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Discussione: Patriarca di Venezia

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    La tradizione non è il passato. La tradizione ha a che vedere con il passato né più né meno di quanto ha a che vedere col presente o col futuro. Si situa al di là del tempo.
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    Il Patriarca di Venezia, cardinale Scola, invita l’Occidente ad aprirsi al «meticciato di civiltà»: «Ricordiamoci che è Dio a guidare la storia»

    «Dobbiamo porci con forza il problema della Turchia»

    «Sono ottimista sulla possibilità di incontro costruttivo con i musulmani»

    DAL NOSTRO INVIATO
    VENEZIA - «Il fenomeno che domina la scena mondiale, all’inizio del terzo millennio, è un processo di inedita mescolanza di popoli, culture e religioni»: così parla il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, che chiama quel fenomeno «meticciato di civiltà» e vorrebbe tenerlo d’occhio con una rivista plurilingue che si chiama «Oasis», con un laboratorio on line (www.cisro.org) e con periodiche convocazioni di «cervelli».
    Una si è appena tenuta, con la partecipazione di «esperti e testimoni» venuti da Pakistan, India, Indonesia, Siria, Egitto, Libano, Madrid, Parigi, Londra, Praga. Per «stare dentro» al fenomeno del meticciato, il sito di «Oasis» offrirà materiali di scambio culturale: dalla traduzione in arabo del compendio del Catechismo della Chiesa cattolica alla traduzione in lingue europee delle «pagine migliori della letteratura araba attuale e passata» che possono «qualificare» il nostro approccio all’Islam.
    Abbiamo chiesto al patriarca un approfondimento del concetto di «meticciato»: «Con questo termine mi riferisco a un processo in atto e non a una teoria da applicare. Guardo alla storia come a un intreccio di libertà: la libertà di Dio, la libertà dell’uomo e anche la libertà del Maligno. Questo intreccio dà vita a circostanze e processi che l’uomo può orientare, ma non può né annullare né produrre. Ora, che ai giorni nostri sia in atto un mescolamento dei popoli mai visto prima è evidente. Se Dio guida la storia, vuol dire che Dio ci sta chiamando a questo mescolamento: non dobbiamo averne paura, ma chiederci come starci dentro e come orientarlo».
    Se uno parla di «meticciato», sarà favorevole all’ingresso della Turchia nell'Unione europea, proviamo a chiedere e otteniamo questa risposta: «Quando diciamo Europa, diciamo sempre Ue? Certo l’Europa non può non porsi con forza il problema del confronto con la Turchia e con ciò che essa rappresenta: questo confronto dovrà portare all’integrazione della Turchia nell'Unione? Non mi sento di escluderlo, ma neanche di darlo per scontato».
    Facciamo osservare che in Turchia ha sede il Patriarcato di Costantinopoli: si può fare l’unità dell’Europa tagliandolo fuori? «Per noi cristiani - risponde Scola - la questione del Patriarcato di Costantinopoli, rinserrato in territorio turco, è una spina nella carne. Senza dubbio l’Europa è chiamata a farsene carico, ma non so dire che cosa debba fare l’Unione europea. Valga il paragone con la Russia: l’Europa non può certo fare a meno della Russia, ma questo implica che la Russia debba entrare a far parte dell’Unione?».
    «Comunque - continua il patriarca - per i cristiani l’urgenza ecumenica è decisiva e l’impegno a intensificare i rapporti con il Patriarcato dev’essere totale. Così come dobbiamo prestare ascolto alla loro sollecitazione perché la Turchia venga accolta nell’Unione. È un fattore che può far pendere la bilancia in un senso piuttosto che in un altro». Lei vuol dire - insistiamo - che l’attenzione al Patriarcato di Costantinopoli può entrare nella decisione sull’ingresso della Turchia nell'Unione? «Penso di sì» è la risposta.
    La rivista «Oasis» ha quattro edizioni bilingui: inglese-arabo, inglese-urdu, francese-arabo, italiano-arabo. Il secondo numero - annunciato per settembre - avrà il titolo «Integrazioni?».
    Il patriarca si dice ottimista sulle «possibilità di incontro costruttivo» tra cristiani e musulmani e non è «spaventato» dalla «condizione» in cui si trovano a vivere i cristiani in Europa. Assicura di non sentirsi «emarginato». Avverte che certa «intellettualità europea» vorrebbe ridurre la fede a «puro fatto privato», ma lo interessa di più lo «spazio nuovo» che la «testimonianza cristiana» può incontrare in un «mondo postmoderno» pervaso dalla «sete di felicità e di libertà», che sono «parole centrali del messaggio di Cristo».

    Luigi Accattoli
    Pro aris rege!

  2. #2
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    Al di là delle opinioni dell'eminenza Scola, tengo a sottolineare che il razzismo, quindi ogni dottrina volta a discriminare gli uomini qualitativamente in base alle razze, vere o presunte, è condannato dalla Chiesa. In particolare osservo che in altri fora si è auspicata una maledizione di Dio nei confronti del cardinale, e non mi pare.
    Il mescolarsi dei popoli è un fatto, il mescolarsi delle culture anche. Non è un male, anzi, posto il mantentimento dell'identità di un popolo, se c'è ed è forte, può arricchirla con nuovi elementi e ricchezze.
    Un cattolico non può certo rifiutare la carità di Cristo verso i migranti, provare odio nei loro confronti, nè per la loro origine, nè per la loro cultura, nè per la loro religione.

  3. #3
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    Qui so già che mi daranno del relativista.
    Ora, diverse culture possono essere tutte contemporanemante legittime, non vedo alcun problema.
    Io sono occidentale, ragiono da occidentale, un orientale ragiona da orientale. Diversi modi di ragione e di relazionarsi con la realtà; un'unica verità.
    La religione poi, lo ricordo, non è questione culturale. Per essere cattolici non bisogna essere occidentali. Il Vangelo è rivolto a tutti, senza che serva una occidentalizzazione, anche se ovviamente, alcune categorie, sono tanto legate alla nostra teologia, da esserne difficilmente divise.
    Ricordo inoltre che persone di altre religioni "a portata di mano" sono una interessante occasione di evangelizzazione: infatti questo sta avvenendo in diversi parti d'Italia. (E funziona più della crociata ).

 

 

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