RADICI A ORIENTE
www.avvenire.it
Persino gli isauri, temutissimi dai romani, risparmiarono il suo monastero chiedendo all’uomo di Dio pane e preghiere
L’altra Turchia di Teodosio
il monaco operaio
Originario d'Antiochia, sulle orme di Paolo bonificò la valle di Arsuz e lavorò come tessitore. C'è chi dice che abbia ispirato l'«ora et labora» di Benedetto E ancora oggi la cittadina dove visse è l'unica del Paese ad avere un sindaco cristiano
Di Egidio Picucci
Sulla strada che da Iskenderun porta verso est e che raggiungerebbe Samandag - il porto in cui si imbarcò Paolo per il primo viaggio apostolico - si incontra Arzus. Una cittadina non eccessivamente grande, ma ordinata e pulita; un porticciolo per barche da diporto; una piazzetta ridente di gerani; la solita moschea con il minareto puntato verso l'alto; un viale di eucaliptus allineati come soldati durante una parata militare; una chiesa ortodossa.
Alla sorpresa per questa presenza imprevista, se ne aggiunge un'altra ancor più impensabile: ad Arsuz c'è l'unico sindaco cristiano dell'intera Turchia. La chiesa è a due passi dal porto, protetta da un recinto in muratura e vegliata da un campaniletto a vela che getta l'ombra sul cimitero, immancabile accanto alle chiese ortodosse.
Qua e là affiorano capitelli corinzi, resti di colonne e di archi di quando la cittadina si chiamava Rhosus e più tardi Antiochia di Pieria. Nessuno si cura di loro: la Turchia è piena di questi denti cariati della storia, ed è impossibile raccoglierli tutti.
Nulla di speciale nella chiesa a un'unica navata, ma abbellita da un'iconostasi con le icone della Teothokos, di san Giorgio e di san Giovanni Battista raffigurato su due piani: in quello superiore mentre viene decapitato; in quello inferiore mentre la sua testa è presentata a Erode dalla ballerina di corte. Uno dei segni di «comunione» con la chiesa cattolica di Iskenderun è rappresentato dai banchi, donati al prete ortodosso dal vicario apostolico monsignor Luigi Padovese.
La chiesa ha un altro legame con il cattolicesimo, più lontano, ma ugualmente bello, costituito dai resti del monastero in cui visse il monaco Teodosio, originario di Antiochia e famoso non solo per le penitenze, ma per aver bonificato la zona in cui si trova Arzus. Nella sua biografia si legge infatti che «tesseva ventagli e ceste, dissodava la terra della valle e faceva seminare per trarne cibo necessario per vivere.
Col passare del tempo, la sua fama si sparse e molti accorrevano da ogni parte, desiderosi di vivere con lui, di essere partecipi delle sue fatiche e della sua condotta di vita. Egli li accoglieva e li guidava sulla sua stessa strada. Si potevano così vedere alcuni che tessevano le vele delle navi, altri mantelli di pelo, altri che intrecciavano ventagli e ceste, altri che dissodavano la terra della valle. E poiché il mare era poco lontano, fece costruire pure un'imbarcazione per il trasporto delle merci: si esportavano così i prodotti dei suoi compagni e si importavano le cose necessarie».
C'è chi dice che l'ora et labora di san Benedetto sia stato mutuato in modo particolare da Teodosio che rivive nel verde della valle da lui bonificata, ma più nelle parole con cui spronava i monaci al lavoro.
«È assurdo, diceva, che la gente impegnata nella vita debba stentare con fatiche e preoccupazioni per mantenere moglie e figli, per far fronte alle imposte dirette o indirette, per offrire le primizie a Dio, per aiutare i poveri secondo le possibilità, mentre non dobbiamo procurarci da vivere col nostro lavoro, perché ci contentiamo di poco cibo e di un modesto vestito. Noi non dobbiamo quindi starcene con le braccia incrociate e profittare dell'altrui fatica».
Da buon superiore controllava perché tutti facessero il proprio dovere. «Si preoccupava in particolare degli ospiti; ne affidava la cura ad uomini dotati di cortesia, di buon senso e di amore per il prossimo. Egli stesso poi, di persona, faceva delle ispezioni per verificare se ognuno si comportava secondo le istruzioni stabilite». Il biografo dice che «i naviganti, anche quando erano lontani più di mille stadi, invocavano il Dio di Teodosio e placavano le tempeste nel suo nome». E aggiunge che pure gli isauri (così crudeli che i romani delimitarono per loro dei confini entro i confini dell'impero) «risparmiarono solo il suo monastero, chiedendo pane e preghiere».
Nella valle bonificata da Teodosio c'è grande abbondanza d'acqua, cosa insol ita per il sud della Turchia. Un rigagnolo scorre a pochi passi da alcuni stupendi sarcofaghi scoperti recentemente e sopra i quali erano state costruite delle abitazioni (sono infatti ancora interrati). La gente spiega la presenza dell'acqua con un miracolo attribuito a Teodoro e che ancora continua. Pare che egli facesse costruire una condotta che andava dal monte Kizil Dag (l'Amanus, la montagna nera dei greci) al monastero; un lavoro inutile, dicevano i monaci, perché il monte era asciutto come un cencio al sole d'agosto.
A lavori finiti egli salì sul monte di notte, percosse la roccia col bastone che gli sosteneva il passo incerto, e l'acqua uscì a fiotti per il refrigerio e la vita della valle. Dietro le insistenze dei vescovi, che temevano un suo rapimento da parte dei briganti (com'era avvenuto per due di loro, riscattati con 14 mila aurei, 25 denari d'argento ognuno), Teodosio si ritirò in Antiochia, dove si costruì una capanna vicino al fiume e dove morì poco dopo.
E il sindaco cristiano? «Forse anche lui si deve allo spirito del monaco che non solo ha bonificato la valle, ma…anche gli uomini», dice scherzosamente monsignor Padovese.