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Risultati da 1 a 10 di 15
  1. #1
    Piccolo insipiente
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    Predefinito SANTI - 4 ottobre: San Francesco d'Assisi

    Oggi, 4 ottobre, ricorre la Festa di San Francesco d'Assisi, illustre Patrono d'Italia.
    Apro questo tread in Suo onore, ben sapendo che sarà piccola cosa.







    Ultima modifica di emv; 02-06-20 alle 15:20 Motivo: Rititolazione a scopo classificazione argomenti

  2. #2
    Piccolo insipiente
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    Possa Dio benedire sempre l'Italia, e possano Maria Santissima, San Francesco, Santa Caterina e tutti i Santi che hanno vissuto sul nostro suolo pregare per la nostra amata Patria!

  3. #3
    Piccolo insipiente
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    E speriamo che la Festa di San Francesco sia riportata al grado di Festa civile

  4. #4
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    approfitto per invitare tutti i forumisti a visitare la splendida città di Assisi !!

    veramente un gioiello di città

  5. #5
    Piccolo insipiente
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    lo avevo aperto sul naizonale, ma me lhanno spostato qui....

  6. #6
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    Citazione Originariamente Scritto da Libero Visualizza Messaggio
    approfitto per invitare tutti i forumisti a visitare la splendida città di Assisi !!

    veramente un gioiello di città
    è un salottino! assisi è semplicemente stupenda!

  7. #7
    Piccolo insipiente
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    sono già 4 volte che ci sono andato...una prima ocn la mia famiglia, molti anni fa...la seconda e la terza due e tre anni fa, per scuola...l'ultima con un mio caro amico, in pellegrinaggio....ma non vedo l'ora di tornarci!

  8. #8
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    Lightbulb Re: 4 ottobre: San Francesco d'Assisi

    Oggi, 4 ottobre 2015, riporto su questa vecchia discussione per ricordare nuovamente San Francesco d'Assisi, illustre Patrono d'Italia...
    Vi riporto vari articoli sul Santo umbro-occitano di interesse notevole, per meglio comprendere in senso davvero ed integralmente cattolico il suo pensiero e la sua vita...
    In Ricordo di San Francesco d'Assisi, nato Giovanni di Pietro Bernardone (Assisi 1181 o 1182 – Assisi 3 ottobre 1226)...



    Radio Spada

    “4 OTTOBRE 2015: SAN FRANCESCO D'ASSISI, CONFESSORE E PATRONO D'ITALIA E DELLE ISOLE ADIACENTI (CON MEMORIA E ULTIMO VANGELO DELLA XIX DOMENICA DOPO PENTECOSTE).
    La conformazione a Cristo.
    Nella lettera ai Romani l'Apostolo san Paolo ci dà la regola di ogni santità con le parole: "Quos praescivit et praedestinavit conformes fieri imagines Filii sui..." (Rom 8,29). Conformarci al divino modello, che si chiama Gesù.. È la conformità al Figlio di Dio, acquistata con la virtù, che fa i santi.
    Celebriamo oggi un Santo, che fu copia ammirabile di Cristo Gesù, che il Sommo Pontefice Leone XIII chiama il più bello dei santi, che Papa Pio XI ci presenta come il santo che pare aver meglio compreso il Vangelo e conformata la vita al divino modello.
    San Francesco infatti è un altro Cristo. Ha cercato Cristo, lo ha seguito, lo ha amato, lo ha dato agli altri, Cristo Gesù è tutta la sua vita. Non ci fermiamo sulle tradizioni graziose che vogliono che Francesco sia nato in una stalla, come Gesù, e su un poco di paglia; noi lo vediamo, giovane, arrestarsi improvvisamente in mezzo ai suoi sogni di piaceri e di feste, mentre pensa ad imprese cavalleresche, perché il Cristo di S. Damiano gli parla: "Francesco, che cosa vale di più? Servire il padrone o il servitore?". Francesco è affascinato da queste parole, comincia una vita nuova, apre il Vangelo e vi cerca Cristo cui consacrarsi interamente.
    Amore del Vangelo.
    Egli fa del Vangelo il suo nutrimento e, trovandovi una celeste soavità, esclama: "Ecco quello che da molto tempo cercavo!". Il Vangelo è suo sostegno, sua consolazione, rimedio a tutte le sofferenze, nelle prove non vuole altro conforto e un giorno dirà ai suoi frati: "Sono saturo di Vangelo, sono pieno di Vangelo". Il Vangelo diventa sua vita e quando vuole dare ai suoi frati una regola, scrive nelle prime pagine: "La regola e la vita dei Frati Minori è questa: osservare il santo Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo".
    Povertà.
    Ma il Vangelo è la storia dell'abbassamento del Figlio di Dio fino a noi e del suo amore per le nostre anime, è il Cristo povero, umile, piccolo, compassionevole e misericordioso, il Cristo Apostolo, il Cristo che ci ama e muore per noi. San Francesco, che lo ha scelto come regola di vita, lo vive alla lettera. Sull’esempio di Gesù, egli abbraccia la povertà e, davanti al Vescovo di Assisi si spoglia delle sue vesti, le restituisce al padre dicendo: "Adesso potrò veramente dire: Padre nostro, che sei nei cieli". E comincia la sua vita di povertà, povertà gioiosa e tutta piena di sole, non la povertà gelosa e afflitta, che troppo spesso vediamo nel mondo, povertà volontaria e amata. Va a tendere la sua mano delicata per le vie di Assisi ed è respinto come se fosse un pazzo, ma resta l'amante della povertà e, al momento della morte, è sua consolazione suprema essere stato fedele a "Madonna Povertà".
    Umiltà.
    Il Vangelo è Gesù Cristo umile e piccolo: parvus Dominus, il Grande piccolo Gesù, come lo chiama san Francesco. Egli medita questo insegnamento e si fa "l’umile Francesco", come lo chiamo l'autore dell'Imitazione. Si considera l'ultimo degli uomini, il più vile peccatore, e soffrire, essere disprezzato è per lui gioia perfetta e dà ai suoi figli il nome di Minori, cioè piccoli.
    Misericordia.
    Il Vangelo è Gesù Cristo compassionevole e misericordioso e, sul suo esempio, il cuore di Francesco è tutto pieno di misericordia. San Bonaventura, scrivendo la sua vita, ci dice: "La benignità, la bontà del nostro Salvatore Gesù Cristo è apparsa nel suo servo Francesco". Egli stesso, all'inizio del suo testamento, scrive: "Il Signore mi fece la grazia di cominciare a fare penitenza, perché quando ero nel peccato mi sembrava troppo amaro vedere dei lebbrosi, ma fui verso di loro misericordioso e quello che mi pareva amaro diventò per me dolcezza dell'anima e del corpo".
    Francesco era misericordioso verso tutti i miseri e alla Tribuna del Parlamento italiano gli fu resa questa testimonianza: "Se san Francesco di Assisi non ha fondato istituzioni di carità, ha versato nel mondo tale una corrente di carità, che dopo sette secoli, nessuna opera di carità è stata fondata senza che egli ne sia stato ispiratore".
    Apostolato.
    Il Vangelo è Gesù Cristo apostolo. Egli è venuto perché gli uomini sentissero la parola di vita e con quale amore lascia cadere dal suo labbro le sue intenzioni divine! E Francesco, sulle orme di Cristo, si fa apostolo, traccia nell'aria il segno della Croce e manda i suoi discepoli ai quattro angoli del mondo. Egli ha capito bene le parole di Gesù: "Andate e insegnate a tutte le nazioni". Primo fra tutti i fondatori di Ordini moderni, manda i suoi figli nelle regioni infedeli e quando, dopo qualche mese, viene a sapere che cinque di essi hanno colto, nel Marocco, la palma del martirio, esclama con gioia: "Finalmente ho dei Vescovi!" I suoi vescovi erano i martiri. Dopo aver fondata l'opera sua, non sogna per sé che di offrire a Gesù la testimonianza del sangue e tre volte passa i mari, va a predicare Cristo fino alla presenza del Sultano infedele, ma Dio gli riserva un altro martirio per il giorno in cui gli manderà un Angelo a incidergli nelle sue carni le piaghe del divino Crocifisso.
    Il dono di sé.
    Il Vangelo è Gesù, che si dona e si immola e, come Gesù, Francesco si dona a sua volta. "Questo povero, piccolo uomo, dice san Bonaventura, non aveva che due cosa da offrire: il suo corpo e la sua anima". Dona a Dio il suo corpo con la penitenza e sappiamo come egli trattasse il suo corpo. Aveva diviso l'anno in nove quaresime successive, si contentava di pane secco e si rifiutava anche l'acqua necessaria alla sua sete, per non cedere alla sua sensualità. Era suo letto la terra nuda, suo cuscino un tronco di quercia e, tormentato spesso da malattie, ringraziava il Signore perché non lo risparmiava. Chiedeva a Dio di soffrire cento volte di più, se era sua volontà. Dava poi a Dio la sua anima con la preghiera e con lo zelo.
    Ma san Francesco non è soltanto discepolo fedele di Cristo, perché copia la vita e le virtù del Maestro, ma è soprattutto il Santo dell'amore serafico. Egli è entrato nel Cuore di Gesù, ha compreso il Cuore di Gesù e gli rende amore per amore.
    Amore dell’Eucaristia.
    Con l'amore del Vangelo, un altro amore consuma il cuore di Francesco: l'amore dell'Eucaristia! Il mistero eucaristico era fatto apposta per attirare la sua anima serafica! Un Dio disceso dal cielo per salvarci, fattosi carne in forma umana e morto sul Calvario come un delinquente, si abbassa ancora fino a prendere la forma di una piccola ostia, per unirsi a noi e farsi nostro cibo; un Dio, che, dopo la follia della Croce, giunge alla follia dell'Eucaristia e sta imprigionato nel tabernacolo, per attenderci e per riceverci, è un mistero ineffabile, che desta l'ammirazione delle anime amanti. Francesco, il grande amante del Vangelo, in cui trovava la parola vivente ed eterna di Gesù, il grande amante della Croce, in cui vede l'amore sacrificato, ama pure l'ostia dove è l'amore vivente, l'amore che si dona, l'amore che attira e trasforma le anime generose e pure! Per l'ostia egli corre a riparare i tabernacoli, per l'ostia va per le campagne a ripulire e ornare le chiese povere e abbandonate, per l'ostia dimentica la povertà e manda i frati a disporre sugli altari vasi d'oro e d'argento, per l'ostia si prostra lungo la via, quando vede spuntare la guglia di un campanile e passa ore davanti al tabernacolo, tremante per il freddo, in adorazione e in amore. Fa celebrare la Messa tutti i giorni e con fervore si comunica tutti i giorni.
    In un'epoca in cui spesso il sacerdozio è avvilito, ricorda ai sacerdoti la loro grandezza. "Il vedo in essi il Figlio di Dio" e si mette in ginocchio davanti al sacerdote, e gli bacia le mani. Egli, il piccolo diacono, che si giudica indegno di salire l'altare, scrive a cardinali, a vescovi, a principi: "Vi prego, miei signori, baciando le vostre mani, fate in modo che il Corpo di Gesù sia trattato degnamente e da tutti debitamente rispettato". E Francesco prepara all'ostia anime adoratrici, circonda di anime vergini il tabernacolo con le Clarisse e ciborio, giglio, corona di spine diventano le armi di S. Damiano.
    Vangelo, Croce, Eucaristia sono i grandi amori, che formano l'anima di Francesco, il segreto della sua azione nella Chiesa. Dopo aver cercato Gesù, dopo aver vissuto di Lui, dopo averlo amato, Francesco poteva attendere la morte, senza averne paura,. La grande Teresa d'Avila, mentre stava per morire esclamava: "È tempo di vederci, Gesù mio!". Francesco, nelle stese circostanze, si mette a cantare: "Voce mea ad Dominum clamavi, ad Dominum deprecatus sum. Chiamo il Signore con tutta la mia voce e prego il mio Signore". "Me exspectant iusti... I giusti mi attendono, essi vogliono essere testimoni della ricompensa che Dio mi darà" (Sal 140,1).
    Quale incontro sarà quello dell'anima di Francesco con il Signore! Ricordiamo il quadro del Murillo, che ci presenta Cristo mentre stacca un braccio dalla croce e attirà a sé l'umile Francesco, per stringerlo al cuore. È questa la morte di Francesco. Con uno slancio sublime l'anima sua si getta tra le braccia di Dio e va a godere l'amore, che non ha fine.
    VITA. - Francesco nacque ad Assisi nel 1182 e fin dalla giovinezza si mostrò caritatevole verso i poveri. Una malattia fu l'inizio di una vita di perfezione e risolvette di dare tutto quanto possedeva. Suo padre pretese la rinuncia all'eredità e Francesco rinunciò volentieri, spogliandosi tosto anche degli abiti che indossava. Fondò con alcuni compagni l'Ordine dei Frati Minori, che ebbe l'approvazione di Papa Innocenzo III. Francesco mandò i suoi religiosi a predicare dappertutto ed egli stesso, desideroso del martirio, partì per la Siria, ma avendo raccolto soltanto onori, tornò in Italia dove fondò presso la Chiesa di S. Damiano un Ordine di vergini, sotto la direzione di santa Chiara, e il Terz'Ordine, per dare anche alle persone viventi nel mondo un mezzo efficace di santificazione nella pratica delle virtù religiose. Nel 1224, mentre pregava sul monte Alvernia, gli apparve un serafino, che impresse nel suo corpo le piaghe di Crocifisso, in segno dell'amore che il santo nutriva per il Signore. Due anni dopo Francesco, molto ammalato, si fece portare alla chiesa di S. Maria degli Angeli e vi morì dopo aver esortato i suoi frati Minore ad amare la povertà, la pazienza e a difendere la fede della Chiesa Romana. Gregorio IX, che lo aveva conosciuto profondamente, lo iscrisse poco appresso nel catalogo del Santi.
    Preghiera di san Francesco.
    "Grande e magnifico Dio, mio Signore Gesù Cristo! Io ti supplico di darmi luce, di rischiarare le tenebre dell'anima mia. Dammi fede retta, speranza sicura, carità perfetta. Concedimi, o Signore, di conoscerti bene, per poter in tutte le cose agire nella tua luce secondo la tua volontà".
    La Chiesa in rovina.
    Così tu pregavi spesso e a lungo davanti al Crocifisso della vecchia chiesa di S. Damiano. E un giorno dal Crocifisso scese una voce che solo il tuo cuore poteva percepire e diceva: "Va', Francesco, ricostruisci la mia casa, che sta per crollare". E tu, tremante e felice insieme, rispondesti: "Andrò con gioia, o Signore, a fare quanto mi chiedi!".
    La casa che stava per crollare era senza dubbio la vecchia e solitaria cappella di S. Damiano, ma il Signore pensava soprattutto alle rovine, accumulatesi nel corso degli ultimi secoli nella sua Chiesa.
    L'Ordine dei Minori.
    Il Papa, che lo aveva compreso, approvò l'Ordine dei Minori, che con il suo fervore, il suo amore per la povertà, lo zelo apostolico, non solo avrebbe riparato le rovine della Chiesa di Cristo, ma sarebbe andato a costruire nuove cristianità nelle terre infedeli, col sangue dei migliori suoi figli.
    Dalla gloria del cielo, dove il Signore ti concede ora così grande e gloriosa ricompensa, degnati, o san Francesco, di non dimenticare la Chiesa per cui non hai risparmiato fatiche.
    Aiuta i tuoi figli, che proseguono l'opera tua nel mondo intero, e possano essi crescere in numero e in santità, prodigandosi sempre nell'insegnamento con la parola e con l'esempio.
    Prega per tutto lo stato religioso, che acclama in te uno dei suoi Patriarchi illustri e tu, amico di san Domenico, mantieni tra le due famiglie quella fraternità, che non venne mai a mancare, conserva per l'Ordine Benedettino i sentimenti, che sono in questo giorno la tua gioia, stringendo ancora e legami, che il dono della Porziuncola ha annodato per l'eternità con i tuoi benefici (Porziuncola era una piccola proprietà dei Benedettini del Monte Subasio, ceduta a san Francesco, per essere la culla del suo Ordine).
    da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, Alba, 1959, p. 1138-1144.”









    http://www.riscossacristiana.it/san-francesco-antimoderno/
    LA RISCOSSA CRISTIANA - LIBRI: Guido Vignelli - SAN FRANCESCO ANTIMODERNO - Fede e Cultura, 2009
    Guido Vignelli - SAN FRANCESCO ANTIMODERNO - Fede e Cultura, 2009



    La verità su San Francesco per confutare lo “spirito di Assisi” di Piero Vassallo

    Nell’ambiente costituito dagli studiosi cattolici, che s’ispirano alla dottrina controrivoluzionaria di Plinio Correa de Oliveira, Guido Vignelli
    primeggia per il singolare acume, la mai vana erudizione e il garbato senso dell’umorismo.
    La conferma delle invidiabili qualità di Vignelli si trova nel pregevole saggio “San Francesco antimoderno”, un testo agile benché sostenuto da un apparato bibliografico ingente che è pubblicato nella collana “Lepanto” dalla casa editrice Fede k Cultura di Verona, in occasione dell’ottavo centenario dell’Ordine francescano.
    Secondo Fabio Bernabei, l’autore dell’introduzione, la finalità del saggio è rammentare ai cattolici “adulti”, variamente disinformati, cioè fuorviati dalla scuola bolognese o tarantolati dalle scolastiche tardo-sessantottine, che “il più santo degl’Italiani e il più italiano dei santi” ha assegnato ai suoi compatrioti la missione di vivere nell’intransigente zelo per la gloria di Dio e nella generosa dedizione alla Chiesa cattolica.
    Negli anni tormentati del postconcilio, uno sciame di giornalisti teologizzanti e di teologi appiattiti sul giornalismo, ha, infatti, deformato la biografia del Serafico, fino ad abbassarla a quella figura “melensa, smidollata, imbelle, remissiva e permissiva”, che è presa a modello pseudo profetico dai cristiani che l’effervescente spirito di Assisi ha istigato al pellegrinaggio nelle paludi dell’errore moderno.
    Il compito di cui Vignelli si è fatto carico non era certamente dei più facili, data l’ sterminata mole della biblioteca francescana e, sopra tutto, dato l’incontrastato potere esercitato dai paroliberieri progressisti, che leggono obliquamente e sentenziano in acrobazia. Dai pulpiti prestigiosi che sono allestiti su mandato di poteri forti nell’avversione alla verità cattolica.
    Per abbattere la selvaggia e gongolante foresta di favole piantate intorno alle presunte anticipazioni francescane del modernismo, del socialismo, del pacifismo, del contraffatto ecumenismo, del pauperismo, dell’ecologismo, del nudismo e dell’anticlericalismo era necessaria oltre la sgradevole lettura della torrentizia letteratura conformista, una conoscenza puntuale degli scritti di San Francesco, delle numerose testimonianze sulla sua vita e sulla sua dottrina, degli insegnamenti del magistero romano in materia e dei saggi degli autori probati.
    Una fatica enorme, che Vignelli ha sostenuto per dare una solida base scientifica alle tesi esposte nel saggio i questione.
    La pubblicazione di un saggio tanto documentato quanto accessibile al lettore medio è un colpo indirizzato alla vulgata cattoprogressista e andato a segno grazie all’uso elegante e umile dell’erudizione.

    Vignelli ha ottenuto questo brillante risultato perché la sua vita e la sua cultura sono indenni dalla spocchia e dalla pedanteria accademica. E’ dunque auspicabile che il suo saggio abbia la vasta diffusione che merita un così importante contributo alla restaurazione ultimamente in atto del pensiero cattolico.

    il libro può essere richiesto direttamente alla Casa Editrice Fede e Cultura

    per tornare in copertina, clicca qui"




    Libri e pubblicazioni




    "SAN FRANCESCO ANTIMODERNO (Guido Vignelli)

    Chi fu san Francesco d’Assisi? Fu davvero quel bislacco personaggio pacifista, filoislamico, “animalista”, rivoluzionario e anarcoide, propagandato da molti suoi biografi e diffuso fra le masse da libri, giornali, romanzi, fumetti, musical, commedie, film e telefilm?
    O piuttosto questa è una grossolana e interessata falsificazione che ha prevalso solo perché non è stata adeguatamente contrastata?
    Restituendo la parola al santo stesso, ai suoi primi biografi e alle fonti originarie, e appoggiandosi su alcuni probati auctores,l’autore qui confuta questa falsa immagine restituendoci la vera identità del Serafico: il quale fu un riformatore austero, intransigente, combattivo, nobile e generoso, insomma un santo tipicamente medioevale e provocatoriamente “antimoderno”.
    Proprio per questo, egli risulta di sconcertante e affascinante attualità e in particolare costituisce un modello, un monito e un incoraggiamento per gl’Italiani in crisi del nostro tempo, affinché ricuperino la loro missione religiosa e civile guarendo da vizi antichi e riscattandosi da colpe recenti.
    Guido Vignelli
    SAN FRANCESCO ANTIMODERNO
    Difesa del Serafico dalle falsificazioni
    Fede&Cultura, Verona 2009, € 7,00
    ISBN: 978-88-6409-028-3"




    La differenza tra il pauperismo e la povertà cristiana | UCCR
    "La differenza tra il pauperismo e la povertà cristiana11 giugno 2013 di Francesco Agnoli* *scrittore e saggista da Il Foglio 18/04/13




    Quando si parla di san Francesco, il pensiero corre al Cantico delle Creature, che tutti abbiamo studiato come primo documento della letteratura volgare. Riassunto in soldoni, il Cantico insegna ad andare a Dio tramite le sue creature. Dice cioè di un amore per la realtà, per il mondo, per il suo essere portatore di tracce divine. Come osservando un quadro di Giotto o la Pietà di Michelangelo riusciamo a comprendere qualcosa dell’intelligenza, della genialità dei due artisti, così il Sole, la Luna, l’acqua, il fuoco sono doni di Dio, che a lui ci devono condurre.
    Dalle creature al Creatore; dalle “perfezioni” visibili, a quelle invisibili. Poi il pensiero corre a Madonna Povertà, di cui ci parla Dante nell’XI canto del Paradiso, e tutti immaginiamo un uomo che rinuncia alle ricchezze del padre, alle glorie del mondo, per una vita all’insegna dell’amore di Dio, della semplicità, della povertà. Ma la povertà esteriore, il rude saio francescano, mi sembra, è solo l’aspetto più evidente, esteriore, della povertà francescana.
    Per questo talora si può ridurre Francesco a un pauperista. In realtà avrebbe faticato di più, senza dubbio, a comunicarlo, ma Francesco sarebbe stato povero, in senso evangelico, anche se fosse stato costretto a vivere in una reggia, a fare il re, il principe o Papa. Del resto, quanti pontefici, quanti sovrani, nella storia, sono stati capaci di un distacco ascetico non solo dalle ricchezze (tentazione, per il vero, degli spiriti più rozzi), quanto dal potere? Ecco dunque che la povertà cristiana di Francesco è anzitutto povertà, diciamo così, dall’orgoglio. I catari, contemporanei di Francesco, vivevano anch’essi una povertà radicale; ma si consideravano “puri”, perfetti, facevano mostra della loro ascesi (in verità disprezzo per la realtà creata), presentandosi come santi. Erano, però, uomini orgogliosi, incapaci di accettare il limite imposto dalla realtà, i limiti della carnalità e della finitudine umana. Dèi, pretendevano di essere, incarcerati nel corpo e nel mondo, tesi a protestare la loro grandezza, la loro divinità, la loro santità, contro la caducità del Sole, della Luna, delle stelle, del corpo… e contro l’ingiustizia e la malvagità degli altri uomini e, a detta loro, di Dio.In cosa consiste allora la povertà di Francesco? Oserei dire nella sua letizia. Così espressa in un celebre fioretto: «Avvenne un tempo che san Francesco d’Assisi e frate Leone andando da Perugia a Santa Maria degli Angeli, il santo frate spiegasse al suo compagno di viaggio cosa fosse la perfetta letizia. Era una giornata d’inverno e faceva molto freddo e c’era pure un forte vento e… mentre frate Leone stava avanti, frate Francesco chiamandolo diceva: “frate Leone, se avvenisse, a Dio piacendo, che i frati minori dovunque si rechino dessero grande esempio di santità e di laboriosità, annota e scrivi che questa non è perfetta letizia“. Andando più avanti san Francesco chiamandolo per la seconda volta gli diceva: “O frate Leone, anche se un frate minore dia la vista ai ciechi, faccia raddrizzare gli storpi, scacci i demoni, dia l’udito ai sordi… scrivi che non è in queste cose che sta la perfetta letizia…”. E così andando per diversi chilometri quando, con grande ammirazione frate Leone domandò: “padre ti prego per l’amor di Dio, dimmi dov’è la perfetta letizia”. E san Francesco rispose: “quando saremo arrivati a Santa Maria degli Angeli e saremo bagnati per la pioggia, infreddoliti per la neve, sporchi per il fango e affamati per il lungo viaggio busseremo alla porta del convento. E il frate portinaio chiederà: chi siete voi? E noi risponderemo: siamo due dei vostri frati. E lui non riconoscendoci, dirà che siamo due impostori, gente che ruba l’elemosina ai poveri, non ci aprirà lasciandoci fuori al freddo della neve, alla pioggia e alla fame mentre si fa notte. Allora se noi a tanta ingiustizia e crudeltà sopporteremo con pazienza ed umiltà senza parlar male del nostro confratello, anzi penseremo che egli ci conosca… allora frate Leone scrivi che questa è perfetta letizia…”.
    Cosa dice Francesco? Che chi è povero di sé, chi è povero di orgoglio, cioè chi non lega la propria “autostima”, come si dice oggi, ai fatti, alle circostanze, al successo, alla fama, al riconoscimento degli altri, è veramente lieto. Nessuno infatti può portargli via nulla, perché ciò che gli sta a cuore non sono gli sguardi degli uomini, ma il sentirsi guardato, giudicato, amato da Dio. Cosa importa, alla letizia francescana, se i frati, che lui ha fondato, non aprono la porta? Se proprio chi dovrebbe essere riconoscente, non lo è? Se non solo i nemici, ma persino gli amici, criticano e denigrano ingiustamente? Cosa importa se gli altri esaltano, o se al contrario, diffamano?
    Nulla di tutto questo è veramente importante. I francescani potrebbero dire “omnia mea mecum porto”, ma non alla maniera degli stoici: con una umiltà nuova, quella per cui la ricchezza che nessuno potrà mai toglierci è l’essere figli di Dio. E’ la fiducia totale nella sua vicinanza. Quanto più ci saremo spogliati di noi stessi, delle nostre presunzioni e pretese, persino, talora, di quelle giuste, tanto più saremo lieti."



    https://escogitur.wordpress.com/2013/03/19/poverta-cristiana-e-pauperismo-ereticale-il-cattolico-ha-il-dovere-di-aiutare-i-poveri-combattendo-la-poverta/
    "Povertà cristiana e pauperismo ereticale. Ogni Cattolico ha il dovere di aiutare tutti i bisognosi combattendo la miseria (...)"








    I due Francesco « www.agerecontra.it
    "Il santo coraggio della verità: quando il poverello d’Assisi sfidò il Sultano alla prova del fuoco
    dalla Legenda Maior di san Bonaventura:



    A tredici anni dalla sua conversione, [Francesco] partì verso le regioni della Siria, affrontando coraggiosamente molti pericoli, alfine di potersi presentare al cospetto del Soldano di Babilonia.
    Fra i cristiani e i saraceni era in corso una guerra implacabile: i due eserciti si trovavano accampati vicinissimi, l’uno di fronte all’altro, separati da una striscia di terra, che non si poteva attraversare senza pericolo di morte. Il Soldano aveva emanato un editto crudele: chiunque portasse la testa di un cristiano, avrebbe ricevuto il compenso di un bisante d’oro. Ma Francesco, l’intrepido soldato di Cristo, animato dalla speranza di poter realizzare presto il suo sogno, decise di tentare l’impresa, non atterrito dalla paura della morte, ma, anzi, desideroso di affrontarla.
    Confortandosi nel Signore (1Sam 30,6), pregava fiducioso e ripeteva cantando quella parola del profeta: infatti anche se dovessi camminare in mezzo all’ombra di morte, non temerò alcun male, perché tu sei con me (Sal 22,4).

    Partì, dunque, prendendo con sé un compagno, che si chiamava Illuminato ed era davvero illuminato e virtuoso.
    Appena si furono avviati, incontrarono due pecorelle, il Santo si rallegrò e disse al compagno: «Abbi fiducia nel Signore (Sir 11,22), fratello, perché si sta realizzando in noi quella parola del Vangelo: “Ecco, vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”».

    Avanzarono ancora e si imbatterono nelle sentinelle saracene, che, slanciandosi come lupi contro le pecore, catturarono i servi di Dio e, minacciandoli di morte, crudelmente e sprezzantemente li maltrattarono, li coprirono d’ingiurie e di percosse e li incatenarono. Finalmente, dopo averli malmenati in mille modi e calpestati, per disposizione della divina provvidenza, li portarono dal Sultano, come l’uomo di Dio voleva. Quel principe incominciò a indagare da chi, e a quale scopo e a quale titolo erano stati inviati e in che modo erano giunti fin là.
    Francesco, il servo di Dio, con cuore intrepido rispose che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio Altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità.

    E predicò al Soldano il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: «Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire» (Lc 21,15).
    Anche il Soldano, infatti, vedendo l’ammirevole fervore di spirito e la virtù dell’uomo di Dio, lo ascoltò volentieri e lo pregava vivamente di restare presso di lui. Ma il servo di Cristo, illuminato da un oracolo del cielo, gli disse: «Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa». Ma il Soldano, a lui: «Non credo che qualcuno dei miei sacerdoti abbia voglia di esporsi al fuoco o di affrontare la tortura per difendere la sua fede» (egli si era visto, infatti, scomparire immediatamente sotto gli occhi, uno dei suoi sacerdoti, famoso e d’età avanzata, appena udite le parole della sfida).
    E il Santo a lui: «Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e signore, salvatore di tutti» (1Cor 1,24; Gv 17,3 e 4,42).
    Ma il Soldano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango.
    Vedendo quanto perfettamente il Santo disprezzasse le cose del mondo, il Soldano ne fu ammirato e concepì verso di lui devozione ancora maggiore. E, benché non volesse passare alla fede cristiana, o forse non osasse, pure pregò devotamente il servo di Cristo di accettare quei doni per distribuirli ai cristiani poveri e alle chiese, a salvezza dell’anima sua. Ma il Santo, poiché voleva restare libero dal peso del denaro e poiché non vedeva nell’animo del Soldano la radice della vera pietà, non volle assolutamente accondiscendere.
    Vedendo, inoltre, che non faceva progressi nella conversione di quella gente e che non poteva realizzare il suo sogno, preammonito da una rivelazione divina, ritornò nei paesi cristiani."

    NELL?ATTUALE BABILONIA DIVIENE SEMPRE PIÙ CHIARO L?ENIGMA DELLO «STERMINATORE» « www.agerecontra.it
    "NELL’ATTUALE BABILONIA DIVIENE SEMPRE PIÙ CHIARO L’ENIGMA DELLO «STERMINATORE»
    L’EDITORIALE DEL VENERDI di Arai Daniele
    (...) Quindi, riprendo per aggiornare lo scritto intitolato «GRANDE SCISMA E TRIBOLAZIONE MAGNA NELLA CHIESA del 7 agosto, sulla: Profezia di San Francesco d’Assisi, che termina: il Signore Gesù Cristo invierà loro non un degno pastore, ma uno sterminatore.
    La grande tribolazione della Chiesa è in atto: il tempo delle nazioni cristiane è scaduto con la generale apostasia e ora il mondo già comincia a saggiare cosa sia il flagello del potere che, in nome della libertà è senza Dio e contro Cristo; il potere dell’Anticristo che, dichiarando il «diritto a ogni libertà» (di cui la «religiosa» è la più alta e inclusiva di tutte), già devasta molte nazioni e di certo presto devasterà l’Europa e tutta la terra.
    Poco prima di morire (1226), San Francesco d’Assisi, avendo convocato i fratelli, li avvertì di grandi tribolazioni future. Fu la «profezia» in cui c’è la parola «sterminatore», poi ripetuta anche dal Venerabile Bartolomeo Holzhauser per definire Lutero che si è gloriato di questo nome.
    Spesso le profezie suscitano dubbi, ma se i fatti previsti si realizzano, come non rievocarle? Se viviamo un fatto clamoroso relativo alla Fede, perché non legarlo a quanto detto nelle Scritture, nelle profezie dei santi e nel Magistero per avvertire le genti? Si tratta di avere altri dati per identificare neglio la datazione di fatti predetti, quando cominciano a chiarirsi agli occhi di chi vuol capire l’avviso per la difesa del bene più prezioso: la Fede.
    Lo stesso si sa dell’infallibile realizzazione di tutto quanto predetto evangelicamente! Per esempio quando il Signore parlò della venuta di falsi cristi e falsi profeti. Questi in passato furono diversi. Ma nel presente, il rappresentante di Cristo in terra è solo uno: il Papa. Quindi, «falso Cristo» è applicabile solo a uno: un falso papa; un anticristo; a chi si farà notare dai frutti di demolizione: uno sterminatore della Tradizione nella Chiesa! Non è forse la situazione che viviamo, pur senza dare autenticità a tante profezie? A questo punto, evochiamo anche la così detta «profezia» di San Francesco, per capire quanto essa possa essere applicabile all’inaudita realtà presente, come fa Blondet.
    Magnum in Ecclesia schisma et tribulationem futuram
    Dopo aver convocato i suoi fratelli poco prima della sua morte (1226), Francesco ha avvertito su tribolazioni future, dicendo:
    “Fratelli agite con forza e fermezza in attesa del Signore. Un periodo di grandi tribolazioni e afflizioni in cui grandi pericoli e imbarazzi temporali e spirituali accadranno; la carità di molti si raffredderà e l’iniquità dei malvagi abbonderà. Il potere dei demoni sarà più grande del solito, la purezza immacolata della nostra comunità religiosa e altri saranno appassiti al punto che ben pochi fra i cristiani vorranno obbedire al vero sommo Pontefice e alla Chiesa Romana con un cuore sincero e perfetta carità. Nel momento decisivo di questa crisi, un personaggio non canonicamente eletto, elevato al soglio pontificio, si adopererà a propinare sagacemente a molti il veleno mortale del suo errore. Mentre gli scandali si moltiplicheranno, la nostra congregazione religiosa sarà divisa tra altre che saranno completamente distrutte, perché i loro membri non si opporranno, ma consentiranno all’errore. Ci saranno così tante e tali opinioni e divisioni tra la gente, e tra i religiosi e i chierici che, se quei giorni malefici non fossero abbreviati, come annunciato dal Vangelo, anche gli eletti cadrebbero nell’errore (se fosse possibile), se in tale uragano non fossero protetti dall’immensa misericordia di Dio. Così la nostra Regola e il nostro modo di vita saranno violentemente attaccati da alcuni. Delle tentazioni terribili sorgeranno. Coloro che supereranno la grande prova riceveranno la corona della vita. Guai a quelli tiepidi che metteranno ogni loro speranza nella vita religiosa, senza resistere saldamente alle tentazioni consentite per provare gli eletti. Coloro che nel fervore spirituale abbracceranno la pietà con la carità e zelo per la verità, subiranno persecuzioni e insulti come se fossero scismatici e disobbedienti. Perché i loro persecutori, spronati da spiriti maligni, diranno che in questo modo prestano grande onore a Dio nell’uccidere e rimuovere dalla terra degli uomini tanto cattivi. Allora il Signore sarà il rifugio degli afflitti e lui li salverà, perché hanno sperato in Lui. E poi per rispettare il loro Capo, agiranno secondo la Fede e sceglieranno di obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, acquistando con la morte dalla vita eterna, non volendo conformarsi all’errore e alla perfidia, per assolutamente non temere la morte. Così alcuni predicatori terranno la verità in silenzio e negandola la calpesteranno. La santità di vita sarà derisa da coloro che la professano solo esteriormente e per questa ragione Nostro Signore Gesù Cristo invierà loro non un degno pastore, ma uno sterminatore”.
    Opera Omnia S. FRANCISCI ASSISIATIS, col. 430 Paris Imp. Bibliothèque écclésiastique 1880 (dalle annotations de Louis-Hubert Remy)
    (...)"



    La fonte della profezia di San Francesco:

    https://archive.org/stream/MN5094ucmf_2#page/n435/mode/2up



    San Francesco, biografia ufficiale




    Luca, Sursum Corda!

    Ultima modifica di Holuxar; 04-10-15 alle 19:58
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: 4 ottobre: San Francesco d'Assisi

    Ulteriori immagini ed articoli su San Francesco d'Assisi...






    https://forum.termometropolitico.it/124381-san-francesco-d-assisi.html

    http://www.santiebeati.it/dettaglio/21750
    "Assisi, 1182 - Assisi, la sera del 3 ottobre 1226

    Francesco nacque ad Assisi nel 1181, nel pieno del fermento dell'età comunale. Figlio di mercante, da giovane aspirava a entrare nella cerchia della piccola nobiltà cittadina. Di qui la partecipazione alla guerra contro Perugia e il tentativo di avviarsi verso la Puglia per partecipare alla crociata. Il suo viaggio, tuttavia, fu interrotto da una voce divina che lo invitò a ricostruire la Chiesa. E Francesco obbedì: abbandonati la famiglia e gli amici, condusse per alcuni anni una vita di penitenza e solitudine in totale povertà. Nel 1209, in seguito a nuova ispirazione, iniziò a predicare il Vangelo nelle città mentre si univano a lui i primi discepoli insieme ai quali si recò a Roma per avere dal Papa l'approvazione della sua scelta di vita. Dal 1210 al 1224 peregrinò per le strade e le piazze d'Italia e dovunque accorrevano a lui folle numerose e schiere di discepoli che egli chiamava frati, fratelli. Accolse poi la giovane Chiara che diede inizio al secondo ordine francescano, e fondò un terzo ordine per quanti desideravano vivere da penitenti, con regole adatte per i laici. Morì nella notte tra il 3 e il 4 ottobre del 1228. Francesco è una delle grandi figure dell'umanità che parla a ogni generazione. Il suo fascino deriva dal grande amore per Gesù di cui, per primo, ricevette le stimmate, segno dell'amore di Cristo per gli uomini e per l'intera creazione di Dio.

    Patronato: Italia, Ecologisti, Animali, Uccelli, Commercianti, Lupetti/Coccin. AGESCI

    Etimologia: Francesco = libero, dall'antico tedesco

    Emblema: Lupo, Uccelli
    Martirologio Romano: Memoria di san Francesco, che, dopo una spensierata gioventù, ad Assisi in Umbria si convertì ad una vita evangelica, per servire Gesù Cristo che aveva incontrato in particolare nei poveri e nei diseredati, facendosi egli stesso povero. Unì a sé in comunità i Frati Minori. A tutti, itinerando, predicò l’amore di Dio, fino anche in Terra Santa, cercando nelle sue parole come nelle azioni la perfetta sequela di Cristo, e volle morire sulla nuda terra."














    San Francesco d’Assisi nella penna di Mons. Benigni (I parte)
    San Francesco d?Assisi nella penna di Mons. Benigni (I parte) « www.agerecontra.it
    “Il 4 Ottobre è la Festività di S. Francesco, Patrono d’Italia per volontà dell’ultimo Papa, Pio XII. Quest’anno cadeva di Domenica, nella Memoria della XIX dopo Pentecoste. Al termine della Santa Messa si è recitata la Supplica alla Madonna di Pompei, in quanto prima Domenica di Ottobre, particolarmente attuale in questi tempi tribolati per la Chiesa, per l’Italia e per l’Europa. Preghiamo il Santo Rosario ogni giorno, per ottenere le Grazie celesti necessarie.”

    http://federiciblog.altervista.org/
    San Francesco d?Assisi nella penna di Mons. Benigni (I parte)*|*Federici Blog
    “Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
    Comunicato n. 76/15 del 3 ottobre 2015, Santa Teresa del Bambin Gesù
    Dalla “Storia Sociale della Chiesa”, Vol. V, “La crisi medievale”, Vallardi 1933, pagg. 616-625.
    I Francescani, di Mons. Umberto Benigni (prima parte).

    «Un uomo ed un ambiente»: questo tema è stato largamente trattato per molti personaggi; ma per nessuno esso s’impone come per S. Francesco. La sua strapotente figura nell’umiltà del «Minore», è veramente la fulgida condensazione di tutto un ambiente, di un doppio ambiente: il locale propriamente detto cioè il paesaggio, e quello del tempo, l’ora volgente, il momento storico.
    Francesco è cosi intenso nella sua umanità prostrata e nella sua umanità assorgente, nel Poverello e nel Serafico, che egli é l’umanità del suo tempo in un concentramento supremo cui si presta l’ Umbria mite nei suoi oliveti, austera nelle sue selve d’elce e di cerro. Va subito notato come ambiente locale, che la cosiddetta Umbria consta di un agglomerato fra l’Umbria vera al sud*est del Tevere (dialetto del lu) e quella inserita all’altra sponda nord-ovest che è in realtà l’Etruria meridionale (dialetto d’il). Ebbene quest’ultima non ha dato mai fondatori di notevoli istituti religiosi che pur nacquero nell’Etruria autonoma, la Toscana, con i già menzionati ordini religiosi fondati da senesi e da fiorentini.
    Invece l’Umbria propriamente detta che ha la frontiera settentrionale con Assisi, Foligno, Spoleto, Norcia si gloria di avere generato Benedetto e Francesco, due giganti del tipo il più differente. E così fu per le care e gloriose sante, da Scolastica di Norcia a Chiara d’Assisi, cofondatrici dei due immensi istituti, le benedettine e le francescane, oltre Rita da Cascia, Angela di Foligno, Chiara di Montefalco … Due stelle affiorano, non entrano nell’Umbria etrusca: Margherita di Cortona che è toscana, Rosa di Viterbo che è laziale.
    L’Umbria etrusca ebbe (lo abbiamo testé veduto) una grande iniziativa che poteva svolgersi magnificamente nel campo ortodosso: le compagnie popolari di penitenza; ma subito esse mostrarono di non essere nate collo spirito che brillava a pochi chilometri da Perugia, ad Assisi: i flagellanti furono un flagello più per le spalle della Chiesa che per le loro.
    Come si potrebbe negare che Francesco se inquadri a perfezione nel suo paesaggio umbro, nel profumo agreste delle sue valli e delle sue colline, tutte popolate di monasteri e di romitaggi, di cappelle e di «maestà» come là chiamano le edicole di immagini sacre lungo le vie?
    Al disopra del Tevere, Perugia, stretta tra Firenze e Roma, guardava torva al di là del fiume sacro, verso Assisi testa di ponte del ghibellinismo umbro che s’appoggiava su Foligno, e poi guardava in su verso il lago Trasimeno, su cui Cortona era l’Assisi ed Arezzo era la Foligno del nord. Là non si covava che la guerra. Un giorno, Perugia, precorrendo i tempi nostri, assale, senza dichiarazione di guerra, Foligno, e la smantella. Per fortuna della città fulginate la Ginevra d’allora era il Papa che, capo guelfo, obbligò i suoi guelfi rubesti di Perugia a rifare a loro spese le mura demolite; ed i folignati, a scorno di essa, posero il grifo perugino con la testa in giù sulla facciata del loro duomo, ove sta ancora a fare il pollo in vendita. Un altro giorno, una banda di aretini scende verso il lago perugino, acchiappa alcuni giovani sudditi perugini e li impicca con al collo, per dileggio, una collana di lasche (specie di sardine del lago) perché i perugini ne vanno ghiotti e son chiamati mangialasche. I Priori dell’Augusta Turrena si adunano, e giudicano che si poteva aver pazienza per l’impiccagione (ne impiccavano tanti, essi!), ma che l’insulto delle lasche doveva essere lavato nel sangue; e posero l’assedio attorno ad Arezzo. Gli aretini videro che a cadere sotto un assalto perugino, sarebbe stato il massacro e la distruzione; e la mattina avanti l’assalto, il sole dorò i gonfaloni fiorentini alzati sulle mura d’Arezzo, davanti all’oste sitibonda di sangue da que’ disperati ghibellini i quali, guelfi per guelfi, preferivano la tracotanza del Giaggiolo alla ferocia del Grifo: così cadde la libertà comunalista ed impiccaiuola della città di Guido e di Petrarca; e così Perugia, come non aveva «avuto» Foligno, non «ebbe» Arezzo.
    È qui precisato un fatto tipico che rientra nella nostra prospettiva. Il fiero sogno della «Dominante» dell’alta Umbri fiammeggiò sulla celata del grande capitano di Perugia, Braccio Fortebraccio da Montone: «Braccio Valente, vince ogni gente»! cantavano i suoi. Ed egli, che doveva aver avuto gloria e potere nella stessa Roma papale, si apprestava a tagliarsi un regno verso il Mezzogiorno, quando un’anonima mazzata in testa, alla battaglia d’Aquila, stese a terra il capitano e col suo sogno quello della sua città.
    Eppure Perugia s’irrigidì e volle tener testa coi Baglioni.
    Ma quando Leone X tratto alla perugina il pericoloso capo di quella famiglia, facendolo venire a Roma a render conto, e ordinando che gli fosse tagliata la testa, allora il vecchio grifo, avvilito, strinse le unghie e chinò la testa. E Perugia divenne la città pia, la città dei flagellanti che avevano messo giudizio.
    E fu un gran centro di francescanesimo non solo nei conventi e nelle chiese dei Minori, ma nello spirito delle sue innumerevoli confraternite ed opere pie. Finalmente Francesco sarebbe potuto tornare a Perugia in pace, la pace dell’irrevocabile sera d’ogni giorno umano.
    Ma al tempo in cui il Crocifisso di San Damiano chiamava il figlio di Bernardone alla grande ascesa spirituale, in quella terra umbro-etrusca, al di là del Tevere non v’era un ambiente vitale per far spuntare l’Ordine della Pace e della mansuetudine; v’era posto solo per il primo miracolo di san Francesco, che nessuna agiografia ha notato, e che noi teniamo a segnalare per i primi. Una banda di giovani assisani fa una delle cento scorrerie nel territorio perugino; il Grifo li adunghia; quelli che non morirono o non fuggirono, furono fatti prigioni, e recati in città. Fra questi v’era Francesco di Bernardone. Un prigioniero politico in quelle condizioni, a Perugia, era un uomo spacciato. Ebbene, Francesco venne lasciato libero. Fu il suo primo miracolo. Dopo la sua morte, nel luogo dove aveva corso il più gran pericolo della sua vita, Perugia eresse una splendida chiesa con il grandioso convento di San Francesco al Prato. Al lato gli sorse la magnifica cappella di S. Bernardino (altro santo popolarissimo a Perugia) davanti alla quale cappella si tagliava la testa ai condannati. Si vede che tra il carcere . . . politico e il luogo del ceppo correvano pochi passi: restò il ceppo dopo la gran chiesa e la gentile cappella dalla facciata maiolicata dal Ducci.
    Più tardi Francesco tornò a Perugia, già venerato; e vi tenne un commovente discorso per indurre i perugini alla pace ed alla concordia fra loro e coi vicini. Qui mancò il secondo miracolo – sarebbe stato troppo -; e Perugia restò entusiasta dei frati minori e delle guerre civili.
    Questo fosco paesaggio spirituale al disopra del Tevere serve di sfondo a meglio far risaltare il lucido quadro di pace dell’Umbria serafica. Non già che anche là, come dappertutto, non vi fossero prepotenti e lotte, ma non dominavano, incumbo indeprecabile, l’ambiente come, tra Arezzo e Perugia, là donde doveva venire al francescanesimo il turbolento cortonese frate Elia e dove, al contrario di Chiara e delle altre sante umbre entrate nel convento e nella santità tra la pace comune, la compatriota di frate Elia vi entrava per una terribile tragedia, dopoché la bellissima giovane mondana, Margherita, andata a passeggio, fu attratta dai guaiti del cane verso un fossato dove ella vide il cadavere del signore suo amante, pugnalato dai nemici. Anche Rita da Cascia ebbe il marito assassinato, e scongiurò i figli di perdonare; quando questi mostrarono non declinare dalla legge del sangue, ella pregò Dio che li raccogliesse avanti di macchiarsi, e, lasciato il mondo, entrò tranquillamente nel chiostro dell’ umile cittadina, resa poi illustre dalla Santa delle api e delle rose.
    Questo fu l’ambiente locale, il cielo d’argento e d’azzurro, in cui s’inquadrano la tonaca grigia e le rosse stimmate di Francesco il quale andò nel paese del sangue due volte ma per trovarsi la solitudine piena, non facile nel suo mite paese: una volta, si ritrasse in una deserta isola del lago Trasimeno per trascorrervi un’austerissima quaresima, l’altra volta ascese la selvaggia cima della Verna dove Cristo fiammante e sanguinante lo attendeva per stigmatizzarlo, onde il demonio si « estremisse » allibito -come canta Jacopone -, credendo di Vedere in Francesco il Crocifisso.
    Se tale fu il nido ove nacque il francescanesimo, immensamente più vasta fu l’aura che in quel momento spirava nel cielo cattolico. Parliamo del momento storico.
    Abbiamo visto quel cielo oscurato da nere nubi, solcato da folgori apocalittiche: la tempesta del catarismo e delle sètte affini. Ma abbiamo constatato altresì che, pur durando il turbine, il vento cambiava di direzione: il valdesismo, eversivo per il suo montanismo, si orientava verso una direzione che poteva essere la buona: i Poveri di Lione, col loro torbido demagogismo, indicavano, peraltro, l’orientamento a cui sfociava lo spiritualismo ascetico e rinunziatario che segnala ogni fine di epoca. La foga irresistibile della rinunzia e della concentrazione spirituale, da noi constatata dal tramonto teodisiano dell’Impero al suo funerale teodoriciano, la «fuga» e il «recesso» dei Gerolami, dei Pignani, dei Cassiodori, delle Paole e delle Melanie, non si spiegano con la paura dei Barbari, ma piuttosto col sentimento della irrimediabile decrepitezza sociale in mezzo alla quale si viveva. Tutto l’epistolario di Gerolamo ne trasuda; le sue sfuriate celano a malagio l’accorata tristezza, la quale una volta erompe alla notizia della presa di Roma da parte di Alarico: fenomeno effimero, che non sembrava avesse un domani, ma segnale tangibile che tutto finiva.
    Così è nel fosco tramonto dell’idea medievale, attraverso lo sfacelo della sua ormai vecchia attuazione. Tutto il trasognare del Vangelo Eterno, come tutta la spinta nel cielo sempre sereno di sopra le nuvole, da parte della scuola renano-fiamminga degli Amici di Dio, tutto sente la fuga dal tristo presente, il recesso da un mondo in putrescenza. Ed ecco il fenomeno travolgente della rinunzia: vendere quello che si ha e dare ai poveri. Nelle leggi misteriose eppure sì armoniche che reggono la spiritualità umana, v’é quella della quaresima mistica, un tempo che s’impone per reazione dopo i rimpinzamenti invernali che sul piano spirituale sono gli eccessi sociali del potere e della ricchezza, cioè dell’ambizione, della boria, della concupiscenza. In quel momento di reazione, il meglio della cristianità fa penitenza per tutti – é la eterna missione dei buoni -; ed allora si sprigiona un movimento caratteristico, quello che abbiamo ora constatato, al cadere della epoca classica, ed a quello della medievale.
    Ma tale aura, mossa irresistibilmente, può essere spinta su buona come su cattiva direzione, essere feconda di bene e di male, od anche semplicemente sterile. Allora la mano di Dio si manifesta.
    Torna l’esempio antico. Le «fughe» dei soprannominati asceti, dei Gerolami e delle Melanie, erano ottimi fenomeni, ma poco meno che individualistici, senza influenza fuorché nella stretta cerchia degli amici; intanto la deviazione si manifestava in quegli avventurieri erranti sotto la tonaca dell’eremita vagante, che il fiero Stridonense fustigò da pari suo: i sarabaiti, che furono i Poveri di Lione del tempo gerolimiano; tanto é vero che più si cambia e più é la stessa cosa.
    Ma nel mondo della civiltà cristiana, al grigio tramonto di un’epoca Dio accorda di colorarsi della luce aurorale del tempo nuovo. Sorge allora l’uomo che concentra in sé l’anima innumerevole della cristianità anelante all’auspicato sbocco. Benedetto da Norcia fu quel condensatore del momento storico in ciò che questo ebbe di più puramente, più altamente spirituale; ed egli piantò la quercia immensa alla cui ombra benefica rifioriva la vita morale e sociale del mondo cristiano: il benedettinismo del periodo barbarico-bizantino e dell’alto medioevo.
    Similmente Francesco ci appare veramente il Serafico, cioè l’anima angelicata, che nella sua inenarrabile intensità mistica, può condensare e rappresentare l’innumerevole anima cattolica del suo tempo, anelante alla rinunzia ma per arricchire con migliori tesori, al recesso, ma per uscirne, temprata, alla riconquista cristiana del mondo aberrante. Ecco la multiforme figura dell’Assisate: lui nudo davanti al padre avaro, lui cinto di rozza tonaca della stoffa incolore tessuta pei poveri, con una trama bianca e una nera; lui trafitto sul Golgota aretino dalle stimmate di Cristo, lui predicante la pace ai cittadini inferociti, lui che impone il disarmo personale ai suoi terziari, per cominciare da loro il disarmo morale della guerra endemica, lui che, acceso apostolo, va in Oriente in pieno Islam, e dice al Soldano le verità cristiane, gettando le basi di quella missione plurisecolare d’Oriente che ha per centro e monumento glorioso la Custodia di Terrasanta. Se i suoi figli Giovanni da Pian di Carpine e Giovanni da Montecorvino, non saran coronati di successo nel loro ardimentoso tentativo presso i tartari, la loro stessa presenza nel campo dei Khan, dimostra quale gigantesca spina apostolica racchiudesse il gesto di Francesco missionario: saranno infatti le ossa dei suoi frati martiri, riportate dai pii e prodi portoghesi dal Marocco, che toccheranno il cuore del canonico lisbonese e ne faranno il grande Antonio di Padova, predicatore indefesso di fronte ai paterini, e vindice santamente temerario della calpestata giustizia e umanità di fronte a quel tiranno che fu Ezzelino da Romano, il peggior «tartaro» d’allora.
    Tutto questo arcobaleno che si designa sul cielo sconvolto della crisi medievale, come simbolo di pace e di speranza, è Francesco: egli condensa i colori del tempo nuovo sullo sfondo del vecchio. Tutto il momento storico, in quanto ha di fiducioso slancio verso il domani, anela in petto al Poverello, al Serafico.
    Ecco l’uomo e il suo ambiente; la nostra penna che non si è mai illusa di essere all’altezza di certe figure grandiose della storia cristiana, si sente ben meschina di fronte a lui. Ma è lui che l’ha animata per rievocarlo. (continua).”

    https://www.facebook.com/carlomariad...630824839994:0
    “San Francesco d’Assisi nella penna di Mons. Benigni (II parte)
    Dalla “Storia Sociale della Chiesa”, Vol. V, “La crisi medievale”, Vallardi 1933, pagg. 616-625.
    I Francescani, di Mons. Umberto Benigni (seconda parte)
    Sulla figura di Francesco e sull’inizio e sviluppo dell’opera sua i giudizi più diversi sono stati svolti, di secolo in secolo, attraverso documenti primitivi, non sempre chiari e non compresi nel loro spirito che ben tardi (come i celebri «Fioretti di San Francesco» tutt’altro che fonte pura da tendenziosità), seguiti da una farraginosa letteratura ove spesso lo scrittore fa opera settaria, nel senso generico della parola, sia il congregazionista che vuol fare di Francesco l’uomo accaparrato dalla sua congregazione di fronte alle consorelle, sia il tristo protestante razionalista Paolo Sabatier che del «Franciscus vir catholicus» volle fare un vago spiritualista, panteista, buddista occidentale. È vero che se allo Stimmatizzato han fatto questo, al suo crocifisso han fato ben peggio; ed anche in questo l’estatico della Verna segue la passione postuma del divino Maestro.
    In realtà Francesco è il fondatore di un movimento di Penitenza, largo ed universale, per il monaco penitente, per il monaco missionario, per il prete secolare, per il laico; ce n’è per tutti, da Antonio di Padova a Luigi IX, da Chiara d’Assisi a Elisabetta d’Ungheria, da questi grandi ad una infinita schiera di frati, di monache, di terziari, oltre le sempre più numerose congregazioni che aspirano al suo nome.
    Ecco perché il francescanesimo fu sin da principio la barriere che sorgeva, come per incanto, di fronte alla eresia ed alla demagogia che se ne mascherava, in ogni angolo d’Occidente. Ecco l’innumerevole sciamare di falangi apostoliche, attraverso città, villaggi e campagne, a seminare «fraternamente» la parola e l’esempio per ricondurre i sedotti dalle stravaganze pseudomistiche e dai pregiudizi e odi anticristiani ed antisociali, verso un ideale umile ed efficiente di vita pura e modesta, tranquilla e sopportante per amor di Dio.
    Fortissima, benemeritissima fu, come presto vedremo, l’opera di Domenico e de’ suoi frati predicatori, specializzati presto nella lotta dottrinale ed inquisitoriale, dove furono sommi: ma dal punto di vista globale che ci occupa – la difesa contro l’assalto eversivo della società – il francescanesimo occupa il fronte della battaglia, e vi resta tutt’oggi, più d’altri, perché lo spirito francescano scese al più profondo dell’anima, dei bisogni e delle miserie di questa; onde arrivò ed arriva in quel sottosuolo spirituale che è sempre lo stesso, attraverso i secoli, le epoche, le loro crisi. La letteratura, sismografo delle cose invisibili, c’ha mostrato nel vescovo hugotiano Miriel la più artificiosa delle figurazioni letterarie, la più irreale; il cattolico Manzoni c’ha dato in padre Cristoforo ed in fra’ Galdinoi tipi eterni del buon francescano, sempre fra il popolo, e con la destra alzata verso i piccoli successori di Ezzelino, o con sulle labbra le pie storie del miracolo delle noci, delizia della piccola gente che non ha migliore letteratura spirituale del folklore cristiano.
    La grande genialità si vede nella istituzione nuova del Terz’Ordine, tipo insuperato, con buona pace di tanti cavalieri e fanti delle organizzazioni all’americana. L’eresia demagogica e la tirannia dei signorotti feudali o dei priori comunali, fedeli a quel criterio che forgiò il celebre «semo prima venesiani e poi cristiani», non si aspettavano l’assalto in casa loro, col «frate» terziario e la «sorella» terziaria che potevano essere il suocero o il genero, il fratello o il figlio, la madre, la suocera, la moglie, la sorella, la nuora o la figlia del demagogo o del tirannello, che se li trovava a casa, in bottega, a tavola, a letto.
    Certamente l’influenza del Terz’Ordine fu grandissima, e dovette avere il suo peso in ogni buono sforzo per la pace o difesa patria, per il meno inquieto vivere sociale. Senza le fantastiche esagerazioni de «il segreto di Giovanna d’Arco» del Pèladan, si può ben opinare che i terziari francesi erano per la pia e patriottica Pulzella, e così per la patria minacciata; mentre dietro la politica e l’armata inglese, si arrovellava l’odio bieco contro la casa di Francia e, come a meno contro la Francia, dei fuoriusciti del templarismo settario.
    Grave iattura fu lo scisma e i mille dissensi che ne seguirono, all’indomani e dopo, in seno alla grande famiglia francescana.
    Oltre il doloroso ma fugace episodio del traviato Frate Elia da Cortona, la lotta del fanatismo «spirituale», pauperistico, fu deleteria. Senza dubbio sarebbe stato fatale che tutto l’Ordine francescano si fosse incanalato nel regime dei frati conventuali, rispettabilissimo ed opportunissimo ramo della famiglia, adatto per tutta una categoria di persone; ma quando mai vi fu, serio e concreto un tale pericolo? gravissimo e concretissimo vi fu invece il pericolo del fanatismo presuntuoso e pervicace, anche quando non arrivò allo scisma ed all’eresia proibente ai Papi di toccare alla lettera della Regola francescana, che valeva perché e in quanto era stata approvata dai Papi e non perché fosse un Vangelo dettato da Dio. Guai se il francescanesimo si fosse lasciato trasportare da quella deformazione intellettuale e morale che poi fu chiamata a proposito di altri, il «solipsismo», quello dei «soli ipsi», dei «soli essi».
    Questa piaga non è estinta come spirito, e lo si vede in deplorevoli eccessi che s’infiltrano in polemiche bizantine sulla orgine ed evoluzione minoritica; ma, grazie a Dio ed alla pontificia sapienza, il malanno è reso inefficace per il pubblico danno.
    Ma quanto male ha fatto cogli esaltati del medioevo agonizzante! Il farisaismo (e non si nega la buona fede di alcuni: questione estranea) il farisaismo pauperistico impedì tanto bene, fattibile allora dal puro francescanesimo, che è a domandarsi se non fosse in ciò una ragione dell’indebolito successo posteriore della contro-preriforma minoritica. ll tentativo dell’eremitismo – cioè, in fondo, dell’individualismo ascetico predominante – dei clareniti (Eremiti di Celestino) fu tollerato, dopo violente peripezie, dalla longanimità dei Papi, che può lasciar vivere indefinitamente enti sorpassati: il tempo è longanime perché sicuro che verrà matura la morte degli enti non vitali. Così, sopravvenuta colla controriforma la necessità di una revisione di valori per vari istituti ecclesiastici, mentre prosperava la nuova forma, perfettamente inquadrata, della comunità cappuccina, il riformatore Pio V soppresse i clareniti ai quali già, alla vigilia della tempesta, Giulio II aveva imposto di aggregarsi o alla famiglia osservantina (francescani comuni) od alla conventuale: misura che poi apparve insufficiente.
    Tutte queste esperienze più o meno patologiche sulla grande vita francescana ne hanno determinato la legge biologica della sanità e della forza: fratellanza totalitaria, comunitativa e disciplinata; spirito di piena rinuncia al mondo, nella sorridente umiltà e cordialità; varia ramificazione che dà all’albero francescano il valore di una selva, senza gli sterpi.
    Tale fu e restò l’alberò che Francesco piantò umile piantatore di un umile virgulto che fremeva, nel saturo ambiente e momento storico, di essere albero. Già lo era al Capitolo delle Stuoie, presente Francesco; e l’albero ingigantì a vista d’occhio e divenne l’albero evangelico che «fa gran rami, e li uccelli dell’aria all’ombra di esso possono dimorare» (Marc. IV, 32).
    Centro studi Giuseppe Federici - Per una nuova insorgenza
    Comunicato n. 77/15 del 5 ottobre 2015, San Placido.”








    Luca, Sursum Corda!

    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

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    Lightbulb Re: 4 ottobre: San Francesco d'Assisi

    4 ottobre 2016: San Francesco d’Assisi…Sancte Francisce ora pro nobis!






    San Francesco di Assisi - Sodalitium
    “4 ottobre, San Francesco di Assisi, Confessore (Assisi, 26 settembre 1181 – Assisi, 3 ottobre 1226).
    O glorioso San Francesco, che per tutto il tempo di vostra vita, altro non faceste che piangere la passione del Redentore e meritaste di portare nel vostro corpo le Stimmate miracolose, ottenetemi di portare anch’io nelle mie membra la mortificazione di Cristo, affinché facendo mia delizia l’esercizio della penitenza, meriti di avere un giorno le consolazioni del Cielo. Pater, Ave, Gloria.”









    Radio Spada

    “4 OTTOBRE 2016: SAN FRANCESCO D'ASSISI, CONFESSORE E PATRONO D'ITALIA E DELLE ISOLE ADIACENTI”






    san Francesco

    Discorso di San Francesco d?Assisi al Sultano | Radio Spada
    “«Se, tu col tuo popolo, vuoi convertirti a Cristo, io resterò molto volentieri con voi. Se, invece, esiti ad abbandonare la legge di Maometto per la fede di Cristo, dà ordine di accendere un fuoco il più grande possibile: io, con i tuoi sacerdoti, entrerò nel fuoco e così, almeno, potrai conoscere quale fede, a ragion veduta, si deve ritenere più certa e più santa» (…) «Se mi vuoi promettere, a nome tuo e a nome del tuo popolo, che passerete alla religione di Cristo, qualora io esca illeso dal fuoco, entrerò nel fuoco da solo. Se verrò bruciato, ciò venga imputato ai miei peccati; se, invece, la potenza divina mi farà uscire sano e salvo, riconoscerete Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio, come il vero Dio e Signore, Salvatore di tutti» Ma il Sultano gli rispose che non osava accettare questa sfida, per timore di una sedizione popolare. Tuttavia gli offrì molti doni preziosi; ma l’uomo di Dio, avido non di cose mondane, ma della salvezza delle anime, li disprezzò tutti come fango.”
    Da san Francesco all?ecologia | Radio Spada
    "di un Padre Cappuccino di Morgon (Francia)
    (...) San Francesco e la natura
    I rapporti tra il santo e la natura si riassumono cosi: dal Creatore alla creatura, dalla creatura al creatore.
    In primo luogo dal Creatore alla creatura. Attraverso le creature, San Francesco discerneva tutta la bontà di Dio. Vedeva in loro dei fratelli e delle sorelle, perché tutti avevano lo stesso padre (1Cel 81). Cosi, nel suo trasporto d’amore verso Dio, invitò un giorno degli uccelli a cantare le lodi del Creatore a ringraziarlo per tutto quello che ricevevano da lui (1Cel 58). In sintesi, è a causa del suo amore ardente per Dio che amava allo stesso tempo ogni Sua creatura.
    Della creatura al Creatore. Per la sua anima così pura, il mondo era uno specchio della Divina Bontà e una scala per risalire sino a Dio (2Cel 165). Il santo aveva un affetto assai più tenero per le creature che avevano una somiglianza simbolica con Gesù (1 Cel 77). Tra loro, prediligeva gli agnelli, perché gli ricordavano Colui che si era abbandonato ai suoi nemici, come agnello innocente. Tutte queste cose le ha dette in maniera mirabile nel Cantico delle creature. Ne riportiamo la prima e l’ultima strofa, che ci mostrano il soffio soprannaturale che anima tutto il cantico:
    Altissimu onnipotente bonsignore. tue so’le laude la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad te solo altissimo se konfano. et nullu homo ene dignu te mentovare (…) Laudato si’ mi signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente po skappare. Guai acquelli ke morrano ne le peccata mortali, beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ke la morte secunda nol farrà male. (...)"






    Guéranger, L'anno liturgico - Domenica nona dopo la Pentecoste
    “4 OTTOBRE SAN FRANCESCO D'ASSISI CONFESSORE”






    Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore
    “Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.
    Eterno Padre, intendo onorare San Francesco, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi gli avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questo Santo, ed a lui affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, San Francesco possa essere mio avvocato e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”














    PAPA BENEDETTO XV nella LETTERA ENCICLICA SACRA PROPEDIEM denunciava già certe falsificazioni moderniste - tipiche del "papa" che oggi ne usurpa il nome il quale lo presenta come un "ecologista" o peggio come un "ecumenista" fautore del "dialogo interreligioso" e della "pace" mondanamente e mondialisticamente intesa - del pensiero di SAN FRANCESCO:





    (…) Innanzi tutto conviene che ognuno abbia un’idea esatta della figura di San Francesco, in quanto taluni, secondo l’invenzione dei modernisti, presentano l’uomo di Assisi poco obbediente a questa Cattedra apostolica, come il campione di una vaga e vana religiosità, tanto che egli non può essere correttamente chiamato né Francesco d’Assisi né santo" ... (…)”

    https://w2.vatican.va/content/benedi...propediem.html
    “LETTERA ENCICLICA SACRA PROPEDIEM DEL SOMMO PONTEFICE BENEDETTO XV AI PATRIARCHI, PRIMATI, ARCIVESCOVI, VESCOVI ED AGLI ALTRI ORDINARI LOCALI CHE HANNO PACE E COMUNIONE CON LA SEDE APOSTOLICA,
    IN OCCASIONE DEL SETTIMO CENTENARIO DELLA FONDAZIONE DEL TERZ'ORDINE FRANCESCANO
    Venerabili Fratelli,
    salute e Apostolica Benedizione.
    Noi riteniamo assai opportuna la prossima celebrazione del settimo centenario del Terzo Ordine della Penitenza. A raccomandarla a tutto il mondo cattolico con la Nostra autorità apostolica, Ci induce innanzi tutto la certezza che essa riuscirà di grande vantaggio al popolo cristiano, ma c’è anche qualcosa che Ci riguarda personalmente. Infatti nell’anno 1882, quando fra il plauso commosso dei buoni fu celebrato solennemente il centenario della nascita del Santo di Assisi, Ci ricordammo con soddisfazione che anche Noi volemmo essere iscritti fra i discepoli del grande Patriarca, e nella insigne basilica di Santa Maria di Ara Coeli, officiata dai Frati Minori, vestimmo regolarmente l’abito dei Terziari Francescani. Pertanto, ora che per volontà divina siamo stati assunti alla cattedra del Principe degli Apostoli, ben volentieri, anche per la Nostra devozione verso San Francesco, cogliamo l’occasione che Ci viene offerta per esortare i fedeli della Chiesa di tutto il mondo ad iscriversi espressamente — o, se già iscritti, ad operare con impegno — a questa istituzione del santissimo uomo, la quale ancor oggi risponde meravigliosamente ai bisogni della società.
    Innanzi tutto conviene che ognuno abbia un’idea esatta della figura di San Francesco, in quanto taluni, secondo l’invenzione deimodernisti, presentano l’uomo di Assisi poco obbediente a questa Cattedra apostolica, come il campione di una vaga e vana religiosità, tanto che egli non può essere correttamente chiamato né Francesco d’Assisi né santo.
    In verità, le rilevantissime e imperiture benemerenze di Francesco verso il cristianesimo — per le quali egli a ragione fu definito quale sostegno fornito da Dio alla Chiesa in un’età delle più burrascose — trovarono il loro coronamento nel Terz’Ordine, il quale, meglio di qualunque sua altra impresa, mette in luce la grandezza e l’intensità del suo ardore nel propagare ovunque la gloria di Gesù Cristo. Egli infatti, considerando i mali da cui era allora travagliata la Chiesa, fu preso da un desiderio immenso di innovare tutto secondo i princìpi cristiani; e a tale scopo fondò una duplice Famiglia religiosa, una di frati e l’altra di suore, che, professando i voti solenni, dovevano seguire l’umiltà della Croce; ma non potendo accogliere nei chiostri tutti coloro che a lui da ogni parte affluivano per mettersi sotto la sua disciplina, pensò di fornire anche a coloro che vivevano nel turbinio del mondo un modo di raggiungere la perfezione cristiana. Pertanto istituì un vero Ordine, quello dei Terziari, non vincolato da voti religiosi come i due precedenti, ma similmente conformati a semplicità di costumi ed a spirito di penitenza. Così egli per primo concepì e felicemente attuò, col divino aiuto, ciò che nessun fondatore di famiglie regolari aveva in precedenza escogitato: cioè di rendere comune a tutti il tenore della vita religiosa.
    Di lui va ricordato quanto egregiamente dice Tommaso da Celano: « Artefice veramente esimio, sotto la cui formazione religiosa, con lode degna di essere esaltata, si rinnova nell’uno e nell’altro sesso la Chiesa di Cristo, e trionfa una triplice schiera di gente che vuole salvarsi » [1]. Dalla testimonianza di un uomo così autorevole e contemporaneo del Santo, si comprende con facilità quanto profondamente Francesco, con questa Istituzione, abbia scosso le moltitudini, e quale salutare rinnovamento abbia tra esse operato. Pertanto, come non si può dubitare che Francesco sia stato il vero fondatore del Terz’Ordine, allo stesso modo che lo era stato del primo e del secondo, così senza dubbio egli ne fu il sapientissimo legislatore. In ciò grandemente lo aiutò, come è noto, il Cardinale Ugolino, quello stesso che poi, col nome di Gregorio IX, illustrò questa Apostolica Sede, e che dopo la morte del Patriarca d’Assisi, del quale, finché visse, fu grande amico, innalzò sul sepolcro di lui un tempio di tanta bellezza e magnificenza. Nessuno ignora che successivamente la Regola dei Terziari è stata solennemente sancita ed approvata dal Nostro Antecessore Nicolò IV.
    Ma non è il caso di dilungarsi su tali cose, Venerabili Fratelli, poiché il Nostro principale proposito è di dimostrare il carattere e l’intimo spirito di questo Istituto, dal quale, come ai tempi di Francesco, così in questa età, tanto contraria alla virtù ed alla fede, la Chiesa si ripromette grandi vantaggi per il popolo cristiano. Quel profondo conoscitore dei nostri tempi, che fu il Nostro Predecessore di felice memoria, Leone XIII, per rendere la disciplina dei Terziari più accessibile ad ogni grado di persone, molto saggiamente con la Costituzione « Misericors Dei Filius » dell’anno 1883, mitigò la loro regola, « secondo le presenti circostanze della società », variando alcune cose di minore importanza, che non parevano consentanee con i nostri costumi. « Con questo però, egli dice, non bisogna credere che sia stato tolto all’Ordine alcunché di essenziale, volendo Noi che la sua natura si conservi integra ed immutata ». Perciò ogni cambiamento fu soltanto estrinseco, e non toccò per nulla la sostanza di essa, la quale continua ad essere tale quale la volle lo stesso Santo fondatore. È Nostra convinzione che lo spirito del Terz’Ordine, tutto pervaso di sapienza evangelica, molto contribuirà al miglioramento dei costumi privati e pubblici, purché rifiorisca nuovamente, come quando Francesco, con la parola e con l’esempio, predicava per ogni dove il regno di Dio.
    Infatti egli volle innanzi tutto che nei suoi Terziari rifulga in modo speciale la carità fraterna, autrice di concordia e di pace. Ben comprendendo che questo è il principale precetto di Gesù Cristo, quale sintesi di tutta la legge cristiana, rivolse ogni sua cura ad informarne gli animi dei suoi seguaci: e con ciò stesso egli ottenne che il Terz’Ordine riuscisse utile di per sé all’umana società.
    Francesco era talmente infiammato di ardore serafico per Dio e per gli uomini, da non riuscire a contenerlo nel suo cuore, ma avvertiva la necessità di portarlo all’esterno, a favore di quanti più potesse. Pertanto, avendo cominciato a riformare la vita privata e domestica dei suoi fratelli, indirizzandoli all’acquisto della virtù, quasi non mirasse ad altro, pensò di non doversi fermare qui, ma di servirsi di questa riforma individuale come di uno strumento per recare in seno alla società un soffio di vita cristiana, e così guadagnare tutti a Gesù Cristo. Conseguentemente, il pensiero che animò Francesco a fare dei Terziari altrettanti araldi e apostoli di pace in mezzo alle aspre contese e ai civili rivolgimenti del suo tempo, fu pure il pensiero Nostro quando pressoché tutto il mondo ardeva dell’orribile guerra, e tale è tuttora, mentre non è spento del tutto il vasto incendio, che fumiga ancora qua e là e in qualche punto manda guizzi di fiamme. A ciò si aggiunga quell’interno travaglio che agita le nazioni — dovuto al lungo oblìo e al disprezzo dei princìpi cristiani — per cui le varie classi sociali si contendono il possesso dei beni terreni con tanto accanimento da far temere una universale catastrofe.
    Perciò in questo campo così immenso in cui Noi, come rappresentanti del Re Pacifico, abbiamo prodigato le Nostre più affettuose premure, aspettiamo da tutti i figli della pace cristiana il concorso della loro solerzia, ma specialmente dai Terziari, i quali mirabilmente gioveranno a questa riconciliazione degli animi, se oltre a crescere ovunque di numero intensificheranno il loro zelo operoso. È da augurarsi pertanto che non vi sia città, paese, villaggio in cui non si riscontri buon numero di confratelli, che non siano però inerti o che si appaghino soltanto del nome di Terziari, ma attivi e solleciti della salvezza propria e dell’altrui. E perché poi le varie Associazioni cattoliche di giovani, di operai, di donne, che fioriscono quasi per ogni dove non potrebbero ascriversi al Terz’Ordine della Penitenza, per continuare a lavorare alla gloria di Gesù Cristo e a vantaggio della Chiesa con quello spirito di carità e di pace da cui era animato Francesco?
    Infatti, la pace che è tanto invocata dai popoli non è quella faticosamente elaborata con le arti della politica, ma quella che ci fu recata da Cristo, il quale disse: «Vi dò la mia pace: non come la dà il mondo, io la dò a voi » [2]. Quell’accordo fra gli Stati e le varie classi civili che può essere escogitato dagli uomini, non può infatti durare né avere forza di vera pace se non ha la sua base nella tranquillità degli animi; la quale esiste a sua volta solo a patto che siano tenute a freno le passioni, fomentatrici di ogni genere di discordie. « E donde le guerre e le liti tra voi, si domanda l’Apostolo Giacomo, se non di qui? dalle vostre concupiscenze le quali militano nelle vostre membra? » [3].
    Orbene, ordinare l’uomo internamente, in modo che egli non sia schiavo ma padrone delle proprie passioni, obbediente a sua volta e soggetto alla volontà divina, nel quale ordinamento si fonda la pace comune, questo è effetto della sola virtù di Cristo, che si dimostra mirabilmente efficace nella famiglia dei Terziari Francescani. Dal momento infatti che quest’Ordine si propone, come dicemmo, di guidare alla perfezione cristiana i suoi membri, quantunque impegnati nelle cure del secolo — perché nessuno stato di vita è incompatibile con la santità — quando siano molti a vivere in conformità di questa regola, ne consegue che essi siano d’incitamento a tutti gli altri fra i quali vivono, non solo a compiere interamente il loro dovere, ma anche a tendere ad una perfezione maggiore di quella prescritta dalla legge ordinaria. Perciò quella lode che fu data dal Signore ai suoi discepoli che gli erano più devoti, quando disse: « Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo » [4], giustamente la stessa lode va attribuita a quei figli di Francesco che, osservando con vero spirito i consigli evangelici, per quanto loro è dato nel secolo, possono dire di sé con l’Apostolo: «Noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio » [5]. Perciò, tenendosi lontani il più possibile dallo spirito del mondo, cercheranno di far penetrare nella vita comune, ad ogni occasione, lo spirito di Gesù Cristo. Per la verità, due sono oggi le passioni predominanti in questa incredibile perversità di costumi, l’amore sconfinato delle ricchezze e un’insaziabile sete di piaceri. Da qui la vergogna e il disonore del nostro secolo, il quale, mentre fa continui progressi in ciò che appartiene ai comodi ed ai conforti della vita, per quanto riguarda il dovere di vivere onestamente — il che ben più importa — pare che voglia ritornare a gran passi verso la corruzione del paganesimo. In realtà, quanto più gli uomini perdono di vista i beni eterni che sono loro preparati nei cieli, tanto più sono attratti verso i caduchi; e una volta che si siano vilmente incurvati verso la terra, facilmente si intorpidisce in essi ogni virtù: così che nauseati di tutto ciò che sa di spirituale, non agognano che l’ebbrezza dei volgari piaceri. Perciò, Noi vediamo in generale che mentre da un lato non si ha alcun ritegno ad accumulare ricchezze, manca dall’altro la rassegnazione d’un tempo nel sopportare quei disagi che sogliono accompagnare la povertà e la miseria; e mentre fra i proletari ed i ricchi già esiste quella lotta accanita che abbiamo detto, ad acuire l’avversione dei non abbienti s’aggiunge il lusso smodato di molti, congiunto a impudente dissolutezza. Al qual proposito non possiamo deplorare abbastanza la cecità di tante donne di ogni età e condizione, le quali, infatuate dall’ambizione di piacere non vedono quanto sia stolta certa foggia di vestire, con cui non solo suscitano la disapprovazione degli onesti, ma, ciò che è più grave, recano offesa a Dio. E in tale abbigliamento — che esse stesse in passato avrebbero respinto con orrore come troppo disdicevole alla modestia cristiana — non si limitano a presentarsi soltanto in pubblico, ma neppure si vergognano di entrare così indecentemente nelle chiese, di assistere alle sacre funzioni e di recare persino alla stessa mensa Eucaristica (nella quale si va a ricevere il divino Autore della purezza) i lenocini delle turpi passioni. Tralasciamo poi di parlare di quei balli esotici e barbari, uno peggiore dell’altro, venuti ora di moda nel gran mondo elegante; non si potrebbe trovare un mezzo più adatto per togliere ogni resto di pudore.
    Se i Terziari porranno bene attenzione a quanto abbiamo detto, facilmente comprenderanno ciò che da essi, in quanto seguaci di Francesco, richiede l’ora che volge. È necessario cioè che essi si specchino nella vita del loro Padre; considerino quale perfetto imitatore egli fu di Gesù Cristo, specialmente con la rinuncia agli agi della vita e con la pazienza nei dolori, fino a meritarsi il titolo di poverello e a ricevere nel suo corpo le stimmate del Crocifisso; e per non mostrarsi figlioli degeneri, abbraccino almeno in spirito la povertà e portino con abnegazione, ciascuno, la propria croce. Per ciò poi che riguarda in modo speciale le Terziarie, sia nel vestire come in tutto il loro contegno esteriore, siano esempio di santa pudicizia alle giovani e alle madri; e non credano di poter meglio meritare della Chiesa e della società che cooperando all’emendamento dei corrotti costumi.
    E i membri di quest’Ordine, che per soccorrere gli indigenti hanno dato vita a molteplici opere di beneficenza, non vorranno certamente mancare di amorevole aiuto ai loro fratelli in bisogni ben più gravi dei materiali. E qui Ci viene in mente quel detto dell’Apostolo Pietro che, volendo esortare i primi cristiani ad offrire ai Gentili l’esempio di una vita veramente santa, diceva: «Vedendo le vostre buone opere giungano a glorificare Dio nel giorno del giudizio » [6]. Similmente i Terziari Francescani devono diffondere il buon odore di Cristo con l’integrità della fede, con l’innocenza della vita e con l’operosità dello zelo, che siano esortazione ed invito per i traviati fratelli a ritornare sul retto sentiero; questo da loro esige, questo si attende la Chiesa.
    Noi pertanto nutriamo fiducia che i prossimi festeggiamenti centenari segneranno un felice rieveglio del Terz’Ordine; e non dubitiamo che voi, Venerabili Fratelli, insieme con gli altri pastori di anime, avrete ogni cura perché i sodalizi dei Terziari rinvigoriscano ove sono languenti, si moltiplichino ovunque per quanto è possibile, e tutti abbiano a fiorire nell’osservanza della disciplina non meno che nel numero di iscritti. Infatti si tratta di questo: di preparare con schiere numerose di credenti, attraverso l’imitazione di Francesco, la via e il ritorno a Cristo, nel qual ritorno è riposta ogni speranza di comune salvezza. Quello infatti che di sé dice Paolo: « Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo » [7], può con tutta ragione ripetere di sé Francesco, il quale, imitando Gesù Cristo, diventò di lui fedelissima copia e immagine.
    Per rendere più fruttuose le celebrazioni centenarie, su richiesta dei Ministri Generali delle tre Famiglie francescane, Noi concediamo, dal tesoro della Santa Chiesa, quanto segue:
    1. Che in tutte le chiese, dove esiste il Sodalizio del Terz’Ordine, canonicamente eretto, celebrandovi entro un anno, a cominciare dal 16 aprile prossimo, un sacro triduo per solennizzare questo Centenario, i Terziari possano acquistare l’indulgenza plenaria, alle solite condizioni, in ciascuno dei tre giorni, e gli altri una volta soltanto; coloro poi che, pentiti dei propri peccati, visiteranno nelle suddette chiese il Santissimo Sacramento, lucreranno l’indulgenza di 7 anni ogni volta;2. Che nei detti giorni tutti gli altari di tali chiese siano « privilegiati »; e che in quel triduo ogni sacerdote possa celebrare la Messa di San Francesco, come « votiva pro re gravi et publica simul causa », osservando le rubriche generali del Messale Romano, come vengono proposte nell’ultima edizione vaticana;3. Che tutti i sacerdoti addetti a dette chiese possano, in quei giorni, benedire Rosari, medaglie e simili oggetti sacri, applicando ad essi le indulgenze apostoliche, come pure benedire i Rosari dei Crocigeri e di Santa Brigida.
    Quale auspicio dei celesti favori e a testimonianza della Nostra benevolenza, impartiamo affettuosamente a voi, Venerabili Fratelli, e a tutti i membri del Terz’Ordine l’Apostolica Benedizione.
    Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno dell’Epifania del Signore 1921, nell’anno settimo del Nostro Pontificato.
    BENEDICTUS PP. XV "






    Notare la netta differenza tra ciò che insegnava PAPA BENEDETTO XV nella LETTERA ENCICLICA SACRA PROPEDIEM - e che insegnavano tutti i PAPI prima del cv2 - con ciò che insegnano i vaticanosecondisti ai loro incontri di Assisi per oltraggiare San Francesco...
    Noi NON Vogliamo una generica “pace nel mondo”, un generico “dio” ed una generica “religione” come quelle in cui evidentemente credono coloro che hanno organizzato e purtroppo hanno partecipato ad Assisi (nella patria di San Francesco, oltraggiandone il ricordo e falsificandone spudoratamente e subdolamente il vero messaggio!) dal 18 al 20 settembre 2016 il blasfemo e sacrilego incontro internazionale "SETE DI PACE: religioni e culture in dialogo".
    Sul loro sito si legge tale immonda propaganda di micidiale e velenoso mondialismo in netto contrasto col Cattolicesimo di sempre:


    “30 anni dopo la storica Giornata di Preghiera per la Pace del 27 ottobre 1986 voluta da San Giovanni Paolo II, uomini e donne di fede, culture diverse, uniti dalla speranza che lo “spirito di Assisi” possa portare pace in un mondo segnato da violenza, guerre, divisioni, si incontrano per 3 giorni, per parlare, confrontarsi, pregare l'uno accanto all'altro.
    L’evento è promosso dalla Diocesi di Assisi, dalle Famiglie Francescane e dalla Comunità di Sant’Egidio, in collaborazione con altri movimenti e aggregazioni ecclesiali, con la Conferenza Episcopale Umbra, la Regione Umbria e il Comune di Assisi.
    Nell'Anno Santo della Misericordia, celebrando il 30° anniversario dell’evento del 1986, vogliamo consegnare lo “Spirito di Assisi” alle nuove generazioni, affinché possa guidare il cammino dell’umanità verso il futuro.
    I temi dei panel
    Religioni e violenza
    • La misericordia trasforma il mondo
    • Il credente: uomo dell’amicizia
    • I martiri nei tempi presenti
    • Asia: religioni e dignità della vita umana
    • Lo spazio di Dio nella città
    • Unità dei cristiani e pace
    • Chi guarda dio vede l’uomo
    • La preghiera salva il mondo
    • Musulmani e cristiani: insieme per la pace
    • Sviluppo sostenibile e lotta alla povertà
    • La cultura del vivere insieme
    • Economia e finanza a servizio della pace
    Nuovi europei: più ponti e meno muri
    • Solidarietà: parola chiave del nostro tempo
    • Emigrazioni e accoglienza
    • Come fermare le guerre
    • Giovani e anziani: solidarietà tra generazioni
    • Ripartire dalle periferie per una società più umana
    • Credenti e umanisti nel mondo della globalizzazione
    • La “casa comune”: nostra madre terra
    • Conflitti e informazione
    • Le donne e la pace
    • Il mondo soffoca senza il dialogo
    • Assisi 1986 / Assisi 2016
    • Europa: le ragioni del vivere insieme”


    Su Rai1 il 20 e 21 settembre di mattina infatti mi sono sorbito per sbaglio qualche minuto di “Storie Vere” poco prima delle ore 11; tutti elogiavano lo “spirito di Assisi”, quello bergogliano e vaticano-secondista, non quello del vero San Francesco e del Cattolicesimo di sempre!! Un tipo presente in trasmissione che non so esattamente chi fosse (di certo un modernista pseudo-cattolico) ha addirittura osato affermare che San Francesco trattava cogli islamici su un piano di parità e non pretendeva di presentare come unica vera la sua religione (a differenza di altri missionari che sono finiti sgozzati, ha precisato), quindi l’ha presentato come un oggettivo precursore di Bergoglio e soci, cioè l’esatto opposto di come era e basta leggersi il suo discorso al Sultano!!
    Questi spregevoli falsificatori falsano e falsificano tutto e tutti senza scrupoli, riscrivono il messaggio e la storia dei veri Santi per farli apparire dei loro precursori!! E le persone ignoranti prendono per buono ciò che raccontano, ritenendo qualcosa di conforme al Cattolicesimo il falso ecumenismo e l’unione di tutte le religioni e dei fedeli di qualsiasi credo senza distinzioni…
    Poi addirittura hanno ospitato una coppia di lesbiche di Bologna che ha festeggiato la sua “unione civile”, dall’elogio di Bergoglio e del globalismo/sincretismo religioso a quello del “matrimonio omossesuale”!! Beh, in effetti non fa una piega, considerando i discorsi di Bergoglio e che esiste pure l’associazione di “cattolici lgbt”!!
    Noi NON Vogliamo una generica “pace nel mondo”, poiché NSGC ha insegnato: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace: non ve la do come la dà il mondo “(Gv 14, 27).
    Noi vogliamo la “pax christi”!


    Luca, Sursum Corda!







    P.S. Dal mio precedente intervento in quest'altra discussione:




    Le sante Stimmate di san Francesco d'Assisi

    17 settembre 2016: anniversario dell'Impressione (avvenuta nel 1224) delle stigmate di S. Francesco d'Assisi...






    Stigmate di San Francesco - Sodalitium
    “17 settembre, Impressione delle Sacre Stigmate di San Francesco.
    Signore Gesù Cristo, che raffreddandosi la carità nel mondo, per infiammare i nostri cuori del tuo amore, hai rinnovato le sacre Stimmate della tua Passione nella carne del Beatissimo Padre nostro Francesco, concedici propizio, per i suoi meriti e le sue preghiere, di portare sempre la Croce e di fare frutti degni di penitenza. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.”








    Radio Spada | Radio Spada ? Tagliente ma puntuale
    “17 settembre 2016: Impressione delle Sacre Stimmate sul corpo di San Francesco d'Assisi, confessore”








    “Il 17 settembre 1621 moriva S.E.R. il cardinale Roberto Bellarmino SJ, vescovo, confessore e dottore della Chiesa (festa liturgica 13 maggio)”









    “Il 17 settembre 1485 viene assassinato in odium Fidei da alcuni ebrei "conversos" nella cattedrale di Saragozza, San Pietro Arbues, inquisitore maggiore d'Aragona. Beatificato da Papa Alessandro VII Chigi e canonizzato da Papa Pio IX, è patrono dell'Inquisizione spagnola”









    Carlo Di Pietro - Giornalista e Scrittore
    “Preghiera al Santo del giorno.
    In nómine Patris
    et Fílii
    et Spíritus Sancti.
    Amen.
    Eterno Padre, intendo onorare santa Colomba Vergine e Martire, e Vi rendo grazie per tutte le grazie che Voi le avete elargito. Vi prego di accrescere la grazia nella mia anima, per i meriti di questa santa, ed a lei affido la fine della mia vita tramite questa speciale preghiera, così che per virtù della Vostra bontà e promessa, santa Colomba Vergine e Martire possa essere mia avvocata e provvedere tutto ciò che è necessario in quell'ora. Così sia.”

















    17 Settembre -Impressione delle Stimmate di San Francesco

    "17 SETTEMBRE IMPRESSIONE DELLE STIMMATE DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

    Il serafico Padre san Francesco nutrì, fin dalla sua conversione, una tenerissima devozione a Cristo
    crocifisso; devozione che diffuse sempre con le parole e la vita. Nel 1224, mentre sul monte della Verna
    era immerso nella meditazione, il Signore Gesù, con un prodigio singolare, gli impresse nel corpo le
    stimmate della sua passione. Benedetto XI concesse all’Ordine francescano di celebrare annualmente il
    ricordo di questo privilegio, che rese il Poverello «mirabile segno» di Cristo.




    PREGHIERA

    O Dio che, per infiammare il nostro spirito
    con il fuoco del tuo amore,
    hai impresso nel corpo del serafico Padre san Francesco
    i segni della passione del tuo Figlio,
    concedi a noi, per sua intercessione,
    di conformarci alla morte del Cristo
    per essere partecipi della sua risurrezione.
    Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
    e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
    per tutti i secoli dei secoli.




    INNO CRUCIS CHRISTI

    si canta per la festa dell'Impressione delle Stimmate di San Francesco

    Crucis Christi mons Alvérnae *
    Recénset mystéria,
    Ubi salútis aetérnae
    Dantur privilégia:
    Dum Francíscus dat lucérnae
    Crucis sua stúdia.

    Hoc in monte vir devótus,
    Specu solitária,
    Pauper, a mundo semótus,
    Condénsat ieiúnia:
    Vigil, nudus, ardens totus,
    Crebra dat suspíria.

    Solus ergo clasus orans,
    Mente sursum ágitur;
    Super gestis Crucis plorans
    Maeróre confícitur:
    Crucísque fructum implórans
    Animo resólvitur.

    Ad quem venit Rex e caelo
    Amíctu Seráphico,
    Sex alárum tectus velo
    Aspéctu pacífico:
    Affixúsque Crucis telo,
    Porténto mirífico.

    Cernit servus Redemptórem,
    Passum impassíbilem:
    Lumen Patris et splendórem,
    Tam pium, tam húmilem:
    Verbórum audit tenórem
    Viro non effábilem.

    Vertex montis inflammátur,
    Vicínis cernéntibus:
    Cor Francísci transformátur
    Amóris ardóribus:
    Corpus vero mox ornátur
    Mirándis Stigmátibus.

    Collaudétur Crucifíxus,
    Tollens mundi scélera,
    Quem laudat concrucifíxus,
    Crucis ferens vúlnera:
    Francíscus prorsus inníxus
    Super mundi foédera. Amen
    Traduzione conoscitiva:
    Il Monte della Verna rivive i misteri della Croce di Cristo; là dove vengono elargiti gli stessi privilegi che donano la salvezza eterna, mentre Francesco volge tutta la sua attenzione alla lucerna che è la Croce.
    Su questo monte l’uomo di Dio, in una caverna solitaria, povero, separato dal mondo, moltiplica i digiuni. Nelle veglie notturne, pur nudo, è tutto ardente, e si scioglie in lacrime con frequenza.
    Recluso con sé solo, dunque, prega, con la mente si innalza, piange meditando le sofferenze della Croce. È trapassato dalla compassione: implorando i frutti stessi della croce nella sua anima si va consumando.
    A lui viene il Re dal cielo in forma di Serafino, nascosto dal velo delle sei ali con volto pieno di pace: è confitto al legno di una Croce. Miracolo degno di stupore.
    Il servo vede il Redentore, l’impassibile che soffre, la luce e splendore del Padre, così pio, così umile: e ascolta parole di un tale tenore che un uomo non può proferire.
    La cima del monte è tutta in fiamme e i vicini lo vedono: Il cuore di Francesco è trasformato dagli ardori dell’amore. E anche il corpo in realtà viene ornato da stimmate stupefacenti.
    Sia lodato il Crocifisso che toglie i peccati del mondo. Lo loda Francesco, il concrocifisso, che porta le ferite della Croce e completamente riposa al di sopra delle cure di questo mondo. Amen."



















    https://vivificat.wordpress.com/2012...matefrancesco/

    17 Settembre - Impressione delle Stimmate di San Francesco d'Assisi - Le Stigmate di San Francesco








    https://forum.termometropolitico.it/...l#post15785881
    17 settembre - Impressione delle stigmate di S. Francesco d'Assisi






    Luca, Sursum Corda!
    ADDIO GIUSEPPE, amico mio, sono LUCA e nel mio CUORE sarai sempre PRESENTE!
    «Réquiem aetérnam dona ei, Dómine, et lux perpétua lúceat ei. Requiéscat in pace. Amen.»

    SURSUM CORDA - HABEMUS AD DOMINUM!!! A.M.D.G.!!!

 

 
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