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Discussione: Il Voodoo

  1. #11
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    LA POSSESSIONE VOODOO



    Nel Voodoo, la vera comunione con il divino avviene con la possessione, atto mediante il quale il Loa allontana temporaneamente il gros-bon-ange dalla testa del fedele (sede della vita spirituale, e quindi delle due anime) e diventa la forza che domina il suo corpo. La possessione è il mezzo attraverso cui i Loa esercitano la loro autorità, per questo è un fenomeno considerato perfettamente normale dai praticanti la religione voodoo. In questo modo, ogni devoto non solo ha un contatto diretto con la divinità, ma la riceve direttamente nel suo corpo.

    Le ragioni per cui un Loa sceglie di possedere un individuo sono diverse, anche di carattere pratico, come per esempio segnalare un pericolo o guarirlo da una malattia. La possessione è infatti da intendersi anche come una terapia che procura miglioramenti all'individuo, cui l’houngan (sacerdote) prescrive una serie di ricette, che consistono in sacrifìci, preghiere e offerte per il Loa che si è manifestato.

    L'iniziazione al Voodoo, nell'antico Dahomey e nell'odierno Benin, è un rituale di passaggio che consacra per sempre un individuo agli dèi, dotandolo di una seconda personalità, che assumerà durante la trance di possessione. Anche ad Haiti avviene una trasformazione della personalità, per consentire il contatto mistico fra l'individuo e il Loa, tuttavia alla possessione non si accede soltanto con l'iniziazione, ma anche attraverso altri rituali di tipo purificatorio, come il laver-tête[1].

    Il fedele cade in uno stato di profondo torpore, durante il quale non riesce a tenere gli occhi aperti. Poi subentra la crisi, i cui sintomi sembrano rientrare nel quadro clinico dell’attacco epilettico. Scosso da convulsioni violente, il posseduto perde il controllo del sistema motorio: si butta in avanti come spinto da una molla, gira freneticamente, si inchioda sul posto con il corpo sbilanciato in avanti, vacilla e infine cade in uno stato di semi-incoscienza. Scacciata la presenza emotiva e intellettuale, il fedele è svuotato e diventa l’involucro nel quale la divinità si cala: la crisi coincide con questo passaggio dall’umano al divino, quando alla propria identità, ormai inesistente, non si è ancora sostituita quella del Loa. L’io cosciente, per non venire irrimediabilmente lacerato, deve ritirarsi e cedere il posto al visitatore che giunge dal mondo degli dei: uomo e dio non possono coesistere. Sono momenti pieni di panico e di istintivo orrore di fronte a un oscuro senso di morte incombente, spiega chi ha sperimentato la trance.
    Il fedele, che una volta posseduto da un Loa diventa un choual (cavallo), è sostenuto in questa prova terribile dalla folla che lo circonda ed è guidato dalla complessa struttura del rituale, un prezioso aiuto per non impazzire di paura. La musica dei tamburi diventa il sentiero che guida l’ingresso degli dei e aiuta il fedele ad immergersi nelle voragini dell’inconscio.

    La fine della trance si manifesta con segni di stanchezza: il posseduto perde ogni vivacità e cade semisvenuto sulle ginocchia degli spettatori. Per qualche istante rimane immobile, con espressione inebetita, poi apre gli occhi e si guarda attorno con l'aria sconcertata di uno che si risvegli in un ambiente sconosciuto. Spesso, in segno di deferenza verso il dio che si appresta ad andarsene, gli si copre il viso con un fazzoletto. Quando il soggetto ha difficoltà a dominare l'attacco nervoso che lo scuote, il prete gli si avvicina con un sonaglio in mano, e lo calma facendogli dolcemente tintinnare lo strumento vicino all'orecchio; se il posseduto si rotola a terra, l'officiante lo tiene immobilizzato tra le gambe.




    Simulazione? Autosuggestione? Dicono sia molto difficile stabilire, nelle trance rituali, il confine che separa un reale fenomeno di sdoppiamento della personalità da un atteggiamento volontario, non esente da un certo carattere teatrale. Non va dimenticato che la possessione offre molte possibilità al prescelto che può compiere gesta strane ma non criticabili: il posseduto prestando la voce al dio, formula pensieri, ma non ne è compromesso, è il centro dell'attenzione, per cui ha la possibilità di liberare la sua personalità repressa o frustrata. Se queste circostanze depongono a favore di una possibile simulazione, va anche detto che l'atmosfera estremamente eccitante e suggestiva della voodoo si presta a indurre fenomeni paranormali. Non solo, anche l'assortimento di bevande alcoliche o di misture a base di erbe e funghi allucinogeni possono scatenare o intensificare questo particolare stato della psiche, profondamente misterioso.



    [1] II «laver-tête» è una cerimonia la cui importanza varia a seconda delle regioni e dei santuari. Lo scopo è il battesimo del loa bossal (selvaggio). Viene preparata una sorta d'impasto di pane inzuppato nel vino, acassan, granturco, arachidi tostate e altri alimenti, e lo si avvolge in foglie di mombin. Viene tenuto sulla testa dell'eletto dal loa con un fazzoletto. Il fedele non può toglierselo che il giorno dopo e deve aspettare parecchi giorni prima di lavarsi il capo. Herskovits [Life in a Haitian volley, pp. 143-45) assistette a un «lava-testa» nella regione di Mirebalais. Per tre giorni il novizio venne chiuso in una camera, mentre parenti e amici cantavano inni in una stanza attigua. Un hungan in stato di trance lavò la testa del prescelto con un infuso di erbe aromatiche e vino. Allora il loa scese nel suo «cavallo». La famiglia gli offri un animale in sacrificio e il posseduto ne bevette il sangue.
    Ultima modifica di Silvia; 06-12-09 alle 17:07

  2. #12
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    Predefinito Rif: Riferimento: Il Voodoo

    Citazione Originariamente Scritto da Perseo Visualizza Messaggio
    Questo concetto di partenza va approfondito, " spirito ", " feticcio " ecc. sono traduzioni piuttosto superficiali, un po come succede ai termini egizi " nether " o " neteru ".

    A quanto ho potuto capire ( posso anche sbagliare ) la traduzione letterale di " Vodu " sarebbe " Sangue Nascosto ". Il Vodu è il sangue nascosto delle cose, immagine suggestiva, ma difficile da interpretare in maniera razionale. Si può pensare che intendano una essenza interiore, non percepibile, di ogni cosa. Come nello sciamanesimo, ci sono tanti esemplari di una specie animale, ma lo spirito è uno solo, tanti cervi, ma un solo spirito Cervo. In questo esempio lo spirito Cervo sarebbe il " sangue nascosto " di tutti i cervi.

    Spero che il mio tentativo di spiegazione non renda le cose più complicate.

    Non ci vuole tanto comunque a vedere la similitudine con la teoria platonica delle idee. Anche in questa dottrina, che Socrate dichiara di aver ricevuto da ambienti eleusini, ma anche egizi, ogni cosa è il riflesso di un archetipo, come dire che ogni albero è un riflesso dell'alberità, un essere umano è un riflesso dell'umanità ecc. Questi archetipi stanno nell' "Iperuranio" , oltre i cieli, cioè fuori dalla portata dei sensi materiali. E questo è lo stesso motivo per cui il Vodu è definito nascosto.

    Eppure sempre Socrate dice che tra il mondo materiale, percepibile, e l'Iperuranio esiste una zona intermedia ( l'uscita della caverna cinta da un muro ) in cui gli archetipi possono essere percepiti, diventano idee, idoli, dal verbo greco Oida, vedere. Così nel voodoo il sangue nascosto delle cose può essere incontrato sotto la forma del Loa. Qui da notare che anche la parola egizia Nether, che viene tradotta con Divinità, è espressa da un geroglifico a forma di bandiera, insegna, qualcosa che rapprersenta un concetto e lo rende visibile.

    Quindi, detto tutto questo, i termini divinità, spirito, feticcio ecc. andrebbero attribuiti ai Loa, mentre il Vodu è qualcosa di più profondo, è la " realtà oltre il velo " di cui gli archetipi sono solo manifestazioni nel mondo intermedio.

    Argomento interessante.
    Quoto naturalmente Perseo sul significato del nome.
    Per i praticanti Voodoo il sangue è una sostanza sacra e quando una persona si ritrova malata, parte di quest'arte consiste nel ricambiare il dono del potere alla Terra con sacrifici di animali (galline) allo scopo di ristabilire l'armonia e l'equilibrio tra luce e tenebre.
    Lo scrive anche lo stesso Wade Davis qui Three Monkeys Lo Sciamano di Harvard: Intervista a Wade Davis all'interno di una più ampia intervista.

    Comunque i praticanti voodoo ad Haiti (religione ufficiale) dichiarati sono il 2,1% della popolazione sui 9,3 milioni di abitanti stimati (Calendario Atlante De Agostini 2010), risultato importante oltre il numero perchè dichiarato direttamente e non più nascosto nel sincretismo, che chiaramente permane, con il cristianesimo.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-01-17 alle 01:06

  3. #13
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    Predefinito Rif: Riferimento: Il Voodoo

    Citazione Originariamente Scritto da Tomás de Torquemada Visualizza Messaggio
    Zombie: finzione o realtà?

    Sono tra i mostri più temuti nei film horror. Ma se non si trattasse solo di un frutto della fantasia? Storia e scienza del popolo dei morti viventi.

    Riccardo Meggiato, 5 gennaio 2009

    C'è poco da discutere: gli zombie fanno sempre moda. Tanto per dirne una, le più recenti classifiche dei videogiochi più venduti premiamo lo sparatutto Left 4 Dead, dove quattro intrepidi "eroi per caso" si danno da fare con orde di non-morti interessati ad allargare la (loro) famiglia. Non parliamo poi di cinema, dove l'ambiguo vivente rischia di essere più inflazionato di Cameron Diaz e Jack Black. Ma qual è il motivo di tanto successo? Sta forse nel fatto che, dopotutto, lo zombie è uno degli esseri più "possibili" che esistano? In effetti, nottate in discoteca a parte, pare che diventare uno zombie sia una possibilità tutt'altro che remota, come dimostra l'articolo 249 del codice penale haitiano: È considerato come tentato omicidio la somministrazione di sostanze che, pur senza causare morte reale, producono un coma letargico più o meno prolungato. E se la persona è poi tumulata, l'atto va considerato omicidio, indipendentemente da ciò che consegue". Haiti, in effetti, è un po' la patria degli zombie, che nascono dalla tradizione vodou (sì, si scrive proprio così) come corpi rianimati al servizio di potenti stregoni (i bokor), che li utilizzano come lavoratori.

    E, mentre la parola zonbie, che darà poi origine a quella che conosciamo, sembra risalire al creolo haitiano del 1871, per la prima testimonianza si deve attendere il 1937. All'epoca, Zora Neale Hurston, folclorista americana, durante le sue ricerche s'imbattè nel caso di una donna apparsa all'improvviso in un villaggio di Haiti, dove una famiglia la riconobbe come Felicia Felix-Mentor, una parente. Piccolo particolare: Felicia era stata seppellita trent'anni prima, all'età di 29 anni. La Hurston indagò sul'accaduto, raccogliendo solo qualche voce relativa a potenti droghe capaci di indurre una morte apparente. Ma si trattava, appunto, di "voci", che solo col lavoro dell'antropologo e etnobotanico Wade Davis, molti anni più tardi, trovarono una (mezza) conferma. Davis ne parla nei libri The serpent and the rainbow (1985, da cui è stato tratto il film Il serpente e l'arcobaleno) e Passage of darkness: the etnobiology of the Haitian zombie (1988), dove racconta che le sue ricerche gli hanno fatto scoprire due potenti polveri, da mettere a contatto col sangue attraverso una ferita, che sono in grado di trasformare in zombie una persona vivente. Una delle due sarebbe a base di tetrodotossina (TTX), il veleno del pesce palla; mentre l'altra a base di agenti dissociativi, come quelli presenti in una specie di datura (un genere di piante ornamentali).

    Successivi studi hanno in parte smentito le affermazioni di Davis, ma il mito della "coup padre", un preparato di erbe e parti di animali ed esseri umani, rimane vivo nella tradizione vodou. Come del resto il rito seguito dal bokor, che, dopo avere disseppelito il morto, gli somministra una pozione allucinogena che lo fa tornare alla vita. Ma privo di parola, memoria e volontà, e dunque facilmente controllabile dallo stregone.

    Da Romero in poi. Lo zombie, in origine, non nasce cattivo, ma "lavoratore". Diventa poi cattivo per merito, o colpa, del regista George A. Romero, che nel 1968 conosce un enorme successo col suo film La notte dei morti viventi.

    Zombie: finzione o realtà? - Focus.it - Notizie e Curiosità

    Dal sito Focus.it - Facciamo conoscenza

    Infatti. Quoto il Moderatore :c Con il vari film di Romero (cinema indipendente con pochi soldi, poi il successo) lo zombie estrapolato dal suo contesto geografico originario segue sociologicamente le correnti migratorie, diventa mondializzato, e trasmette per la prima volta il contagio con il morso, propaga l'infezione in (di) una società globalizzata.
    Sì lo zombie è un lavoratore forza (o debolezza) di massa, non è aristocratico e individuale come il vampiro.
    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 15-01-17 alle 01:07

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Hodder Visualizza Messaggio
    Quoto naturalmente Perseo sul significato del nome.
    Per i praticanti Voodoo il sangue è una sostanza sacra e quando una persona si ritrova malata, parte di quest'arte consiste nel ricambiare il dono del potere alla Terra con sacrifici di animali (galline) allo scopo di ristabilire l'armonia e l'equilibrio tra luce e tenebre.
    Lo scrive anche lo stesso Wade Davis qui Three Monkeys Lo Sciamano di Harvard: Intervista a Wade Davis all'interno di una più ampia intervista.
    Benvenuto...


    Sì, il sacrificio cruento è pratica normale nel voodoo: serve anche (e soprattutto) a nutrire i loa. E' un vero e proprio rituale di immolazione che ha lo scopo di concentrare sull'animale sacrificato (galline, caproni, tori e maiali) le forze sacre che, grazie alla sua uccisione, verranno liberate.

    "Il sangue delle vittime viene raccolto in una zucca svuotata contenente sale, cenere, sciroppo o clairin (rum). Al fine di evitarne la coagulazione lo si mescola con una bacchetta. L'officiante e a volte anche le hunsi (il primo gradino della scala sacerdotale - nota mia) bevono a turno un cucchiaio di sangue caldo. Con l'aggiunta di zucchero, cannella, stella di anice ed altre spezie, viene poi preparata una singolare bevanda detta "migan". Ne viene distribuito un cucchiaio a ogni membro della famiglia che celebra il servizio e il rimanente viene utilizzato in cerimonie di carattere magico". (Alfred Métraux, Il vodu haitiano – Einaudi 1972, pag. 177).


    Quanto al significato del termine "vodu", io ho sempre letto che significa "spirito".
    Riporto ancora da Il vodu haitiano di Métraux, pag. 23 (credo sia il saggio più serio e completo sull'argomento): "nel Dahomey e nel Togo, presso le tribù appartenenti alla famiglia linguistica Fon, un vodû è un «dio», uno spirito, la sua «immagine», tutto quello che gli Europei designano con il nome di «feticcio»".
    Ultima modifica di Silvia; 11-12-09 alle 01:19

  5. #15
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    Predefinito Rif: Il Voodoo

    Citazione Originariamente Scritto da Silvia Visualizza Messaggio
    Benvenuto...


    Sì, il sacrificio cruento è pratica normale nel voodoo: serve anche (e soprattutto) a nutrire i loa. E' un vero e proprio rituale di immolazione che ha lo scopo di concentrare sull'animale sacrificato (galline, caproni, tori e maiali) le forze sacre che, grazie alla sua uccisione, verranno liberate.

    "Il sangue delle vittime viene raccolto in una zucca svuotata contenente sale, cenere, sciroppo o clairin (rum). Al fine di evitarne la coagulazione lo si mescola con una bacchetta. L'officiante e a volte anche le hunsi (il primo gradino della scala sacerdotale - nota mia) bevono a turno un cucchiaio di sangue caldo. Con l'aggiunta di zucchero, cannella, stella di anice ed altre spezie, viene poi preparata una singolare bevanda detta "migan". Ne viene distribuito un cucchiaio a ogni membro della famiglia che celebra il servizio e il rimanente viene utilizzato in cerimonie di carattere magico". (Alfred Métraux, Il vodu haitiano – Einaudi 1972, pag. 177).


    Quanto al significato del termine "vodu", io ho sempre letto che significa "spirito".
    Riporto ancora da Il vodu haitiano di Métraux, pag. 23 (credo sia il saggio più serio e completo sull'argomento): "nel Dahomey e nel Togo, presso le tribù appartenenti alla famiglia linguistica Fon, un vodû è un «dio», uno spirito, la sua «immagine», tutto quello che gli Europei designano con il nome di «feticcio»".

    Ciao Silvia.
    Non mettevo in dubbio il Métraux e il termine "Spirito" e la sua origine, ma essendo il Voodoo una superstruttura mi riferivo al significato per come gli Haitiani devoti letteralmente lo nominano e lo intendono: gli Haitiani in luogo di voodoo usano spesso i termini: gente che "segue" il Loa o che "serve" (nutre) il Loa. (Bob Corbett, 1998)

  6. #16
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    Predefinito Rif: Il Voodoo

    Ecco un bel sito sul Vodun della nazione Jejè in Brasile:

    Kwe Ceja Neji

  7. #17
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    Predefinito Houngan, mistero e potenza iniziatica

    Nella religione voodoo, esiste un personaggio chiave: l'houngan, che può diventare tale per un fattore ereditario, oppure perché designato dal Loa che manifesta il proprio volere attraverso la possessione. Sia nel primo che nel secondo caso, occorrono diversi anni di iniziazione, durante i quali l'houngan impara anche a confezionare i gris-gris cioè i talismani, a sciogliere i malefici e a curare le malattie. Il sacerdozio voodoo prevede sia uomini che donne, dette mambo.



    *^*^*^*^*^


    Luisa Faldini Pizzorno

    I MEDIATORI: HOUNGAN E MAMBO





    Ad Haiti, il Vodu è una religione rurale e della popolazione povera dei centri urbani e quindi sia i fedeli che i sacerdoti rispecchiano questa provenienza, per quanto tutti, anche i mulatti, che ostentano un certo disprezzo per queste pratiche, siano soliti ricorrerevi, in quanto il Vodu è una religione che promette concretamente la soluzione di molti problemi. Il culto dei loa tuttavia non è veramente aperto a tutti, ma è riservato a confraternite di fedeli che operano sotto l'autorità di un houngan (sacerdote supremo) o di una mambo (sacerdotessa suprema), di cui frequentano l’hounfort (santuario). Houngan e mambo, detti anche papa-loa e mama-loa, sono mediatori tra il mondo profano e quello sacro e si ricorre a essi per avere consigli, per chiedere soluzioni ai propri problemi. I sacerdoti, che non formano nel complesso un clero organizzato, dato che nel Vodu l'unica gerarchia esistente è quella interna a ogni singolo santuario, sono considerati personaggi estremamente potenti.

    Una delle loro qualità principali è la cosiddetta prise des yeux o seconda vista, che si ottiene nel corso di specifici rituali iniziatici di grado elevato che non tutti riescono a superare. Del resto la stessa iniziazione al ruolo sacerdotale, di cui poco si sa, sembra esponga il candidato a una serie di esperienze pericolose che incontra nel corso di un suo viaggio a Ife, dove vivono i loa, e dove viene sottoposto a una serie di prove da parte degli dèi più pericolosi del pantheon.




    Il sacerdote, una volta consacrato e riconosciuto tale con la consegna dell'asson, il sonaglio rituale (fatto con una zucchetta dal manico lungo e sottile 27 ricoperto da una rete in cui sono infilate palline di porcellana colorate, simbolo dei loa, e vertebre di serpente), non ha però terminato la sua istruzione, in quanto egli deve sempre progredire nella connaissance, un sapere esoterico la cui padronanza lo pone al di sopra degli altri e che si acquista in lunghi anni di apprendistato nei gradi più bassi e di pratica continua nei gradi più elevati. Inoltre l’houngan, proprio per la sua vicinanza al mondo soprannaturale, ha un'esistenza diversa da quella dei normali individui e si dice abbia anche una morte diversa, la cosiddetta «morte mistica» per cui, al momento del decesso, il suo corpo scomparirebbe (Kerboull: Le Vaudou :magie ou religion? - Paris, Edition Robert Laffont, 19873). Il buon houngan, come dice Métraux, «è nello stesso tempo sacerdote, guaritore, indovino, esorcista, organizzatore di feste, direttore del coro». Queste conoscenze e attività peraltro lo collocano anche molto in alto nella società civile, tanto che, potendo promettere voti, appoggi e influenze, e spesso anche «lavori» magici, egli ha stretti rapporti con personalità politiche e militari e membri delle classi più elevate, con cui spesso condivide le logge della Massoneria (Herskovits, Life in a Haitian Valley, London and New York, Alfred A. Kopf, 1937) o della Società Bizango, la società segreta di tradizione africana.



    Due hounsi (il primo gradino della scala sacerdotale)



    Coloro che intraprendono la carriera sacerdotale lo fanno per varie motivazioni, che non escludono il desiderio di arricchirsi, anche se un buon houngan non è giudicato tale per la bontà delle sue motivazioni, ma per il modo in cui lavora. Infatti, se invece di seguire il solco del culto tradizionale dei loa si rivolge, per avere più poteri, ai cosiddetti loa achetés (loa comprati), nel caso questo trapeli, viene guardato con diffidenza e sospetto perché ritenuto capace di travailler des deux mains (lavorare con due mani), che significa usare non solo la mano destra, che corrisponde ai «lavori» leciti, ma anche la sinistra, cioè praticare la stregoneria, un settore che ha specialisti occulti e in cui gli houngan di buona reputazione non dovrebbero entrare.

    Al Vodu, come in tutte le religioni, si accede in modo progressivo. Il primo livello in genere è una partecipazione ai rituali e alle attività di quella che è chiamata la Société de l'hounfort, il livello seguente è quello delle hounsi o spose dei loa, gerarchizzate in base agli anni di iniziazione e ai rituali superati; il terzo livello è infine quello dei capi religiosi, cioè dell'houngan e della mambo, che iniziano le nuove hounsi e che sono i mediatori fra la comunità dei fedeli, gli dèi e gli spiriti ancestrali.


    Da Il Vodu – Luisa Faldini Pizzorno (Xenia edizioni, pag. 43 e seguenti)

  8. #18
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    Predefinito Rif: Il Voodoo

    II tamburo che scandisce il ritmo delle danze è il simbolo stesso del voodoo: battere il tamburo ha assunto il significato di celebrare il culto dei loa. Il tamburino è il perno di qualsiasi cerimonia voodoo: è dalla sua scienza del ritmo, dalla potenza dei suoi colpi che dipendono l'ardore e l'attenzione dei danzatori e quella tensione nervosa che favorisce la trance. Un musicista non del tutto padrone delle proprie formule ritmiche seminerebbe il disordine nella danza e immediatamente impedirebbe le epifanie dei loa. Un raffinato senso del ritmo e una vasta memoria musicale si uniscono nei tamburini a una resistenza nervosa non comune: a volte fanno rullare i loro strumenti per notti intere con una passione che raggiunge la frenesia, tanto che a vederli, gli occhi stravolti e la faccia contratta, li si potrebbe credere in trance.







    Alfred Métraux

    TAMBURO, OGGETTO SACRO

    Il tamburo non è solamente uno strumento musicale, ma anche oggetto sacro e persino forma tangibile di una divinità. La potenza misteriosa che l'abita viene concepita talvolta come nanm, una specie di principio vitale non ben definito, talvolta come uno spirito chiamato Huntò, termine di origine dahomiana che designa anche il grande tamburo manman e l'uomo che lo suona. Se l'ordine nel quale vengono «salutati» i sacra del santuario all'inizio di una cerimonia può fornire qualche indicazione sul posto loro attribuito in campo religioso, il principale spetta ai tamburi, in quanto ci si arresta in primo luogo davanti a loro. In più riprese, nel corso delle cerimonie, hungan e mambo vanno a baciare la terra davanti ai tamburi e a fare brindisi in loro onore. Come tutte le altre divinità, anche i tamburi hanno bisogno di uomini per rinnovarne l'energia e la forza. I sacrifici e le offerte ai tamburi fanno parte degli obblighi rituali delle società vodu. Questa cerimonia è nota sotto il nome di «coricar tamburo» o anche bay manger tambu. Gli strumenti vengono adagiati su foglie di banano in prossimità dei vèvè che li rappresentano simbolicamente e ricevono offerte di cibi e libagioni.

    La fabbricazione di un tamburo è accompagnata da riti e precauzioni che indicano la santità dell'oggetto e, nello stesso tempo, contribuiscono a investirlo di un carattere sovrannaturale. Infatti, in tal modo, viene loro fornita una nanm. Prima ancora che la scure abbia intaccato l'albero dal quale il tamburo sarà tagliato, l'hungan celebra una «cerimonia d'adorazione» ai loa che, una volta terminato lo strumento, risponderanno alla sua voce. Nella cavità scavata si brucia del clairin. Una riverenza particolare è dedicata al primo dei fori praticati per inserirvi il cavicchio detto manman, clie occupa una posizione privilegiata. La sistemazione della membrana è accompagnata da formule religiose e gesti rituali. Prima di essere inseriti nel culto, i tamburi sono consacrati con un battesimo solenne. In tale occasione sono abbigliati con «vestiti» dai colori del loa e, in presenza dei padrini e delle madrine, un «padre-savana» impone loro il nome.

    Alfred Métraux, Il vodu haitiano (Einaudi 1971, pag. 184)



    Ultima modifica di Tomás de Torquemada; 18-03-13 alle 00:39

  9. #19
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    Predefinito Re: Rif: Il Voodoo

    RITUALI DI MORTE



    Altare degli antenati


    Nella religione voodoo, anche i morti sono oggetto di culto. Ma prima che un defunto sia promosso al rango di genio tutelare e diventi a sua volta un loa, la famiglia deve compiere alcuni rituali. Gli usi funerari della classe contadina haitiana sono molto complessi: accanto a riti e tradizioni presi dalla liturgia cattolica e osservati scrupolosamente, comportano una quantità di pratiche dettate dalla paura degli spettri e dal desiderio di allontanare il defunto il più in fretta possibile. La paura ispirata dai morti è cosi forte che i parenti non oserebbero mai sottrarsi ai doveri che la tradizione esige e anche le famiglie più povere non esitano a sacrificare le ultime risorse pur di assicurare ai loro cari una degna cerimonia funebre. La religione voodoo non considera la morte cessazione della vita: semplicemente, nella morte, le varie "componenti" dell'uomo cambiano condizione. Il corpo, involucro della forza vitale, decade mentre il n'âme che l'ha animato ritorna al suolo come energia della terra. Il gros-bon-ange [1] torna alle somme regioni solari dalle quali è stata presa la sua energia cosmica aiutato da appositi rituali, che assolvono diverse funzioni. La più importante è mandare il gros-bon-ange al Ginen, la comunità cosmica degli spiriti ancestrali, dove verrà adorato come un Loa. Se questi rituali non vengono eseguiti, il gros-bon-ange può rimanere intrappolato nella terra e portare sventura ai membri della famiglia ancora vivi.

    Il processo di separazione del gros-bon-ange dal corpo è chiamato dessounin. Il cadavere viene lavato con un infuso di erbe aromatiche, le narici e le orecchie tappate con ovatta, mentre le ginocchia e gli alluci vengono legati assieme. La bocca viene chiusa con una mentoliera annodata sulla testa e le tasche rovesciate, perché potrebbero contenere oggetti in grado di dare al morto potere sui parenti. Durante questo rituale, l'houngan (sacerdote) asperge rum puro (kleren) verso i quattro punti cardinali e poi verso il corpo, per purificarlo. Scuote il suo asson [2] sopra il corpo e accende le candele. L'houngan viene quindi posseduto da un Loa, che allontana il gros-bon-ange e diventa così la forza animante del corpo. Il ti-bon-ange [3], invece, si aggira nelle vicinanze del corpo per un periodo di nove giorni, dopo di che viene eseguito un rituale chiamato Nine Nights ("delle nove notti") per assicurare che questa componente dell'anima rimanga nella tomba, altrimenti anche il ti-bon-ange potrebbe vagare nella terra e portare sventura agli altri. Alcune sette voodoo credono che ogni uomo racchiuda in sé la malvagità. Fino a che l'anima (in questo caso chiamata duppy) si trova nel corpo, è controllata dal cuore e dal cervello e impedisce all'uomo di abbandonarsi alla malvagità. Ma, una volta liberato dalla morte, e quindi non più sotto controllo, il duppy è capace di atti terribili. Il Nine Nights fa in modo che la malvagità insita in ogni persona rimanga nella tomba assieme al corpo. In alternativa, con un rituale, l'houngan può separare il ti-bon-ange dalla carne e quindi rilasciarlo affinché viva in acque tenebrose per un anno e un giorno. Trascorso questo periodo, l'anima, ora chiamata esprit, viene fatta ritualmente ascendere e quindi posta in un particolare brocca (govi), dove è servita e trattata come un Loa. Altre volte, l'houngan arde la brocca in un rituale chiamato boule zen, durante il quale lo spirito viene rilasciato nel paese della morte, dove propriamente dovrebbe risiedere. Un altro modo per far ascendere il ti-bon-ange è rompere le brocche e lasciare i cocci in un incrocio.



    Govi, brocche consacrate in cui vengono rinchiuse le anime dei morti



    Il morto deve lasciare la casa prima dell'alba, altrimenti un altro componente della famiglia potrebbe seguirlo presto. Al momento di varcare la soglia della camera mortuaria, coloro che trasportano la bara, come colpiti da un dubbio, avanzano e retrocedono per tre volte, poi si dirigono di corsa verso il cimitero, cercando con giravolte e dietro-front di disorientare il morto e impedirgli di ritrovare la via di casa. La discesa della bara nella tomba presieduta dal pé-savann (padre savana, uno pseudo-sacerdote in grado di leggere da un messale, per lo più un ex sacrestano o un ex chierichetto) è conforme al rituale cattolico, ma prima di deporre il feretro sul fondo della fossa, come ultima precauzione, lo si fa girare ancora una volta. Nei giorni immediatamente seguenti la sepoltura, la famiglia del defunto vive sotto la minaccia di un ritorno del morto che, malgrado tutti i sotterfugi, può perseguitare i vivi. Lo si immagina spaventato dalla solitudine e ossessionato dal desiderio di portare con sé una persona cara. E, sotto questo aspetto, niente di più pericoloso dell'affetto dei genitori verso i figli che, per questo motivo, vengono protetti tracciando sulla loro fronte una croce con l'indaco. Contro le aggressioni degli spettri un buon rimedio è costituito dai sacchetti d'aglio. Pochi giorni dopo il decesso ha inizio una novena alla quale parenti e amici sono tenuti ad assistere nella casa del defunto, dove viene allestito un altare: su una semplice tavola coperta con una tovaglia ricamata e sormontata da un baldacchino vengono messi fiori, un crocifisso e oleografie di santi. A terra sono disposti alimenti riservati al morto che, dopo nove giorni, vengono gettati via in prossimità della capanna: offerte che costituiscono l'unica nota pagana di queste cerimonie.


    [1] Gros-bon-ange (Ba, Gwo-bon-anj): parte dell'anima che rappresenta la fonte dell'energia cosmica.
    [2] Asson (Açon, Ason): sonaglio consacrato dell'Houngan o della Mambo. "Ricevere l'asson" significa essere elevato all'autorità del sacerdote.
    [3] Ti-bon-ange (Ka, Lespri): parte dell'anima responsabile del carattere, della forza di volontà e dell'individualità


    Fonti consultate:
    Alfred Métraux, Il vodu haitiano (Einaudi)
    Luisa Faldini Pizzorno, Il Vodu (Xenia edizioni)

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    Predefinito Re: Rif: Il Voodoo

    Metraux, nel suo saggio Il vodu haitiano, descrive il momento più drammatico del dessounin: "La cerimonia del dessounin inizia con appelli ai loa e termina con una scena che mi è sempre stata narrata con un'emozione in cui si riflette lo spavento che il solo evocarla suscita. L'houngan, dopo aver fatto cenno agli spettatori di farsi da parte, avanza verso il catafalco e si infila sotto il lenzuolo che ricopre il cadavere, e si accoccola su questo. Scuotendo il sonaglio, prega e invoca i loa. Poi, dopo aver mormorato all'orecchio del defunto formule mistiche, per tre volte lo chiama ad alta voce per nome. È a questo punto che si produrrebbe la cosa inaudita: un fremito percorre il cadavere , che, lentamente, solleva la testa e il tronco, come se cercasse di mettersi a sedere, per subito ricadere all'indietro, inerte. Non è una scintilla di vita che l'houngan, con le sue arti magiche, è riuscito a far sprizzare, ma una semplice contrazione muscolare prodotta dal loa nell'attimo in cui si strappa dalle spoglie mortali del suo servitore. Questa descrizione si basa sui racconti di testimoni oculari, sicuramente onesti, ma portati dalla loro fede a interpretare ogni dettaglio sotto l'angolo del meraviglioso. E' difficile stabilire la parte della realtà e della fantasia." (Alfred Métraux, Il vodu haitiano – Einaudi 1971, pag. 245)
    Ultima modifica di Silvia; 26-03-12 alle 14:34

 

 
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