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Risultati da 1 a 4 di 4

Discussione: Celebratio Integra

  1. #1
    VINCIT OMNIA VERITAS!
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    "O voi che avete gli intelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto'l velame de li versi strani."
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    Predefinito Celebratio Integra

    CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO E LA DISCIPLINA DEI SACRAMENTI. Risposte Celebratio integra a questioni circa l'obbligatorietà alla recita della Liturgia delle Ore. Prot. No. 2330/00/L. 15 novembre 2000: Notitiae. 37(2001) 190-194.


    La celebrazione integra e quotidiana della Liturgia delle ore è, per i presbiteri e i diaconi avviati al presbiterato, parte sostanziale del loro ministero ecclesiastico.
    Sarebbe riduttivo guardare a tale responsabilità come al numero compimento di un obbligo canonico, che pure esiste, e verrebbe trascurato il fatto che l'ordinazione sacramentale conferisce al diacono e al presbitero l'incarico speciale di elevare a Dio uno e trino la lode per la sua bontà, per la sua sovrana bellezza e per il suo disegno misericordioso riguardo alla nostra salvezza soprannaturale.
    Insieme alla lode, i presbiteri e i diaconi presentano alla maestà divina la preghiera di intercessione, affinchè si degni di aver cura dei bisogni spirituali e temporali della chiesa e di tutta l'umanità.
    Il "sacrificio di lode" si realizza anzitutto nella celebrazione della santissima eucaristia, ma si prepara e si continua nella celebrazione della liturgia delle ore (cf. IGLH 12). la cui forma principale è la recita comunitaria, sia in una comunità di chierici, o di religiosi che, cosa molto desiderabile, con la partecipazione di fedeli laici.
    Senza dubbio, la liturgia delle ore, detta anche Ufficio divino o Breviario, non perde in alcun modo valore quando la si recita individualmente, o in certo qual modo privatamente, poiché anche in questo caso "queste orazioni avvengono privatamente, ma non implorano cose private" (Gilberto di Holland, Sermo XXIII in Cant.: PL 184, 120).
    Infatti, anche in simili circostanze, queste orazioni non costituiscono un atto privato poiché fanno parte del culto pubblico della chiesa, in modo tale che recitandole il ministro sacro adempie il suo dovere ecclesiale: il sacerdote o diacono che nell'intimità di un tempio, o di un oratorio, o nella sua residenza, si dispone alla celebrazione dell'Ufficio divino, realizza. anche quando non ci sia nessuno che lo accompagna, un atto eminentemente ecclesiale, in nome della chiesa e a favore di tutta la chiesa, includendo tutta l'umanità. Nel Pontificale romano si legge: "Volete custodire e alimentare nel vostro stato di vita lo spirito di orazione e adempiere fedelmente l'impegno della Liturgia delle ore, secondo la vostra condizione, insieme con il popolo di Dio per la Chiesa e il mondo intero?" (cf. Pontificale Romano, rito dell'ordinazione dei diaconi).
    In tal modo. nello stesso rito dell'ordinazione diaconale, il ministro sacro chiede e riceve dalla chiesa il mandato della recita della Liturgia delle ore, mandato che appartiene, pertanto, all'ambito delle responsabilità ministeriali dell'ordinato, e supera abbondantemente quello della sua pietà personale. I sacri ministri, in unione con il vescovo, si incontrano nel ministero di intercessione per il popolo di Dio a loro affidato, come è stato per Mosé (Es 17,8-16). per gli apostoli (I Tm 2,1-6) e per lo stesso Gesù Cristo, "che siede alla destra del Padre e mercede per noi" (Rrn 8,34).
    Ugualmente, nella Institutio generalis de Liturgia Horarum n. 108 si dice: "Chi recita i salmi nella liturgia delle ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso".
    Al n. 29 della stessa Institutio generalis de Liturgia Horarum si dice: "I vescovi, i sacerdoti e gli altri ministri sacri, che hanno ricevuto dalla chiesa il mandato di celebrare la Liturgia delle ore, recitino ogni giorno tutte le ore, rispettando, per quanto è possibile, il loro vero tempo".
    Il Codice di diritto canonico, poi, al can. 276 § 2 n. 3. stabilisce questo: "I sacerdoti e i diaconi aspiranti al presbiterato sono obbligati a recitare ogni giorno la liturgia delle ore secondo i libri liturgici approvati: i diaconi permanenti nella misura definita dalla conferenza episcopale".
    Premesso tutto ciò, è possibile rispondere alle domande presentate nel seguente modo:
    1. Qual è l'intenzione della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti rispetto all'estensione dell'obbligo di celebrare o recitare quotidianamente la liturgia delle ore?
    R. Coloro che sono stati ordinati sono moralmente obbligati. in virtù della medesima ordinazione ricevuta, alla celebrazione o recita integrale e quotidiana dell'ufficio divino nel modo stesso in cui è canonicamente stabilito nel canone 276 § 2 n. 3 del CIC, sopra citato. Tale recita non detiene pertanto l'indole di una devozione privata, o di un pio esercizio attuato per volontà propria del chierico, ma di un atto proprio del sacro ministero e ufficio pastorale.
    2. Alla recita integrale del divino ufficio è applicato l'obbligo sub gravi?
    R. Va tenuto presente che:
    a) un motivo grave, di salute o di servizio pastorale del ministero, o l'esercizio della carità, o di stanchezza, non di semplice scomodo, può scusare la recita parziale e anche totale dell'Ufficio divino, secondo il principio generale che stabilisce che una legge meramente ecclesiastica non obbliga gravemente:
    b) l'omissione totale o parziale dell'ufficio per sola pigrizia o per compiere attività varie non necessarie, non è lecita, ma anzi costituisce un disprezzo, secondo la gravità della materia, dell'ufficio ministeriale e della legge positiva della chiesa.
    c) per omettere l'ufficio delle lodi e dei vespri è richiesta una causa ancora più grave, dal momento che tali ore sono "il duplice cardine dell'ufficio quotidiano" (Sacrosanctum concilium, n. 89):
    d) se un sacerdote deve celebrare varie volte la santa messa nello stesso giorno o ascoltare confessioni per varie ore o predicare varie volte nel medesimo giorno, e ciò gli procura fatica, può considerare, con tranquillità di coscienza, di avere una legittima scusa per omettere proporzionalmente qualche parte dell'Ufficio:
    e) l'Ordinario proprio del sacerdote o diacono può, per causa giusta o grave, a seconda del caso. dispensarlo totalmente o parzialmente dalla recita dell'Ufficio divino, o commutarlo con un altro atto di pietà (come. ad esempio, il santo rosario, la via crucis, una lettura biblica o spirituale, un tempo di preghiera mentale ragionevolmente prolungato, ecc.).

    3. Qual è l'incidenza del criterio della "veritas temporis" su questo problema?

    R.: La risposta va data distinguendo i diversi casi:
    a) L'Ufficio delle letture non comporta un tempo strettamente stabilito, e si può recitare in qualsiasi ora del giorno, e può essere omesso se sussiste una delle cause segnalate nella risposta indicata sotto il precedente n. 2. Di solito, l'Ufficio delle letture può essere celebrato a partire dalle ore del tardo pomeriggio o notturne del giorno precedente, dopo aver recitato i vespri (cf. IGLH 59).
    b) Lo stesso vale per l' "ora media", la quale non prevede nessun tempo determinato di celebrazione. Per la sua recita va osservato un tempo intermedio tra la mattina e il pomeriggio. Fuori del coro, fra le tre ore terza, sesta e nona, "si può scegliere quella che più si adatta al momento della giornata, in modo che sia conservata la tradizione di pregare nel corso della giornata, nel mezzo del lavoro" (cf. IGLH 77).
    c) Di per sé le Lodi vanno recitate nelle ore mattutine e i Vespri nel tardo pomeriggio, come indicano i nomi di queste parti dell'Ufficio. Se uno non può recitare le Lodi di mattina, ha l'obbligo di farlo al più presto. Ugualmente, se non si può recitare i Vespri nelle ore pomeridiane, si devono recitare appena possibile. In altri termini, l'ostacolo che impedisce di osservare la "verità delle ore" non rappresenta di per sé una causa che scusi dalla recita delle Lodi o dei Vespri, in quanto si tratta di "ore principali" (Sacrosanctum concilium, n. 89). che " meritano grandissima considerazione" (IGLH 40).
    Chi recita con gioia la liturgia delle ore e si adopera a celebrare con impegno le lodi del Creatore dell'universo, può recuperare almeno la salmodia dell'ora che è stata omessa dopo l'inno dell'ora corrispondente e concludere con una sola lettura breve e l'orazione.
    Queste risposte sono pubblicate con il beneplacito della Congregazione per il clero.

    Città del Vaticano, 15 novembre 2000.
    Jorge A. Card. MEDINA ESTEVEZ, prefetto
    * Francesco Pio TAMBURRINO, arcivescovo segretario
    "In girum imus nocte et consumimur igni"

  2. #2
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Predefinito

    C'è chi ancora lo chiama "breviario" e chi lo chiama "ufficio". È quel libro al quale, per tanto tempo, è stata attribuita la funzione di "status symbol" dei preti. Non è il "libro da passeggio" dei sacerdoti ma un libro liturgico che oggi più correttamente viene chiamato "Liturgia delle ore". Non più il misterioso libro del prete ma lo strumento privilegiato per esprimere "la preghiera che Cristo, unito al suo corpo, eleva a Dio Padre" (SC 84).

    Gesù, durante la sua esistenza terrena, ci ha dato una grande testimonianza: la frequente e costante preghiera al Padre. "La sua attività quotidiana era strettamente congiunta con la preghiera, anzi quasi derivava da essa. Così quando si ritirava nel deserto o sul monte a pregare, alzandosi al mattino presto, o quando, dalla sera alla quarta veglia, passava la nottata intera in orazione con Dio" (PNLO [= Principi e norme per la liturgia delle ore] 4). La preghiera di Gesù al Padre non si è interrotta con la fine della sua esistenza terrena ma si prolunga nel tempo e si estende nello spazio attraverso la preghiera della Chiesa, corpo mistico di Cristo.

    Questa "preghiera pubblica e comune del popolo di Dio" (PNLO 1) non a caso è definita "liturgia delle ore".

    È "liturgia" in quanto azione del popolo sacerdotale. La dimensione comunitaria della liturgia delle ore trae le sue origini dall'esperienza di preghiera degli apostoli e delle prime comunità cristiane: "Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (At 1,14). È un'azione liturgica in quanto non è privata (come i momenti di preghiera personale), infatti appartiene a tutto il popolo di Dio radunato attorno al suo vescovo o ai ministri che lo rappresentano nelle comunità, soprattutto quelle parrocchiali (cfr. PNLO 20-22). Si tratta di una preghiera liturgica non solo perché presenta delle caratteristiche rituali (gesti, formule, momenti specifici…) ma perché è assunta dalla Chiesa come "preghiera ufficiale", come opportunità concreta per compiere, anche nella lode e nella preghiera, un atto eminentemente ecclesiale. Per salvaguardare il carattere liturgico di tale preghiera è opportuno privilegiare, per quanto possibile, la celebrazione in comune. Quindi, "tutte le volte che si rende possibile, la celebrazione comune con la frequenza e la partecipazione attiva dei fedeli è da preferirsi alla celebrazione individuale e quasi privata" (PNLO 33).

    Poiché si tratta di una liturgia "delle ore", è evidente che con questo preghiera ufficiale la Chiesa intende conseguire uno scopo particolare: la santificazione della giornata e la consacrazione del tempo. «A questo precetto — afferma l'introduzione all'ufficio — la Chiesa ottempera non soltanto celebrando l'Eucaristia, ma anche in altri modi, e specialmente con la liturgia delle ore, la quale, tra le altre azioni liturgiche, ha come sua caratteristica per antica tradizione cristiana di santificare tutto il corso del giorno e della notte» (PNLO 10). Il tempo dell'uomo, scandito non solo dalle fatiche quotidiane ma anche dalla preghiera, si inserisce, attraverso la lode e l'ascolto della Parola, nel tempo salvifico di Dio.

    L'attuale prassi liturgica è, in genere, ripiegata in maniera quasi esclusiva sulla celebrazione eucaristica. La liturgia delle ore è un'opportunità singolare per esprimere la ricchezza celebrativa della Chiesa senza cadere in prassi rituali fossilizzanti. Vi è anzi un muto rapporto tra liturgia delle ore ed Eucaristia. Infatti «la liturgia delle ore estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico»; ma non solo: «la celebrazione eucaristica viene anche preparata ottimamente mediante la liturgia delle ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dell'Eucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carità, la devozione e il desiderio di abnegazione di sé» (PNLO 12).
    La struttura celebrativa della liturgia delle ore

    Nonostante la liturgia delle ore sia la preghiera ufficiale della Chiesa, le modalità celebrative che la caratterizzano sembrano tutt'altro che ufficiali, infatti spesso sono esposte alla libera iniziativa — se non addirittura all'arbitrio — di chi celebra o guida la preghiera. Non si tratta di un problema di conformismo liturgico, ma di apprezzare pienamente il senso delle parole e dei gesti che compongono la liturgia delle ore. Come in tutte le celebrazioni scorgiamo un problema "veritativo": le modalità di realizzazione della liturgia delle ore esprimono secondo verità il senso della preghiera ufficiale della Chiesa?

    Il punto di partenza per una celebrazione coerente ed efficace deve essere la conoscenza dell'introduzione all'ufficio divino: "Principi e norme per la liturgia delle ore" (PNLO). In questo preziosissimo documento liturgico si possono cogliere non solo le dimensioni teologiche e spirituali (cap. 1) ma anche le norme che ne regolano la celebrazione (cap. 2-4).

    La struttura portante delle ore liturgiche è la seguente:

    1) introduzione,
    2) inno,
    3) salmodia,
    4) ascolto della parola di Dio,
    5) cantico evangelico,
    6) preghiera conclusiva.

    Alcune ore sviluppano in modo particolare certi elementi attenuandone altri, ma la struttura essenziale è sempre rispettata.

    1) L'introduzione. «O Dio, vieni a salvarmi…». È una formula fissa tratta dalla Scrittura (Sl 70[69],2). Poiché si tratta di un verso biblico non può essere trasformato. C'è chi flette al plurale il testo con l'intento di esprimere un più forte senso ecclesiale, ma tale invocazione non è una formula ecclesiale. L'alleluia che chiude l'introduzione si omette solamente nel tempo di quaresima.

    2) L'inno. La liturgia delle ore si apre sempre con la lode e il giubilo espressa dall'inno che, a motivo della sua natura lirica, soprattutto nella celebrazione comunitaria, va sempre cantato. L'inno così potrà conseguire il proprio scopo celebrativo: creare un clima di preghiera comune unendo le voci nella lode gioiosa a Dio.

    3) La salmodia. È la parte centrale di ogni ora. La recita o il canto dei salmi merita una trattazione a parte, ora è utile accennare solo agli elementi costitutivi generali. Ogni salmo è preceduto dall'antifona, dal titolo e da una sentenza del Nuovo Testamento. Questi tre elementi hanno lo scopo di introdurre il salmo o il cantico, ma solo l'antifona ha una funzione direttamente celebrativa. Quest'ultima è un elemento previo di meditazione e contemplazione che introduce il salmo mettendolo talora in relazione con la celebrazione festiva o del tempo. Il titolo (scritto in rosso) non ha una funzione liturgica, pertanto non deve essere declamato durante una celebrazione comunitaria. Ha lo scopo di introdurre il salmo indicandone il contenuto originario e il genere letterario. La sentenza (scritta in corsivo) è un riferimento tematico tratto dal Nuovo Testamento che ha lo scopo di interpretare il salmo alla luce del mistero di Cristo. Questa sentenza normalmente non si proclama nella celebrazione comune. Nell'ufficio del tempo ordinario celebrato senza canto le sentenze preposte ai salmi possono sostituire le antifone (PNLO 114).

    4) L'ascolto della parola di Dio. La liturgia delle ore è, nella sua globalità, una preghiera biblica. Ma, oltre la recita dei salmi, sono previsti dei momenti di proclamazione di altri testi scritturistici. Nella celebrazione di lodi, ora media, vespri e compieta, dopo i salmi segue la "lettura breve". La brevità del passo biblico attribuisce a tale lettura un carattere "lapidario": una sentenza precisa e facilmente memorizzabile. Tale carattere è sottolineato anche dal fatto che la breve pericope biblica non è — e non deve essere — introdotta dalla citazione che, come sempre, essendo scritta in rosso non ha funzione celebrativa. Lo scopo di tale lettura non è quello di aprire uno spazio prolungato di meditazione, ma di porre nel cuore e nella mente di colui che prega un "seme" da far germogliare nell'arco della giornata. Uno spazio ampio di meditazione è invece costituito dall'ufficio delle letture, caratterizzato dalla proclamazione di due lunghi brani, il primo scritturistico e il secondo ecclesiastico.

    5) Il cantico evangelico. Lodi, vespri e compieta sono accomunate da un altro elemento: la recita di un cantico evangelico: il cantico di Zaccaria alle lodi, il cantico della Vergine Maria ai vespri e il quello di Simeone a compieta. La posizione in piedi e il segno di croce all'inizio del cantico ricordano gli stessi gesti di rispetto e venerazione della proclamazione del vangelo durante la celebrazione eucaristica.

    6) Preghiera conclusiva. Tutte le ore terminano con uno spazio di preghiera che nelle lodi e nei vespri è ampliato dalle invocazioni o intercessioni. È un gesto di fiducia e di abbandono alla provvidenza divina che esprime non solo le esigenze del singolo ma anche di tutta la Chiesa e del mondo intero.

    *********************
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  3. #3
    torquemada
    Ospite

    Predefinito Sacrosanctum Concilium

    La lingua dell'ufficio divino

    101.

    Secondo la secolare tradizione del rito latino, per i chierici sia conservata nell'ufficio divino la lingua latina. L'ordinario tuttavia potrà concedere l'uso della versione in lingua nazionale, composta a norma dell'art. 36, in casi singoli, a quei chierici per i quali l'uso della lingua latina costituisce un grave impedimento alla recita dell'ufficio nel modo dovuto.
    Alle monache e ai membri degli istituti di perfezione, sia uomini non chierici che donne, il superiore competente può concedere l'uso della lingua nazionale nell'ufficio divino, anche celebrato in coro, purché la versione sia approvata.
    Ogni chierico obbligato all'ufficio divino, che lo recita in lingua nazionale con i fedeli o con quelle persone ricordate al 2, soddisfa al suo obbligo, purché il testo della versione sia approvato.

  4. #4
    torquemada
    Ospite

    Predefinito

    I testi conciliari in italiano sono tratti da I documenti del Concilio Vaticano II, Alba 1976: si tratta di citazioni tratte dalla Costituzione Sacrosantum Concilium, nn. 112, 36, 54, 116, 101. Ecco i testi latini principali: [36] «Linguae Latinae usus, salvo particulari iure, in ritibus Latinis servetur»; [101] «Iuxta saecularem traditionem ritus Latini, in Officio Divino lingua Latina clericis adhibenda est». Eccezioni possono esistere «singulis pro casibus»; [116] «Ecclesia cantum Gregorianum agnoscit ut liturgiae Romanae proprium, quia ideo in actionibus liturgicis, ceteris paribus, principem locum obtineat». Per quanto riguarda la musica sacra non gregoriana, viene raccomandata «praesertim polyphonia».

 

 

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