I limiti della Scienza di oggi: se non esistono limiti al miglioramento delle tecniche di cura nel mondo postmoderno, è altrettanto evidente che esistano dei limiti che la scienza deve imporsi come etica e per la salvaguardia dei diritti umani; in questo articolo uno scienziato americano mette in evidenza quali sono i paletti che abbiamo il diritto di imporci per i motivi soèpracitati e per non ricadere negli errori del passato; ad esempio Chernobil Hiroshima e Nagasaki solo per citarne due.


SCENARI
Parla il filosofo della scienza americano Scott Eastham: «Al rischio di olocausto nucleare oggi si aggiunge quello biologico»

Il ritorno di Faust


Di Luigi Dell'Aglio


«Supponiamo che io abbia "costruito" un batterio che mangia il silicio (impresa non impossibile) e che questo microrganismo minacci di divorare tutti i computer del Pianeta. Qualsiasi sperimentazione sul mio "prototipo" verrebbe fulmineamente bloccata. Con l'ingegneria genetica e la biotecnologia ci si regola invece in tutt'altro modo. La scienza ha una visione del mondo che non le permette di affrontare e di capire domande fondamentali come "che cos'è il bene?", "che cos'è il male?". La scienza vuole dettare leggi alla materia vivente e alle future generazioni umane. Così al rischio di olocausto nucleare si aggiunge quello di olocausto biologico, con gli interventi sulle cellule riproduttive». I libri del filosofo americano Scott Eastham sono letti come quelli di Jeremy Rifkin. Entrambi avvertono che il genere umano sta giocando con il fuoco. E Eastham lo scrive, chiaro e tondo, in un saggio pubblicato dalla rivista InterCulture, la cui edizione italiana è curata da Città Aperta.
Professor Eastham, la scienza propone il dialogo con l'etica, poi non rinuncia mai a mettere in pratica ciò che ha imparato a fare. Ma è giusto che quanto è "possibile", realizzabile, diventi sempre anche "legittimo"?
«L'ingegneria genetica vede tutto quello che si può vedere con il microscopio. Trascura il resto. Ha un'idea inadeguata dei fini dell'uomo, che investono invece il campo dell'etica. L'ethos attiene alla vita vera; l'ingegneria genetica, nelle sue applicazioni incontrollate, promette invece un mondo artificiale. Ma la vita può essere pianificata solo fino a un certo punto. Oltre certi limiti, il rischio di disastri è altissimo. Abbiamo avuto prove incontrovertibili che i cosiddetti "effetti collaterali" di ogni nuova tecnologia spesso finiscono per diventare i suoi "effetti principali". E poi sia chiaro: la libertà di esplorare tutto il possibile può produrre mostri».
La scienza non ascolta mai pareri fuori dalla propria cerchia?
«La scienza non può stabilire da sola ciò che è bene e ciò che è male. Non è in grado di rispondere alle domande fondamentali. Ma non chiede consigli. Alcuni scienziati tendono addirittura a respingere ogni interrogativo, considerandolo una superstizione primitiva. Eppure si tratta di questioni fondate: nel XX secolo l'umanità ha fatto una massiccia esperienza del male sistemico. I campi di concentramento, le armi atomiche del progetto Manhattan, il saccheggio delle risorse naturali non rinnovabili, lo sfruttamento del Terzo Mondo da parte delle multinazionali, le epidemie come risultato di sperimentazioni avventate. A partire da Hiroshima, la scienza ha molto cammino da fare per aggiornarsi in campo morale. L'avvento delle tecnologie avanzate richiede un corrispondente scatto nell'evoluzione sul piano dell'etica».
Lei ha scritto: la scienza si ritiene depositaria di verità assolute. Ma sulle tecniche dell'ingegneria genetica non c'è unanimità neanche sul fronte scientifico.
«Questa tecnologia, che assicura un potere illimitato a chi la possiederà, non poggia su basi accettate da tutti nella comunità scientifica. E poi non possiamo ignorare che la scienza, la quale vanta l'assoluta oggettività, alla fine è un sistema di credenze. Si sostiene l'ingegneria genetica non perché si abbiano più informazioni in proposito. Ma perché "si crede" negli apprendisti stregoni che manipolano il Dna».
Però l'ingegneria genetica non è affatto da criticare, quando rispetta la persona umana. Le terapie molecolari aprono spiragli nella cura dei tumori. Del resto, il desiderio di conoscere è insopprimibile nell'uomo.
«Però la scienza deve evitare gli errori da imprudenza e quelli anche più interessati. Non è accettabile che gli speculatori facciano a gara per acquistare diritti su pezzi del genoma umano e per trarre un giorno profitti monetari perfino dalla cura del cancro. A suo tempo non mi piacquero i pionieri dell'ingegneria genetica quando affermavano che il progetto Genoma ci avrebbe detto tutto quello che c'era da sapere sull'uomo. Non era vero, ora lo riconoscono. Con i loro slogan dovevano battere la grancassa e ottenere finanziamenti pubblici».
C'è una regola d'oro alla quale l'ingegneria genetica dovrebbe attenersi?
«"Qualunque cosa farai alla più piccola di queste creature l'avrai fatta a te stesso". In altri termini, l'imperativo di Kant: trattare la persona sempre come fine e mai come mezzo».
Manca il dialogo perché c'è riluttanza ad accettare regole comuni?
«C'è stato un rifiuto della saggezza. L'ingegneria genetica solleva questioni che implicano una collisione tra visioni del mondo, direi uno scontro di cosmologie».
Lei scrive che la scienza è un'irresistibile tentatrice. Promette guarigioni, sconfitta della fame, il paradiso in terra. Quale atteggiamento può assumere l'uomo di oggi, destinatario di questo messaggio?
«Potrete avere tutto ciò che desiderate", giura la scienza. Ma noi, questa promessa, l'abbiamo già sentita. Nel Vangelo, quando il demonio tenta il Cristo nel deserto. Quanti sono in grado di smascherare questa seduzione? Basta ricordarsi che troppe volte siamo stati ingannati, quando scienziati, politici, imprenditori, ci indicavano - proiettata nel futuro - un'età felice dell'umanità. Così potevano esimersi dall'affrontare la realtà del presente, nel quale la gente vive e muore, soffre e spera. L'ingegneria genetica può essere la più recente versione della speranza che illude. Ma attenzione: ci impongono un paradigma neodarwiniano senza dirci che, agendo da padroni assoluti di tutta la creazione, potremmo scrivere la nostra condanna a morte come specie».
Stiamo vivendo il "grande esperimento"?
«Sì. Come cavie. Come animali da laboratorio. L'intero pianeta sta diventando un enorme laboratorio di ingegneria genetica. E non abbiamo dato alcun "consenso informato"».



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