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    Predefinito 13 maggio (17 settembre) - S. Roberto Bellarmino, dottore della Chiesa

    Dal sito SANTI E BEATI (con modifiche):

    San Roberto Francesco Romolo Bellarmino Vescovo e dottore della Chiesa

    17 settembre - Memoria Facoltativa

    Montepulciano, Siena, 4 ottobre 1542 - Roma, 17 settembre 1621

    Nasce a Montepulciano nel 1542 da una ricca e numerosa famiglia, da Vincenzo Bellarmino e Cinzia Cervini. Era nipote di papa Marcello II (la madre di Roberto era sorella di Marcello). Roberto Bellarmino nel 1560 entra nella Compagnia di Gesù. Studia a Padova e a Lovanio e al Collegio romano di Roma. In quegli anni tra i suoi alunni c'è san Luigi Gonzaga. Viene creato cardinale e arcivescovo di Capua nel 1599. Diviene un affermato teologo postridentino. Partecipò al processo inquisitoriale di Galileo e di Giordano Bruno. Famosa fu la sua opera "L'arte del ben morire". Morì a Roma il 17 settembre 1621. Nel 1930, ebbe da papa Pio XI la triplice glorificazione di beato, di santo e di dottore della Chiesa. (Avvenire)

    Etimologia: Roberto = splendente di gloria, dal tedesco

    Emblema: Bastone pastorale

    Martirologio Romano. San Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa, della Compagnia di Gesù, che seppe brillantemente disputare nelle controversie teologiche del suo tempo con perizia e acume. Nominato cardinale, si dedicò con premura al ministero pastorale nella Chiesa di Capua e, infine, a Roma si adoperò molto in difesa della Sede Apostolica e della dottrina della fede.

    Martirologio tradizionale (13 maggio): San Roberto Bellarmino, della Compagnia di Gesù, Cardinale e già Vescovo di Capua, Confessore e Dottore della Chiesa, il cui giorno natalizio si commemora il diciassette Settembre.

    (17 settembre): A Roma, il natale di san Roberto Bellarmino, Confessore, della Compagnia di Gesù, Cardinale e già Vescovo di Capua, chiarissimo per la santità, per la dottrina e per i copiosi lavori intrapresi a difesa della fede cattolica e della Sede Apostolica, il quale da Pio undecimo, Pontefice Massimo, fu innalzato agli onori dei Santi, e dichiarato Dottore della Chiesa universale. La sua festa si celebra il tredici Maggio.

    Nato a Montepulciano nel 1542 da una ricca e numerosa famiglia toscana e nipote di un papa (sua mamma era sorella di Marcello II), Roberto Bellarmino nel 1560 entrò nella Compagnia di Gesù, rinunciando a qualunque speranza di carriera umana. Eppure andò molto lontano. Studiò teologia a Padova e a Lovanio e nel 1576 divenne primo titolare della cattedra "de controversiis", cioè di apologetica o difesa dell'ortodossia cattolica all'Università Gregoriana, che in quell'epoca si chiamava Collegio Romano. In quegli anni tra i suoi alunni ci fu S. Luigi Gonzaga. Creato cardinale e arcivescovo di Capua nel 1599, probabilmente per tenerlo lontano da Roma nel momento culminante della controversia sulla grazia, alla morte di Clemente VIII potè tornare nella città di Pietro, dove esercitò un grande influsso come teologo ufficiale della Chiesa, con la sua dottrina e con l'esempio della sua carità e semplicità di vita, che la gente ammirava. Scrisse molte opere esegetiche, pastorali e ascetiche; fondamentali per l'apologetica sono i voluminosi libri De controversiis.
    Morì a Roma il 17 settembre 1621 e il processo di beatificazione, iniziato di lì a poco, si protrasse per ben tre secoli. Fu beatificato il 13 maggio da Pio XI. Lo stesso pontefice, il 29 giugno 1930 lo canonizzò e successivamente, nel 1931, lo glorificò col titolo di dottore della Chiesa. Portati istintivamente ad ammirare il polemista nelle abili schermaglie della parola o dello scritto, ma non ad amarlo perché ce lo rappresentiamo come un uomo di intelligenza superiore, scopriamo con stupore nel dotto gesuita dei lati umanissimi. Nei primi tre anni di vita religiosa egli soffrì di lancinanti dolori al capo e tuttavia al compimento degli studi teologici egli sostenne la difesa della propria tesi per tre giorni consecutivi, dinanzi a un pubblico letteralmente affascinato.
    Gli impegni scolastici non lo distrassero mai dalla preghiera. Richiamato a Roma, tra i vari incarichi ebbe anche quello di direttore spirituale, e come tale fu accanto a S. Luigi Gonzaga fino agli ultimi istanti di vita. Se la sua vasta erudizione e la vigorosa dialettica posta al servizio della dottrina cattolica gli valsero il titolo di "martello degli eretici", un'opera semplice nella struttura ma ricca di sapienza come il suo Catechismo gli ha meritato il titolo di "maestro" di tante generazioni di fanciulli che in quel libriccino a forma di dialogo hanno appreso le fondamentali verità della fede professata col battesimo. Dopo aver colmato un intero scaffale di opere teologiche, scrisse “L'arte del ben morire”, cioè il modo di congedarsi dalla vita con serenità e distacco. La riforma del Calendario ha riportato alla data esatta della morte la memoria facoltativa, di San Roberto Bellarmino, finora celebrata il 13 maggio.

    Autore: Piero Bargellini




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    Predefinito Dal trattato "Elevazione della mente a Dio" di S. Roberto Bellarmino, vescovo.

    «Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca» (Sal 85, 5); chi non ti servirà con tutto il cuore, dopo aver cominciato a gustare anche per poco la dolcezza della tua paterna signoria? Che cosa comandi, Signore, ai tuoi servi? «Prendete, dici, il mio giogo sopra di voi» (Mt 11, 29). E qual é il tuo giogo? «Il mio giogo», dici, «é dolce e il mio carico leggero» (Mt 11, 30). Chi non porterà molto volentieri un giogo che non stringe, ma accarezza, e un peso che non opprime, ma solleva? Perciò giustamente hai aggiunto: «E troverete ristoro per le vostre anime» (Mt 11, 29). E qual é quetso tuo giogo che non affatica, ma riposa? Sicuramente il primo e più grande comandamento: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore» (Mt 22, 37). Che cosa vi é di più facile, di più soave e dolce, che amare la bontà, la bellezza e l'amore? E tutto questo sei tu, Signore mio Dio.
    E tu arrivi perfino a promettere un premio a quelli che osservano le tue leggi, pur essendo queste già per se stesse più preziose di molto oro e più dolci di un favo di miele? Si, prometti veramente un premio, e un premio grandissimo, secondo la parola del tuo apostolo Giacomo: «Il Signore ha promesso la corona della vita a quelli che lo amano» (Gc 1, 12). E qual é la corona della vita? E' certamente il bene più grande che possiamo pensare o desiderare, come dice san Paolo, seguendo Isaia: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9, cfr. Is 64, 1-3; 65, 17). Si, é veramente grande la ricompensa per l'osservanza dei tuoi comandamenti. Quel primo e più grande comandamento é vantaggioso per l'uomo che obbedisce più che per Dio che comanda. Ma ogni altro comandamento di Dio perfezionsa colui che obbedisce, lo eleva, lo istruisce, lo illumina, infine lo rende buono e beato.
    Perciò se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza. Questo é il tuo fine questo il centro della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore. Se raggiungerai questo fine sarai beato, se ti allontanerai da esso sarai infelice. Perciò stima vero bene per te ciò che ti conduce al tuo fine, vero male ciò che te lo fa mancare. Avvenimenti prosperi o avversi, ricchezze e povertà, salute e malattia, onori e oltraggi, vita e morte, il sapiente non deve né cercarli né fuggirli per se stessi. Ma sono buoni e desiderabili solo se contribuiscono alla gloria di Dio e alla tua felicità eterna. Sono cattivi e da fuggire se la ostacolano.

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    Jean-Jacques Boissard, Incisione di Roberto Bellarmino, in Bibliotheca chalcographica, hoc est Virtute et eruditione clarorum Virorum Imagines, 1652-1669, Mannheim

    Andrea Pozzo, Il Cardinale Roberto Bellarmino, XVI sec.

    Il corpo si venera dal 1923 nella terza cappella di destra della Chiesa di S. Ignazio di Loyola a Campo Marzio. Le ossa ricomposte, legate con fili d’argento, ricoperte da abiti cardinalizi, il volto e le mani ricoperti d’argento, sono visibili sotto l’altare a lui dedicato. Alla morte fu deposto nella cripta della casa professa e, dopo un anno, nel sepolcro nel quale era stato il corpo di S. Ignazio. Nato a Montepulciano il 4 ottobre 1542 morì a Roma il 17 settembre 1621. L’eroicità delle sue virtù furono decretate nel 1920, dopo tre anni si ebbe la sua beatificazione; fu canonizzato il 29 giugno del 1930 e dichiarato Dottore della Chiesa Universale il 17 settembre 1931.

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    St. Robert Francis Romulus Bellarmine

    (Also, "Bellarmino").

    A distinguished Jesuit theologian, writer, and cardinal, born at Montepulciano, 4 October, 1542; died 17 September, 1621. His father was Vincenzo Bellarmino, his mother Cinthia Cervini, sister of Cardinal Marcello Cervini, afterwards Pope Marcellus II. He was brought up at the newly founded Jesuit college in his native town, and entered the Society of Jesus on 20 September, 1560, being admitted to his first vows on the following day. The next three years he spent in studying philosophy at the Roman College, after which he taught the humanities first at Florence, then at Mondovì. In 1567 he began his theology at Padua, but in 1569 was sent to finish it at Louvain, where he could obtain a fuller acquaintance with the prevailing heresies. Having been ordained there, he quickly obtained a reputation both as a professor and a preacher, in the latter capacity drawing to his pulpit both Catholics and Protestants, even from distant parts. In 1576 he was recalled to Italy, and entrusted with the chair of Controversies recently founded at the Roman College. He proved himself equal to the arduous task, and the lectures thus delivered grew into the work "De Controversiis" which, amidst so much else of excellence, forms the chief title to his greatness. This monumental work was the earliest attempt to systematize the various controversies of the time, and made an immense impression throughout Europe, the blow it dealt to Protestantism being so acutely felt in Germany and England that special chairs were founded in order to provide replies to it. Nor has it even yet been superseded as the classical book on its subject-matter, though, as was to be expected, the progress of criticism has impaired the value of some of its historical arguments.

    In 1588 Bellarmine was made Spiritual Father to the Roman College, but in 1590 he went with Cardinal Gaetano as theologian to the embassy Sixtus V was then sending into France to protect the interests of the Church amidst the troubles of the civil wars. Whilst he was there news reached him that Sixtus, who had warmly accepted the dedication of his "De Controversiis", was now proposing to put its first volume on the Index. This was because he had discovered that it assigned to the Holy See not a direct but only an indirect power over temporals. Bellarmine, whose loyalty to the Holy See was intense, took this greatly to heart; it was, however, averted by the death of Sixtus, and the new pope, Gregory XIV, even granted to Bellarmine's work the distinction of a special approbation. Gaetano's mission now terminating, Bellarmine resumed his work as Spiritual Father, and had the consolation of guiding the last years of St. Aloysius Gonzaga, who died in the Roman College in 1591. Many years later he had the further consolation of successfully promoting the beatification of the saintly youth. Likewise at this time he sat on the final commission for the revision of the Vulgate text. This revision had been desired by the Council of Trent, and subsequent popes had laboured over the task and had almost brought it to completion. But Sixtus V, though unskilled in this branch of criticism, had introduced alterations of his own, all for the worse. He had even gone so far as to have an impression of this vitiated edition printed and partially distributed, together with the proposed Bull enforcing its use. He died, however, before the actual promulgation, and his immediate successors at once proceeded to remove the blunders and call in the defective impression. The difficulty was how to substitute a more correct edition without affixing a stigma to the name of Sixtus, and Bellarmine proposed that the new edition should continue in the name of Sixtus, with a prefatory explanation that, on account of aliqua vitia vel typographorum vel aliorum which had crept in, Sixtus had himself resolved that a new impression should be undertaken. The suggestion was accepted, and Bellarmine himself wrote the preface, still prefixed to the Clementine edition ever since in use. On the other hand, he has been accused of untruthfulness in stating that Sixtus had resolved on a new impression. But his testimony, as there is no evidence to the contrary, should be accepted as decisive, seeing how conscientious a man he was in the estimation of his contemporaries; and the more so since it cannot be impugned without casting a slur on the character of his fellow-commissioners who accepted his suggestion, and of Clement VIII who with full knowledge of the facts gave his sanction to Bellarmine's preface being prefixed to the new edition. Besides, Angelo Rocca, the Secretary of the revisory commissions of Sixtus V and the succeeding pontiffs, himself wrote a draft preface for the new edition in which he makes the same statement: (Sixtus) "dum errores ex typographiâ ortos, et mutationes omnes, atque varias hominum opiniones recognoscere cœpit, ut postea de toto negotio deliberare atque Vulgatam editionem, prout debebat, publicare posset, morte præventus quod cœperat perficere non potuit". This draft preface, to which Bellarmine's was preferred, is still extant, attached to the copy of the Sixtine edition in which the Clementine corrections are marked, and may be seen in the Biblioteca Angelica at Rome.

    In 1592 Bellarmine was made Rector of the Roman College, and in 1595 Provincial of Naples. In 1597 Clement VIII recalled him to Rome and made him his own theologian and likewise Examiner of Bishops and Consultor of the Holy Office. Further, in 1599 he made him Cardinal-Priest of the title of Santa Maria in viâ, alleging as his reason for this promotion that "the Church of God had not his equal in learning". He was now appointed, along with the Dominican Cardinal d'Ascoli, an assessor to Cardinal Madruzzi, the President of the Congregation de Auxiliis, which had been instituted shortly before to settle the controversy which had recently arisen between the Thomists and the Molinists concerning the nature of the concord between efficacious grace and human liberty. Bellarmine's advice was from the first that the doctrinal question should not be decided authoritatively, but left over for further discussion in the schools, the disputants on either side being strictly forbidden to indulge in censures or condemnations of their adversaries. Clement VIII at first inclined to this view, but afterwards changed completely and determined on a doctrinal definition. Bellarmine's presence then became embarrassing, and he appointed him to the Archbishopric of Capua just then vacant. This is sometimes spoken of as the cardinal's disgrace, but Clement consecrated him with his own hands--an honour which the popes usually accord as a mark of special regard. The new archbishop departed at once for his see, and during the next three years set a bright example of pastoral zeal in its administration.

    In 1605 Clement VIII died, and was succeeded by Leo XI who reigned only twenty-six days, and then by Paul V. In both conclaves, especially that latter, the name of Bellarmine was much before the electors, greatly to his own distress, but his quality as a Jesuit stood against him in the judgment of many of the cardinals. The new pope insisted on keeping him at Rome, and the cardinal, obediently complying, demanded that at least he should be released from an episcopal charge the duties of which he could no longer fulfil. He was now made a member of the Holy Office and of other congregations, and thenceforth was the chief advisor of the Holy See in the theological department of its administration. Of the particular transactions with which his name is most generally associated the following were the most important: The inquiry de Auxiliis, which after all Clement had not seen his way to decide, was now terminated with a settlement on the lines of Bellarmine's original suggestion. 1606 marked the beginning of the quarrel between the Holy See and the Republic of Venice which, without even consulting the pope, had presumed to abrogate the law of clerical exemption from civil jurisdiction and to withdraw the Church's right to hold real property. The quarrel led to a war of pamphlets in which the part of the Republic was sustained by John Marsiglio and an apostate monk named Paolo Sarpi, and that of the Holy See by Bellarmine and Baronius. Contemporaneous with the Venetian episode was that of the English Oath of Alliance. In 1606, in addition to the grave disabilities which already weighed them down, the English Catholics were required under pain of prœmunire to take an oath of allegiance craftily worded in such wise that a Catholic in refusing to take it might appear to be disavowing an undoubted civl obligation, whilst if he should take it he would be not merely rejecting but even condemning as "impious and heretical" the doctrine of the deposing power, that is to say, of a power, which, whether rightly or wrongly, the Holy See had claimed and exercised for centuries with the full approval of Christendom, and which even in that age the mass of the theologians of Europe defended. The Holy See having forbidden Catholics to take this oath, King James himself came forward as its defender, in a book entitled "Tripoli nodo triplex cuneus", to which Bellarmine replied in his "Responsio Matthfi Torti". Other treatises followed on either side, and the result of one, written in denial of the deposing power by William Barclay, an English jurist resident in France, was that Bellarmine's reply to it was branded by the Regalist Parlement of Paris. Thus it came to pass that, for following the via media of the indirect power, he was condemned in 1590 as too much of a Regalist and in 1605 as too much of a Papalist.

    Bellarmine did not live to deal with the later and more serious stage of the Galileo case, but in 1615 he took part in its earlier stage. He had always shown great interest in the discoveries of that investigator, and was on terms of friendly correspondence with him. He took up too--as is witnessed by his letter to Galileo's friend Foscarini--exactly the right attitude towards scientific theories in seeming contradiction with Scripture. If, as was undoubtedly the case then with Galileo's heliocentric theory, a scientific theory is insufficiently proved, it should be advanced only as an hypothesis; but if, as is the case with this theory now, it is solidly demonstrated, care must be taken to interpret Scripture only in accordance with it. When the Holy Office condemned the heliocentric theory, by an excess in the opposite direction, it became Bellarmine's official duty to signify the condemnation to Galileo, and receive his submission. Bellarmine lived to see one more conclave, that which elected Gregory XV (February, 1621). His health was now failing, and in the summer of the same year he was permitted to retire to Sant' Andrea and prepare for the end. His death was most edifying and was a fitting termination to a life which had been no less remarkable for its virtues than for its achievements.

    His spirit of prayer, his singular delicacy of conscience and freedom from sin, his spirit of humility and poverty, together with the disinterestedness which he displayed as much under the cardinal's robes as under the Jesuit's gown, his lavish charity to the poor, and his devotedness to work, had combined to impress those who knew him intimately with the feeling that he was of the number of the saints. Accordingly, when he died there was a general expectation that his cause would be promptly introduced. And so it was, under Urban VIII in 1627, when he became entitled to the appellation of Venerable. But a technical obstacle, arising out of Urban VIII's own general legislation in regard to beatifications, required its prorogation at that time. Though it was reintroduced on several occasions (1675, 1714, 1752, and 1832), and though on each occasion the great preponderance of votes was in favour of the beatification, a successful issue came only after many years. This was partly because of the influential character of some of those who recorded adverse votes, Barbarigo, Casante, and Azzolino in 1675, and Passionei in 1752, but still more for reasons of political expediency, Bellarmine's name being closely associated with a doctrine of papal authority most obnoxious to the Regalist politicians of the French Court. "We have said", wrote Benedict XIV to Cardinal de Tencin, "in confidence to the General of the Jesuits that the delay of the Cause has come not from the petty matters laid to his charge by Cardinal Passionei, but from the sad circumstances of the times" (Études Religieuses, 15 April, 1896).

    [Note: St. Robert Bellarmine was canonized by Pope Pius XI in 1930, and declared a Doctor of the Universal Church in 1931. He is the patron saint of catechists].

    Writings

    A full list of Bellarmine's writings, and of those directed against him, may be seen in Sommervogel's "Bibliothhque de la compagnie de Jésus". The following are the principal:
    • Controversial works. "Disputationes de Controversiis Christianae Fidei adversus hujus temporis hereticos", of the innumerable editions of which the chief are those of Ingolstadt (1586-89), Venice (1596), revised personally by the author, but abounding in printer's errors, Paris or "Triadelphi" (1608), Prague (1721), Rome (1832); "De Exemptione clericorum", and "De Indulgentiis et Jubilaeo", published as monographs in 1599, but afterwards incorporated in the "De Controversiis"; "De Transitu Romani Imperii a Graecis ad Francos" (1584); "Responsio ad praecipua capita Apologiae . . . pro successione Henrici Navarreni" (1586); "Judicium de Libro quem Lutherani vocant Concordiae" (1585); four Risposte to the writings on behalf of the Venetian Republic of John Marsiglio and Paolo Sarpi (1606); "Responsio Matthaei Torti ad librum inscriptum Triplici nodo triplex cuneus" 1608); "Apologia Bellarmini pro responsi one sub ad librum Jacobi Magnae Britanniae Regis" (1609); Tractatus de potestate Summi Pontificis in rebus temporalibus, adversus Gulielmum Barclay" (1610).
    • Catechetical and Spiritual Works. "Dottrina Cristiana breve", and "Dichiarazione più copiosa della dottrina cristiana" (1598), two catechetical works which have more than once received papal approbation, and have been translated into various languages; "Dichiarazione del Simbolo" (1604), for the use of priests; "Admonitio ad Episcopum Theanensem nepotem suum quae sint necessaria episcopo" (1612); "Exhortationes domesticae", published only in 1899, by Pére van Ortroy; "Conciones habitae Lovanii", the more correct edition (1615); "De Ascensione mentis in Deum" (1615); "De Aeterna felicitate sanctorum" (1616); "De gemitu columbae" (1617); "De septem verbis Christi" (1618); "De arte bene moriendi" (1620). The last five are spiritual works written during his annual retreats.
    • Exegetical and other works. "De Scriptoribus ecclesiasticis" (1615); "De Editione Latinae Vulgatae, quo sensu a Concilio Tridentino definitum sit ut ea pro authenticae habeatur", not published till 1749; "In omnes Psalmos dilucida expositio" (1611). Complete editions of Bellarmine's Opera omnia have been published at Cologne (1617); Venice (1721); Naples (1856); Paris (1870).

    Bibliography

    Ven. R. Bellarmini, S.R.E. Cardinalis, vita quam ipse scripsit (with an Appendix), written in 1613, at the request of Fathers Eudfmon Joannis and Mutius Vitelleschi, first published among the acta of the Process of Beatification 1675; republished in 1887 by DÖLLINGER AND REUSCH, with notes many of which are useful but the general tone of which is unfair and spiteful; a multitude of unpublished documents in the archives of the Vatican, Simancas, Salamanca, the Society of Jesus, etc.; Epistolœ familiares (1650); EUDAEMON JOANNIS, De pio obitu Card. Bellarmini (1621); FINALI, Esame fatto per me, that is, by the lay brother who attended him in his last sickness, MS.; lives by FULIGATI (1624; translated into Latin with additions by PETRA SANCTA, 1626) and BARTOLI, (1678); CERVINI, Imago virtutum (1625). These form the chief original material. Of derived lives the best are those by FRIZON (1708), and COUDERC (1893). See also LE BACHELET IN VACANT, Dict. de thiol. cath.; and for Bellarmine's doctrine on papal authority, DE LA SERVIÈRE, De Jacobo Angl. Rege cum Card. R. Bellarmine . . . disputante (1900).

    Fonte: The Catholic Encyclopedia, vol. II, 1907, New York

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    Roberto Bellarmino

    Roberto Francesco Romolo Bellarmino (Montepulciano, 4 ottobre 1542 – Roma, 17 settembre 1621) è stato un cardinale, teologo e scrittore italiano, è venerato come santo dalla Chiesa cattolica di cui è "Dottore", ed ebbe anche sostanziali responsabilità di inquisitore in importanti processi ereticali come quelli contro Giordano Bruno (1599) e Galileo Galilei (1611).

    Biografia

    L'infanzia e la giovinezza

    Suo padre era Vincenzo Bellarmino, sua madre, Cinzia Cervini, era la sorella del cardinale Marcello Cervini, futuro papa Marcello II.

    Fu educato nel collegio gesuita, di recente fondazione, della sua città natia ed entrò nella Società di Gesù il 20 settembre 1560, ammesso alla prima professione religiosa il giorno dopo. Trascorse i tre anni successivi studiando filosofia nel collegio romano, dopo di che iniziò ad insegnare materie letterarie dapprima a Firenze, poi a Mondovì. Nel 1567 intraprese lo studio della teologia a Padova, e nel 1569 fu inviato a completare questi studi a Lovanio, dove poté acquisire una più completa conoscenza delle eresie più importanti.

    L'opera come professore

    Dopo l’ordinazione sacerdotale a Lovanio, guadagnò rapidamente notorietà sia come professore sia come predicatore, in quest’ultima veste capace di attirare al suo pulpito sia cattolici che protestanti[1], persino da altre aree geografiche. Nel 1576 fu richiamato in Italia e gli fu affidato la cattedra di “Controversie” da poco istituita nel Collegio Romano. Si dimostrò adeguato alla difficoltà del compito e le lezioni che egli tenne confluirono nell’opera Le controversie.

    Quest’opera monumentale fu il primo tentativo di presentare in modo sistematico le varie controversie dell’epoca, ebbe un’enorme risonanza per tutta l’Europa. Presso le chiese protestanti in Germania e in Inghilterra speciali cattedre furono istituite per fornire ad essa una replica.

    Quest’opera non è stata ancora rimpiazzata come testo classico su tale materia [1], anche se, come si può facilmente arguire, l’avanzamento degli studi critici ha diminuito il valore di alcuni suoi argomenti storici.

    Nel 1588 Bellarimino fu nominato "Padre Spirituale" al Collegio Romano.

    La missione in Francia e il contrasto con Sisto V

    Nel 1590 si recò assieme al cardinale Gaetano come teologo facente parte della legazione che Sisto V stava inviando in Francia per proteggere gli interessi della chiesa coinvolta nelle difficoltà delle guerre civili. Mentre si trovava in Francia fu raggiunto dalla notizia che Sisto V, che aveva calorosamente accettato la dedica della sua opera “Le controversie”, stava per proporre di metterne il primo volume all’Indice. Il motivo era che egli aveva mostrato che alla Santa Sede è assegnato un potere indiretto e non diretto sulle realtà temporali.

    Bellarmino, la cui fedeltà alla Santa Sede era intensa, ne fu profondamente dispiaciuto. Comunque questa condanna fu evitata dalla morte di Sisto, e il nuovo papa, Gregorio XIV, concesse all’opera del Bellarmino persino l’onore di una speciale approvazione.

    Il ritorno alla cattedra e la revisione della Vulgata

    Quando la missione del Gaetano era oramai al termine, Bellarmino assunse nuovamente il suo lavoro come padre spirituale ed ebbe la consolazione di guidare negli ultimi anni della sua vita Luigi Gonzaga, che morì al Collegio romano nel 1591; e di cui molti anni dopo Bellarmino promosse la beatificazione.

    Nello stesso periodo egli fece parte della commissione finale per la revisione del testo della Vulgata.

    Questa revisione era stata oggetto di una richiesta del concilio di Trento, e i papi posttridentini avevano operato per questo compito portandolo quasi a realizzazione completa. Purtroppo Sisto V, per quanto non dotato di competenze in questo campo scientifico, aveva introdotto delle modifiche di sua propria volontà, quasi tutte peggiorative. Si era spinto al punto di far stampare questa edizione viziata da errori e in parte distribuirla con il proposito di imporne l’uso con una sua bolla. Tuttavia morì prima della promulgazione ufficiale e i suoi immediati successori procedettero subito ad eliminare gli sbagli più vistosi e togliere dalla circolazione la stampa piena di errori.

    Il problema consisteva nell’introdurre un’edizione più corretta senza screditare il nome di Sisto e Bellarmino propose che la nuova edizione dovesse portare sempre il nome di Sisto, con una spiegazione introduttiva secondo la quale, a motivo di alcuni errori tipografici o di altro genere, già Sisto aveva deciso che una nuova edizione dovesse essere intrapresa. La sua dichiarazione, dal momento che non c'era prova contraria, dovette essere considerata come risolutiva, tenendo conto di quanto serio e responsabile egli era stimato dai suoi contemporanei. Ancor più essa non poteva essere rifiutata senza macchiare la reputazione degli altri membri della commissione che accolsero il suggerimento, e quella di Clemente VIII che, pienamente consapevole della vicenda, diede il permesso che la prefazione del Bellarmino fosse premessa alla nuova edizione.

    Angelo Rocca, il segretario della commissione deputata alla revisione, scrisse di suo pugno una bozza della prefazione in cui dichiarava:

    «[Sisto] quando iniziò a rendersi conto che c’erano errori tipografici ed altre opinioni scientifiche, cosicché si poteva, o meglio doveva, prendere una decisione sul problema, e pubblicare una nuova edizione della Volgata, siccome morì prima, non fu in grado di realizzare quanto aveva intrapreso».

    Questa bozza, alla quale quella del Bellarmino fu preferita, è tuttora esistente, allegata alla copia dell’edizione Sistina in cui sono segnate le correzioni della Clementina, e può essere consultata nella Biblioteca Angelica di Roma.

    La nomina a cardinale

    Nel 1592 Bellarmino fu fatto rettore del collegio romano, nel 1595 superiore della Provincia di Napoli.

    Nel 1597 Clemente VIII lo richiamò a Roma e lo nominò suo consultore teologo come pure Esaminatore dei Vescovi e Consultore del Sant'Uffizio. Inoltre, nel 1599, lo nominò cardinale presbitero con il titolo di Santa Maria in Via, indicando la motivazione di questa promozione: La Chiesa di Dio non ha un soggetto di pari valore nell’ambito della scienza.

    A questo periodo risale anche la nomina, con il cardinale Domenicano D’Ascoli, ad assistente del cardinale Madruzzi, il presidente della Congregazione “De Auxiliis” che era stata istituita poco prima per comporre la controversia che era recentemente sorta tra Tomisti e Molinisti a proposito della natura dell’armonia tra grazia efficace e libertà umana.

    Il parere di Bellarmino sin dall’inizio fu che tale questione di natura dottrinale non dovesse essere risolta con un intervento autoritativo, ma lasciata ancora alla discussione tra i diversi indirizzi e che ai contendenti di entrambi i campi fosse seriamente proibito di indulgere a censure o condanne degli avversari. Clemente VIII all’inizio era propenso ad accettare questa idea, ma successivamente cambiò completamente posizione ed era deciso a dare una definizione dottrinale. La presenza del Bellarmino era diventata imbarazzante, ed egli perciò lo nominò arcivescovo di Capua, sede resasi proprio allora vacante.

    Questa nomina è stata talvolta interpretata come se si fosse trattato di una degradazione del cardinale, ma Clemente volle consacrarlo con le sue mani, un onore che abitualmente i papi concedono come segno di una stima speciale; il nuovo arcivescovo partì subito per la sua sede, e si distinse nel suo ministero.

    Nel 1605 Clemente VIII morì e gli succedettero Leone XI che regnò per soli ventisei giorni, e poi Paolo V. Nell’uno e nell’altro conclave, specialmente nel secondo, il nome di Bellarmino fu spesso dinanzi alle intenzioni degli elettori, specialmente a motivo delle afflizioni subite, ma il fatto che fosse un gesuita costituì un impedimento secondo il giudizio di molti cardinali.

    Il nuovo Papa insistette nel tenerlo con sé a Roma, e il cardinale chiese che almeno egli fosse esonerato dal ministero episcopale le cui responsabilità egli non era più in grado di adempiere. A questo punto egli fu nominato membro del Sant’Uffizio e di altre congregazioni, successivamente consigliere principale della Santa Sede nel settore teologico della sua amministrazione.

    Tra gli interventi particolarmente associati al suo nome i seguenti sono i più importanti. La disputa “De Auxiliis”, che alla fine Clemente non aveva avuto modo di portare a termine, fu conclusa con una decisione che ricalcava le linee dell’originaria proposta del Bellarmino. Il 1606 segnò l’inizio della contesa tra la Santa Sede e la Repubblica di Venezia, che senza consultare il Papa, aveva abrogato la legge di esenzione del clero dalla giurisdizione civile e tolto alla Chiesa il diritto di possedere beni immobili. La disputa portò ad una guerra di libelli durante la quale la parte repubblicana fu sostenuta da Giovanni Marsiglio e dal frate servita, Paolo Sarpi, che si era posto in contrasto con la Chiesa, mentre la Santa Sede fu difesa dal Bellarmino e dal Baronio.

    Contemporaneamente alle vicende della Repubblica Veneziana ci furono quelle concernenti il Giuramento inglese di lealtà. Nel 1606, in aggiunta alle vessazioni già imposte, ai cattolici inglesi fu chiesto, sotto pena di prœmunire, di prestare un giuramento di fedeltà abilmente formulato con tale astuzia che un cattolico, nel rifiutarlo, sarebbe potuto apparire come un cittadino che si sottraeva ai suoi doveri civili, mentre, se lo avesse effettuato, avrebbe non solo rifiutato ma persino condannato come empio ed eretico l’insegnamento sul potere di deporre, ossia, del potere, che, giustamente o erroneamente, la Santa Sede aveva rivendicato ed esercitato per secoli con la piena approvazione della cristianità, e che, anche in quel periodo, la stragrande maggioranza dei teologi continuava a sostenere.

    Poiché la Santa Sede aveva proibito ai cattolici di prestare questo giuramento, il re Giacomo si presentò come suo difensore, in un libro intitolato Tripoli nodo triplex cuneus, a cui Bellarmino replicò nel suo Responsio Matthei Torti.

    Altri trattati seguirono dall’uno e dall’altro campo, e, risultato di uno di essi, scritto a confutazione del potere di deporre i sovrani da parte di William Barclay, giurista inglese, residente in Francia, fu che la replica del Bellarmino a tale scritto fosse poi adoperata dal Parlamento parigino, di orientamento regalista.

    La conseguenza fu che, a seguito della dottrina della via media del potere indiretto di deporre i sovrani, il Bellarmino fu condannato nel 1590 come troppo incline alle posizioni regaliste e nel 1605 come eccessivamente papalista.

    Il caso Giordano Bruno

    L'istruzione di questo processo impegnò Bellarmino durante sette anni dal 1593 al 1600, senza che però ottenesse successo alcuno. Malgrado una ventina di interrogatori una parte dei quali mediante tortura, Giordano Bruno ritrattava regolarmente, con efficaci requisitorie davanti al tribunale, ogni ammissione di eresia cui fosse stato costretto sotto i supplizi.
    Per un ordine del Papa Clemente VIII, il 20 gennaio 1600, il tribunale dell’Inquisizione pronunciò il verdetto di condanna al rogo.

    Il caso Galileo Galilei

    Bellarmino non visse fino all'epilogo del processo e alla condanna a Galileo Galilei, ma nel 1615 egli prese parte alla prima fase. Il cardinale fece parte della commissione vaticana che ammonì Galileo dal continuare a proporre la teoria eliocentrica nel 1616 e fu proprio lui a comunicargli l'ammonizione che conteneva con una lettera rimasta famosa.
    In precedenza aveva sempre mostrato interesse nelle scoperte dello scienziato e si era trattenuto in amichevole corrispondenza con lui. Aveva pure assunto, come testimoniato dalle sue lettere all'amico di Galileo, Foscarini, un atteggiamento aperto verso le teorie scientifiche, ammonendolo, tuttavia, di non cercare una dimostrazione della loro esattezza limitandosi a porle come ipotesi.

    La morte ed il culto

    Bellarmino visse ancora per assistere ad un altro conclave, quello che elesse Gregorio XV (febbraio 1621). La sua salute stava declinando e nell’estate dello stesso anno gli fu permesso di ritirarsi a Sant’Andrea e di prepararsi alla fine.

    Alla sua morte sorse l’attesa che la sua causa fosse rapidamente introdotta. E così fu, all’epoca di Urbano VIII nel 1627, allorché egli diventò venerabile. Tuttavia un ostacolo di natura tecnica, proveniente dalla legislazione generale sulle beatificazioni emanata da Urbano VIII, richiese una dilazione. Anche se la causa fu reintrodotta in numerose occasioni (1675, 1714, 1752, 1832), e anche se ad ogni ripresa la grande maggioranza dei voti era favorevole alla beatificazione, una conclusione positiva arrivò solamente dopo molti anni. Il motivo fu in parte legato al carattere influente di alcuni che diedero un voto negativo, come Barbarigo, Casante, Azzolino nel 1675, e Passionei nel 1752, ma più ancora per ragione di convenienza politica, dal momento che il nome del Bellarmino era strettamente associato con una dottrina dell’autorità pontificia dannosissima per i politici regalisti della corte di Francia. Papa Benedetto XIV al cardinale de Tencin scrisse:

    «Noi abbiamo confidenzialmente detto al Generale dei Gesuiti che il ritardo della causa è motivato non da materie di poco conto attribuite a suo carico dal cardinale Passionei, ma dalle infelici circostanze dei tempi» (Études Religieuses, 15 aprile 1896).

    Fu beatificato nel 1923 e canonizzato nel 1930 al termine di un processo molto lungo e nominato Dottore della Chiesa nel 1931 da papa Pio XI. È il santo patrono dei catechisti.

    Opere

    La lista completa degli scritti di Bellarmino e di quelli diretti contro di lui può essere rintracciata nella Bibliothhque de la compagnie de Jésus di Sommervogel. I seguenti sono i più importanti:

    Scritti polemici:
    • Disputationes de Controversiis Christianae Fidei adversus hujus temporis hereticos, che ebbe innumerevoli edizioni di cui le principali sono quelle di Ingolstadt (1586-89), Venezia (1596), riviste personalmente dall’autore, ma piene di refusi di stampa, di Parigi o "Triadelphi" (1608), Praga (1721), Roma (1832)
    • De Exemptione clericorum, e De Indulgentiis et Jubilaeo, pubblicate come monografie nel 1599, ma successivamente incorporate nel De Controversiis
    • De Transitu Romani Imperii a Graecis ad Francos (1584)
    • Responsio ad praecipua capita Apologiae [...] pro successione Henrici Navarreni (1586)
    • Judicium de Libro quem Lutherani vocant Concordiae (1585)
    • quattro Risposte agli scritti a nome della Repubblica Veneziana di Giovanni Marsiglio e Paolo Sarpi (1606)
    • Responsio Matthaei Torti ad librum inscriptum Triplici nodo triplex cuneus 1608
    • Apologia Bellarmini pro responsi one sub ad librum Jacobi Magnae Britanniae Regis (1609)
    • Tractatus de potestate Summi Pontificis in rebus temporalibus, adversus Gulielmum Barclay (1610).

    Opere catechetiche e spirituali:
    • Dottrina Cristiana Breve e Dichiarazione Più Copiosa Della Dottrina Cristiana (1598), due opere catechetiche che hanno ricevuto più di una volta l’approvazione del papa e sono state tradotte in varie lingue; sono state in uso fino al XIX secolo.
    • Dichiarazione del simbolo (1604), ad uso dei preti
    • Admonitio ad Episcopum Theanensem nepotem suum quae sint necessaria episcopo (1612)
    • Exhortationes Domesticae, pubblicate solo nel 1899 dal Padre van Ortroy;
    • Conciones habitae Lovanii, la cui edizione più corretta è del 1615;
    • De Ascensione mentis in Deum (1615)
    • De Aeterna felicitate sanctorum (1616);
    • De gemitu columbae (1617)
    • De septem verbis Christi (1618);
    • De arte bene moriendi (1620).

    Le ultime cinque sono opere spirituali scritte durante i ritiri spirituali annuali.

    Opere esegetiche e di altro genere:
    • De Scriptoribus ecclesiasticis (1615)
    • De Editione Latinae Vulgatae, quo sensu a Concilio Tridentino definitum sit ut ea pro authenticae habeatur non pubblicate fino al 1749
    • In omnes Psalmos dilucida expositio (1611).

    Edizioni complete dell’Opera omnia di Bellarmino sono state pubblicate a Colonia (1617), Venezia (1721), Napoli (1856), Parigi (1870).

    Fonti

    Bellarmine, St. Robert in Catholic Encyclopedia. (in inglese) Encyclopedia Press, 1917.

    Dati riportati su www.catholic-hierarchy.org alla pagina [1]

    Fonte: wikipedia

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    Gianlorenzo Bernini, Monumento a Roberto Bellarmino, XVII sec., Chiesa del Gesù, Roma

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    CARDINALE TARCISIO BERTONE

    OMELIA

    CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
    NEL GIORNO DELLA FESTA DI SAN ROBERTO BELLARMINO
    PATRONO DELLA FAMIGLIA DELL'ATENEO DELLA COMPAGNIA DI GESÙ


    Quadriportico della Pontificia Università Gregoriana
    Martedì 22 maggio 2007

    Reverendissimo Rettore,
    Reverendi Padri,
    Cari fratelli e sorelle,

    grazie per l'invito che mi avete rivolto a presiedere la celebrazione eucaristica, in questo giorno nel quale onoriamo san Roberto Bellarmino, Patrono della grande famiglia universitaria della Gregoriana. La festa liturgica di questo santo e dotto Gesuita, Vescovo esemplare e celebre Cardinale, che un tempo era il 13 di maggio, ora, con la riforma del calendario, è stata riportata alla data esatta della sua morte, il 17 settembre. L'odierna celebrazione in suo onore, in onore di questo illustre e santo "gesuita vestito di rosso" come amavano chiamare san Roberto Bellarmino, è pertanto strettamente legata alla Compagnia di Gesù e in particolare all'Università Gregoriana, questa benemerita Istituzione che, nel corso dei secoli, ha rappresentato e anche oggi costituisce un chiaro punto di riferimento per la fede cattolica e per l'intera comunità ecclesiale. Al Rettore, P. Gianfranco Ghirlanda, ai professori, agli alunni provenienti da varie nazioni e a tutti voi, che siete presenti, il mio cordiale saluto, con viva gratitudine a Dio per il bene che qui, da diversi secoli, viene compiuto e diffuso attraverso la valorizzazione dei doni spirituali e delle capacità intellettive e culturali di ciascuno.

    Il ricordo di questo insigne gesuita, che san Francesco di Sales definì "fontana inesauribile di dottrina" ci invita quest'oggi a innalzare innanzitutto al Signore la nostra riconoscente lode per le straordinarie doti umane e intellettuali che egli ricevette dalla mani di Dio e che fece fruttificare sempre e solo per la sua gloria, secondo lo spirito ignaziano. I biografi di san Roberto Bellarmino scrivono che come gesuita fu un fedele discepolo di sant'Ignazio di Loyola, nel cui carisma ebbe a plasmare l'intera sua vicenda umana e spirituale; come Vescovo si ispirò all'esempio di sant'Ambrogio e sant'Agostino e Papa Gregorio, mettendosi a servizio degli uomini del suo tempo con grande competenza e scevro da umani interessi; come teologo e studioso contribuì a imprimere, con lungimirante sapienza, un impulso enorme alla cultura. Quando suo malgrado fu costretto, nel 1599, ad accettare per obbedienza il cardinalato, scrisse nel suo diario spirituale: "Continuare senza cambiare il modo di vivere...; non accumulare ricchezze, né fare ricchi i parenti, ma dare i risparmi dei redditi alla chiesa o ai poveri; non domandare al Pontefice maggiori introiti, né accettare doni da principi". E al termine della sua esistenza , che fu una vita povera, annotava: "Tutto questo l'ho osservato".

    Suo unico e costante riferimento fu Dio, dal quale accolse tutto con riconoscente abbandono e docile obbedienza. Le letture proclamate poc'anzi stimolano anche noi a chiedere e ad accettare con amore tutto ciò che dal Signore ci proviene. È Dio, infatti, che elargisce con abbondanza i vari doni, soprattutto quelli della prudenza e della sapienza, indispensabili ad ogni persona che desidera vivere pienamente la perfezione della vita in Cristo: vita che si manifesta in modo concreto nella carità verso i fratelli. Quanto mai utile al riguardo è ciò che san Bellarmino amava ripetere: "Se sei intelligente, rifletti che sei stato creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza e che questo è il tuo fine, questo il punto focale della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore. Se giungerai a questo fine, sarai beato, ma povero te se lo perderai (Elevazioni della mente a Dio, ed. 1982, p. 214).

    Questo egli stesso si sforzò di mettere in pratica, ogni giorno. Dotato di personalità forte e decisa, capace di dominare la storia del suo tempo, san Roberto Bellarmino fu infatti animato unicamente dall'anelito di compiere la volontà divina in ogni circostanza e in ogni attimo della sua esistenza. Attitudine questa che conservò sino alla morte: i successi negli studi, l'ammirazione e la fiducia del Papa, gli onori che molti ebbero a tributargli, come pure le accuse di eresia che ne infangarono la fama, non riuscirono ad incrinare mai l'equilibrio della sua personalità. "Ad majorem Dei gloriam, per la maggior gloria di Dio". Sta in queste brevi parole il segreto della perfezione evangelica e della fervida azione apostolica di un santo, che si trovò a vivere in un periodo storico in cui l'integrità della fede era stata infranta, portando la divisione delle coscienze e lo smembramento della Chiesa. Mettendo a frutto le sue doti di natura e di spirito, il Bellarmino si fece deciso e coraggioso difensore dell'ortodossia, certo secondo lo stile del suo tempo, ma con un amore intenso e appassionato per Cristo e per la sua Chiesa: se uno è Cristo, una è necessariamente la sua Chiesa. Il Papa Clemente VIII, nel 1597, lo volle come suo teologo, esaminatore dei vescovi e consultore dell'allora Sant'Ufficio. Nonostante fosse malaticcio, fu in seguito chiamato a collaborare in quasi tutti i dicasteri della Curia romana, tanto da essere definito "il facchino della curia". Vista l'ignoranza che allora regnava in fatto di religione non solo in mezzo al popolo, bensì pure nel clero, scrisse il "Grande catechismo" e il "Piccolo catechismo", che ebbero una larghissima diffusione ovunque.

    Nella prima Lettura abbiamo ascoltato che la sapienza è un tesoro inesauribile per gli uomini e ci attira l'amicizia divina. "Pregai e mi fu elargita la sapienza - scrive l'autore sacro - implorai e venne a me lo spirito della sapienza": parole che ben si addicono al santo che quest'oggi commemoriamo e che, in ogni sua attività svolta a nome e per il bene della Chiesa, mise a frutto i doni datigli da Dio Padre. Il suo esempio, l'esempio di questo grande teologo proclamato dottore della Chiesa universale da Pio XI il 17 settembre del 1931, è quanto mai eloquente anche per questo nostro tempo.

    Ci aiuti oggi san Roberto Bellarmino, strenuo difensore della verità in un periodo di lotte e di dispute per la fede, come fece con i suoi contemporanei, a restare fedeli alla verità della fede integralmente tramandata dal magistero della Chiesa, e a saper dialogare con la cultura moderna senza ostilità ma anche senza cedimenti dottrinali. Egli, già per il suo tempo, fu celebre per le sue Controversie, opera unica, composta in difesa della fede cattolica prendendo lo spunto dalle verità negate dai protestanti e attingendo direttamente alle fonti. In queste dotte pagine di teologia e di spiritualità espone il suo pensiero con un grande senso di oggettività e di elevatezza, cercando però di approfondire maggiormente il dogma, le verità della fede, piuttosto che attaccare e confondere l'avversario. Proprio per queste doti san Roberto Bellarmino, a ragione si erge come insigne patrono delle università e dei centri di studio.

    È pertanto quanto mai opportuno che, guardando proprio alla sua testimonianza, ci chiediamo con sincerità: "Qual è la funzione di un'Università ecclesiastica nell'odierno contesto culturale?" "Qual è in particolare la funzione di questa vostra Università Gregoriana, ricca di una tradizione di più di 450 anni di storia, di studio, di riflessione, di servizio alla Chiesa universale, in fedeltà alla persona del Romano Pontefice?". Mi piace qui riprendere quanto ebbe a dirvi, cari fratelli e sorelle, il Santo Padre Benedetto XVI nella sua recente visita, il 3 novembre dello scorso anno. Nel suo articolato discorso sottolineò che "la fatica dello studio e dell'insegnamento, per avere senso in relazione al Regno di Dio, deve essere sostenuta dalle virtù teologali.... Non basta però - egli proseguiva - conoscere Dio; per poterlo realmente incontrare, lo si deve anche amare. La conoscenza deve divenire amore". Qui, provocati dalle parole del Papa, potremo ulteriormente domandarci come da una attività intellettuale si possa passare ad una attività del cuore, capace di trasformare tutta la vita? Come possiamo conoscere e leggere con gli occhi del corpo, del fisico tutta la realtà, la vita, il mondo, il nostro passato, il presente e il futuro secondo lo sguardo e gli occhi di Dio e della fede?

    Nell'esistenza del Bellarmino appare con evidenza quella priorità che Papa Benedetto ha indicato come indispensabile per gli studenti e i professori di un Ateneo ecclesiastico. Lo ha fatto nel corso dell' udienza riservata agli alunni delle Pontificie Università di Roma, nella Basilica Vaticana, in occasione dell'apertura di questo anno accademico, ribadendo "l'importanza prioritaria della vita spirituale e la necessità di curare, accanto alla crescita culturale, un'equilibrata maturazione umana e una profonda formazione ascetica e religiosa". Ed ha aggiunto che "chi vuole essere amico di Gesù e diventare suo autentico discepolo - sia egli seminarista, sacerdote, religioso, religiosa o laico - non può non coltivare un'intima amicizia con Lui nella meditazione e nella preghiera. L'approfondimento delle verità cristiane e lo studio della teologia o di altra disciplina religiosa presuppongono un'educazione al silenzio e alla contemplazione, perchè occorre diventare capaci di ascoltare con il cuore Dio che parla". Per rispondere a quest'invito del Pontefice, giustamente la Compagnia di Gesù, alla quale il Papa ha affidato questa prestigiosa Università Gregoriana, avverte la responsabilità di inviare come professori dell'Università e formatori delle nuove generazioni di apostoli, i gesuiti più preparati da ogni parte del mondo. Per questo prezioso servizio che la Compagnia di Gesù rende alla Chiesa vorrei oggi esprimere il sincero ringraziamento del Santo Padre. Le difficoltà, i problemi e le sfide non spengano mai nel vostro cuore la fiaccola della fedeltà.

    La Parola di Dio, come abbiamo pregato nel salmo responsoriale, sia lampada per i vostri passi, sia luce che indica e illumina il cammino da seguire perché lo studio e la ricerca sia via quotidiana verso la santità. E la santità, quest'oggi la pagina evangelica la sintetizza nell'osservanza e nell'insegnamento della verità nella sua interezza. Dice Gesù: Chi osserverà tutti questi miei precetti e li insegnerà agli altri sarà considerato grande nel regno dei cieli. Ci aiuti a realizzare questa missione l'intercessione di san Bellarmino che arse di appassionato amore per Cristo e per la Chiesa, e la materna protezione della Beata Vergine Maria, Regina della Compagnia di Gesù, che in questo mese di maggio invochiamo con più grande affetto e devozione.

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    Lightbulb Re: 13 maggio (17 settembre) - S. Roberto Bellarmino, dottore della Chiesa

    17 settembre 2016 (festa liturgica 13 maggio): anniversario della morte del cardinale San Roberto Bellarmino (Montepulciano, 4 ottobre 1542 – Roma, 17 settembre 1621), appartenente all'Ordine dei Gesuiti: vescovo, confessore, teologo e dottore della Chiesa...






    1542-1621- Bellarminus, Robertus, Sanctus\ - Operum Omnium Conspectus seu 'Index of available Writings'



    13 maggio (17 settembre) - S. Roberto Bellarmino, dottore della Chiesa
    https://forum.termometropolitico.it/...la-chiesa.html

    https://forum.termometropolitico.it/...ellarmino.html
    https://forum.termometropolitico.it/...i-vescovi.html








    Altre ricorrenze del 17 settembre 2016...





    Stigmate di San Francesco - Sodalitium
    “17 settembre, Impressione delle Sacre Stigmate di San Francesco.
    Signore Gesù Cristo, che raffreddandosi la carità nel mondo, per infiammare i nostri cuori del tuo amore, hai rinnovato le sacre Stimmate della tua Passione nella carne del Beatissimo Padre nostro Francesco, concedici propizio, per i suoi meriti e le sue preghiere, di portare sempre la Croce e di fare frutti degni di penitenza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.”








    Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale
    “17 settembre 2016: Impressione delle Sacre Stimmate sul corpo di San Francesco d'Assisi, confessore”








    “Il 17 settembre 1621 moriva S.E.R. il cardinale Roberto Bellarmino SJ, vescovo, confessore e dottore della Chiesa (festa liturgica 13 maggio)”







    “Il 17 settembre 1485 viene assassinato in odium Fidei da alcuni ebrei "conversos" nella cattedrale di Saragozza, San Pietro Arbues, inquisitore maggiore d'Aragona. Beatificato da Papa Alessandro VII Chigi e canonizzato da Papa Pio IX, è patrono dell'Inquisizione spagnola”







    Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore
    “Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.

    Eterno Padre, intendo onorare santa Colomba Vergine e Martire, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi le avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questa santa, ed a lei affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, santa Colomba Vergine e Martire possa essere mia avvocata e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”













    Onore al cardinale San Roberto Bellarmino (1542-1621)!


    Luca, Sursum Corda!



    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 
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