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    Predefinito COSA PENSATE DI QUESTI ARTICOLI SUL SIONISMO

    domenica, 12 aprile 2009
    ARIEL TOAFF AVRAHAN BURG ( 2 EBREI )


    ARIEL TOAFF AVRAHAN BURG ( 2 EBREI )




    ariel toaff

    Ariel Toaff, ha scritto un libretto molto profondo, che integra e ci fa capire , (Ebraismo virtuale, Milano, Rizzoli, 2008) a partire dal significato del linciaggio che ha subito quando pubblicò la prima edizione di Pasque di sangue (Bologna, Il Mulino, 2007).

    Egli dopo aver riflettuto a lungo è giunto alla conclusione secondo cui in ogni argomento di storia ebraica «la Shoah c’entra sempre» (p. 9). Essa apre e chiude ogni libro sull’ebraismo e «viene usata in dosi massicce come fosse un deodorante» (Ivi). Tale apologetica dell’ebraismo che tende a soppiantare la storia reale, rappresenta necessariamente e sempre gli ebrei come martiri innocenti e nega ogni episodio in cui essi, come tutti gli altri uomini di questo mondo, sono stati persecutori o non sono rimasti puramente o semi-passivi (proprio come Pacelli).

    Questo lavoro oleografico è lasciato a degli apologeti che generalmente ignorano l’ebraico (gojim giudaizzanti o ebrei della diaspora) i quali si mettono al servizio dello Stato d’Israele, qualsiasi governo abbia, per difendere a spada tratta tutte le sue decisioni e azioni, comprese quelle più cruente.

    Toaff ricorda che come oggi ci sono delle pagine oscure scritte dall’esercito israeliano in Palestina, così nel Cinquecento «ci sono stati degli ebrei esperti nell’alchimia e nelle arti magiche, imbevuti di superstizioni e dediti alle scienze occulte» (p. 13) e «demonologiche » (p. 24) della cabala pratica, i quali si son macchiati di assassini rituali per uso di sangue a scopo terapeutico, magico-superstizioso, come aveva ampiamente dimostrato nella sua prima edizione di Pasque di sangue.

    Ma la Shoah «la cui memoria sempre più ingigantita, onnipresente e clamorosa ha paralizzato il dibattito nel mondo ebraico» (p. 14).

    Se un fatto storico non è leggibile alla luce della ‘Tesi olocaustica’ lo si deve negare, così è stato per l’omicidio rituale, per il deicidio, per l’Antica Alleanza che è stata soppiantata dalla Nuova ed Eterna nel Sangue di Cristo e per Pio XII. Se qualcuno osa rivisitare questi luoghi storico-teologici, si sentirà rimbrottato con la solita frase oramai fastidiosa e ripetitiva sino alla noia,

    “ma come la mettiamo con la Tesi della Shoah? Non sarà mica un antisemita?”.

    Il Nostro ricorda che quando iniziò l’insegnamento all’Università Bar-Ilan in Israele nel 1971 di Shoah si parlava poco e niente (p. 29), ne parlava solo l’Unione sovietica staliniana (un pulpito poco credibile) per motivi di propaganda bellica, nel 1945-46.

    Soltanto negli anni Ottanta vi fu il ‘revival’ della Shoah, ma molti docenti universitari israeliani non vedevano di buon occhio tale ‘revival’, appunto perché da buoni storici abituati a lavorare su documenti avevano

    «scarsa fiducia nella memorialistica come documento storico probante» (p. 29)

    e avanzavano ampie

    «riserve sulle memorie dei reduci della Shoah, insufficienti e inadeguate» (p. 36),

    dalle quali è nata

    «una storia virtuale e inattendibile» (p. 37).

    I “revisionisti” (Rassinier, Faurisson eccetera) hanno mosso analoghe obiezioni al mito della Shoah, ma le hanno pagate care, come Toaff ha pagato caro il suo libro sull’omicidio rituale. Toaff, come Roger Garaudy (I miti fondatori dello Stato Israeliano, Genova, Graphos, 1996), ha pagato le obiezioni mosse al mito olocaustico.

    Il Toaff parla chiaramente di «storia che diviene mito e leggenda» (p. 33). Ossia la Shoah è il mito su cui si è fondato lo Stato d’Israele e se si critica questo, immancabilmente si profana la “religione mitologica” della Shoah

    «alla quale in fondo [e in privato] nessuno crede veramente» (p. 41),

    ma la cui negazione o revisione, in pubblico ed esteriormente, è considerata una bestemmia che va punita con la prigione, la morte civile se non fisica. Il professore ammonisce i suoi correligionari cercando di far capire loro che questo tipo di storia oleografica rende gli ebrei

    «degli olocausti ambulanti» (p. 46)

    con il risultato che in Italia nel 2007 il 49 % dell’opinione pubblica ha denunciato come «irritante e strumentale il ricordo pubblico, quasi imposto e costantemente amplificato dell’olocausto» (Ivi). Onde cerca di far capire loro che i peggiori nemici del popolo ebraico sono i politicanti riciclati e “kippati”, i quali farisaicamente e senza alcuna convinzione, con l’unico scopo di prender voti, inaugurano musei, mostre, partecipano a ‘meeting’ sulla Shoah, fenomeno questo «che sta portando a una inevitabile e deplorevole banalizzazione» (Ivi). Già Sergio Romano (Lettera ad un amico ebreo, Milano, Longanesi, 1997) aveva cercato di spiegare questa problematica, ma miopemente fu accusato di antisemitismo tra gli altri anche dai discepoli dei redattori di “Difesa della razza” (il cui vice direttore era Giorgio Almirante, padre spirituale di Gianfranco Fini) che oggi si schierano con “L’offesa della razza”, per la società multi etnica, pronti un domani, se cambia il vento, a riciclarsi e ritornare ai vecchi amori. Toaff ammonisce:

    «La Shoah e la sua memoria stanno uccidendo di fatto la storia ebraica» (p. 48).

    L’Autore ha anche il coraggio, oltre la lungimiranza, di ammettere che «se a confrontare Israele entro e là dei suoi confini ci fossero popolazioni europee avvezze alla democrazia e non realtà islamiche (…), il conflitto si sarebbe già da tempo esaurito» (p. 63), è per questo che l’America vorrebbe esportare dal 2001 la democrazia, che ha corrotto l’Europa a partire dal 1945, anche nel mondo arabo, ma senza successo. Però la crisi economica del modello supercapitalista e iperliberista americano segna la fine di un’epoca e di un mondo, quello moderno e postmoderno, condannato da Pio IX nel Sillabo (“il Papa non può venire a patti col mondo moderno [modernità soggettivista e relativista], il liberalismo e il progresso [all’infinito della natura umana, o razionalismo naturalista]”). L’anarco-capitalismo selvaggio di Hayek e Mises ha spinto le masse (occidentali e anche europee) a vivere al di là delle proprie risorse grazie all’indebitamento. Occorre spendere e far circolare soldi, se non li si possiede li si chiede in prestito. È stato – per un lasso di tempo – il trionfo dell’usura e della “cultura” del debito su quella del risparmio, della “cicala” sulla “formica”. L’origine di tale “cultura” innaturale e contraria al buon senso va ricercata teoricamente nel Puritanesimo anglo-americano e politicamente nella vittoria dell’Inghilterra ed Olanda sulla Spagna di Filippo II e poi nella migrazione della “feccia” anglo-olandese (perseguitata nelle loro Terre d’origine) in America, la quale si fonda su tre pilastri: calvinismo, giudaismo e massoneria. Ora questo crollo significa – forse – un ritorno al buon senso mediteraneo-latino sul “fumo di Londra”? Questo ce lo dirà la storia. Per ora non ci resta che attendere l’evolversi della situazione in medio oriente e vedere se tra i due litiganti (americanismo contro islamismo) il terzo (cattolicesimo-romano) potrà trionfare. Quel che è certo è il fatto che anche in economia il caso (o l’assoluta libertà senza alcuna regola) è sempre inferiore alla pianificazione logica di un’intelligenza ordinatrice (specialmente se mitigata e conscia dei propri limiti), la quale non è infallibile ma meno disorganizzata del caso anarco-liberista.

    Queste pagine di Ariel Toaff sono un nuovo colpo al vecchio mito olocaustico, che avendo toccato l’apice sta iniziando la sua discesa, come l’economia iperliberista. La stessa situazione la si ritrova in campo geo-politico, il mito sionista-americano oramai vacilla sotto il peso della crisi economico finanziaria del liberismo puro (neo-con) e della sconfitta militare in Iraq, Libano e Palestina che si potrebbe espandere e diventare una vera catastrofe nucleare in Iran, Afghanistan, Pakistan e Russia.

    Oramai i miti non incantano più nessuno, son tenuti in piedi da vecchie cariatidi che hanno fatto carriera nel primo dopo guerra con essi (e dai loro “giovani” del-fini) e continuano e spremerli come limoni, sino all’ultima goccia, prima di gettarli con la stessa disinvoltura con la quale li hanno abbracciati, baciati e venduti.



    avrahan burg

    Avraham Burg, ex presidente del Parlamento israeliano, deputato laburista, presidente dell’Agenzia ebraica e del Movimento sionista mondiale, vice presidente del Congresso ebraico mondiale, ha scritto (in ebraico nel 2007) un altro libro molto interessante, tradotto un anno dopo in italiano (Sconfiggere Hitler. Per un nuovo universalismo e umanesimo ebraico, Vicenza, Neri Pozza, 2008), che è diventato un best seller in Israele ed ha causato numerose polemiche, che non accennano a diminuire. L’autore descrive lo Stato d’Israele come un Paese aggressivamente militaristico, xenofobo e ossessionato dalla Shoah, proprio come ha fatto il succitato Ariel Toaff. Il quotidiano italiano La Repubblica ha definito questo libro del Burg come ‘demolitore dei pilastri ideologici su cui è stato costruito lo Stato ebraico’.

    Infatti Burg spiega come Israele, “occupato”psicologicamente dalla memoria ossessionante della Shoah, è diventato insensibile alle sofferenze altrui, specialmente dei Palestinesi. Il Paese è oramai, dopo appena sessanta anni dalla sua fondazione, instabile mentalmente e politicamente vicino al razzismo militarista e persecutorio.

  2. #2
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    Predefinito Rif: COSA PENSATE DI QUESTI ARTICOLI SUL SIONISMO

    Ovviamente io ho letto l'articolo, di ARIEL TOAFF, e debbo dire che da una parte gli do ragione, perchè vivere per 60 anni in guerra? Dalltro canto non conosco così bene come da sempli religiosi siano diventati Sionisti, bisogna ammettere, che vivovo un pò ciò che ha vissuto per tantissimi secoli, la religione cattolica, guerre , scismi, la storia si ripete, in nome della religione si uccide, la religione è una cusante per coprire interessi economici. Questo è il miopensiero, mi limitoa dire solo questo, prchèsono gli altri che dovrebero commentare.

  3. #3
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    Predefinito Rif: COSA PENSATE DI QUESTI ARTICOLI SUL SIONISMO

    PS: Oviiamente, voglio precisare che non mi piacciono neanche i Palestinesi, che invece di fare una guerra diciamo normale si comportano come dei terroristi.

  4. #4
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    Predefinito Rif: COSA PENSATE DI QUESTI ARTICOLI SUL SIONISMO

    Cosa ben diversa penso degli IRLANDESI, che lottano contro il colonialismo degli inglesi.

 

 

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