni, avendo promesso alla Madonna una casa per ogni mistero del Rosario. Nel 1980 stabilisce una comunità di suore nella sua città natale di Skopje e nel 1997 la prima delle sette case in Albania. Nell’aprire nuove case, spesso osservava che c’era stato bisogno di offrire un dono di sofferenza, che spesso aveva a che fare con la sua stessa salute. Questo era particolarmente vero quando si recava in luoghi in cui Gesù non era conosciuto o era stato a lungo lasciato da parte. Nonostante ciò, nel suo desiderio di “portare il tenero amore di Gesù ai più poveri tra i poveri”, era decisa a non rifiutargli niente. Considerandosi una “piccola matita nelle mani di Dio”, si sorprendeva di come Dio usasse la sua “nullità per mostrare la Sua grandezza”.

    Durante tutti questi anni di rapida crescita, il mondo comincia a volgere gli occhi verso Madre Teresa e verso il lavoro che ha iniziato. Nel tentativo di far distogliere l’attenzione da sé, non si stanca mai di ripetere che quella è “l’opera di Dio”. Ma a cominciare dal 1962, dopo solo dodici anni dall’inizio, si comincia a rendere onore a tale opera: prima il premio Indian Padmashri , poi molti altri tra cui in particolare il Premio Nobel per la Pace nel 1979. Intanto i media cominciano a seguire le sue attività con sempre maggiore interesse. Ricevendo i premi e la valanga di attenzione da parte dei media, la Madre commentava che essi erano “per la gloria di Dio e in nome dei poveri”.

    Sperimentare la desolazione di Cristo e dei poveri

    L’intera vita di Madre Teresa ed il suo operato sono testimonianza della gioia di amare, della grandezza e della dignità di ogni persona umana, del grande valore del lavoro e delle piccole cose fatte con fedeltà e con amore; del valore insuperabile dell’amicizia con Dio. Ma c’era un altro lato eroico di questa grande donna che è stato rivelato soltanto dopo la sua morte. Nascosta agli occhi di tutti, nascosta perfino a coloro che le erano più vicini, erano la sua vita interiore segnata da un’esperienza di un profondo, doloroso e costante senso di separazione da Dio, perfino di rifiuto da parte Sua, insieme ad un crescente desiderio del Suo amore. Madre Teresa ha chiamato questa sua esperienza interiore “l’oscurità”. Ha mantenuto un tale riserbo riguardo tale esperienza che, se non si fosse preservata parte della sua corrispondenza, scoperta durante il Processo di Beatificazione e Canonizzazione, questo aspetto vitale della sua vocazione sarebbe rimasto totalmente sconosciuto. La “dolorosa notte” dell’anima, che ebbe inizio all’incirca all’epoca in cui aveva cominciato il lavoro per i poveri e continuò fino alla fine della sua vita, condusse Madre Teresa ad un’ancor più profonda unione con Dio. Attraverso l’oscurità ella ha condiviso misticamente la sete di Gesù nel suo doloroso e ardente desiderio d’amore. Paradossalmente, proprio l’oscurità era correlata con la sua missione di irradiare la Sua luce sulle anime.

    Fin dall’inizio ella aveva offerto il senso di separazione che sentiva, come un mezzo per saziare la sete di Gesù d’amore e per le anime. Ma dovettero passare alcuni anni prima di giungere alla comprensione che la sua oscurità interiore era “il lato spirituale” del suo lavoro per i poveri. Scrisse alle sue suore: “Gesù è voluto venire in nostro aiuto condividendo la nostra vita, la solitudine, l’agonia e la morte. Si è preso tutto questo su di sè e lo ha caricato nella notte più buia. Per essersi fatto tutt’uno con noi, ci ha redento. Ci è data la possibilità di fare lo stesso. Tutta la desolazione dei poveri, non solo la loro povertà materiale, ma anche la loro miseria spirituale, deve essere redenta e non dobbiamo avere una parte in essa.”

    La chiamata di Gesù ricevuta da Madre Teresa non consisteva nel servirlo umilmente nei più poveri tra i poveri, ma anche nello sperimentare nella sua stessa anima il Suo doloroso abbandono sulla croce, il Suo desiderio infinito per il Padre, il suo desiderio inestinguibile dell’amore di ogni uomo e di ogni donna. Giunse ad identificare la sua desolazione con le sofferenze interiori dei poveri e, con loro, a desiderare ardentemente l’amore di Dio. Per cinquant’anni la sua risposta è stata caratterizzata dall’amorevole fiducia e l’abbandono totale a Colui che lei amava. Per amor Suo, ha deciso di essere gioiosa; irradiando gioia attorno a sè. Al tempo stesso sembra aver intuito la grazia ricevuta: “Se mai diventerò una santa,” scrisse ad un sacerdote, “sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce di coloro che sono nell’oscurità sulla terra”:

    Durante gli ultimi anni della sua vita, nonostante l’aumentare di gravi problemi di salute, Madre Teresa continua a governare la Congregazione e a far fronte a tutte le necessità dei poveri e della Chiesa. Viaggia per il mondo andando a ricevere i Voti delle professe, a presenziare alle ordinazione della sua famiglia religiosa, a aprire nuove case per il servizio ai poveri e a coloro colpiti da disastri, e anche per parlare in innumerevoli incontri pubblici. “’Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito’”, continua a ripetere. “Dio continua ad amare il modo e manda voi e me così che siamo il Suo amore e la Sua compassione per i poveri”. Ovunque va, ispira nella gente il desiderio di darsi a Dio, di scoprirlo e servirlo nel vicino sofferente, così da fare della loro vita “qualcosa di bello per Dio”.

    Nel 1997 le suore di Madre Teresa contavano circa 4.000 membri ed avevano aperto 610 fondazioni in 123 paesi del mondo, compresi il Sud Africa, Cuba e l’Iraq. Nel marzo del 1997 la Madre dona la sua benedizione alla neo eletta Sr Nirmala, che le succede come Superiora Generale. In Maggio parte per il suo ultimo viaggio.

    Dopo una visita a Roma, dove incontra Papa Giovanni Paolo II per l’ultima volta, Madre Teresa ritorna a Calcutta nel luglio 1997. Lì trascorre le sue ultime settimane ricevendo visite e istruendo le sue suore. Nel suo modo tipico, apriva le mani – “Il Vangelo sulle cinque dita”, lo chiamava – e contava le parole una ad una: “Lo / avete / fatto / a / Me” su una mano e “Desidero /, voglio, / con la benedizione di Dio / diventare / santa”, sull’altra. La mattina del giorno della sua morte scrive ai suoi figli, ai membri della sua congregazione: ... “Siate solo di Gesù per mezzo di Maria. ... E’ solo con la Madonna che siamo in grado di sentire Gesù che grida: ‘Ho sete’”.

    Il 5 settembre Madre Teresa giunge alla fine e, come lei aveva spesso descritto la morte, “torna a casa da Dio”. Il suo corpo viene esposto nella Chiesa di S. Tommaso, di fianco alla Casa di Loreto dove si era compiuto il suo primo arrivo a Calcutta. Per sette giorni, migliaia e migliaia di persone sfilano davanti al suo corpo per darle un ultimo sguardo, fare l’ultima preghiera, chiederle l’ultima benedizione. Il Governo Indiano le dà il grande onore dei funerali di Stato e il suo corpo viene sepolto nella Casa Madre delle Missionarie della Carità. In breve tempo la sua tomba è divenuta luogo di pellegrinaggio per gente di ogni fede, per ricchi e poveri.

    La tomba e il miracolo

    A circa due anni dalla sua morte, in risposta alle numerose richieste da parte della gerarchia e dei fedeli, la Congregazione per le Cause dei Santi dà il permesso di cominciare la Causa di Beatificazione e Canonizzazione di Madre Teresa nell’Arcidiocesi di Calcutta. L’inchiesta diocesana dura dal 26 luglio 1999 al 15 agosto 2001. Il 20 dicembre 2002 il Papa Giovanni Paolo II approva il decreto relativo all’esercizio delle virtù eroiche di Madre Teresa .

    Centinaia di persone da tutto il mondo hanno riferito miracoli e grazie ottenute per l’intercessione di Madre Teresa. Il 5 settembre 1998, nel primo anniversario della morte, Madre Teresa viene invocata per la guarigione di Monika Besra, una malata in fin di vita, del West Bengal in India. La donna si trova istantaneamente e completamente guarita da una grossa cisti tumefatta nell’addome, in un modo inspiegabile per i medici. Dopo un attento studio, il Papa approva il miracolo.

    Madre Teresa lascia una testimonianza di fede incrollabile, una speranza invincibile e una straordinaria carità. La sua risposta alla supplica di Gesù: “Vieni sii la mia luce”, l’ha resa una Missionaria della Carità, una “madre dei poveri”, simbolo di amore e di compassione per il mondo, testimone viva dell’amore assetato di Dio.

    Fonte: Asia News

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    Predefinito Preghiera alla Beata Teresa di Calcutta

    Beata Teresa di Calcutta,

    nel tuo desiderio struggente di amare Gesù come non è stato mai amato prima, ti sei donata totalmente a Lui, senza mai rifiutargli nulla.

    In unione al Cuore Immacolato di Maria, hai accettato la chiamata a saziare la Sua sete infinita di amore e di anime e a divenire portatrice del Suo amore ai più poveri tra i poveri.

    Con amorevole fiducia e totale abbandono tu hai compiuto la Sua volontà, testimoniando la gioia di appartenere totalmente a Lui.

    Sei diventata così intimamente unita a Gesù, il tuo Sposo crocifisso, che Egli, sospeso sulla croce, si è degnato di condividere con te l’agonia del Suo Cuore.

    Beata Teresa, tu che hai promesso di continuamente portare la luce dell’amore a coloro che sono sulla terra, prega affinché anche noi desideriamo saziare la sete ardente di Gesù con un amore appassionato, condividendo con gioia le Sue sofferenze, e servendoLo con tutto il cuore nei nostri fratelli e sorelle, specialmente in coloro che, più di tutti, sono «non amati» e «non voluti».

    Amen

    Fonte: Asia News

  8. #18
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    Predefinito La relazione di Mons. Comastri su Madre Teresa

    Riportiamo il testointegrale della relazione che Mons. Angelo Comastri, Vescovo di Loreto, ha tenuto durante il suo intervento al Centro Internazionale Giovanile San Lorenzo il 24 settembre 2003, dal titolo: "Madre Teresa e il segreto della gioia".

    "Madre Teresa e il segreto della gioia" - Mons. Angelo Comastri

    Andai a salutarla sulla via Casilina 222 dove ancora c'è una casa delle suore. Era morta da pochi giorni la mia mamma e Madre Teresa ricordo che mi disse:"La tua mamma è in cielo e ora ti è più vicina di quando era viva qui sulla terra perché quando era viva ti era vicina quando stavate accanto, ora ti è sempre vicina perché il paradiso è sempre vicino".
    E poi ricordo uscì con questa esclamazione che mi colpì: "Forse un giorno o l'altro sentirai dire che madre Teresa è morta per schianto del cuore" e io ricordo che la guardai. La madre era molto affaticata... ricordo fra l'altro che quando stringeva la mano non aveva più forza e lei aveva sempre una grande forza nelle mani quando stringeva. Talvolta faceva proprio male, perché era una donna abituata al lavoro; e invece quella volta avvertii tanta debolezza nella mano della madre e quindi quando mi disse: "Forse un giorno sentirai dire che madre Teresa è morta per schianto del cuore" mi venne spontaneo dirle: "Ma madre, è peggiorata, sta molto male?" e lei mi disse: "No, non mi hai capito, potrei morire per schianto del cuore per troppa contentezza". Ricordo che la guardai. Aveva un golfetto, tutto rammendato come sempre, il shaari che lei portava fin quando era quasi impossibile portarlo, i sandali che non li avremmo dati neanche a un poveretto e quelle parole chiaramente mi colpirono tanto... "Potrei morire di troppa contentezza".

    Chi è allora madre Teresa? Ecco io vi racconto come l'ho conosciuta, come l'ho sentita e come la ricordo.

    Sono convinto che attraverso questa donna, questa cristiana, il signore Gesù ci ha ricordato che il Vangelo è vivibile anche oggi. E il vangelo è vivibile in tutta la sua interezza... Noi siamo portati tutti a prendere qualche distanza dal vangelo: "Si, ma..." , "Va bene, però..."; non ci buttiamo mai totalmente della parola del Signore perché dentro di noi abbiamo sempre qualche paura, qualche diffidenza nei confronti del Signore.
    Madre Teresa l'ha vissuto integralmente e ha sentito la sua vita riempirsi di gioia. Ma, ciò che più impressiona, vivendo il Vangelo integralmente, Madre Teresa è stata ammirata e capita anche dai lontani dal vangelo.

    Io vi dico tre veloci testimonianze. Pensate: nel 1970/71, Augusto Guerriero, un giornalista italiano che scriveva con lo pseudonimo di Ricciardetto (per quelli della mia generazione è uno scrittore abbastanza noto ed e uno scrittore che dimostrava una certa acredine nei confronti della fede, quindi nei confronti dei credenti, a modo tale che una volta scrisse in un suo articolo su "Epoca": "Ma voi che avete la fede, la sentite come io sento la mancanza della fede? Voi che avete la fede, cioè, ne sentite tutta la bellezza, tutta la preziosità, come io sento, come io avverto la mancanza della fede?". Ebbene, Ricciardetto una volta incontrò madre Teresa di Calcutta e poi scrisse, proprio su "Epoca", una sua testimonianza che diceva così: "Ho incontrato madre Teresa di Calcutta: io non avevo mai visto un santo e mi chiedevo cosa avrei provato se avessi per caso incontrato un santo. Ebbene io ebbi la percezione di trovarmi davanti a una santa; volevo farle tante domande e poi alla fine non riuscii a dire niente. Presi la mano, la baciai e dissi: "Madre, la ringrazio per tutto il bene che fa". E madre Teresa rispose: "Cerchiamo di portare Gesù ai fratelli". E commenta Ricciardetto: "In quel momento io ebbi netta la percezione di essere vissuto invano. Io capii in quel momento che la vita
    vale la pena di essere vissuta soltanto per amare, per darla agli altri, e mi sentii improvvisamente un fallito". E madre Teresa aveva detto pochissime parole... ma la sua vita parlava!

    Nell'estate del 1975 incontrò madre Teresa di Calcutta qui a Roma Pierpaolo Pasolini, che poi sarebbe morto tragicamente il primo novembre di quello stesso anno. Pierpaolo Pasolini dichiarò in una intervista di quell'estate: "Ho incontrato madre Teresa di Calcutta: quella donna quando guarda vede" e annotò: "Forse vede qualcosa che io non riesco a vedere". E' impressionante che un uomo come Pasolini abbia fatto questa dichiarazione. Davanti a questa donna semplicissima lui si è sentito quasi mettere in crisi...

    E quando lei è morta Roberto Gervaso, uno scrittore piuttosto lontano dall'orizzonte credente, ha dichiarato: "Davanti a madre Teresa molti vogliono dare giudizi" (e, non so se ricordate, proprio nel momento della morte di madre Teresa ci fu anche una certa stampa che cercò di minimizzare la sua opera e se fosse stato possibile anche di buttare un po' di fango sull'opera di madre Teresa.), Roberto Gervaso, un non credente, così si è sempre detto, dice: "Davanti a madre Teresa bisognerebbe non giudicare ma lasciarsi giudicare. E' lei che mette in crisi il nostro egoismo..." Un non credente!

    Chi era allora madre Teresa? Per capirla bisogna andare un po' alla sua famiglia. Io ho avuto la gioia di conoscere l'unica nipote vivente di madre Teresa. Loro erano cinque figli: due sorelline sono morte in giovane età addirittura per una diligenza che cadde in un burrone mentre andavano a scuola (sono morte quindi tragicamente, le due sorelline). E rimasero tre figli: Madre Teresa, che si chiamava Agnese, l'altra sorella che si chiamava Aghi e il fratello che si chiamava Lazzaro... e Lazzaro poi scappò dall'Albania e venne in Italia, ha preso la cittadinanza italiana, si è sposato Palermo e ha avuto l'unica figlia, Aghi, alla quale ha messo il nome dell'altra sorella. Aghi è vivente e mi ha raccontato tanti particolari della famiglia. Li ho saputi da lei direttamente perché è l'unica fonte che possa raccontare certi particolari intimi della vita della famiglia di madre Teresa della quale lei parlava pochissimo, perché non voleva che attorno a lei si creasse il mito, e diceva sempre: "La mia famiglia è semplicissima".
    Dicevo, comunque, la famiglia di madre Teresa era composta di cinque figli con babbo e mamma; rimasero poi tre figli, e Madre Teresa era la più giovane, era nata nel 1910 (gli altri nel 1908 e 1906). Quando madre Teresa aveva otto, otto anni e mezzo, il papà morì. E lei ricordava sempre suo padre - il padre si chiamava Nicola (Cole) .
    La famiglia di madre Teresa era benestante (non è nata quindi in una famiglia povera): il papà era di Pristina e la mamma di Jacova nel Kossovo (loro erano kossovari) e il papà era un ricco possidente e anche un abile commerciante; si trasferirono a Skopjie ed erano lì una delle famiglie più in vista. Il papà, raccontava il fratello di Madre Teresa, aveva fatto costruire il teatro di Skopjie (che poi è stato distrutto dal terremoto del '63 e ora non è rimasto più niente)... ebbene lei ricordava il papà così: "Mio papà quando tornava da lunghi viaggi di commercio ci portava sempre un meraviglioso regalo: ogni volta che tornava portava quattro o cinque mendicanti presi dalla strada e li portava a pranzo con noi e noi sapevamo che quando arrivava papà questo era il regalo". Quindi era un uomo benestante ma di carità straordinaria: lo conoscevano tutti i poveri di Skopjie.

    Il papà è morto all'inizio del 1919, quando Madre Teresa non aveva ancora nove anni. Il papà (questa è una notizia che ormai viene fuori ma prima veniva tenuta un po' riservata), il papà è stato ucciso, è stato avvelenato in un incontro che doveva essere di riconciliazione fra albanesi e serbi... ed evidentemente fu una cena di tradimento. Lui era il capo del gruppo e quindi, chiaramente, lo raggiunse la dose più forte di veleno: arrivato a casa con dolori acutissimi, tentarono un intervento, ma il giorno dopo è morto.
    Una grande tragedia per la famiglia perché con la morte del papà non solo entrò il dolore, ma entrò anche la miseria, perché chiaramente crollò il commercio del padre e la mamma per poter mantenere la famiglia fu costretta a fare la ricamatrice... e fino alla fine ha fatto così.
    E la mamma raccolse i tre figli e disse loro: "Papà è morto, è in cielo, e sicuramente prega per noi. Ora le cose quaggiù sono un pochino più difficili per noi, dobbiamo raddoppiare la preghiera e la carità".

    Questi erano i genitori di Madre Teresa e questo spiega come è nato in madre Teresa il carisma della carità e l'amore verso i poveri.
    La mamma poi da Skopjie passò a Tirana (la capitale della Albania: loro erano albanesi in macedonia), tornarono quindi nella capitale e quando poi arrivò il regime... voi sapete che a loro venne sequestrata la casa e li costrinsero a vivere in una sola stanza con bagno in comune e cucina in comune... e la mamma e la sorella sono vissute lì fino alla fine... la mamma è morta nel 1972 e la sorella Aghi nel 1974... e il fratello Lazzaro mandava sempre pacchi qui dall'Italia per la mamma e per la sorella ma arrivavano sempre aperti e quasi completamente svuotati... e la mamma, che era una donna religiosissima, negli ultimi vent'anni della sua vita non ha potuto mai più partecipare ad una Eucaristia perché in Albania era proibito.
    Celebrare una messa era un reato, battezzare un bambino era un reato passibile di morte... e la mamma e la sorella sono vissute "nutrendosi di Rosari" diceva madre Teresa. Fu la loro preghiera fino alla fine.

    Madre Teresa ha lasciato la famiglia nel 1928 quando aveva 18 anni e la mamma la accompagnò alla stazione di Zagabria... a Zagabria la salutò e disse: "Se il Signore ti chiama non voltarti più indietro, dai la mano a Gesù, lasciati guidare, non pensare più a me, non preoccuparti di me". E la mamma quando madre Teresa disse che voleva partire per l'India inizialmente non voleva, ma poi quando capì che era veramente una chiamata del Signore fu lei stessa a dirle: "Dai la mano a Gesù, non voltarti più indietro, non pensare più a me"...
    E quando nel 1937 (ormai madre Teresa era in India, ancora apparteneva alla congregazione delle Loreto Sisters, le suore di Loreto) madre Teresa scrisse alla mamma dicendo: "Mamma, sono molto giovane ma mi hanno fatto superiora e direttrice didattica; insegno in una High School, sono molto felice, mi amano tutte le ragazze, e mi trovo molto bene", la risposta della mamma fu: "Cara Agnese, sei andata in India per servire i poveri e hai finito per servire i ricchi. Ricordati perché sei partita!, ti ricordi quando andavamo a lavare File?"...

    ... e nessuno sapeva chi era questa File e madre Teresa non lo voleva dire... e alla fine raccontò che questa File era una donna alcolizzata di Skopjie che tutti evitavano e che anche i parenti avevano abbandonato, perché usciva di casa con il vestito pieno di vomito... e la mamma portava madre Teresa tutte le settimane a trovarla, a lavarla, a ripulire la casa e a lasciare qualcosa da mangiare per i giorni successivi. "Ti ricordi quando andavamo a lavare File?".
    Pensate che madre!

    Ecco madre Teresa è nata, vissuta in questa famiglia, ha respirato in casa il clima della preghiera e la carità come frutto della preghiera. E la preghiera (non racconto adesso le tappe della sua vita) la preghiera è stato il centro della sua esistenza e potremmo dire il centro della sua vocazione. La sua vocazione.

    La prima volta che io l'ho incontrata già da giovane sacerdote (ci siamo conosciuti prima ma da giovane sacerdote la rividi dopo il '68, quando in Europa accaddero fatti terribili... voi non ricorderete sicuramente ma furono dei momenti veramente drammatici...) io ricordo che nell'incontro che ebbi con lei manifestai anche un po' di paura (in quegli anni '68, '69, '70 tantissimi sacerdoti abbandonavano il sacerdozio... ci fu un periodo veramente terribile da questo punto di vista) e ricordo che io ero un giovanissimo sacerdote e avevo anche un po' di timore e mi domandò: "Ma dimmi un poco: quante ore preghi?" e io ricordo che dissi: "Madre, dico la messa tutti i giorni, dico il breviario, che è quasi eroico di questi tempi, dico tutti i giorni il rosario", e lei: "Non basta figlio mio, oltre questo, quante ore preghi?". E chiaramente mi mise in crisi e dovetti rivedere tutta l'impostazione della mia giornata... "Quante ore preghi?".

    Io per difendermi dissi a madre Teresa: "Ma madre, io da lei mi aspettavo "quanta carità fai?", che mi facesse questa domanda e la sua risposta (mi commuove anche soltanto ripeterla): "E tu credi che io potrei fare la carità se non mi mettessi in ginocchio ogni giorno per ricevere da Gesù l'amore che io dono ai poveri? Ricordati che Gesù per la preghiera sacrificava anche la carità!" (è paradossale sentirlo dire da madre Teresa...); "Gesù per la preghiera sacrificava anche la carità per ricordarci che senza Dio siano troppo poveri per poter aiutare i poveri". Per ricordarci che senza Dio siamo troppo poveri per poter aiutare i poveri...

    E quando venne invitata all'ONU da Perez de Cuellar madre Teresa accettò con riluttanza quell'invito... perché è stata una donna si può dire di notorietà mondiale ma più volte diceva: "Io il purgatorio non lo faccio perché me lo fanno fare i giornalisti"... quindi lei non è che andava a cercare... anzi lei ci soffriva di tutta questa notorietà ma poi alla fine diceva: "Se serve per Gesù vado".
    E alla fine andò all'ONU, e Perez de Cuellar la presentò in una maniera... per madre Teresa sicuramente non gradita... la presentò dicendo: "Vi presento la donna più potente della terra" (immaginate questa poverina...) "lei è veramente le Nazioni Unite perché il suo cuore è aperto ai popoli di tutta la terra...". Madre Teresa ascoltò, evidentemente in silenzio, rispettosissima com'era... poi quando fu il suo turno si accostò alla tribuna dove parlano i grandi personaggi della terra. Aveva in mano la corona, alzò in alto la corona e disse: "Io sono soltanto una povera donna che prega, e pregando Gesù mi mette nel cuore il suo amore e io vado a darlo ai poveri di tutta la terra"... e con un coraggio veramente inaudito "Pregato anche voi!" , disse, " e Gesù vi metterà nel cuore l'amore e vi accorgerete dei poveri che abitano accanto a voi". Fu questa la sintesi dei discorso di madre Teresa all'ONU.

    E quando ricevette il premio Nobel nel 1979 (poi lei andò nel gennaio dell'80 ad Oslo per ritirarlo) venne avvisata che, essendo una nazione luterana ed essendo anche il premio Nobel un premio luterano, tutto sommato viene dato del parlamento luterano) le dissero: "Possibilmente non si presenti con il Rosario in mano... potrebbe essere un po' offensivo", madre Teresa ascoltò, come sempre, ma il giorno dopo andò al parlamento con un rosario, un grosso rosario in mano, e con la sua semplicità (una semplicità che sicuramente le permetteva tutto) disse: "Il premio non è per me ma è per i poveri nei quali io servo Gesù. Io sono una bambina, e quando ho una gioia io la racconto a mia madre... permettetemi... Ave Maria piena di grazia..." e disse una Ave Maria. Una donna che fondava tutta la sua vita nella preghiera.

    Quando lavoravo per la pastorale vocazionale, essendo tante le suore di madre Teresa, io ebbi questa intuizione: volevo fare un'intervista a madre Teresa sulla pastorale vocazionale. Lei aveva, quando è morta, più di 1000 novizie... è un fatto veramente unico... non so quante congregazioni ci vorrebbero assieme per avere mille novizie... allora diventò spontaneo porre alcune domande a madre Teresa sulla pastorale vocazionale che loro portano avanti.
    Allora era a San Gregorio al Celio e le dissi: "Madre, abbia la bontà, mi risponda a cinque domande!". "Va bene, quando?". "Quando vuole!". "Dopo mangiato.". "Bene, dopo mangiato.". Appena mangiato lei andava sempre in cappella; eravamo due sacerdoti e ricordo che ci portò nella cappellina che loro hanno ancora lì, a San Gregorio al Celio, e sapete che le sue suore non hanno le panche, hanno delle stuoie e tutti ci si inginocchia per terra...
    La Madre con molta semplicità si inginocchiò per terra, e anche noi ci inginocchiammo per terra... ma non abituati. Passò un quarto d'ora e chiaramente noi ... le ginocchia non si sentivano più... cercavamo di muoverci... Poi passò mezz'ora, poi tre quarti d'ora e dissi: "Madre, io devo andar via. Se lei l'intervista non la può fare, pazienza..." e lei: "Ma perché, non hai capito ancora?". E questa fu l'intervista: ci fece stare tre quarti d'ora in ginocchio. Tre quarti d'ora in ginocchio.

    Una donna che fondava tutta la sua vita sulla preghiera. E nella preghiera Madre Teresa ha capito Gesù come mistero d'amore. Quando nel 1946 lei ebbe questa celebre ispirazione (che fra l'altro lei ha raccontato dopo tanti anni...) quella celebre ispirazione che a me sembra molto simile a quello che provò San Francesco nel novembre del 1205... quando pregando davanti al crocifisso di San Damiano, che voi avete qui nella vostra chiesa, si sentì dire: "Francesco, Francesco, và e ripara la mia chiesa che come vedi va tutta in rovina" e Tommaso da Celano annota: "Francesco pensò di dover riparare le chiese", tanto è vero che iniziò poi a riparare la chiesetta della Porziuncola. però subito annota Tommaso da Celano: "Francesco da quel momento cominciò a sentire compassione del signore". Io la prima volta che lessi credevo ci fosse un errore: ma come? Francesco comincia a sentire compassione del Signore e, continua Tommaso da Celano, "le stimmate sicuramente entrarono nella sua anima in quel momento". Cosa voleva dire? Il vero miracolo di San Damiano non è tanto l'invito di Gesù che dice: "Francesco, và e ripara la mia chiesa". Certamente è un fatto straordinario, ma il vero prodigio è che Francesco capisce la croce come un grido di amore e capisce che quell'amore non è corrisposto, e comincia a sentire compassione del Signore, cioè il bisogno di rispondere all'amore con l'amore. E' questo che mette in crisi la sua vita!

    Madre Teresa ha fatto la stessa esperienza. Lei ha raccontato che andava ad Harceling, lungo le pendici dell'Himalaya, per un corso di esercizi... e pensate che fatto straordinario, mentre andava in treno forse stava pregando (lei non ha detto cosa stesse facendo ma penso stesse pregando),lei sente le parole di Gesù: "Ho sete, ho sete di amore, ho sete del tuo amore ". E lei si difende da queste parole (l'ha raccontato lei stessa): "Cosa posso fare?". E le sembra di vedere tante, tante mani che si alzano verso quel treno che viaggiava e che chiedevano: "Madre Teresa, madre Teresa, dacci l'amore!" e lei che resiste per parecchio tempo. Scrive poi all'arcivescovo di Calcutta (queste lettere sono venute fuori recentemente, per grazia di Dio si sono conservate) lei scrive all'arcivescovo: "Io sento questa voce che dice: "Tu devi fondare una comunità di povere, di suore povere, per portare l'amore ai poveri" ; "Ma io non sono capace, rideranno quando sentiranno questa cosa, mi prenderanno in giro". "Ma tu non ti fidi di me, rifiuterai?"... e lei ha trascritto questo dialogo, lo ha trascritto in una lettera a monsignor Ferdinand Perier, l'allora arcivescovo di Calcutta e al suo padre spirituale Padre Van Exem, tutti e due gesuiti visto che la sua prima formazione è stata tutta fatta dai gesuiti... e alla fine madre Teresa esce. E' del 1946 questo dialogo con Gesù e, sapete, lei si sottopone a tutta la trafila dell'obbedienza: parla al padre spirituale e il padre spirituale la fa aspettare; quando le dice "Si, puoi andare dall'arcivescovo", l'arcivescovo la prende per matta, per un'esaltata... e aveva tutte le ragioni...
    Anche a me se si presentasse una suora, in un momento come quello, drammatico per l'India, era l'inizio del '48 e il 31 gennaio era stato ucciso Gandhi... Viene una suora, mi dice una cosa di questo genere: "Io esco dal convento, la strada sarà il mio convento", mah io le dico "Figlia mia, vai a fare un corso di esercizi spirituali..." e verrebbe spontaneo dire così... Quindi anche l'arcivescovo disse "Parlane con la tua superiora, parlane con la superiora generale", e alla fine la superiore
    generale, insieme all'arcivescovo, le dicono: "Senti, scrivi a Roma al Papa" e lei scrisse al Papa, e la sua lettera è ancora conservata alla congregazione per le religiose perché era consacrata... c'è ancora la cartellina del febbraio 1948. La risposta arrivò nell'agosto: madre Teresa esce dal convento il 16 agosto 1948. Esce sola.

    E' incredibile il coraggio di questa donna: chiamata da una voce, sottoposta al vaglio dell'obbedienza, quindi purificata dall'obbedienza. Io quante volte ho cercato di immaginare quel passo: madre Teresa che saluta, lascia questo convento dove lei viveva e va a cercare i poveri. Per portare che? Non aveva niente! E' qualcosa veramente di paradossale! Quando lei diceva con estrema chiarezza: "Io non ho fatto niente, ha fatto tutto Gesù, io ho soltanto obbedito, ho soltanto obbedito". E comincia la sua missione fra i poveri, ma tutta radicata sulla preghiera... è dalla preghiera che lei trovava la forza per andare a servire i poveri. E passarono i primi mesi... ed era sola! E' andata presso una chiesa, poi presso una famiglia, e piano piano, piano piano il Signore le ha aperto tutte le strade e la prima ragazza, una delle sue ragazze presso le suore di Loreto, chiese: "Io vengo a vivere con te, voglio condividere la tua vita". Madre Teresa disse: "Eh ma io non ho niente! Tu sei di famiglia benestante, stai attenta, stai attenta"... ma cominciò così l'avventura della carità.

    Dopo un po' di tempo Madre Teresa cominciò a raccogliere le persone dalla strada e una delle prime persone che lei raccolse era in condizioni pietosissime. Lei la portò al primo ospedale che trovò: gliela rifiutarono. Morì nell'accettazione. C'era da scoraggiarsi. Cominciò a raccogliere ancora i moribondi, fino a quando ottenne di poterli portare in due enormi stanzoni accanto al tempio della dea Kalì. Anche lì fra mille difficoltà... Quelle stanze erano riservate ai pellegrini ma erano poco usate, per cui l'amministrazione comunale di Calcutta li mise a disposizione pensando che almeno avrebbero tolto un po' di poveretti dalla strada...

    Questa è la fede dei santi! E' andata avanti, e sapete che sono accaduti fatti straordinari proprio in queste due stanze che lei chiamò "La casa del cuore immacolato". Ebbene una sera portarono lì in questa casa una lebbrosa con un piede rosicchiato dai topi di fogna, raccolta dalla strada. E nel dialogo fra madre Teresa e quella donna c'è un po' tutto il segreto della sua missione: la donna imprecava e madre Teresa la puliva, la lavava, la imboccava (e lei non voleva), finché alla fine questa donna che era inferocita perché nessuno mai le aveva dato una briciola d'amore (l'avevano buttata i suoi figli!), alla fine la donna chiese. "Sister, ma tu sei diversa dalle altre, perché fai così?". "Per amore, per amore". "E chi te l'ha insegnato?". "Il mio Dio". "Fammi conoscere il tuo Dio". E madre Teresa commentava: "Ormai lo conosceva. Sapeva che Dio è amore e non fu una sorpresa per lei vedere il volto di Dio in paradiso dopo pochi minuti". E lei diceva: "Anche solo soltanto dire ad una persona la bella notizia negli ultimi momenti della vita è già una grande grazia, è già un grande dono. Annunciare che Dio è amore".

    Sapete una delle prime opere, delle prime vite di madre Teresa la scrisse Malcom Muggeridge, un giornalista inglese della BBC che scrisse un libro che ancora oggi si legge con frutto spirituale, "Qualcosa di bello per Dio" in cui lui racconta che venne inviato dalla BBC a fare un servizio su queste suore che apparivano un po' strane e originali. E quando andò a Calcutta lui cominciò a girare qualche ripresa in queste grandi stanze piene di moribondi e fu colpito dal vedere la delicatezza delle suore, la bontà, la tenerezza con cui si chinavano su questi ammalati tutti stesi per terra sulle stuoie, per cui bisogna sempre chinarsi, piegarsi (Madre Teresa era curva anche per questo, perché era sempre curvata sugli altri)... ebbene, lui disse a madre Teresa: "Ma come fate a fare questa pazzia, ma chi vi dà la forza?". La risposta di madre Teresa fu: "Venga domattina alle cinque".
    E alle cinque dell'indomani mattina il cronista era lì davanti alla porta del convento. Madre Teresa lo accolse, lo fece entrare nella cappella dove le suore già pregavano. Alle sei ci fu la messa, lui assistette semplicemente, dal fondo (non era cattolico) e terminato tutto madre Teresa con un grande sorriso disse: "E' qui che troviamo la forza: senza Eucaristia noi non potremo dare l'amore a nessuno". E il giornalista conclude quel libro dicendo: "Dopo un lungo cammino sono diventato cattolico". Aveva quasi 80 anni. Sapete perché? Questo è veramente impressionante: "Io sono diventato cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produceva quella carità". E' impressionante questo ragionamento! "Io sono diventato cattolico per ricevere quella Eucaristia che in quelle suore produceva quella carità".
    Pensate quante comunioni facciamo noi... che responsabilità che abbiamo!

    Ecco madre Teresa era così e chiaramente nel mondo la sua testimonianza ha fatto lungamente parlare, ha fatto lungamente parlare. Eppure madre Teresa non ha mai cercato la notorietà e diceva: "Quando morirò, immagino la scena che vedrò. Io sono piccola, sono una matita spuntata, penso che il Signore mi manderà incontro migliaia e migliaia di poveri e mi prenderanno per mano e mi porteranno da Gesù".
    Migliaia e migliaia di poveri. Perché, e badate questo è importantissimo capirlo, non è la povertà in sè che rende felici, non è la povertà in sé che ci fa beati. Ciò che ci fa beati è il dono di se stessi, è il donarsi, è il non possedersi, che ci mette in comunione con Dio perchè Dio è dono infinito di sè.

    E concludo con un ragionamento che io ho raccolto dalla sua bocca e che poi ho cercato di sviluppare e negli ultimi esercizi l'ho raccontato anche al Santo Padre in una meditazione sul significato del Natale.
    Madre Teresa diceva: "Ma perché Gesù è nato povero? Non è un incidente. Come è nato a Betlemme poteva nascere anche a Roma se avesse voluto. Perché è nato nella povertà di Betlemme?". Ed ecco il suo ragionamento, che è bellissimo: il punto di lettura, la chiave di lettura del mistero di Dio noi sappiamo quale è: Dio è amore. Ma se Dio è amore, Dio è dono, perchè l'amore è dono. Dire "Dio è amore" è come dire "Dio è dono infinito di sé". Dio è il donarsi, Dio ha una sola azione: il donare. Il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dona al Padre nell'abbraccio dello Spirito Santo. La Trinità: un mistero di continuo dono di sè.
    Dio è amore, Dio è dono. E lei notava: "Tanto è vero che nella scrittura, in modo particolare nei Vangeli, ogni volta che si parla di amore si parla sempre di dono": "Dio ha tanto amato il mondo da dare", (Galati 2,20) "Cristo mi ha amato e ha dato se stesso per me". Dio è amore, Dio è dono, ma chi dona se stesso non possiede, perché chi dona non ha, dona, e chi non possiede è povero. Dio è l'infinito povero perché è l'infinito dono ed è l'infinito dono perché è l'infinito amore. Se vogliamo incontrare Dio non c'era altra strada al di fuori del dono. E' nel donarsi che si fa l'esperienza di Dio, ma questo è scritto tranquillamente nel Nuovo Testamento: se noi prendiamo la prima lettera di San Giovanni, un testo molto amato da madre Teresa, dice "Carissimi", (che in greco è agape toi, carissimi è una traduzione sbagliata perchè agape toi vuol dire amati) "O amati", e da chi?ma ovviamente da Dio, "o amati amiamoci gli uni gli altri perché l'amore è da Dio. Chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio, chi non ama non ha conosciuto Dio". "Oti oteos agapestin, perchè Dio è amore". E in questo si è manifestato l'amore di Dio per noi, Dio ha mandato il suo Figlio unigenito, cioè ha donato il suo figlio, perché noi avessimo la vita per lui, e in questo sta l'amore. Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. Cioè l'amore è donato per primo. Quando io amo Dio, io rispondo. Perché l'amore viene prima: "O amati, amiamoci gli uni gli altri".

    La prima grazia che dobbiamo chiedere è quella di aprire gli occhi davanti al mistero dell'amore di Dio. Diceva Tommaso da Celano di San Francesco: "Non riusciva a guardare il crocifisso senza mettersi a piangere", e io ho visto anche in madre Teresa tanta emozione quando lei guardava il crocifisso. Lo portava qui, sulla spalla sinistra, lei diceva "sopra il cuore" e lei diceva sempre "We did it for him" "Noi lo facciamo per Lui, soltanto per Lui". Erano le cinque parole che lei prendeva dal vangelo (cinque nel testo inglese: Lo avete fatto a me"). Una risposta di amore all'amore.

    E concludo. Nel 2001, appena concluso il Giubileo, io ricordo a Loreto ebbi un dono, una grande grazia che è in linea con l'esperienza e la conoscenza che ho avuto con madre Teresa di Calcutta. Al termine di una processione in piazza io scesi dalla gradinata, dal sagrato, per andare a salutare gli ammalati che stavano davanti. E rimasi un po' colpito perchè al centro degli ammalati vidi una culla: a Loreto ci sono pellegrinaggi proprio per i bambini ammalati e quindi mi sembrò molto strano che avessero portato un bambino ad un pellegrinaggio di adulti. Dentro di me pensai: "E' un fatto non bello, questo bambino si trova sicuramente a disagio in un treno di adulti ammalati!". Quando fui davanti a questa culla rimasi sorpreso perché aveva un volto adulto. e guardai. e lei, era una ragazza, mi vide un po' imbarazzato e mi disse: "Padre mi chiamo Maria". "Ah piacere!". Tesi la mano e lei ritirò la mano: "Non gliela posso dare, padre. Se lei mi stringe la mano mi rompe tutte le dita". "Eh, è impossibile!". Guardai le mani e vidi tutte le dita rotte: erano fratturate e ricomposte in maniera sicuramente non perfetta. "Come mai?". "Soffro di osteogenesi imperfetta, le mie ossa si rompono con tanta facilità. Però Padre", mi disse, "io sono felice di vivere". Chiaramente provai una grande curiosità; volevo sapere la storia di questa ragazza e dissi: "Maria, mi può raccontare qualcosa". "Metta la mano sotto al cuscino, ci sono le pagine del mio diario, l'ho appena finito". Io misi la mano sotto ed estrassi trentatre fogli spillati. e sopra c'era scritto: "Maria Respigo, felice di vivere". La sera, potete immaginare, non spensi la luce finchè non lessi il trentatreesimo foglio. Ebbene in quei fogli c'era scritto: "La mia storia si può riassumere in una parola sola: abbandono. Sono stata abbandonata da tutti, anche da mio padre, perché appena nata ha visto come ero ed è scappato di casa, e non l'abbiamo più rivisto. La mia mamma è morta quando io avevo tre anni; mi ha portato all'Istituto di don Guanella a Pavia, dove attualmente vivo. Per tanti anni io ho imprecato, ma a un certo punto ho capito che anche io potevo amare, anch'io potevo fare del bene". Sentite il capovolgimento: "Ho capito che anch'io ho una vocazione. Io esisto per gridare a tutti coloro che hanno la salute che non hanno diritto di tenerla per sè, se la tengono per sè la salute marcirà e non li renderà felici perchè siamo fatti per donare, per formare un intarsio di amore nel quale si vede il volto di Dio. Io esisto per gridare a tutti quelli che si annoiano -e sono tanti - che le ore in cui vi annoiate mancano a qualcuno. Se non le donate quelle ore marciranno e non vi renderanno felici. Io esisto per gridare a tutti quelli che vivono di notte, che quelle notti mancano a qualcuno che è solo" (sapete che alla fine dell'estate a Parigi hanno fatto il funerale a 66 persone che nessuno veniva più a ritirare. Neanche il cadavere. Il cardinale Lustiger ha scritto: "Morti per caldo o per solitudine?"). "Quelle notti mancano a qualcuno e se non le doneranno non saranno mai felici perchè ci sono tante lacrime non asciugate e quelle lacrime mancano a coloro che le possono asciugare e se non le asciugano non saranno felici perchè lo scopo della vita sta nel donarla, perchè Dio è amore".

    Le stesse cose di Madre Teresa. E' morta dopo pochi mesi. L'hanno messa in una culletta del presepio, 58 cm alta, vissuta raggomitolata, e dietro la scritta: "Durante la vita si è offerta serenamente al Signore pur in grandi sofferenze, felice di vivere. Maria Respigo".

    Come è vero allora il Vangelo! E come madre Teresa ce lo ha testimoniato che è vero... con la sua vita. Chi non ama non conosce Dio, perchè Dio è amore. E se non conosci Dio non conosci la gioia.

    Non voglio andare oltre; si potrebbe parlare tantissimo ma l'essenziale è questo e io mi auguro che entri nel vostro cuore questa certezza: che soltanto amando si conosce Dio e soltanto conoscendo Dio si è felici. Il segreto della gioia sta nel dare la vita per essere in comunione con Dio.

    Fonte: Korazym

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