Corriere della Sera, 5 agosto 2005
In America un saggio dello storico Dalin smentisce il presunto filonazismo di Pacelli
Pio XII tra i giusti, lo chiede un rabbino
«Aiutò gli ebrei. Merita un posto nel sacrario della Shoah»
Pio XII debole o addirittura compiacente verso Hitler? Macché, andrebbe anzi collocato tra i giusti nel sacrario della Shoah di Yad Vashem per la sua opera in favore degli ebrei. A pensarla così non è un devoto cattolico, ma un rabbino: David G. Dalin, storico dell’Ave Maria University (Florida) e autore del saggio The Myth of Hitler’s Pope («Il mito del Papa di Hitler») appena pubblicato negli Stati Uniti da Regnery Publishing. Un lavoro che si contrappone frontalmente, fin dal titolo, al volume di John Cornwell Il Papa di Hitler , edito in Italia da Garzanti. Nel libro Dalin riprende e amplia argomenti già esposti nel febbraio 2001 sul settimanale neoconservatore The Weekly Standard . A suo avviso, è scandaloso dipingere Pio XII come un antisemita, in quanto sin dagli anni del ginnasio Eugenio Pacelli aveva fatto amicizia con il coetaneo ebreo Fernando Mendes, futuro medico, di cui frequentava abitualmente la famiglia. Perché, chiede Dalin, Cornwell non nomina mai questa vicenda?
Ancora più grave è un’altra accusa rivolta all’autore del libro Il Papa di Hitler . Secondo Dalin, Cornwell avrebbe tradotto in maniera scorretta e tendenziosa una lettera scritta da Pacelli quando era nunzio apostolico in Germania, in modo da far emergere nelle sue parole un inesistente sentimento antisemita. C’è da aggiungere che l’anno scorso Cornwell ha rivisto il giudizio espresso nel suo controverso saggio, ma Dalin sottolinea che la notizia è stata ignorata dagli organi di stampa, come The Sunday Times e Vanity Fair , che avevano reclamizzato Il Papa di Hitler .
L’arringa del rabbino in favore di Pio XII si avvale di numerosi elementi. Nunzio apostolico in Baviera dal 1917, Pacelli divenne amico del grande direttore d’orchestra Bruno Walter, un ebreo che successivamente si convertì al cattolicesimo. Proprio dal diario di Walter si apprende che il nunzio fu decisivo per la scarcerazione del musicista ebreo Ossip Gabrilowitsch, ingiustamente imprigionato. Inoltre Pacelli fu l’estensore di una condanna dell’antisemitismo emessa da Benedetto XV nel 1916.
Dalin nega che il Concordato concluso con la Germania nel 1933, dopo l’avvento al potere di Hitler si possa considerare un atto di legittimazione del nazismo, poiché esso non implicava alcuna approvazione per la politica del Terzo Reich. Diversi documenti depositati negli archivi britannici ed americani dimostrano invece che Pacelli, allora segretario di Stato, deplorava le persecuzioni ebraiche e detestava Hitler. I nazisti lo definivano «il cardinale che ama gli ebrei» e quando fu eletto Papa, nel 1939, la stampa tedesca reagì con disappunto. Dai diari di Goebbels risulta che Hitler, per tutta risposta, voleva abrogare il Concordato.
Quanto alla guerra, Dalin ricorda le condanne delle atrocità naziste espresse dalla Radio Vaticana e dall’Osservatore Romano o personalmente dal Pontefice. Nel 1941 il New York Times commentò entusiasticamente il messaggio natalizio del Papa: «La voce di Pio XII è una voce solitaria nel silenzio e nell’oscurità che avvolgono l’Europa questo Natale. (...) Pio XII non ha lasciato dubbi che gli scopi del nazismo sono irreconciliabili con la sua concezione della pace cristiana». Lo stesso fu per il messaggio del 1942, in cui Pio XII fece un chiaro riferimento a «centinaia di migliaia di persone, le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento». Il ministero degli Esteri tedesco scrisse: «Sta chiaramente parlando per conto degli ebrei».
Dalin nota che i critici del Papa hanno sempre evitato di riportare le reazioni naziste ai suoi interventi. Hitler manifestò pubblicamente l’intenzione di entrare nel Vaticano per «spazzarlo della plebaglia puttaniera». Mussolini sapeva da Ciano che Pio XII era disposto a farsi deportare in un campo di concentramento.
Poi ci sono le testimonianze di parte ebraica. Secondo Michael Tagliacozzo, scampato alla Shoah grazie al Vaticano, fu «Papa Pacelli che allora salvò migliaia di noi». Albert Einstein, riparato in America, scrisse durante la guerra: «Soltanto la Chiesa cattolica si erse sul percorso di Hitler per sopprimere la verità. Io non avevo mai avuto alcun particolare interesse nella Chiesa prima d’allora, ma ora provo un grande affetto ed ammirazione perché la Chiesa sola ha avuto il coraggio e la persistenza di difendere la verità intellettuale e la libertà morale». Terminato il conflitto, le maggiori personalità ebraiche, da Golda Meir al rabbino capo d’Israele Isaac Herzog, ringraziarono con calore Pio XII.
Dalin rievoca le loro lodi e polemizza con gli studiosi cattolici (Garry Wills, James Carroll, lo stesso Cornwell) ed ebrei (David Kertzer, Susan Zuccotti, Daniel J. Goldhagen) che mettono sotto accusa Pacelli. È assurdo, a suo parere, biasimare un uomo degno invece di essere celebrato con tutti gli onori: non solo dai cattolici, ma anche dagli ebrei.