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Dongol mistero continua
Mussolini fu ucciso dai partigiani del Pci oppure dai servizi segreti inglesi? Domani gli specialisti a convegno
Di Luca Gallesi
Dopo sessant'anni non sappiamo ancora chi uccise Benito Mussolini, quando e soprattutto perché. Le versioni ufficiali fanno acqua e quelle ufficiose non sono sufficientemente attendibili per essere giudicate fondate. Un convegno storico in programma a Dongo domani e sabato dovrebbe fare un po' più di luce sull'assassinio più misterioso del XX secolo, grazie alla partecipazione dei più qualificati studiosi e giornalisti che si sono dedicati a risolvere l'enigma della fine di Mussolini.
Luciano Garibaldi, autore de La pista inglese, ritiene che la soluzione sia da cercare nei rapporti riservati che il Duce intratteneva con Winston Churchill. «Prima dei partigiani partiti da Milano e comandati dal fantomatico Colonnello Valerio (che probabilmente non è Walter Audisio) arrivarono a Bonzanigo di Mezzegra, dove era custodito prigioniero il Duce, altri giustizieri, agli ordini dei servizi segreti inglesi, o meglio, del servizio segreto personale di Churchill. Furono loro ad assassinare a sangue freddo Mussolini e Claretta Petacci per impedir loro di essere interrogati dagli americani, e di svelare così l'accordo segreto stretto con il premier inglese per convincere Hitler a combattere tutti assieme contro la Russia sovietica. È di pochi giorni fa la notizia che uno storico inglese ha scoperto al Public Record Office nuovi documenti, dai quali risulta che Churchill abbia ordinato la stessa fine anche nei confronti del capo delle SS Heinrich Himmler, con cui aveva preso simili accordi in chiave antirussa, e che venne ammazzato da sicari inglesi perché non finisse a Norimberga».
Dello stesso parere è Fabio Andriola, organizzatore del convegno e autore, tra l'altro, di uno studio sul carteggio Churchill-Mussolini, la cui nuova edizione verrà pubblicata in autunno da Vallecchi. «Tra tutti i misteri di Dongo, quello meno misterioso riguarda il cosiddetto "oro di Dongo", ossia il patrimonio dei vari ministeri della Repubblica Sociale Italiana; è assodato che quei soldi finirono nelle case private di partigiani e abitanti del lago, e soprattutto nelle casse del Partito Comunista. Parlando invece del carteggio, la cui esistenza pare ormai certa, un elemento nuovo è costituito da un telegramma emerso recentemente dall'Archivio Centrale dello Stato, datato agosto 1939, nel quale Mussolini scrive al Re dicendo che Italia, Inghilterra e Francia sono d'accordo nel mantenere un atteggiamento bellico puramente dimostrativo, che è esattamente quello che fece il nostro Regio Esercito per almeno tre mesi dopo l'entrata in guerra... Questo telegramma era nelle borse che Mussolini aveva con sé quando fu catturato, e che furono fatte sparire forse da partigiani vicini a casa Savoia e ai servizi segreti inglesi; i quali furono sicuramente aiutati, nel dopoguerra, da Alcide de Gasperi, che ebbe un ruolo chiave nella vicenda delle lettere scomparse, da lui utilizzate probabilmente nel complicato gioco della nuova politica europea».
Marino Viganò ritiene invece che sull'esecuzione di Mussolini non ci siano misteri e che la sua fucilazione sia avvenuta proprio il pomeriggio del 28 aprile davanti al cancello di villa Belmonte, a opera del Colonnello Valerio, ossia Walter Audisio. Rimane invece aperta la questione del carteggio, assieme a quella del ripiegamento dal Lago di Garda a Milano e infine sul Lago di Como.
«Il fatto che Mussolini da Gargnano il 18 aprile si porti a Milano conclude un progetto iniziato mesi prima, ossia lo sganciamento dai tedeschi, che hanno invece ripiegato verso l'Alto Adige. Le varie iniziative per salvare i fedelissimi che aveva coinvolto nell'avventura della Rsi convergono nella scelta di venire a Milano, nella speranza di potersi consegnare agli angloamericani e salvare così i fascisti più esposti. L'unico documento scritto relativo a quei fatti è la proposta di resa che fa leggere al figlio Vittorio prima di sottoporla al cardinale Schuster, in cui dice chiaramente che vuole usare le sue forze armate come polizia per mantenere l'ordine fino all'arrivo della nuove autorità. A Milano, però, non trova un interlocutore valido: anche il colloquio in arcivescovado del 25 aprile non ha alcuna influenza sulle sue decisioni ma è stata solo una riunione organizzata per faccende sue da Gian Riccardo Cella, un industriale piemontese che operava a Milano. La scelta di ripiegare a Como era stata già presa, come dimostra il fatto che la radio trasmette in chiaro l'ordine a tutti i reparti di ripiegare su Como. Mi pare di poter leggere, in quel ripiegamento, l'attesa di un contatto con gli Alleati, dato che il pomeriggio del 25, prima di lasciare Milano, Mussolini convoca il console di Spagna e gli chiede di andare a Berna per tentare un abboccamento con il Ministro britannico».
Al convegno, infine, parlerà anche il professor Giovanni Pierucci, direttore dell'Istituto di Medicina legale all'Università di Pavia, che ha fatto nuove ricerche sull'autopsia di Mussolini, arrivando a conclusioni opposte a quelle ufficiali. Secondo Pierucci, tra l'altro, quando Mussolini fu assassinato aveva le mani dietro la schiena, particolare che cozza contro tutte le ricostruzioni, anche di parte comunista. Il mistero continua…
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