IL FATTO
I cristiani principale obiettivo delle discriminazioni. L’eloquente dossier di «Aiuto alla Chiesa che soffre»
Libertà religiosa nel mirino
Cattolici in prima linea tra i perseguitati nel mondo E il relativismo rende sempre più «cieco» l'Occidente
Da Roma Salvatore Mazza
Credenti perseguitati. Quasi ovunque, in un mondo in cui la libertà religiosa resta, per lo più, un miraggio. Credenti discriminati, imprigionati, uccisi. Di tutte le religioni. Soprattutto cristiani. Dai trecentomila di cui si persero le tracce ormai tanti anni in Corea del Nord, e di cui si ignora la sorte, ai 19 vescovi cinesi sequestrati o impediti nel loro ministero con nove sacerdoti e una lista lunghissima di religiosi arrestati o "scomparsi", anche da anni. O i 10 mila cristiani costretti a fuggire da Bauchi. Gli 88 uccisi in Iraq. E lo stillicidio ininterrotto di violenze in Pakistan... È ancora come scorrere un bollettino di guerra, il Rapporto 2005 sulla libertà religiosa nel mondo. Che restituisce la cruda fotografia di una realtà di soprusi, piccoli e grandi, che non risparmia neppure l'Europa o il Nord America. Che muove - o dovrebbe muovere - indignazione per il conculcamento di quella che la libertà fondante di ogni convivenza; e che spinge - o dovrebbe spingere - anche l'evoluto Occidente a guardarsi dentro senza ipocrisie e a chiedersi se, per caso, nel sussistere di una realtà del genere non c'entri qualcosa anche il suo lento scivolare verso il relativismo. Perché il Rapporto 2005 «ci offre un quadro tormentato - ha detto ieri il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini, presentato il lavoro elaborato come ogni anno dal movimento Aiuto alla Chiesa che soffre - da cui emerge una diffusa compressione delle libertà religiose a livello mondiale». Di fronte alla quale esiste un primo «dovere di denuncia»: «Per troppo tempo - ha affermato Casini - a cause di un malinteso spirito di dialogo o semplicemente per una forma di pigrizia intellettuale, sono rimaste nell'ombra le tante storie di sofferenza e di persecuzione nei confronti della Chiesa nel mondo». Perché, come detto all'inizio, proprio la Chiesa esce dal Rapporto, ancora una volta, come il principale bersaglio delle persecuzioni oggi in atto nel mondo. E non si pensi solo a prigio ne, tortura, morte. Perché la persecuzione può anche essere sottile, subdola: «Libertà religiosa - ha infatti spiegato il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del pontificio Consiglio Giustizia e Pace - significa anche libertà di educazione religiosa dei figli e conseguente libertà delle famiglie di scegliere le istituzioni scolastiche più confacenti; libertà delle persone di beneficiare dell'assistenza religiosa ovunque esse si trovino, specialmente nelle pubbliche istituzioni come cliniche, ospedali, caserme, carceri; libertà di non essere costretti, sul piano personale, civile o sociale, a compiere degli atti contrari alla propria fede; libertà di non subire, per ragioni di religione, limitazioni e discriminazioni nelle diverse manifestazioni della vita». In questo processo è rintracciabile sicuramente il segno «che non siamo ancora pienamente liberi dai grandi condizionamenti ideologici del Novecento», ha sottolineato Casini, sviluppando da questa osservazione alcune considerazioni molto attuali sul concetto di "laicità" (di cui riferiamo a pagina 10). Ma è anche vero, come osservato dal vicedirettore del Corriere della sera Pier Luigi Battista, e dal direttore della Scuola di giornalismo radiotelevisivo Antonio Socci, che molto spesso il considerare l'informazione sulla libertà religiosa nel mondo come una dimensione secondaria e trascurabile è un lusso che la credibilità delle democrazie occidentali non possono permettersi. Eppure questo è un fatto. Ancora una volta tanto più vero quando in ballo c'è la Chiesa cattolica: «L'anticattolicesimo - ha ricordato Socci citando l'autore statunitense (non cattolico) Philip Jenkins - è l'antisemitismo dei colti». Un paradosso, a prima vista: ma è certo che «quel che si "può dire" contro la Chiesa cattolica e i suoi esponenti - ha notato Orazio Petrosillo, membro del direttivo di Acs - certo non si direbbe mai e poi mai per le altre religioni». Forse non sarà questa la causa ultima di tanta, persistente, intoll eranza religiosa, che attraversa tutto il pianeta in forme, talora, perfino feroci. Ma se nel rapporto, oltre ai casi limite citati in apertura, figurano anche la Francia (legge sui simboli religiosi), i Paesi Bassi (violenze inter-etniche), o gli Stati Uniti (rapporti con le comunità musulmane), davvero è il caso che, sul problema, nessuno abbassi mai la guardia.
Avvenire - 1 luglio 2005