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  1. #1
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    Question DOTTRINA - Monaci e Frati

    Potreste dirmi quali differenze corrono tra i due ?. So che i frati godono di maggiori libertà rispetto ai monaci ma nient'altro.
    Ultima modifica di emv; 02-06-20 alle 16:01 Motivo: Rititolazione a scopo classificazione argomenti

  2. #2
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da camicianera90 Visualizza Messaggio
    Potreste dirmi quali differenze corrono tra i due ?. So che i frati godono di maggiori libertà rispetto ai monaci ma nient'altro.
    Il monachesimo cristiano nasce a partire dal IV secolo dopo Cristo in Egitto grazie all'impulso di Sant'Antonio il Grande e dei padri del deserto. Si diffonde poi in Italia con San Benedetto. Un monaco può essere anacoreta e vivere in completa solitudine, oppure cenobita e vivere in una comunità.

    I frati nascono nel medioevo con gli ordini mendicanti e pongono maggior accento sulla vita comunitaria come via per la salvezza.

    Se vuoi leggere un bel libro sul monachesimo delle origini, ti consiglio Detti e fatti dei padri del deserto, c'è una bella edizione della Bompiani a cura di Cristina Campo.
    Così mi disse che quel giorno era uscita coi fiori gialli tra le mani perché finalmente la trovassi e che se non fosse successo si sarebbe avvelenata perché la sua vita era vuota. - M. A. Bulgakov

  3. #3
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da napici Visualizza Messaggio
    Il monachesimo cristiano nasce a partire dal IV secolo dopo Cristo in Egitto grazie all'impulso di Sant'Antonio il Grande e dei padri del deserto. Si diffonde poi in Italia con San Benedetto. Un monaco può essere anacoreta e vivere in completa solitudine, oppure cenobita e vivere in una comunità.

    I frati nascono nel medioevo con gli ordini mendicanti e pongono maggior accento sulla vita comunitaria come via per la salvezza.

    Se vuoi leggere un bel libro sul monachesimo delle origini, ti consiglio Detti e fatti dei padri del deserto, c'è una bella edizione della Bompiani a cura di Cristina Campo.
    Ti ringrazio. Sarà un caso ma proprio ieri ho finito di leggere Detti e fatti dei padri del deserto della Rusconi però.

  4. #4
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da camicianera90 Visualizza Messaggio
    Ti ringrazio. Sarà un caso ma proprio ieri ho finito di leggere Detti e fatti dei padri del deserto della Rusconi però.
    Questo spiega le domande sul monachesimo.

    ti è piaciuto?
    Così mi disse che quel giorno era uscita coi fiori gialli tra le mani perché finalmente la trovassi e che se non fosse successo si sarebbe avvelenata perché la sua vita era vuota. - M. A. Bulgakov

  5. #5
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da napici Visualizza Messaggio
    Questo spiega le domande sul monachesimo.

    ti è piaciuto?
    E' una delle mie letture preferite. Un paio di anni fa ho letto anche Storia di un pellegrino russo preso in prestito dalla biblioteca. Non ti nascondo che ai rosari preferisco la recita dei salmi e la Preghiera di Gesù anche se quest'ultima la trovo un pò più difficile. Da ieri sto leggendo il castello interiore di Santa Teresa d'Avila. Comunque credo che le letture non siano sufficienti. Sto valutando se contattare i carmelitani per trascorrere un breve periodo da loro in modo da poter vivere la loro spiritualità.

  6. #6
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da camicianera90 Visualizza Messaggio
    E' una delle mie letture preferite. Un paio di anni fa ho letto anche Storia di un pellegrino russo preso in prestito dalla biblioteca. Non ti nascondo che ai rosari preferisco la recita dei salmi e la Preghiera di Gesù anche se quest'ultima la trovo un pò più difficile. Da ieri sto leggendo il castello interiore di Santa Teresa d'Avila. Comunque credo che le letture non siano sufficienti. Sto valutando se contattare i carmelitani per trascorrere un breve periodo da loro in modo da poter vivere la loro spiritualità.
    A un certo punto si passa da quelle letture. Sono molto belle. Il castello interiore lo comprai nel 2002 quando vivevo in Spagna (titolo originale: Las Moradas, le dimore), ma lo spagnolo del '500 era un po' difficile per me e non l'ho mai finito di leggere. Ma è sempre lì in libreria, un giorno lo riprenderò in mano.

    Interessante la scelta del Carmelo; alla Trappa hai mai pensato? Credo che in Italia di conventi trappisti non ce ne siano molti, mi viene in mente solo l'abbazia delle tre fontane a Roma. C'è un bel testo, sempre di Cristina Campo, che ne parla. Non sono a casa e non te lo posso copiare, ma ho trovato un articolo in rete che parla dell'abbazia delle 3 fontane e cita anche quel testo. Te lo copio di seguito.



    Quell' abbazia di Tre Fontane tra monaci, Madonne e Luna Park


    «Roma è una città che ignora tutto di se stessa. Immemorialmente indifferente, radicato in quartieri, insulare, il romano rifiuta di conoscere il nome della casa accanto alla propria. Se non la scorgesse di lontano, ignorerebbe che la sua città possiede una piramide. Vivrà e morrà senza aver avuto notizia di una Porta Magica, di un museo delle Anime Purganti, di una Trappa». Scudisciate, schiaffi, secchiate di umiliazione. Da qualche anno tengo sempre a portata di mano i due libri di scritti di Cristina Campo, "Gli imperdonabili" e "Sotto falso nome". Sono per me come le chiavi in tasca, le foto dei figli nel portafoglio: amuleti, bussole. Ma anche roba che fa male, un male cane. Eppure continuo a leggere, come i ragazzini della trilogia della Kristof che si insultano a vicenda, si costringono ai gesti più atroci, per irrobustire lo spirito. Consiglio la lettura della Campo a chiunque si conceda un gusto sadomasochistico, cioè sia ancora disposto a imparare. La Trappa di cui parla Cristina è l' abbazia delle Tre Fontane, nascosta dentro un bosco di eucalipti sulla via Laurentina. I monaci trappisti sono una versione estrema dell' ordine cistercense. Fu l' abate de Rancé che nel XVII secolo diede vita a un movimento detto di «stretta osservanza», inteso a restaurare le regole che gli allegri monaci tendevano ormai a disattendere: clausura, lavoro nei campi, astinenza, silenzio, veglie, mortificazioni e ascesi. Con il loro abituccio bianco simbolo dell' estrema povertà (grezza lana di pecora nemmeno tinta), contrapposto al nero degli aristocratici monaci di Cluny, i trappisti conducono in quel paradiso di pace alle porte dell' Eur una vita asprissima. Non tragga in inganno la dolcezza del loro cioccolato, o il profumo dei liquori di erbe che si vendono allo spaccio. I monaci conducono giornate che sono esercizi di pazienza, scandite dal canto della liturgia. Nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio ho assistito alla celebrazione della sesta. Le loro funzioni sono cerimonie vibranti, messe in scena fatte di gesti densi e precisi porte di ferro che si aprono e si chiudono, passi, un pugno di tonache che si alzano e si siedono all' unisono, cantano con voci fiacchite dal prolungato tacere e la chiesa vuota è una caverna gelida. Fuori invece c' è un bel sole, centinaia di rumeni vestiti eleganti si aggirano per il cortile ben curato, entrano ed escono dalla cinquecentesca chiesa di S. Maria Scala Coeli dove si canta a squarciagola. Prima della chiesa c' era un tempio, e prima ancora una fossa comune dove i romani scannarono e ammassarono diecimila cristiani, tra i quali il tribuno Zenone, dove averli sfiancati obbligandoli a lavorare nel cantiere delle terme di Diocleziano. Ma il sacrificio eponimo del monastero è quello di San Paolo. Dal triplo rimbalzo della sua testa mozzata scaturirono infatti le tre fontane, oggi incastonate in altrettanti arzigogolati tabernacoli i quali, insieme alla colonna di marmo sulla quale il boia lo decapitò, costituiscono la maggiore attrazione della terza chiesa, quella di San Paolo. Qualcuno dice che il povero Paolo, apostolo e patrono della città, morì invece sulla Via Ostiense, dove sorge l' altra chiesa a lui intitolata e dove, grazie alla pìetas della matrona Lucina, giacquero per secoli le sue spoglie. Qualcun altro, come me, si preoccupa di miracoli e martìri solo quando questi diventano soggetti per l' arte, dai quadri di Caravaggio all' ultimo bellissimo film di Bellocchio. Ma se si può discutere a lungo se l' arte sia preghiera o la preghiera arte, quando le due si separano è innegabile che sia la preghiera a produrre danni maggiori. Prova ne sia quasi tutta l' architettura sacra degli ultimi cinquant' anni, di cui il Santuario della Vergine della Rivelazione è un fulgido esempio. Basta attraversare la strada, la via Laurentina, e salire seguendo le indicazioni. Dirimpetto al negozio di souvenir, un peristilio a colonne verde ghiacciolo protegge l' entrata alla grotta nella quale il 12 aprile 1947 la Madonna apparve avvolta dall' inevitabile scenografia di luce e profumi a Bruno Cornacchiola, bigliettaio dell' Atac e inviperito protestante (avventista del settimo giorno), recatosi al parco coi tre figli poiché disgraziatamente avevo perso il treno per Ostia. Il Cornacchiola, nella cui vita preapparizione fu puttaniere e bestemmiatore, comunista e proprietario di una spada sulla quale aveva fatto incidere il motto «a morte il papa», quel giorno di primavera udì la Madonna rivolgersi a lui per richiamarlo alla giusta fede e un comportamento onesto, mentre i suoi figli, inginocchiati di fronte alla bella signora, raccontarono che questa masticava una gomma americana in silenzio. Bruno, divenuto uomo pio e comprensivo, dopo un minuscolo moto di imbarazzo di fronte alle dichiarazioni dei figli, capì che la Madonna aveva destinato l' intervento soltanto alle sue orecchie adulte e peccatrici, e sorrise. Alle spalle della grotta, c' è uno stretto corridoio semicircolare. All' imboccatura le pareti sono coperte di lapidi, sulle quali sono state incise brevi citazioni relative alla Madonna. Più avanti agli aforismi fanno seguito altri quadretti ma più piccoli e affollatissimi: gli ex voto. Muri coperti di fototessere, pigiamini da neonato, biglietti di ringraziamento. Una specie di ventre umido, un utero gravido di dolore e cieca speranza. Quando si torna a riveder la luce e ci si imbatte di nuovo nel colonnato alla menta, l' orrore è quasi un sollievo. Passeggio su per il giardino nel quale, contro la malaria e magari per farsi perdonare dal monastero a cui si è imposto un vicinato così volgare, sono stati piantati eucalipti della stessa specie. C' è una ragazza che studia, una suora che mangia un panino nella stagnola, una donna elegante con lo sguardo perso nel vuoto. Ufo non ce n' è. Ne sono stati avvistati alcuni negli ultimi anni, proprio sopra la grotta della Madonna, ma per quanto allunghi il collo non vedo che nuvole. Davanti invece, sulla via Laurentina, si vede il centro sportivo. Qui si allenava la Roma prima di trasferirsi a Trigoria, qui si può pattinare, giocare a rugby, a tennis... ma mi sa che bisogna essere soci. In ogni caso bisogna varcare un cancello di ferro molto stretto, forche caudine per me che davanti a qualsiasi attività sportiva mi sento come Paperino nell' ufficio di zio Paperone. Di fronte c' è invece il Luneur. Di giorno è chiuso, i mostri sono immobili, i più preziosi addirittura imbacuccati. Mi aggiro per un po' lungo i viottoli sassosi, ascolto stralci di conversazioni in decine di lingue diverse, qualcuno mi sorride coi suoi denti luccicanti d' oro. I Luna Park sembrano sempre pericolosi. Forse perché sono parentesi di irrazionalità nella sintassi del mondo, ma si ha sempre la sensazione che, nonostante lo zucchero filato, tra gli ottovolanti siano in agguato i più odiosi criminali, liberi di spadroneggiare nel regno senza leggi del divertimento a tutti i costi. Sull' altro lato della Laurentina c' è invece il quartiere Tintoretto. Si sale su per il viale omonimo, tra doppie file di condomini eleganti e fioriti, uffici prestigiosissimi, traverse dove abbondano negozi eleganti e bar coi tramezzini morbidi. E' un bel quartiere residenziale, con strade affollate di quelle nuove gigantesche automobili tarate su famiglie ben più numerose delle nostre. Ma qui non stanno male, qui almeno non si incastrano nei vicoletti, costringendo i pedoni a spalmarsi contro i palazzi. Perché qui, infatti, non sembra molto Italia. Sembra Berlino, sembra la Potsdamer Platz dove gli architetti più bravi del mondo si sono sfidati a colpi di cortili, grattacieli, finestroni. Al Tintoretto ci sono palazzi rosa, gialli, blu, palazzi rotondi, palazzi con facciate decorate come cruciverba, palazzi piccolissimi come baite, palazzi che dovrebbero essere chiese ma sembrano caserme dei pompieri. E poi ci sono i Granai. I Granai sono un centro commerciale. All' interno ci sono via della Spiga, via della Mimosa e via dei Lillà, riverberate da quella tipica luce al neon che fa sembrare molto molto rosa la scaloppina scaduta. Lungo le vie virtuali si affacciano negozi di ogni genere desiderabile, e in fondo c' è un supermercato che ha l' estensione di un campo da calcio e scaffali dove si possono trovare settantatré qualità diverse di pomodori pelati. Io, se avessi quattro anni, vorrei passare tutti i miei pomeriggi ai Granai. Perché dentro i Granai ti senti protetto, sicuro (non come al Luna Park) e per via dei carrelli. Si chiamano boobaloo e costano un euro ogni ora. Dietro, in corrispondenza della mamma, c' è il carrello vero e proprio. Davanti, in posizione privilegiata, sono fatti come una automobile giocattolo in cui mi sederei e attaccata al volante andrei a esplorare il mondo. Io, se avessi quattro anni, penserei che i Granai sono un posto bellissimo. Quanto a Cristina Campo, per chi fosse curioso quanto me e si stesse scervellando, la soluzione dell' enigma è: la Porta Magica sta nel giardino di Piazza Vittorio. E questo era facile. Il museo delle Anime Purganti, cioè in transito verso il Paradiso, si trova invece dentro la Chiesa del Sacro Cuore o del Suffragio (zona Palazzaccio), e consiste in una minuscola e commovente raccolta di oggetti che testimoniano del sottilissimo diaframma che separa i vivi dai morti: sagome di mani, croci, dita impresse a fuoco su una Bibbia, su un fazzoletto. Miracoli, timide tracce dell' impossibile. - ELENA STANCANELLI

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    Così mi disse che quel giorno era uscita coi fiori gialli tra le mani perché finalmente la trovassi e che se non fosse successo si sarebbe avvelenata perché la sua vita era vuota. - M. A. Bulgakov

  7. #7
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

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    A un certo punto si passa da quelle letture. Sono molto belle. Il castello interiore lo comprai nel 2002 quando vivevo in Spagna (titolo originale: Las Moradas, le dimore), ma lo spagnolo del '500 era un po' difficile per me e non l'ho mai finito di leggere. Ma è sempre lì in libreria, un giorno lo riprenderò in mano.

    Interessante la scelta del Carmelo; alla Trappa hai mai pensato? Credo che in Italia di conventi trappisti non ce ne siano molti, mi viene in mente solo l'abbazia delle tre fontane a Roma. C'è un bel testo, sempre di Cristina Campo, che ne parla. Non sono a casa e non te lo posso copiare, ma ho trovato un articolo in rete che parla dell'abbazia delle 3 fontane e cita anche quel testo. Te lo copio di seguito.



    Quell' abbazia di Tre Fontane tra monaci, Madonne e Luna Park


    «Roma è una città che ignora tutto di se stessa. Immemorialmente indifferente, radicato in quartieri, insulare, il romano rifiuta di conoscere il nome della casa accanto alla propria. Se non la scorgesse di lontano, ignorerebbe che la sua città possiede una piramide. Vivrà e morrà senza aver avuto notizia di una Porta Magica, di un museo delle Anime Purganti, di una Trappa». Scudisciate, schiaffi, secchiate di umiliazione. Da qualche anno tengo sempre a portata di mano i due libri di scritti di Cristina Campo, "Gli imperdonabili" e "Sotto falso nome". Sono per me come le chiavi in tasca, le foto dei figli nel portafoglio: amuleti, bussole. Ma anche roba che fa male, un male cane. Eppure continuo a leggere, come i ragazzini della trilogia della Kristof che si insultano a vicenda, si costringono ai gesti più atroci, per irrobustire lo spirito. Consiglio la lettura della Campo a chiunque si conceda un gusto sadomasochistico, cioè sia ancora disposto a imparare. La Trappa di cui parla Cristina è l' abbazia delle Tre Fontane, nascosta dentro un bosco di eucalipti sulla via Laurentina. I monaci trappisti sono una versione estrema dell' ordine cistercense. Fu l' abate de Rancé che nel XVII secolo diede vita a un movimento detto di «stretta osservanza», inteso a restaurare le regole che gli allegri monaci tendevano ormai a disattendere: clausura, lavoro nei campi, astinenza, silenzio, veglie, mortificazioni e ascesi. Con il loro abituccio bianco simbolo dell' estrema povertà (grezza lana di pecora nemmeno tinta), contrapposto al nero degli aristocratici monaci di Cluny, i trappisti conducono in quel paradiso di pace alle porte dell' Eur una vita asprissima. Non tragga in inganno la dolcezza del loro cioccolato, o il profumo dei liquori di erbe che si vendono allo spaccio. I monaci conducono giornate che sono esercizi di pazienza, scandite dal canto della liturgia. Nella chiesa dei Santi Vincenzo e Anastasio ho assistito alla celebrazione della sesta. Le loro funzioni sono cerimonie vibranti, messe in scena fatte di gesti densi e precisi porte di ferro che si aprono e si chiudono, passi, un pugno di tonache che si alzano e si siedono all' unisono, cantano con voci fiacchite dal prolungato tacere e la chiesa vuota è una caverna gelida. Fuori invece c' è un bel sole, centinaia di rumeni vestiti eleganti si aggirano per il cortile ben curato, entrano ed escono dalla cinquecentesca chiesa di S. Maria Scala Coeli dove si canta a squarciagola. Prima della chiesa c' era un tempio, e prima ancora una fossa comune dove i romani scannarono e ammassarono diecimila cristiani, tra i quali il tribuno Zenone, dove averli sfiancati obbligandoli a lavorare nel cantiere delle terme di Diocleziano. Ma il sacrificio eponimo del monastero è quello di San Paolo. Dal triplo rimbalzo della sua testa mozzata scaturirono infatti le tre fontane, oggi incastonate in altrettanti arzigogolati tabernacoli i quali, insieme alla colonna di marmo sulla quale il boia lo decapitò, costituiscono la maggiore attrazione della terza chiesa, quella di San Paolo. Qualcuno dice che il povero Paolo, apostolo e patrono della città, morì invece sulla Via Ostiense, dove sorge l' altra chiesa a lui intitolata e dove, grazie alla pìetas della matrona Lucina, giacquero per secoli le sue spoglie. Qualcun altro, come me, si preoccupa di miracoli e martìri solo quando questi diventano soggetti per l' arte, dai quadri di Caravaggio all' ultimo bellissimo film di Bellocchio. Ma se si può discutere a lungo se l' arte sia preghiera o la preghiera arte, quando le due si separano è innegabile che sia la preghiera a produrre danni maggiori. Prova ne sia quasi tutta l' architettura sacra degli ultimi cinquant' anni, di cui il Santuario della Vergine della Rivelazione è un fulgido esempio. Basta attraversare la strada, la via Laurentina, e salire seguendo le indicazioni. Dirimpetto al negozio di souvenir, un peristilio a colonne verde ghiacciolo protegge l' entrata alla grotta nella quale il 12 aprile 1947 la Madonna apparve avvolta dall' inevitabile scenografia di luce e profumi a Bruno Cornacchiola, bigliettaio dell' Atac e inviperito protestante (avventista del settimo giorno), recatosi al parco coi tre figli poiché disgraziatamente avevo perso il treno per Ostia. Il Cornacchiola, nella cui vita preapparizione fu puttaniere e bestemmiatore, comunista e proprietario di una spada sulla quale aveva fatto incidere il motto «a morte il papa», quel giorno di primavera udì la Madonna rivolgersi a lui per richiamarlo alla giusta fede e un comportamento onesto, mentre i suoi figli, inginocchiati di fronte alla bella signora, raccontarono che questa masticava una gomma americana in silenzio. Bruno, divenuto uomo pio e comprensivo, dopo un minuscolo moto di imbarazzo di fronte alle dichiarazioni dei figli, capì che la Madonna aveva destinato l' intervento soltanto alle sue orecchie adulte e peccatrici, e sorrise. Alle spalle della grotta, c' è uno stretto corridoio semicircolare. All' imboccatura le pareti sono coperte di lapidi, sulle quali sono state incise brevi citazioni relative alla Madonna. Più avanti agli aforismi fanno seguito altri quadretti ma più piccoli e affollatissimi: gli ex voto. Muri coperti di fototessere, pigiamini da neonato, biglietti di ringraziamento. Una specie di ventre umido, un utero gravido di dolore e cieca speranza. Quando si torna a riveder la luce e ci si imbatte di nuovo nel colonnato alla menta, l' orrore è quasi un sollievo. Passeggio su per il giardino nel quale, contro la malaria e magari per farsi perdonare dal monastero a cui si è imposto un vicinato così volgare, sono stati piantati eucalipti della stessa specie. C' è una ragazza che studia, una suora che mangia un panino nella stagnola, una donna elegante con lo sguardo perso nel vuoto. Ufo non ce n' è. Ne sono stati avvistati alcuni negli ultimi anni, proprio sopra la grotta della Madonna, ma per quanto allunghi il collo non vedo che nuvole. Davanti invece, sulla via Laurentina, si vede il centro sportivo. Qui si allenava la Roma prima di trasferirsi a Trigoria, qui si può pattinare, giocare a rugby, a tennis... ma mi sa che bisogna essere soci. In ogni caso bisogna varcare un cancello di ferro molto stretto, forche caudine per me che davanti a qualsiasi attività sportiva mi sento come Paperino nell' ufficio di zio Paperone. Di fronte c' è invece il Luneur. Di giorno è chiuso, i mostri sono immobili, i più preziosi addirittura imbacuccati. Mi aggiro per un po' lungo i viottoli sassosi, ascolto stralci di conversazioni in decine di lingue diverse, qualcuno mi sorride coi suoi denti luccicanti d' oro. I Luna Park sembrano sempre pericolosi. Forse perché sono parentesi di irrazionalità nella sintassi del mondo, ma si ha sempre la sensazione che, nonostante lo zucchero filato, tra gli ottovolanti siano in agguato i più odiosi criminali, liberi di spadroneggiare nel regno senza leggi del divertimento a tutti i costi. Sull' altro lato della Laurentina c' è invece il quartiere Tintoretto. Si sale su per il viale omonimo, tra doppie file di condomini eleganti e fioriti, uffici prestigiosissimi, traverse dove abbondano negozi eleganti e bar coi tramezzini morbidi. E' un bel quartiere residenziale, con strade affollate di quelle nuove gigantesche automobili tarate su famiglie ben più numerose delle nostre. Ma qui non stanno male, qui almeno non si incastrano nei vicoletti, costringendo i pedoni a spalmarsi contro i palazzi. Perché qui, infatti, non sembra molto Italia. Sembra Berlino, sembra la Potsdamer Platz dove gli architetti più bravi del mondo si sono sfidati a colpi di cortili, grattacieli, finestroni. Al Tintoretto ci sono palazzi rosa, gialli, blu, palazzi rotondi, palazzi con facciate decorate come cruciverba, palazzi piccolissimi come baite, palazzi che dovrebbero essere chiese ma sembrano caserme dei pompieri. E poi ci sono i Granai. I Granai sono un centro commerciale. All' interno ci sono via della Spiga, via della Mimosa e via dei Lillà, riverberate da quella tipica luce al neon che fa sembrare molto molto rosa la scaloppina scaduta. Lungo le vie virtuali si affacciano negozi di ogni genere desiderabile, e in fondo c' è un supermercato che ha l' estensione di un campo da calcio e scaffali dove si possono trovare settantatré qualità diverse di pomodori pelati. Io, se avessi quattro anni, vorrei passare tutti i miei pomeriggi ai Granai. Perché dentro i Granai ti senti protetto, sicuro (non come al Luna Park) e per via dei carrelli. Si chiamano boobaloo e costano un euro ogni ora. Dietro, in corrispondenza della mamma, c' è il carrello vero e proprio. Davanti, in posizione privilegiata, sono fatti come una automobile giocattolo in cui mi sederei e attaccata al volante andrei a esplorare il mondo. Io, se avessi quattro anni, penserei che i Granai sono un posto bellissimo. Quanto a Cristina Campo, per chi fosse curioso quanto me e si stesse scervellando, la soluzione dell' enigma è: la Porta Magica sta nel giardino di Piazza Vittorio. E questo era facile. Il museo delle Anime Purganti, cioè in transito verso il Paradiso, si trova invece dentro la Chiesa del Sacro Cuore o del Suffragio (zona Palazzaccio), e consiste in una minuscola e commovente raccolta di oggetti che testimoniano del sottilissimo diaframma che separa i vivi dai morti: sagome di mani, croci, dita impresse a fuoco su una Bibbia, su un fazzoletto. Miracoli, timide tracce dell' impossibile. - ELENA STANCANELLI

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    Ti ringrazio per questo bellissimo testo. Ho conosciuto un ragazzo che era stato dai trappisti mi pare di Roma ma in seguito aveva deciso di intraprendere un percorso di fede diverso all'interno dell'ordine dei domenicani. In effetti anche una esperienza presso uno dei loro monasteri potrebbe essere interessante.

  8. #8
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    come lettura sul monechesimo delle origini ti suggerisco anche Doroteo di Gaza - scritti ed insegnamenti spirituali...

    vorrei chiedere a camicianera se ha mai partecipato agli esercizi spirituali ignaziani...

  9. #9
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Citazione Originariamente Scritto da codino Visualizza Messaggio
    come lettura sul monechesimo delle origini ti suggerisco anche Doroteo di Gaza - scritti ed insegnamenti spirituali...

    vorrei chiedere a camicianera se ha mai partecipato agli esercizi spirituali ignaziani...
    Grazie per la segnalazione.

    Avrei dovuto parteciparvi presso i gesuiti ma poi, conoscendoli meglio, ho ritenuto fosse più prudente, lasciar perdere hefico:

  10. #10
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    Predefinito Rif: Monaci e Frati

    Qualche anno fa è uscito un bel film sulla vita monacale, Il Grande Silenzio. Posto un trailer in italiano e la prima parte di tutto il film sottotitolata in spagnolo (non che serva a molto, ci saranno 3-4 minuti di parlato in tutto il film). Mi ricordo che al cinema eravamo in 4-5 persone a vederlo



    Così mi disse che quel giorno era uscita coi fiori gialli tra le mani perché finalmente la trovassi e che se non fosse successo si sarebbe avvelenata perché la sua vita era vuota. - M. A. Bulgakov

 

 
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