Padre Camillo, in quarant’anni ha portato in Tanzania luce scuole e persino acqua minerale

DAR ES SALAM — Produrre acqua minerale in Africa: è l'ultima sfida di baba (in swahili, padre) Camillo Calliari da 36 anni missionario in Tanzania. Camillo è un italiano che ha fatto molta strada in Tanzania, povero fra i poveri, fino a diventare un beniamino per la popolazione locale. Da decenni oltre a fare il prete, è tornitore fabbro e falegname, all'occorrenza manovra trattore, motori e motoseghe; se la cava con vernici e cavi elettrici, sa di malattie infantili, zootecnia e coltivazioni. Progetta acquedotti e centraline elettriche, avvia cantieri e fa catechismo. Ora imbottiglia acqua minerale. In questo luogo remoto dell'Africa, le mani dure e screpolate di Camillo sono il segno di un cattolicesimo semplice. Il baba è un uomo alto e magro di 67 anni, ha la barba bianca dei patriarchi, la fronte spaziosa, una voce profonda, un portamento austero ed elegante. Ha fatto della sua vita un dono ai poveri della Tanzania, cui porta l'amicizia di Dio. Il baba è un vero esperto della cooperazione fatta quasi senza soldi, ma con grande ingegno e amore. Ogni giorno Camillo dice Messa all'alba, poi smette le vesti sacre e fino a sera si sporca le mani con attrezzi della terra e delle officine. C'è da mandare avanti fattoria, laboratori, scuole di formazione, parrocchia, orfanotrofio. Intorno a lui un drappello di giovani, che guardano e imparano e eseguono. Lui insegna di tutto, a piallare, a mescolare vernici, a rifare cavi elettrici, a montare i tubi dell'acqua, perfino a parlare in italiano. Anche a gestire il dispensario dei medicinali, le scorte alimentari, le necessità dei bambini, le scuole. Lasciate le amate montagne di Romeno (Tn) quasi 4 decenni fa, Camillo trovò in Tanzania gente che mancava di tutto. Un popolo che viveva povero e in solitudine, in casupole disadorne, circondate da meravigliosi boschi rifugio anche di bestie feroci, alle prese con un clima non proprio amichevole, e con la malaria e l'acqua impura che non fanno sconti a nessuno. Questo missionario della Consolata di Torino, oggi vive a Kipengere. Qui una volta c'erano chiesa e canonica, e tanta boscaglia intorno, dove il dinamico prete va da anni con passione a rifornirsi di bistecche di bufalo. Finora ne ha centrati più di 50. Oggi qui è un brulicare di vita, i bambini vanno a scuola, imparano i mestieri, nelle case ci sono lampadine accese; le donne non devono più massacrarsi di fatica. Tutto grazie all'operoso apostolato di Camillo, che ha restituito fiducia a persone che non l'avevano più. La missione cattolica è un pezzo d'Italia: asilo, dispensario, magazzini, celle frigo, stalle, tutto è opera di alpini di Cles e Giussano, della Val di Non, di gruppi missionari, del Cefa di Bologna, di privati e molti altri. «Sono stato mandato per portare la buona novella e l'aiuto concreto inteso come promozione umana», dice Camillo. Ho deciso io di fare il prete. Nel mio futuro non c'è altro. Ho pure scelto il cespuglio dove esser sepolto. Resto qui. Sono felice. Dovessi rinascere farei sempre il missionario».