GIOVANNI REALE
Se l'agire rivela la persona
Da Rusconi l'opera teorica più importante scritta da Giovanni Paolo II prima di diventare sommo pontefice
Uno studio sull'uomo che ribalta il metodo di analisi della metafisica tradizionale
Una originale ricerca ontologica svolta nello stile di Husserl, Scheler e Ingarden
La filosofia cristiana ha assunto ambedue questi paradigmi: i Padri della Chiesa hanno cercato di operare una loro mediazione, ma mantenendo la superiorità dell'Uno sull'Essere, gli Scolastici hanno dato preminenza pressoché assoluta alla metafisica dell'essere. Tuttavia, proprio nell'ambito del pensiero cristiano è nato un paradigma, quello della metafisica della persona.
Si ricordi che la "persona" in quanto tale nel pensiero ellenico non è stata portata a livello di assoluta superiorità assiologica nell'ambito degli enti. Aristotele scrive: "Vi sono altre cose più divine dell'uomo per natura, conte, per restare alle più visibili, gli astri di cui compone l'universo".
Solo sulla base del messaggio cristiano l'uomo ha scoperto di avere valore assoluto come persona: Cristo, il figlio di Dio che s'incarna nell'uomo, conferisce all'uomo, inteso come persona una sacralità in senso totale. E in Agostino, come anche in Tommaso, tutta la problematica metafisica ruota attorno all'uomo, assumendo di conseguenza una "sporgenza" di notevole consistenza rispetto a quella dei Greci.
Questo libro di Wojtyla, a mio Giudizio, si impone proprio come uno dei più bei libri di "metafisica della persona". Raramente si sono scritte opere con una difesa dell'uomo così forte e così convincente.
La filosofia, dicevano gli antichi, nasce dalla "meraviglia" che suscitano i fenomeni della natura; e Woityla riprende questo concetto, ma puntando proprio sull'uomo, in quanto ben si può dire che l'uomo si è sforzato di comprendere le cose più ancora di sé, e che quindi resta sempre in attesa di attesa di nuove e penetranti analisi su ciò che lo riguarda.
Il metodo fenomenologico con cui Wojtyla studia l'uomo in questo libro, applicato con finezza, con analisi dettagliate e puntuali descrizioni dell'esperienza della coscienza fin nei minimi particolari, capovolge il metodo dell'analisi metafisica tradizionale. Questa, infatti, si incentrava sullo studio della struttura ontologica della persona, deducendo tutta una serie di conseguenze concernenti le sue azioni; l'analisi fenomenologica che Wojtyla segue non parte dalla persona, ma giunge ad essa: studia l'azione umana e fa vedere come proprio nell'azione e mediante l'azione si riveli a persona. Dunque, il procedimento seguito non è dalla persona all'atto, bensì dall'atto alla persona.
Proprio dalla ricchezza di analisi dell'atto emerge in modo nuovo l'eminenza della persona e lo sbocco nel presupposti ontologici come spiegazione ultimativa. In particolare, l'actus humanus viene spiegato da Wojtyla mediante il riferimento alla dottrina metafisica aristotelico-tomista della "potenza e atto". La "potenza" dell'uomo viene intesa nel senso forte, ossia come quel "nocciolo irriducibile" dell'uomo, quel nucleo ontico (essenza) che si esplica appunto nell'atto, e proprio nell'atto l'uomo fa esperienza di sé come essere persona.
Wojtyla dà grande rilievo al concetto di "partecipazione", inteso come l'azione che ciascun uomo compie in unione con altri uomini, raggiungendo obiettivi che solo mediante l'agire in comunanza con gli altri sono raggiungibili. La "partecipazione" si configura, quindi, come la capacità che l'uomo come persona ha di instaurare rapporti con gli altri uomini come persone, nella maniera più varia, più complessa e più ricca.
Le due forme di negazione pressoché totale dello spirito della "partecipazione" sono l'"individualismo" e il "totalismo". Il primo costituisce l'errore morale che l'uomo commette, quando concepisce il proprio bene come nettamente separato dal bene degli altri, vale a dire dal bene comune, e addirittura in antitesi rispetto a esso. In secondo costituisce l'errore opposto, in quanto considera l'individuo di per sé non disposto ad agire in modo costruttivo insieme con gli altri: di conseguenza, secondo il totalismo, per realizzare il bene comune non resterebbe altra via se non quella di costringere con la forza l'uomo ad agire in un determinato modo.
Strettamente connesso con il concetto di "partecipazione" è quello di "solidarietà", che consiste nella disponibilità dell'uomo a svolgere la parte che gli compete all'interno di una comunità per il bene comune, senza invadere il territorio in cui si esplicano le parti che spettano ad altri. Si dà il caso, però, che si imponga la necessità che qualcuno assuma, in certi momenti, qualche compito che va oltre le sue abituali responsabilità, e questo proprio per il bene comune. E, in tal caso, la solidarietà impone all'uomo il dovere, di accertare questo compito per la comunità.
Conviene richiamare alla memoria del lettore l'impotenza che questa concezione ha assunto in Polonia anche dal punto di vista socio-politìco mediante il movimento "Solidarnosc", e le conseguenze storiche di portata epocale che ne sono derivate.
Wojtyla dà grande rilievo al concetto di "trascendenza". Questo termine indica "oltrepassamento", ossia andare al di là di una certa soglia. Ma questo "oltrepassamento", ossia andare assume due significati: quello fenomenologico e quello più propriamente metafisico.
Nel linguaggio fenomenologico la "trascendenza" indica il varcare il limite del soggetto procedendo verso l'oggetto, sia nell'atto conoscitivo che in quello volitivo. Wojtyla denomina questo tendere del soggetto verso l'oggetto "trascendenza orizzontale".
Ma vi è una forma di "oltrepassamento" che non costituisce un procedere del soggetto verso l'oggetto esterno, bensì un rivolgersi del soggetto verso il proprio interno, mediante cui si scopre come causa libera del proprio agire, coglie la verità e i supremi valori e tende verso di essi, Wojtyla la chiama "trascendenza verticale", e con essa egli cerca di esprimere il contenuto essenziale e fondamentale dell'esperienza.
In effetti l'esperienza della "trascendenza verticale" della persona nell'atto porta a rendersi conto del fatto che la persona non è riducibile alla pura materialità, e quindi porta a una visione della sua spiritualità.
Il metodo fenomenologico seguito da Wojtyla sfocia, pertanto, in una concezione "ontologica" dell'uomo, ossia in una tesi (o se si preferisce in una ipotesi conclusiva) che dà senso a tutta l'analisi fenomenologica: l'unità dell'essere della persona dipende dall'essere dello spirito. Ed è appunto dallo "spirito" che deriva la straordinaria ricchezza della "persona" e del suo "atto".
Il succo dell'opera di Wojtyla si può esprimere in modo perfetto con la bellissima affermazione di San Tommaso, "la persona significa ciò che è più perfetto in tutta la natura, in quanto natura razionale".
E appunto questo il connotato essenziale della "metafisica della persona".