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    Da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 213-223

    ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE


    L'ineffabile successione dei misteri dell'Uomo-Dio è sul punto di ricevere l'ultimo complemento. Ma l'allegrezza della terra è salita fino al cielo; le angeliche gerarchie si preparano a ricevere il capo già promesso, mentre i loro principi sono vigili alle porte, pronti ad aprirle, quando risuonerà il segnale del divino Trionfatore. Le sante anime, liberate dal limbo già da quaranta giorni, attendono il felice momento in cui la via del cielo, chiusa per il peccato, si aprirà improvvisamente, ed essi potranno percorrerla al seguito del loro Redentore. L'ora incalza, ed è tempo ormai che il divin Risorto venga a mostrarsi, ed a ricevere l'addio di coloro che l'attendono di minuto in minuto, e che deve lasciare ora in questa valle di lacrime.

    Al Cenacolo.

    Tutto ad un tratto egli appare in mezzo al Cenacolo. Trasalisce il cuore di Maria; i discepoli e le pie donne adorano con emozione colui che si mostra quaggiù per l'ultima volta. Gesù si degna prendere posto a tavola con loro; accondiscende a dividere ancora una volta il pasto, non più con lo scopo di renderli sicuri della sua Risurrezione - sa che non ne dubitano, ormai - ma tiene a dar loro questo segno affettuoso della sua divina familiarità, nel momento di andare ad assidersi alla destra del Padre. Quale pasto ineffabile è questo in cui Maria gusta per l'ultima volta sulla terra l'incanto di essere seduta vicino al Figliolo; in cui la santa Chiesa, rappresentata dai discepoli e dalle pie donne, è ancora visibilmente presieduta dal suo Capo e suo Sposo!

    Chi potrebbe esprimere il rispetto, il raccoglimento, l'attenzione dei convitati; riprodurre gli sguardi posati con affetto così intenso sul Maestro tanto amato? Essi aspirano ad ascoltare ancora una volta la sua parola; parola tanto cara in questo momento della separazione! Finalmente Gesù schiude le sue labbra; ma il suo accento è più grave che tenero. Comincia col ricordare loro l'incredulità con la quale accolsero la notizia della sua Risurrezione (Mc 16,14). Al momento di affidare la missione più imponente che sia mai stata trasmessa agli uomini, egli vuole richiamarli all'umiltà. Tra pochi giorni dovranno essere gli oracoli del mondo, e il mondo dovrà credere la loro parola, credere ciò che non ha visto, ma quello che essi soli hanno veduto. È la fede che mette gli uomini in comunicazione con Dio; e questa fede essi stessi, in principio, non l'ebbero: Gesù vuole ricevere un'ultima riparazione di quella incredulità passata, per fondare il loro apostolato sull'umiltà.

    L'evangelizzazione del mondo.

    Prendendo poi quel tono di autorità che conviene a lui solo, disse loro: "Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crede e sarà battezzato si salverà; chi non crede sarà condannato" (Mc 16,15-16). Come compiranno essi questa missione di predicare il Vangelo nel mondo intero? Con quali mezzi riusciranno ad accreditare la loro parola? Gesù lo indica: "Or questi sono i miracoli che accompagneranno i credenti: nel nome mio scacceranno demoni; parleranno lingue nuove; prenderanno in mano serpenti, e se berranno qualche veleno mortifero non ne avranno danno; imporranno le mani agli ammalati e guariranno" (ivi 16,17-18)". Egli vuole che il miracolo sia il fondamento della sua Chiesa, come l'aveva scelto quale argomento della sua missione divina. La sospensione della legge della natura annunzia agli uomini che l'autore di questa stessa natura sta per pronunciarsi: ad essi, allora, il dovere di ascoltare e credere umilmente.

    Ecco dunque questi uomini sconosciuti dal mondo, sprovvisti di ogni mezzo umano, eccoli investiti della missione di conquistar la terra e di farvi regnare Gesù Cristo. Il mondo ignora anche la loro esistenza; assiso sul trono, Tiberio, che vive nel terrore delle congiure, non suppone affatto tale spedizione di nuovo genere che si sta iniziando, dalla quale l'impero romano sarà conquistato. A questi guerrieri, occorre un'armatura ma di tempra divina, e Gesù annuncia che stanno per riceverla. "Voi però rimanete in città, finché siate dall'alto investiti di vigoria" (Lc 24,49). Ma quale sarà quest'armatura? Gesù lo spiegherà, ricordando la promessa del Padre, "la promessa che avete udito dalla mia bocca. Perché Giovanni battezzò nell'acqua, ma voi sarete battezzati nello Spirito Santo di qui a non molti giorni" (At 1).

    Verso il Monte degli Ulivi.

    Ma l'ora della separazione è giunta. Gesù si alza, e tutti i presenti, al completo, si dispongono a seguire i suoi passi. Centoventi persone si trovano là riunite, insieme con la Madre del Trionfatore che il cielo reclamava. Il Cenacolo era situato sulla montagna di Sion, una delle due colline situate entro le mura di Gerusalemme; il corteo traversa una parte della città, dirigendosi verso la porta orientale che si apre sulla vallata di Giosafat. È l'ultima volta che Gesù percorre le strade della città reproba. Invisibile ormai agli occhi del popolo che l'ha rinnegato, avanza alla testa dei suoi, come un tempo la colonna luminosa che dirigeva i passi degli Israeliti. Quanto è bello ed imponente questo incedere di Maria, dei discepoli, e delle pie donne, al seguito di Gesù, che non dovrà più fermarsi che in cielo alla destra del Padre! La devozione nel medio evo lo ricordava con una processione solenne che precedeva la messa di questo grande giorno. Secoli felici, i cui cristiani amavano seguire tutte le orme del Redentore, e non si contentavano, come noi, di qualche vaga nozione che non può suscitare che una pietà altrettanto vaga!

    La gioia di Maria.

    Allora si meditava sui sentimenti che dovevano avere invaso il cuore di Maria durante questi ultimi istanti in cui godeva la presenza del suo figliolo. Ci si domandava se in questo cuore materno era superiore la tristezza di non vedere più Gesù, oppure la felicità di sapere che Egli entrava finalmente nella gloria che gli era dovuta. Nel pensiero di questi veri cristiani la risposta era immediata ed ora la rivolgeremo a noi stessi. Gesù aveva detto ai suoi discepoli: "Se mi amaste, vi rallegrereste che io vada al Padre" (Gv 14,28). Ora, chi amò Gesù quanto Maria? Il cuore della Madre era dunque nell'allegrezza al momento di questo ineffabile addio. Ella non poteva pensare a se stessa, trattandosi del trionfo del suo Figliolo e del suo Dio! Dopo gli orrori del calvario, poteva essa aspirare ad altro che a veder glorificato finalmente colui che sapeva essere il sommo Signore di tutte le cose, colui che aveva visto, pochi giorni prima, rinnegato, bestemmiato, spirare in mezzo alle torture?

    Il corteo ha attraversato la valle di Giosafat, ha passato il torrente Cedron, e si dirige verso il pendio del monte degli Ulivi. Quanti ricordi si affollano nella mente! Questo torrente, di cui il Messia nella sua umiliazione aveva bevuta l'acqua fangosa, oggi è divenuto per lui il cammino della gloria, secondo quanto aveva annunciato David (Sal 109,7). Si lascia a sinistra l'orto che fu testimone dell'Agonia, la grotta in cui il calice per l'espiazione del mondo fu presentato a Gesù e da lui accettato. Dopo aver superato una distanza che san Luca stima essere press'a poco quella che permettevano gli Ebrei di percorrere in giorno di sabato, si arriva nel territorio di Betania, il villaggio in cui Gesù chiedeva ospitalità a Lazzaro e alle sue sorelle. Da tale punto della montagna degli Ulivi si godeva la vista di Gerusalemme, che appariva magnifica col suo Tempio e i suoi palazzi. Questo spettacolo commuove i discepoli. La patria terrestre fa battere ancora il cuore di questi uomini; per un momento essi dimenticano la maledizione pronunciata sull'ingrata città di Davide, e sembrano non ricordarsi più che Gesù li ha fatti poco prima cittadini e conquistatori di tutto il mondo. Il sogno della grandezza umana di Gerusalemme li ha sedotti improvvisamente ed essi osano indirizzare questa domanda al Maestro: "Signore, lo ricostituirai il regno d'Israele?" Gesù risponde a questa richiesta indiscreta: "Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservato in suo potere". Queste parole non toglievano la speranza che Gerusalemme fosse un giorno riedificata dallo stesso Israele divenuto cristiano; ma la restaurazione della città di Davide non dovrà aver luogo che verso la fine dei tempi. Non era dunque conveniente che il Salvatore facesse conoscere allora questo segreto divino. La conversione del mondo pagano e la fondazione della Chiesa: ecco ciò che doveva adesso preoccupare i discepoli. Gesù li riporta subito alla missione che aveva loro affidato poco prima, esclamando: "Riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea, e nella Samaria, e sino all'estremità del mondo" (At 1, 6-8).

    L'Ascensione al cielo.

    Secondo una tradizione che rimonta ai primi secoli del cristianesimo [1], si era sull'ora del mezzogiorno, l'ora stessa in cui Gesù era stato alzato in croce. Ed ecco che, volgendo sugli astanti uno sguardo di tenerezza, che dovette arrestarsi su Maria con speciale compiacenza filiale, elevò le mani e li benedisse tutti. In quel momento i suoi piedi si staccarono dalla terra, e cominciò ad innalzarsi verso il cielo (Lc 24,51). I presenti lo seguivano con lo sguardo; ma presto egli entrò in una nube che lo nascose ai loro occhi (At 1,9).

    I discepoli guardavano ancora il cielo, quando improvvisamente due Angeli bianco vestiti si presentarono dicendo: "Uomini di Galilea, che state a guardare il Cielo? Quel Gesù che, tolto a voi, è asceso al Cielo, verrà come l'avete visto andare in cielo" (At 1, 10-11). Ora il Signore è risalito al cielo, da dove un giorno ne ridiscenderà a giudicare: tutto il destino della Chiesa è compreso tra questi due termini. Noi viviamo dunque presentemente sotto il regime del Salvatore, poiché egli ci ha detto che "Dio non ha mandato il Figlio suo nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per opera di lui" (Gv 3,17). Ed è per questo fine misterioso che i discepoli hanno ricevuto poc'anzi la missione di andare per tutta la terra ed invitare gli uomini alla salvezza, mentre v'è ancora tempo.

    Quale compito immenso Gesù ha loro affidato! e, nel momento in cui si tratta d'iniziarlo, egli li lascia! Soli, dovranno scendere dal monte degli Ulivi, dal quale egli è partito per il cielo! Eppure il loro cuore non è triste; hanno con sé Maria, e la generosità di questa Madre incomparabile, si comunica alle loro anime. Amano il Maestro: d'ora in avanti la felicità sarà quella di pensare che è entrato nel riposo. I discepoli tornarono a Gerusalemme, "pieni di gioia", ci dice san Luca (Lc 24,52), esprimendo con questa sola parola una delle caratteristiche della festa dell'Ascensione, improntata ad una dolce malinconia, ma nella quale si respira, allo stesso tempo e più che in qualunque altra, la gioia ed il trionfo. Durante la sua Ottava, cercheremo di penetrarne i misteri e di mostrarla in tutta la sua magnificenza; per oggi ci limiteremo a dire che questa solennità è il complemento di tutti i misteri del nostro Redentore, e che essa ha reso per sempre sacro il giovedì di ogni settimana, giorno già così degno di rispetto per l'istituzione della santa Eucarestia.

    Antichi Riti.

    Abbiamo parlato della processione solenne con la quale si celebrava nel medio evo il cammino di Gesù e dei suoi discepoli verso il monte degli Ulivi; dobbiamo ricordare pure che, in quel giorno, si benediceva solennemente il pane ed alcuni frutti novelli, in memoria dell'ultimo pasto che il Salvatore aveva fatto nel Cenacolo. Imitiamo la pietà di quei tempi, in cui i cristiani avevano a cuore di raccogliere anche i minimi episodi dell'Uomo-Dio, e di farli propri, per così dire, riproducendo nella loro vita attuale tutte le circostanze rivelate dal santo Vangelo. Gesù Cristo, in quei tempi, era veramente amato e adorato; e gli uomini si ricordavano senza tregua che è l'onnipotente Signore. Ai nostri giorni, è l'uomo che regna, a suo rischio e pericolo; Gesù Cristo è confinato nel più intimo della vita privata. Ma egli è in diritto di essere la nostra preoccupazione di tutti i giorni e di tutte le ore! Gli Angeli dissero agli Apostoli: "verrà come l'avete visto andare in Cielo". Ci sia dato il potere di amarlo, servirlo con tanto zelo, durante la sua assenza, in modo da poter osare di sostenere il suo sguardo quando egli apparirà!

    MESSA

    La Chiesa Romana ci indica oggi, come chiesa stazionale, la Basilica di S. Pietro. È stata una bella idea, quella di riunire in questo giorno la comunità dei fedeli intorno alla tomba di uno dei principali testimoni dell'Ascensione del Maestro. In questa Basilica, come nella chiesa più umile della cristianità, il simbolo liturgico di questa festa è il Cero pasquale, che vedemmo accendere durante la notte della Risurrezione, e che era destinato, per mezzo della sua luce, lungo i quaranta giorni, a raffigurare la durata del soggiorno del Signore risorto tra coloro che egli si era degnato chiamare fratelli. Gli sguardi dei fedeli radunati insieme, si fermano con compiacenza sulla sua fiamma, che sembra brillare di più vivo splendore, man mano che si avvicina l'istante in cui dovrà soccombere. Benediciamo la santa Madre Chiesa, alla quale lo Spirito Santo ha ispirato l'arte d'istruirci e di commuoverci con l'aiuto di tanti simboli; e rendiamo gloria al Figlio di Dio che ci dice: "Io sono la luce del mondo" (Gv 8, 12).

    EPISTOLA (At 1, 1-11). - Nel primo libro parlai, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece ed insegnò dal principio fino al giorno in cui, dati, per mezzo dello Spirito Santo, i suoi ordini agli Apostoli, che aveva eletti, ascese al cielo; ai quali si fece anche vedere vivo, dopo la sua passione, con molte riprove, apparendo ad essi per quaranta giorni e ragionando del regno di Dio. Ed essendo insieme a mensa, comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettare la promessa del Padre, la quale avete udita (disse) dalla mia bocca, perché Giovanni battezzò con l'acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo, di qui a non molti giorni. Ma i convenuti gli domandavano: Signore, lo ricostituirai ora il regno d'Israele? Rispose loro : non sta a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservato in suo potere; ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, e nella Samaria e fino all'estremità della terra. E detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto; ed una nuvola lo tolse agli occhi loro. E mentre stavano a mirarlo ascendere al cielo, ecco due personaggi in bianche vesti presentarsi loro e dire: uomini di Galilea, perché guardate il cielo? Questo Gesù, che, tolto a voi, è asceso al cielo, verrà come l'avete visto andare in cielo.

    Gesù risale in cielo.

    Abbiamo assistito, leggendo questa narrazione, alla dipartita dell'Emmanuele per il cielo. Può esservi qualcosa di più commovente di quello sguardo dei discepoli, fisso sul Maestro che improvvisamente s'innalza benedicendoli? Ma una nube viene ad interporsi fra Gesù ed essi, e i loro occhi bagnati di lacrime hanno perduto la traccia del suo passaggio. Ormai sono soli sulla montagna; Gesù li ha privati della sua presenza visibile. Nel deserto di questo mondo quale sarebbe la loro pena, se la grazia non li sostenesse, se lo Spirito divino non fosse prossimo a discendere su di essi, creandovi un nuovo essere? Non è più che in cielo, dunque, che rivedranno colui il quale, pure essendo Dio, si degnò di essere loro Maestro durante tre anni e di chiamarli amici suoi, nell'ultima Cena! Ma tale lutto non esiste solamente per loro. Questa terra che riceveva, fremendo di felicità, l'impronta delle orme del Figlio di Dio, non sarà calpestata più dai suoi sacri piedi. Ha perduto quella gloria attesa da sì lungo tempo, la gloria, ossia, di servire d'abitazione al suo Creatore. Le nazioni vivono nell'attesa di un Liberatore; però, all'infuori, della Giudea e della Galilea, gli uomini ignorano che egli è venuto e che è risalito al cielo. Ma l'opera di Gesù non si fermerà qui. Il genere umano conoscerà la sua venuta; e, in quanto all'Ascensione al cielo avvenuta in questo giorno, ascoltate la voce della Chiesa, che risuona nelle cinque parti del mondo, proclamando il trionfo dell'Emmanuele. Diciannove secoli sono trascorsi dalla sua dipartita, e il nostro addio, pieno di rispetto e d'amore, si unisce ancora a quello che gl'indirizzarono i discepoli, mentre s'innalzava al cielo. Noi pure piangiamo la sua assenza ma siamo felici di vederlo glorificato, incoronato, assise alla destra del Padre. Tu sei entrato nel riposo, Signore; ti adoriamo ai piedi del trono, noi che siamo oggetto del tuo riscatto e della tua conquista. Degnati benedirci, attirarci a te e fa' che la tua ultima venuta, sia per noi speranza e non timore.

    VANGELO (Mc 16, 14-20). - In quel tempo: Gesù apparve agli undici mentre erano a tavola, e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, per non aver creduto a quelli che l'avevano visto risuscitato. E disse loro: Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi poi non avrà creduto sarà condannato. Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: In nome mio scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue, maneggeranno i serpenti e, se avranno bevuto qualche veleno, non farà loro male; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno. E il Signore Gesù dopo aver loro parlato, ascese al cielo e siede alla destra di Dio. Quelli poi andarono a predicare da per tutto, con la cooperazione del Signore, il quale confermava la parola coi prodigi che l'accompagnavano.

    Desiderare Gesù Cristo.

    Appena il diacono ha pronunciato queste parole, un accolito sale l'ambone e spegno il Cero che ci ricordava la presenza di Gesù risorto. Questo rito espressivo annuncia il principio della vedovanza della Santa Chiesa, e avverte le anime nostre che d'ora in avanti, per contemplare il nostro Salvatore devono aspirare al cielo dove egli risiede. Come è passato rapidamente il suo soggiorno quaggiù! Quante generazioni si sono succedute, quante ne seguiranno ancora, prima che egli si mostri di nuovo!

    Lontano da lui, la Santa Chiesa prova i languori dell'esilio; nondimeno persevera ad abitare in questa valle di lacrime, poiché è qui che ella deve allevare quei figli dei quali lo Sposo divino l'ha resa Madre, per mezzo del suo Spirito; ma la vista di Gesù le manca, e, se siamo cristiani, essa deve mancare anche a noi. Oh! quando verrà quel giorno in cui, nuovamente rivestiti della nostra carne, "saremo rapiti sulle nubi in aria incontro al Signore, e così saremo sempre col Signore?" (1Ts 4,16). Allora, e solamente allora, avremo raggiunto il fine per il quale fummo creati.

    Tutti i misteri del Verbo incarnato che noi abbiamo visto svolgersi fin qui, dovevano concludersi con la sua Ascensione; tutte le grazie che noi riceviamo, giorno per giorno, avranno termine con la nostra. "Passa l'apparenza di questo mondo" (1Cor 7,31) e noi siamo in cammino per andare a raggiungere il nostro Capo. In lui è la nostra vita, la nostra felicità; sarebbe vano volerlo cercare altrove. Per noi è buono tutto ciò che ci riavvicina a Gesù; mentre quello che ne allontana è cattivo e funesto. Il mistero dell'Ascensione è l'ultimo bagliore che Dio fa splendere ai nostri sguardi per mostrarci la via. Se il nostro cuore aspira a ritrovare Gesù, è segno che vive della vera vita; ma se resta concentrato nelle cose create, in modo che non senta più l'attrazione di quel celeste amante che è Gesù, vuoi dire che esso è morto. Alziamo dunque gli occhi come i discepoli e seguiamo, col desiderio, colui che oggi risale al cielo per prepararci un posto. In alto i cuori! Sursum corda! È il grido di addio che ci mandano i nostri fratelli che vi salgono al seguito del divin Trionfatore; è il grido dei santi Angeli che accorsero incontro all'Emmanuele e che c'invitano ad andare ad accrescere le loro file.

    MEZZOGIORNO

    Una tradizione venutaci dai primi secoli e confermata dalla rivelazione dei santi, c'informa che l'ora dell'Ascensione del Salvatore fu quella del mezzogiorno. Le Carmelitane della riforma di santa Teresa onorano con un culto particolare questo pio ricordo. All'ora in cui siamo esse sono riunite in coro, assorte nella contemplazione dell'ultimo dei misteri di Gesù, seguendo col pensiero e col cuore l'Emmanuele, lassù in alto dove il suo volo divino lo condusse!

    Seguiamolo anche noi; ma prima di fissare lo sguardo su questo radioso meriggio che illumina il suo trionfo, torniamo un momento col pensiero al punto di partenza. Egli apparve nella stalla di Betlemme, a mezzanotte, nel più fitto delle tenebre. Quell'ora notturna e silenziosa conveniva all'inizio della sua missione. Tutta la sua opera era davanti a lui; per compierla dovevano esservi impiegati trentatré anni. Questa missione doveva svolgersi anno per anno, giorno per giorno, e stava andando alla fine, quando gli uomini, nella loro malizia, s'impadronirono di lui e l'inchiodarono su di una croce. Si era nel mezzo della giornata, allorché egli vi fu innalzato; ma il Padre suo non volle che il sole illuminasse ciò che era una umiliazione e non un trionfo. Dense tenebre coprirono tutta la terra; il mezzodì non rifulse in questa giornata. Quando il sole riapparve, era già l'ora Nona. Tre giorni dopo, Gesù usciva dal sepolcro alle prime luci dell'aurora. Oggi la sua opera è compiuta. Egli ha pagato col suo sangue il riscatto dei nostri peccati, ha vinto la morte risuscitando gloriosamente; non ha, allora, il diritto di scegliere per la sua dipartita l'ora in cui il sole, immagine sua, riversa tutti i suoi raggi infuocati e inonda di luce tutta questa terra che il suo Redentore lascerà per andare in cielo? Salve, dunque, ora del mezzodì due volte sacra, poiché tu torni a parlarci ogni giorno della misericordia e della vittoria dell'Emmanuele! Gloria a te per la doppia aureola che porti: la salvezza degli uomini per mezzo della croce, e l'entrata dell'uomo nei regni dei cieli!

    Ma non sei forse tu stesso la piena luce delle anime nostre, o Gesù, Sole di giustizia? E questa medesima pienezza di luce alla quale noi aspiriamo, questo ardore dell'amore eterno che solo può renderci felici, dove trovarlo se non in te che sei venuto sulla terra per rischiarare le nostre tenebre e fonderne il ghiaccio? Con questa speranza, ascoltiamo la parole melodiose di Geltrude, tua Sposa fedele, e sollecitiamo la grazia di poterle un giorno ripetere insieme con lei: "Oh! amore, oh! meriggio dall'ardore così dolce, tu sei l'ora del riposo sacro; e la pace completa che si gode in te forma la nostra delizia. Oh! amato mio Bene, eletto e scelto al disopra di tutte le creature, fammi conoscere, mostrami il luogo dove pasci il tuo gregge, dove prendi il tuo riposo nell'ora del mezzogiorno. Il mio cuore s'infiamma al pensiero di questi dolci momenti. Oh! se mi fosse dato di avvicinarmi a te, non soltanto per esserti vicina, ma per restare in te! Sotto la tua influenza, o sole di giustizia, tutti i fiori delle virtù spunterebbero in me che sono soltanto cenere e polvere.

    Fecondata dai tuoi raggi, o mio Maestro e mio Sposo, l'anima mia produrrebbe nobili frutti di ogni perfezione. Rapita da questa misera valle, ammessa a contemplare la tua immagine tanto desiderata, la mia felicità eterna consisterebbe nel pensare che tu, specchio senza macchia, non avevi disdegnato di unirti ad una peccatrice quale sono io" [2].

    SERA

    Preghiera.


    O nostro Emmanuele! sei giunto finalmente al termine della tua opera ed oggi stesso ti vediamo entrare nel celeste riposo. Al principio del mondo, impiegasti sei giorni per lo sviluppo di tutte le parti dell'universo create dalla tua potenza; dopo di che ti riposasti. Più tardi, quando volesti risollevare la tua opera decaduta per la malizia dell'Angelo ribelle, il tuo amore, durante il corso di trentatré anni, ti fece passare attraverso una successione sublime di opere, per mezzo delle quali si compì la nostra redenzione, ristabilendoci così in quel grado di santità e di gloria che avevamo perduto. Nulla hai dimenticato, o Gesù, di quanto eternamente era stato deciso dai voleri della Trinità, di quanto i Profeti avevano annunciato. La tua Ascensione mette il suggello a quella missione che compisti nella tua misericordia. Per la seconda volta, torni nel riposo; ma vi entri con la natura umana innalzata, d'ora in avanti, agli onori divini. I giusti della nostra stirpe che liberasti dal limbo prendono posto nelle fila dei cori angelici, e tu ci dicesti nel lasciarci: "Io vado a preparare un posto per voi" (Gv 14,2).

    Fiduciosi nella tua parola, risoluti a seguirti in tutti i misteri che non furono compiuti che per noi, ad accompagnarti nell'umiltà di Betlemme, nella partecipazione dei dolori del Calvario, nella Risurrezione della Pasqua, aspiriamo ad imitarti anche, quando l'ora sarà venuta, nella tua trionfale Ascensione. In questa attesa noi ci uniamo al coro degli Apostoli ed al loro saluto, ai nostri Padri, la cui moltitudine ti accompagna e ti segue,

    Volgi i tuoi sguardi sopra di noi, o divino Pastore! il momento della riunione non è ancora giunto. Proteggi le tue pecorelle, e veglia affinché neppure una si perda e manchi all'incontro. Istruiti, d'ora in avanti, sulla nostra fine, saldi nell'amore e nella meditazione dei misteri che ci hanno condotti a quello di oggi, noi l'adottiamo in questo stesso giorno, quale oggetto di nostra attesa e meta dei nostri desideri. È stato lo scopo della tua venuta in questo mondo, discendendo così fino alla bassezza nostra, per elevarci, poi, alla gloria, facendoti uomo per far di noi degli dèi.

    Ma finche venga quel momento che ci riunirà a te, cosa faremmo quaggiù se la Virtù dell'Altissimo, che ci hai promesso, non scenderà presto sopra di noi, se non verrà a portarci la pazienza nell'esilio, la fedeltà nell'assenza, l'amore che solo può sostenere un cuore che sospira per il possesso? Vieni dunque, o divino Spirito! Non ci la_sciare languire, affinché il nostro sguardo resti fisso nel cielo, ove regna e ci attende il nostro Salvatore, e non permettere che questo nostro occhio umano sia tentato, nella sua stanchezza, di abbassarsi su di un mondo terrestre, dove Gesù non si lascerà più vedere.

    PREGHIAMO

    O Dio onnipotente, te ne preghiamo, concedi a noi che crediamo nell'Ascensione al cielo del tuo Unigenito, nostro Redentore, di vivere sempre con la mente in cielo.

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    NOTE

    [1] Costit. Apost., l. v, c. xix.

    [2] Esercizi di santa Geltrude, V giorno.

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    Predefinito Dalla "Mistica Città di Dio" della Ven. Suor Maria di Gesù Agreda

    Libro VI, Cap. 29, §§ 1509-1530

    CAPITOLO 29

    Cristo, nostro redentore, ascende al cielo con tutti i santi che lo assistevano e porta con sé la sua Madre santissima per darle il possesso della gloria.


    1509. Giunse l'ora felicissima in cui il Figlio, che nell'incarnazione si era allontanato dal cielo, doveva tornarvi per virtù propria e sedersi alla destra dell'eterno Padre, come gli toccava di diritto in quanto suo erede, generato della sua stessa sostanza e uguale a lui nella natura e nella gloria infinita. Si innalzò tanto perché prima era disceso quaggiù, come dice l'Apostolo. Aveva adempiuto pienamente quello che era stato scritto del suo avvento nel mondo, della sua vita e morte e della redenzione, e come Signore di tutto era penetrato fino al centro della terra. Pose il sigillo ai suoi misteri con questo della sua ascensione, nel quale promise lo Spirito, che non sarebbe venuto se prima egli non fosse salito all'empireo, da dove insieme con il Padre lo avrebbe inviato alla sua Chiesa. Per celebrare quel giorno tanto festoso e sublime, designò come testimoni speciali le centoventi persone alle quali aveva parlato nel cenacolo: Maria beatissima, gli Undici, i settantadue discepoli, Maria di Màgdala, Marta e Lazzaro, fratello di entrambe, le altre Marie e alcuni fedeli, uomini e donne, fino al compimento del suddetto numero.

    1510. Il nostro divino pastore uscì dalla sala con questo piccolo gregge, conducendolo per le strade innanzi a sé; al suo fianco stava la Madre. Si avviarono tutti con ordine verso Betània, che distava meno di mezza lega ed era situata ai piedi del monte degli Ulivi. Gli angeli e i santi che erano stati liberati dal limbo e dal purgatorio andavano appresso al trionfatore con nuovi cantici di lode, ma solo la Vergine godeva della loro vista. La notizia della risurrezione di Gesù di Nazaret si era già divulgata lì e per tutta la Palestina. Sebbene la perfida malizia dei sommi sacerdoti cercasse di far prevalere la menzogna del furto da parte dei devoti, molti non le dettero credito. Nonostante ciò, la Provvidenza dispose che nessuno degli abitanti della città facesse caso a quella processione impedendole di procedere, e così tutti furono incapaci di conoscere un fatto tanto eccezionale; del resto, solo i centoventi giusti prescelti per contemplarlo in tale circostanza potevano distinguere il loro capitano e maestro.

    1511. Con questa sicurezza in cui furono posti, tutti avanzarono fino alla cima del monte degli Ulivi e, arrivati al luogo stabilito, si distribuirono in tre cori: uno di angeli, l'altro di santi e il terzo di apostoli e di fedeli. Si divisero in due ali e sua Maestà ne formava la testa. Subito la prudentissima Principessa si prostrò davanti al suo Unigenito, lo adorò come vero Dio e salvatore, con straordinaria riverenza e umiltà, e gli chiese la sua ultima benedizione. Tutti gli altri, ad imitazione di lei, fecero lo stesso; poi, con grandi sospiri e singhiozzi, domandarono a Cristo se fosse quello il tempo in cui avrebbe ricostituito il regno di Israele. Rispose che era un segreto dell'Altissimo e non spettava a loro penetrarlo, ma per il momento era necessario e conveniente che, appena ricevuto il Paraclito, cominciassero a predicare a Gerusalemme, in Samarìa e tra tutte le genti.

    1512. Dopo aver preso congedo da quella felice assemblea, con aspetto sereno e solenne congiunse le mani e iniziò a sollevarsi per virtù propria, imprimendo nel terreno le sue sacre orme. Con un dolcissimo incedere prese ad avanzare nell'aria, traendo dietro di sé gli occhi e i cuori di quei primogeniti, che lo seguivano con l'affetto tra gemiti e lacrime. Come al movimento del primo mobile corrisponde quello dei cieli inferiori, che la sua vasta sfera racchiude, così egli portò con sé le schiere dei suoi ministri e dei padri che lo accompagnavano glorificati, gli uni nelle sole anime, gli altri in corpo e anima. Si alzarono dal suolo tutti insieme e compostamente, incamminandosi con il loro sovrano. La meraviglia più mirabile che il braccio dell'Onnipotente realizzò in questa occasione, però, fu il condurre con sé la Signora per darle lassù il possesso di quella gloria e di quella sede che le aveva destinato come

    a vera madre, che ella aveva acquistato con i suoi meriti e che era preparata per lei per il futuro. Era già stata informata di questo favore, promessole dal Risorto nei quaranta giorni in cui le era stato accanto. Affinché quel sublime arcano non fosse ancora manifesto a nessuna creatura umana e affinché la Maestra rimanesse con i figli della Chiesa, perseverando con loro nella preghiera fino alla discesa dello Spirito Santo, come si racconta negli Atti', il potere divino con un miracolo fece in modo che stesse in due posti: restò con i discepoli e contemporaneamente fece ingresso con il Redentore nell'empireo, dove dimorò per tre giorni sul suo medesimo trono con il perfetto uso delle facoltà e dei sensi, che nel cenacolo utilizzava in misura minore.

    1513. Fu innalzata con lui e gli fu collocata accanto: si adempiva ciò che aveva detto Davide riguardo alla regina seduta alla sua destra con un vestito doratoti di splendori. Ella era circondata di vari doni e di grazie davanti a quanti ascendevano con Gesù. Desidero che lo stupore di fronte a un evento tanto eccelso risvegli sempre più la devozione, ravvivi la fede e muova i credenti a magnificare l'autore di un prodigio assolutamente singolare e mai più udito. Così, avverto i lettori che, da quando mi rese noto che era sua volontà che io narrassi questa Storia e mi comandò insistentemente di accingermi a farlo, l'Eterno mi ha dischiuso numerosi e profondi misteri non tutto a un tratto, ma lentamente e nei lunghi anni che sono passati, perché l'altezza dell'argomento esige una certa disposizione. Non mi è stato accordato tutto fin dal principio, dato che la nostra limitatezza non è capace di tanta abbondanza; affinché io scriva, però, vengo nuovamente illuminata su ogni particolare in un'altra maniera. Mi sono generalmente stati comunicati nelle feste del Salvatore e di Maria, e specialmente questo, che cioè la Vergine pur continuando a stare sulla terra in modo eccezionale andò con l'Unigenito alla sua dipartita, mi è stato palesato per più anni consecutivi nelle medesime date.

    1514. La certezza che la verità divina ha in sé non lascia dubbi nell'intelletto che la contempla in Dio stesso, dove tutto è luce senza tenebre e dove si conoscono insieme l'oggetto e la motivazione, ma a coloro che ascoltano bisogna che siano forniti fondamenti per dare credito a ciò che è oscuro. Questo mi avrebbe trattenuto dal parlare della salita al cielo della Principessa, se non fosse stata una mancanza troppo grave privare il testo di una simile prerogativa, che lo qualifica tanto. Tale titubanza mi si presentò quando la appresi, ma adesso non l'ho più; ho già riferito infatti nella prima parte che, appena nata, ella fu elevata fino al paradiso e in questa seconda che lo stesso accadde altre due volte nei nove giorni precedenti l'incarnazione, perché fosse preparata convenientemente a un avvenimento così grande. Se la potenza superna le fece benefici tanto enormi mentre ancora non era Madre del Verbo, affinché fosse pronta a divenirlo, è molto più accettabile che abbia voluto ripeterli quando era già consacrata come tale avendolo portato nel suo castissimo talamo, dandogli forma umana dal suo sangue puro, avendolo alimentato al suo petto con il proprio latte e avendolo allevato, e dopo che per trentatré anni lo aveva servito, seguito e imitato nella sua vita, passione e crocifissione con una fedeltà che nessuno può spiegare.

    1515. Chiedersi perché l'Altissimo abbia tenuto tutto questo nascosto per tanti secoli è assai differente dal tentare di comprendere perché l'abbia effettuato. In quest'ultima ricerca dobbiamo basarci sul suo potere, sul suo immenso amore verso di lei e sulla dignità che le dette al di sopra di tutti. I mortali non giungono a ponderare interamente né l'onore di essere sua madre, né l'affetto per lei dell'Unigenito e di tutta la Trinità, né la santità a cui fu sollevata; per questa loro ignoranza, limitano la forza di sua Maestà nell'agire in suo favore, mentre egli può tutto quello che vuole. Se a lei sola offrì se stesso in modo così unico come è il farsi figlio della sua sostanza, era conseguente che nell'ordine della grazia egli con lei eseguisse in maniera del tutto insolita ciò che non era opportuno con nessun altro. Trattandosi di lei, non solo le elargizioni del Signore devono essere straordinarie, ma la regola complessiva è che non le rifiutò niente di quello che poté concederle per la sua gloria e perfezione.

    1516. Quanto alla rivelazione di queste meraviglie, però, ci sono altre ragioni della provvidenza, con la quale la Chiesa viene governata e ottiene splendori sempre diversi, in relazione ai tempi e alle necessità che via via compaiono. Il fortunato giorno della grazia, che spuntò con l'incarnazione e con la redenzione, ha il suo mattino e il mezzogiorno, come avrà il suo tramonto. La sapienza del sommo sovrano determina tutto questo come e quando è vantaggioso. Benché i misteri di Cristo e della Regina siano già contenuti nei libri sacri, non vengono manifestati tutti assieme, ma l'Onnipotente ritira a poco a poco il velo delle figure e delle metafore che copre molti di essi per il momento appropriato; succede come per i raggi del sole, che rimangono celati dalle nuvole finché queste non si diradano. Non deve sconcertare che agli uomini egli mostri per parti qualcuno dei tanti riflessi della luce divina, perché agli angeli stessi non furono illustrate tutte le conseguenze, le condizioni e le circostanze dell'incarnazione, sebbene fin dal principio essi ne avessero cognizione in sostanza e in generale come fine al quale era ordinato il loro ministero verso l'umanità; anzi, ne scoprirono molto dopo più di cinquemiladuecento anni dalla creazione. La chiarezza su quanto non sapevano nei particolari provocava in essi nuova ammirazione e dava loro occasione di rendere lode a chi ne era autore, come ho spesso ribadito. Con tale esempio rispondo alla sorpresa che può sorgere in chi oda per la prima volta questo arcano, tenuto segreto in passato finché l'Eterno non ha voluto svelarlo con gli altri dei quali scrivo.

    1517. Prima che fossi istruita su questo, allorché mi fu dichiarato che il nostro Salvatore aveva condotto con sé Maria nella sua ascensione, il mio stupore non fu poco. Lo presentai a lui non tanto a nome mio quanto a nome di coloro che ne sarebbero venuti a conoscenza e allora, tra l'altro, egli mi ricordò che cosa Paolo dica di se stesso quando riferisce l'estasi in cui fu innalzato fino al terzo cielo, quello dei beati, lasciando in dubbio se con il corpo o fuori di esso, senza affermare o negare alcuna di queste due eventualità. Se all'Apostolo, che aveva allora solo colpe, non molto dopo la conversione fu possibile essere ammesso all'empireo e se attribuire a Dio questo miracolo non porta pericoli o inconvenienti alla comunità ecclesiale, non è lecito supporre che sia stato donato lo stesso anche a colei che aveva tanti incommensurabili meriti? Gesù aggiunse che, se alcuni santi risuscitati poterono salire in corpo e anima con lui, c'erano motivi maggiori per accordare tale beneficio alla Vergine, alla quale, anche se esso non fosse stato dato ad alcun altro, sarebbe in qualche modo spettato per aver patito con il suo diletto. Inoltre, bisognava che ella condividesse il trionfo e l'esultanza con cui egli prendeva possesso della destra del Padre; avrebbe preso possesso di quella del Figlio, che aveva ricevuto dalla sua stessa sostanza la natura umana nella quale lasciava la terra. Ugualmente, come era giusto che Figlio e Madre non venissero separati in questa gloria, lo era anche che nessuno godesse in corpo e anima della felicità senza fine prima di lei, neppure Gioacchino e Anna o il suo sposo Giuseppe. A tutti, infatti, e al medesimo Verbo in quel giorno sarebbe mancata parte del gaudio accidentale, se ella non fosse stata con loro, entrando nella patria di lassù come colei che aveva generato il Messia ed era la Signora dell'universo, che non doveva vedersi anteporre alcuno dei suoi vassalli.

    1518. Quanto ho asserito mi pare sufficiente perché la pietà cattolica si rallegri e si consoli apprendendo questa verità e quelle simili delle quali parlerò. Ritornando al discorso interrotto, paleso che sua Maestà sollevò la Regina, piena di splendore davanti agli esseri spirituali e agli eletti, con incredibile letizia e ammirazione di tutti. Fu molto opportuno che ciò fosse ancora nascosto agli Undici e agli altri fedeli, perché, se avessero potuto scorgerla allontanarsi con lui, sarebbero stati oppressi senza misura dall'afflizione e non avrebbero trovato sollievo, dato che non ne rimaneva loro uno migliore che pensare di avere accanto la pietosissima Principessa; nonostante questo, furono tanti i sospiri e i lamenti mentre osservavano il loro Maestro che se ne andava. Quando ormai stava sfuggendo dalla loro vista, una nube radiosissima si interpose tra lui e quelli che restavano nel mondo ed egli spari del tutto: in essa veniva l'Altissimo, disceso ad accogliere il suo Unigenito incarnato e colei che gli aveva dato la natura umana. Accostando entrambi a sé, li strinse in un inseparabile abbraccio di infinito amore, arrecando contentezza alle innumerevoli schiere che l'accompagnavano. In poco tempo, questa processione giunse nel luogo più eminente dell'empireo, attraversando tutti i cieli; i ministri che arrivavano da quelli inferiori e gli altri che facevano ritorno con i loro sovrani si rivolsero a quanti si erano trattenuti nelle regioni superiori, cantando le parole di Davide riguardanti questo arcano e continuando con le seguenti:

    1519. «Aprite, o principi, aprite le vostre porte antiche. Si alzino e stiano spalancate, perché entri nella sua abitazione il re della gloria, il Signore delle virtù, potente in battaglia, che viene forte e vittorioso su tutti i suoi nemici. Aprite per sempre le porte del paradiso, perché ascende il nuovo Adamo, liberatore degli uomini, ricco di misericordia e dei tesori dei propri meriti, carico di spoglie e di primizie della grande redenzione che ha operato con la propria passione. Già ha riparato la nostra rovina e ci ha elevato alla suprema dignità del suo stesso essere immenso. Già si avvicina con il regno dei salvati che il Padre gli ha dato. Già la sua larga clemenza concede ai mortali il potere di acquistare legittimamente il diritto, perso per il peccato, di guadagnare la vita imperitura con il rispetto della sua legge, come suoi fratelli ed eredi dei beni di suo Padre. Per sua maggiore esaltazione e per gioia nostra ha con sé colei che gli dette la forma umana nella quale sconfisse il demonio. Ella viene tanto graziosa da deliziare chi la guarda. Uscite, uscite, contemplerete il nostro bellissimo Re con il diadema che gli pose sua Madre, e lei coronata della gloria che le dà il Figlio».

    1520. Con questo giubilo, che eccede ogni nostra immaginazione, il corteo si introdusse con ordine nell'empireo. Gli angeli e i santi si disposero in due cori, e Gesù e Maria passarono in mezzo; essi li venerarono, intonando per loro inni di lode. L'Eterno pose Cristo sul trono alla sua destra, con fulgore e magnificenza tali da provocare meraviglia e timore reverenziale in costoro. Penetravano tutti con visione chiara ed intuitiva la divinità di sconfinata eccellenza racchiusa in una persona e in essa unita sostanzialmente all'umanità beatissima, e questa adornata ed innalzata alla preminenza e gloria che le risultava da quel legame indissolubile, che orecchio non ha sentito, occhio non ha visto e che mai alcuno quaggiù ha potuto immaginare.

    1521. Fu allora che giunsero al culmine la modestia e la sapienza della prudentissima Vergine, che tra favori così straordinari, stando presso la predella del seggio regale nell'umile riconoscimento della propria piccolezza, prostrata adorò il Padre e lo celebrò con dei cantici per quanto comunicava al suo Unigenito, sollevando la sua umanità divinizzata ad un'altezza tanto eccelsa. Per i presenti fu un altro motivo di apprezzamento e di gaudio l'avveduta sottomissione della loro Signora, dalla quale, come da un modello vivente, copiavano, emulandola piamente, tali doti. Si udì la voce del Padre, che proclamava: «Figlia mia, ascendi più su». Anche il Figlio la chiamò: «Madre mia, levati, vieni al luogo che ti è dovuto per avere ricalcato le mie orme». Lo Spirito Santo esclamò: «Sposa e amica mia, avvicinati ai miei sempiterni abbracci». Immediatamente fu reso noto il decreto che le assegnava come sede perenne la destra del Redentore, poiché gli aveva dato la natura umana dal suo stesso sangue e lo aveva allevato, servito e seguito con tutta la pienezza di perfezione possibile a una semplice creatura. Nel tempo stesso si ordinava che nessuno potesse prendere il possesso dello stato a lui assegnato prima che ella, enormemente superiore a tutti gli altri, fosse collocata in quello che le veniva giustamente destinato per dopo il termine della sua esistenza terrena.

    1522. Perché ciò si adempisse, fu messa sul trono al fianco del Salvatore. Come ella medesima e gli altri eletti intesero, non solo quel posto le apparteneva per sempre, ma poteva stabilire di restarvi da subito senza fare ritorno nel mondo. Era come volontà condizionata delle tre Persone che, per quanto dipendeva da loro, ella rimanesse in tale stato; ma, affinché fosse lei a decidere, le furono mostrate di nuovo le condizioni in cui si trovava la Chiesa militante, nonché la solitudine e le necessità dei suoi membri, la cui difesa era lasciata alla sua scelta. Così la mirabile provvidenza di Dio dette occasione alla Regina della pietà di vincere in modo sublime se stessa, e di vincolare a sé gli uomini con un atto di misericordia e magnanimità simile a quello con il quale sua Maestà aveva accettato la passibilità, sospendendo la gloria che avrebbe potuto e dovuto ricevere nel corpo allo scopo di riscattarci. Anche in questo ella lo imitò, per essere in ogni cosa somigliante a lui; capendo senza inganno tutto quello che le veniva proposto, si alzò e, stesa al cospetto della Trinità, disse: «Mio immenso Signore, accogliere fin da ora quanto la vostra benignità mi offre mira al mio riposo, mentre ricominciare ad affannarmi tra i discendenti di Adamo, aiutando i credenti, è a vostro onore e a beneficio dei miei figli esuli e pellegrini. Acconsento alla fatica e mi spoglio per adesso della gioia che mi viene dal vostro starmi accanto. Sono consapevole di ciò che mi è concesso, ma lo sacrifico al vostro amore per loro. Approvate, padrone di tutto il mio essere, la mia rinuncia, e la vostra forza si degni di guidarmi nell'arduo compito che mi avete affidato. Si estenda la fede in voi, sia magnificato il vostro nome, si moltiplichi la Chiesa acquistata con il sangue del vostro e mio Unigenito, poiché io mi consegno ancora per lavorare duramente per la vostra esaltazione e per guadagnare tutte le anime che potrò».

    1523. La Principessa delle virtù arrivò a fare questa eroica e inconcepibile oblazione, così gradita all'Altissimo che egli la premiò senza indugio, disponendola con le purificazioni e illuminazioni da me altrove riferite perché lo potesse contemplare in modo intuitivo; fino a quel momento ella non aveva avuto questo tipo di visione, ma solo quella astrattiva, con tutto ciò che precede. Mentre era tanto elevata, egli le si manifestò in visione beatifica e la arricchì a tal punto di beni spirituali che a noi non è dato parlarne.

    1524. Le confermò e rinnovò tutti i doni, nel grado che conveniva per inviarla un'altra volta come maestra della comunità ecclesiale, e tra essi anche il titolo di Sovrana dell'universo e di avvocata e signora dei cattolici. Come il sigillo si imprime nella morbida cera, così in lei per l'onnipotenza divina furono impresse ancora la natura umana e l'immagine di Cristo, affinché si ripresentasse con questo contrassegno alla Chiesa militante, nella quale avrebbe dovuto essere realmente giardino chiuso e sigillato per conservare le acque della vita. Oh, verità tanto venerabili quanto profonde, segreti meritevoli di ogni riverenza! Oh, carità e clemenza, mai immaginata dall'ignorante progenie di Eva! Fu rimesso alla determinazione di questa Madre unica e benevola il soccorso dei suoi devoti, secondo un piano disegnato per rivelarci in tale meraviglia l'affetto materno che forse in numerose altre sue opere per noi non avremmo compreso interamente. Avvenne per beneplacito superno, perché a lei non mancasse questa eccellenza e a noi questo debito, e perché il suo comportamento ci fosse di stimolo. A chi mai, davanti a questa straordinaria tenerezza, sembrerà molto ciò che hanno fatto i santi e patito i martiri, abbandonando qualche piacere passeggero per giungere alla pace, mentre ella si privò dell'autentico gaudio per tornare a sostenere i suoi figlioletti? Come nasconderemo la nostra confusione, quando non vogliamo perdere neppure un insignificante ed apparente diletto, che ci attira la loro inimicizia e addirittura la rovina, né per gratitudine per un favore così grande né per seguire questo esempio né per vincolarla a noi né per ottenere la sua eterna compagnia e quella del suo Gesù? Sia benedetta: la lodino i cieli, la proclamino beata tutte le generazioni.

    1525. Ho posto fine alla prima parte di questa Storia con il capitolo trentunesimo dei Proverbi, illustrando con esso le splendide qualità della Regina, che fu l'unica donna forte tra noi; concludo la seconda parte con lo stesso capitolo, perché lo Spirito abbracciò tutto nella fecondità di quell'arcano scritto. Questo si verifica meglio nel mistero del quale ho trattato, per lo stato sublime in cui rimase dopo aver ricevuto tale grazia. Esporrò solo qualcosa, senza attardarmi a ripetere ciò che lì ho dichiarato e che può servire a intendere molto di quanto potrei asserire qui. Ella fu la donna forte, il cui valore venne da lontano e dagli estremi confini dell'empireo, dalla fiducia che la Trinità ebbe in lei. Non fu deluso il cuore del suo uomo, perché non gli mancò niente di ciò che si aspettava da lei. Fu la nave del mercante che dalle altezze portò l'alimento alla Chiesa, fu colei che con il frutto delle sue mani la piantò, colei che si cinse di fortezza e spiegò l'energia delle sue braccia per cose mirabili, colei che aprì le mani al misero e le stese al povero, colei che vide quanto fosse buono il suo traffico di fronte alla ricompensa della felicità imperitura, colei che coprì i suoi familiari di una doppia veste, colei alla quale non si spense la lucerna nella notte della tribolazione e che non poté temere in mezzo al rigore delle tentazioni. Per compiere questo, prima di andarsene dal paradiso, chiese al Padre il potere, al Figlio la sapienza, allo Spirito Santo il fuoco del suo amore, ed a tutte le tre Persone l'aiuto e la benedizione per discendere. Gliela dettero, mentre stava prostrata davanti al loro trono, e la colmarono di nuovi eccezionali influssi; quindi, la congedarono con delicatezza, piena dei loro tesori ineffabili. Gli angeli e tutti gli eletti la esaltarono con soavissimi cantici ed ella rientrò nel mondo, come riferirò nella terza parte narrando quanto fece durante il tempo in cui vi si fermò. Ciò fu motivo di ammirazione per essi e recò beneficio ai mortali, perché costei faticò e soffrì sempre affinché questi pervenissero alla gioia senza termine. Avendo conosciuto la carità nel suo principio e nella sua origine, cioè nel Dio che è amore`, ne restò infiammata e l'ebbe come pane giorno e notte. Passò dalla Chiesa trionfante a quella militante come ape industriosa, carica dei fiori della carità, per lavorare il dolce favo di miele dell'amore di Dio e del prossimo, con il quale nutrì i piccoli figli della comunità primitiva, allevandoli fino a renderli adulti tanto robusti e solidi da poter essere fondamenta dei suoi elevati edifici.

    1526. Per completare questo capitolo, e con esso la seconda parte, riprenderò a parlare dei credenti che abbiamo lasciato in pianto sul monte degli Ulivi. Maria nella sua gloria non li dimenticò e, dalla nuvola sulla quale saliva e dalla quale non cessava di assisterli, li scorse assorti a osservare mestamente il cielo, dove il Maestro era scomparso ai loro occhi. Di fronte alla loro pena, implorò con fervore il Redentore di confortare quelle povere creature che divenivano orfane laggiù. Egli, piegandosi alle domande della Madre, spedì dalla nube due messaggeri in vesti bianche e splendenti, che apparvero in forma umana a tutti i discepoli` e dissero: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo»`. Li rinfrancarono con queste ed altre parole, perché non venissero meno per il dolore e aspettassero ritirati lo Spirito promesso dal Salvatore e la consolazione che avrebbe portato loro.

    1527. Avverto che tali espressioni furono anche un rimprovero ai loro dubbi. Se fossero stati ben preparati e saldi nella carità pura, avrebbero saputo che non era necessario né utile continuare a stare rivolti verso l'alto, poiché quell'affetto tanto terreno non li metteva in grado né di distinguere né di trattenere il loro Signore; era piuttosto con la fede che potevano cercarlo dove era e certamente trovarlo. Esso era insufficiente e sterile, dato che, per muoverlo a soccorrerli con la sua grazia, non c'era bisogno che lo vedessero corporalmente e che conversassero con lui. Non capire questo era una grave mancanza in seguaci così illuminati. Erano stati a lungo alla scuola di Cristo e vi avevano bevuto la dottrina della santità alla sua stessa fonte cristallina e chiara, in modo tale che ormai avrebbero dovuto essere molto più spirituali e capaci della massima perfezione. La nostra natura, però, è tanto miserevole nel servire i sensi che vuole assaporare e amare con essi anche le cose più divine; abituata a questo e lenta nel liberarsene purificandosi, a volte si inganna quando ha caro con maggior soddisfazione e senza timori l'oggetto migliore. Ciò si realizzò per nostra istruzione negli apostoli, ai quali sua Maestà aveva rivelato non solo che egli era verità e luce, ma anche via, e che per mezzo di lui sarebbero giunti alla conoscenza del Padre dal momento che la luce non è fatta per manifestare solo se stessa né la via perché si rimanga in essa.

    1528. Questo insegnamento spesso ripetuto nel Vangelo, udito proprio dalla bocca dell'Unigenito e confermato dal suo esempio, avrebbe potuto sollevare il loro cuore e il loro intelletto alla sua comprensione e pratica; ma il medesimo gusto spirituale e sensibile che ricevevano dalla familiarità con lui e la sicurezza con la quale giustamente gli erano attaccati occuparono tutte le energie della volontà legata ai sensi, per cui non riuscivano neppure a passare da quello stato a un altro, né ad avvertire che cercavano molto se stessi, attratti dalle proprie tendenze a tale piacere. Se non fosse stato il Maestro ad abbandonarli con l'ascensione, sarebbe stato assai difficile allontanarli da lui senza grande malinconia e amarezza. Così abbattuti, non sarebbero stati particolarmente adatti alla predicazione della lieta novella, che avrebbe dovuto estendersi in tutto il mondo a costo di tante fatiche e della vita stessa di quanti l'annunciavano. Non era un compito da bambini, ma da persone vigorose e forti nell'amore, non dedite al gusto sensibile dello spirito e dipendenti da esso, bensì pronte all'abbondanza e alla penuria, alla buona e alla cattiva fama, alla gloria e al disonore", alla tristezza e alla gioia, che conservassero sempre lo zelo per il nome dell'Onnipotente con animo generoso e superiore a ogni avvenimento sia prospero sia avverso. Dopo essere stati biasimati in tal maniera dagli angeli, rientrarono tutti con la Regina dal monte degli Ulivi al cenacolo, dove perseverarono insieme a lei nella preghiera attendendo la venuta dello Spirito Santo.

    Insegnamento della Regina del cielo

    1529. Mia eletta, concluderai felicemente questa seconda parte della mia Storia se resterai persuasa dell'efficacissima dolcezza dell'amore di Dio e della sua immensa larghezza verso coloro che non gli pongono impedimenti. All'inclinazione del sommo Bene e al suo venerabile e perfetto volere è più conforme accarezzare le creature che affliggerle, più dare loro sollievo che tribolazioni, più ricompensarle che punirle, più confortarle che angustiarle. 1 mortali ignorano questa scienza, perché desiderano che dalla sua mano vengano loro consolazioni, diletti e premi terreni e pericolosi, preferendoli a quelli veri e sicuri. Quando li corregge con dolorose prove, li fa soffrire con traversie, li educa con castighi, tenta di emendare questo rischioso errore. La natura umana, infatti, è lenta e vile: se non è coltivata e non viene rotta la sua durezza, non dà frutti maturi e saporiti, né è ben disposta per la deliziosa confidenza con lui. Dunque, è opportuno esercitarla e pulirla con il martello dei tormenti e rinnovarla nel crogiolo delle pene, perché divenga capace dei doni e dei favori divini, imparando a non vincolarsi agli oggetti materiali e fallaci, nei quali sta nascosta la rovina.

    1530. Allorché mi resi conto di quanto l'eterna bontà mi aveva preparato, mi parve poco ciò che avevo sopportato. Così, essa decretò con mirabile provvidenza che io ridiscendessi alla Chiesa militante per mia propria scelta; questo, infatti, dava maggiore esaltazione a me e all'Altissimo, e il soccorso ai credenti era portato nel modo più santo. Mi sembrò doveroso privarmi per gli anni che poi trascorsi tra loro del gaudio che possedevo in cielo e tornare a ottenere nuovi guadagni con il compiacimento del Signore, perché tutto mi veniva dalla sua liberalità che mi aveva rialzato dalla polvere. Carissima, trai insegnamento dal modello che ti offro e sforzati valorosamente di imitarmi in un tempo nel quale la comunità ecclesiale è tanto desolata e non ha tra i suoi membri chi si adoperi per rincuorarla. A questo fine, voglio che tu ti impegni con coraggio, elavando dal tuo intimo invocazioni, richieste e suppliche a vantaggio dei fedeli, e se sarà necessario patendo e dando per essa la tua stessa vita. Ti garantisco che la tua sollecitudine sarà molto gradita agli occhi di mio Figlio ed ai miei.
    Tutto sia a gloria e onore dell'Altissimo, re dei secoli immortale e invisibile, e della sua madre santissima Maria, per tutta l'eternità.

    Garofalo, Ascensione di Cristo, 1510-20, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma

    Pietro Perugino, Ascensione di Cristo, 1496-98, Musée Municipal des Beaux-Arts, Lione

  3. #13
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    Libro VII, Cap. I, §§ 1-9

    CAPITOLO 1

    Il nostro salvatore Gesù resta seduto alla destra dell'eterno Padre, mentre Maria santissima scende dal cielo sulla terra perché la nuova Chiesa si stabilisca con la sua assistenza e i suoi insegnamenti.


    1. Ho terminato la seconda parte di questa Storia lasciando la nostra grande Regina nel cenacolo e al tempo stesso alla destra del suo unigenito e Dio immenso. Era presente in entrambi i luoghi per il miracolo di cui ho parlato, concessole dal braccio onnipotente, dato che sua Maestà, per rendere più mirabile la propria ascensione, la condusse con sé allo scopo di darle il possesso degli ineffabili premi che ella aveva guadagnato fino ad allora e di assegnarle la sede che, per essi e per gli altri che si sarebbe ancora procurata, teneva preparata per lei da sempre. Ho detto anche che le fu fatto decidere liberamente se tornare a consolare e rinsaldare i primi credenti oppure rimanere in quello stato felicissimo senza privarsi di quanto le era stato elargito. La volontà delle tre Persone divine, benché sotto questa condizione, era incline per il loro affetto verso di lei a tenerla in tale abisso di gloria e a non rimandarla fra gli esuli discendenti di Eva. Da una parte sembra che ciò fosse richiesto dalla giustizia, poiché 1'umanità era già stata riscattata con la passione di Gesù ed ella aveva cooperato con ogni pienezza e perfezione. La morte non aveva più alcun diritto su di lei, non solo per come ne aveva provato i dolori al momento di quella del Redentore, ma anche perché non era mai stata debitrice né ad essa, né al demonio, né al peccato, per cui la legge stabilita per la posterità di Adamo non la riguardava. Il sommo sovrano desiderava che non decedesse quaggiù colei che non aveva commesso niente per meritarlo, e passasse con un altro transito dalla condizione di viatrice e mortale a quella di beata e immortale; del resto, poteva trasferirla facilmente dall'una all'altra anche lì.

    2. Dalla parte opposta non c'era alcun motivo se non la carità ed umiltà della soavissima Signora, che la muovevano a soccorrere i suoi piccoli e a fare in modo che il nome dell'Altissimo fosse manifestato ed esaltato nella comunità edificata sul Vangelo. Ella aspirava inoltre a condurre molti a professare la fede con la sua sollecitazione e intercessione, e ad imitare i suoi figli e fratelli nel morire come loro, pur non dovendo pagare tale tributo perché non aveva colpe. Con la sua magnifica sapienza e mirabile prudenza ponderava quanto fosse più stimabile guadagnare la ricompensa e la corona che goderla per un po' di tempo, benché si trattasse del gaudio perenne. Questa avveduta modestia non rimase senza pronta remunerazione, perché l'Eterno rese noto a tutti gli abitanti della sua corte ciò che egli bramava e ciò che la Vergine sceglieva per il bene della Chiesa militante e il soccorso dei suoi membri. Tutti intesero quello che ora è giusto che sia appreso anche tra noi, cioè che, se il Padre amò tanto il mondo da dare il suo Unigenito per salvarlo, lo amò di nuovo tanto da dare anche sua figlia Maria, inviandola a piantare la Chiesa che Cristo, suo artefice, aveva fondato. A tal fine, lo stesso Figlio offrì la sua diletta Madre e lo Spirito Santo la sua dolcissima sposa. Questo beneficio ebbe poi un'altra qualità che lo portò al culmine: venne fatto successivamente alle ingiurie subite dal Maestro nei suoi tormenti e nella sua ignominiosa crocifissione, con la quale ne eravamo divenuti ancora più indegni. Oh, infinita benignità! Oh, sconfinata carità! Oh, come è chiaro che le molte acque dei nostri misfatti non ti possono spegnere!

    3. Dopo aver trascorso in cielo tre giorni interi esultando in anima e corpo alla destra del Signore, essendo stato accettato il suo volere di rientrare a Gerusalemme la Regina partì con la benedizione della Trinità. L'Onnipotente ordinò ad un'innumerevole moltitudine di angeli di accompagnarla, eleggendone alcuni da ogni coro, soprattutto tra i supremi serafini, i più vicini a lui. La accolse subito una nube o sfera di luce abbagliante mossa da questi stessi, come preziosa lettiga o reliquiario: nella carne peritura il nostro pensiero non può comprendere lo splendore con cui ella faceva ritorno. Certamente nessun uomo l'avrebbe potuta scorgere in maniera naturale senza perdere la vita, per cui fu necessario che il suo fulgore fosse celato a quelli che la osservavano, finché non si fosse moderato. Solo a Giovanni fu concesso di contemplarla nel vigore e nell'abbondanza che ridondavano dalla gioia di cui aveva fatto esperienza. Si immagina senza difficoltà quale dovesse essere la sua maestà e bellezza nel venire giù dal trono divino, se si considera che Mosè aveva il volto tanto raggiante per aver conversato con Dio sul monte Sinai, dove aveva ricevuto i comandamenti, che gli israeliti non riuscivano a fissarvi lo sguardo. Non siamo neppure certi che egli abbia avuto la visione chiara di lui e, posto che ciò sia accaduto, essa non poté raggiungere neanche il minimo grado di quella della donna stessa che lo aveva generato.

    4. La Principessa arrivò alla casa in cui dimorava, per sostituire Gesù tra i credenti. Era così traboccante delle elargizioni che aveva avuto per il suo compito da provocare ulteriore ammirazione negli esseri spirituali e nei santi, perché era un vivo ritratto del nostro Redentore. Scesa dalla nube di luce e senza essere ravvisata da quelli che erano lì, restò nel suo stato consueto, cessando di trovarsi anche altrove. Immediatamente, vero modello di umiltà, si abbassò al suolo e, stringendo la polvere, esclamò: «Immenso sovrano, sono un vile verme, so che sono stata formata dalla terra e che dal niente sono venuta all'esistenza per la vostra liberalissima misericordia. Riconosco che la vostra ineffabile bontà mi ha sollevato alla dignità di madre del vostro Unigenito, senza mio merito. Lodo ed esalto con tutto il cuore la vostra enorme generosità per tanti favori. In segno di gratitudine mi consegno per faticare ancora tra i mortali in tutto quello che mi chiederete, come fedele ancella vostra e dei figli della Chiesa. Li affido alla vostra incommensurabile benevolenza e vi imploro di guardarli come Padre clementissimo, supplicandovi dal profondo del mio intimo. Presento per loro come sacrificio l'essermi privata della vostra gloria e del riposo in voi per servirli e l'avere scelto con tutta la volontà le tribolazioni, abbandonando il mio gaudio e la vostra visione chiara per esercitarmi in ciò che vi è tanto gradito».

    5. I ministri che l'avevano scortata dall'empireo si licenziarono per risalirvi, felicitandosi nuovamente con il mondo perché la lasciavano ad abitare in esso. Avverto che, poiché nel nominarla non avevo usato molto frequentemente l'appellativo di Regina e signora degli angeli, mentre scrivevo questo essi mi invitarono a non dimenticarmi di farlo almeno in seguito, per la grande contentezza che ne deriva loro; per compiacerli, da adesso in poi la chiamerò spesso così. Riprendendo la Storia, nei primi tre giorni che passò nel cenacolo ella fu completamente astratta da ogni cosa materiale, godendo della ridondanza del giubilo e delle mirabili conseguenze di quanto le era stato dato. In quel momento fra tutti gli uomini solo l'Evangelista penetrò tale mistero, perché gli fu rivelato che la Vergine era ascesa con Cristo ed egli la distinse anche mentre tornava con lo splendore e le grazie con cui veniva per arricchire i devoti. Per la meraviglia, rimase per due giorni come intontito e fuori di sé; sapendo che era stata nelle altezze ambiva parlarle, eppure non osava.

    6. Il discepolo prediletto combatté con se stesso tra gli stimoli dell'amore e le renitenze dell'umiltà per quasi un'intera giornata. Alla fine, vinto dall'affetto filiale, determinò di recarsi da lei, ma dopo essersi incamminato si trattenne dicendo: «Come avrò l'ardire di soddisfare la mia aspirazione senza essere informato di che cosa bramino l'Onnipotente e la mia Maestra? Il mio Salvatore, però, me l'ha donata come madre e con il titolo di figlio, di cui mi ha onorato, mi ha obbligato a darle ossequio. Dunque, mio ufficio è esserle soggetto e assisterla; le è ben noto il mio ardente anelito e non lo disprezzerà, ma, indulgente e benigna com'è, mi perdonerà. Orsù, voglio prostrarmi ai suoi piedi». Con queste riflessioni si decise ad entrare dove ella stava in orazione con gli altri. Appena ebbe posato gli occhi su di lei, sperimentò effetti simili a quelli che egli stesso e i suoi due compagni avevano provato sul Tabor quando sua Maestà si era trasfigurato davanti a loro; il fulgore del suo volto, infatti, era molto somigliante a quello che allora aveva contemplato in lui. Inoltre, poiché continuava ad avere in sé le specie della visione in cui l'aveva osservata discendere dal cielo, fu oppresso con maggiore forza nella sua debolezza naturale e cadde. A causa dello stupore e della gioia, per circa un'ora fu incapace di rialzarsi, venerando sentitamente colei che aveva generato il suo stesso Autore. Nessuno poté sorprendersi di ciò perché tutti, ad imitazione di Gesù e per l'esempio e l'esortazione di Maria beatissima, nel periodo in cui stettero in attesa dello Spirito trascorrevano buona parte del tempo della loro preghiera distesi a forma di croce.

    7. Mentre il modesto e santo Apostolo stava in tale posizione, la compassionevole Principessa si accostò a lui e lo levò su dal suolo. Con la massima spontaneità gli si inginocchiò dinanzi e affermò: «Signore e figlio mio, siete già cosciente di essere restato al posto del mio Unigenito e mio capo per suggerirmi puntualmente come io mi debba comportare. Vi domando ancora di aver cura di farlo, per la consolazione che sento nell'essere sottomessa». Queste parole lo confusero e sconcertarono più di quello che aveva già conosciuto in lei. Le si inchinò un'altra volta davanti, offrendosi come suo servo e implorandola che in cambio ella gli desse ordini e lo dirigesse in tutto. La contesa durò per un po' finché, sconfitto dalia sua umiltà, si piegò al suo volere e stabilì di obbedirle comandandole, come ella desiderava; era per lui la scelta più sicura, e per noi un raro modello che rimprovera la nostra superbia e ci addestra a schiacciarla. Se confessiamo di essere figli di questa Madre e guida alla docilità, è doveroso e giusto che ricalchiamo le sue orme. A Giovanni le immagini dello stato in cui aveva visto la Regina degli angeli rimasero così impresse nell'intelletto e nelle facoltà interiori che vi stettero per sempre; egli fu subito preso da profonda ammirazione e poi nell'Apocalisse, particolarmente nel capitolo ventunesimo, espresse ciò che aveva compreso di lei in questa occasione.

    Insegnamento della Regina del cielo

    8. Carissima, ti ho già ripetuto spesso che ti devi distaccare dalla sfera terrena e che devi morire a te stessa, cioè a quanto hai di vizioso come appartenente alla progenie di Adamo, ammonendoti e istruendoti con gli insegnamenti che ti ho dettato nella prima e seconda parte della mia Storia. Ora, però, ti chiamo con nuova tenerezza di premurosa e pietosa madre e ti invito da parte di Cristo, mia e dei suoi ministri superni, che anch'essi ti sono molto affezionati, a scordarti di tutto il resto e a sollevarti ad un'esistenza più elevata e prossima alla felicità eterna. Allontanandoti completamente da Babilonia, dai tuoi nemici e dalle fallaci vanità con le quali ti assediano, devi avvicinarti alla Gerusalemme celeste ed abitare nei suoi atri, dedicandoti interamente alla mia vera e irreprensibile emulazione. In questo modo, con l'ausilio divino, giungerai all'intima unione con il mio Signore e tuo fedelissimo sposo. Ascolta la mia voce con lieta devozione e sollecitudine, seguimi con ardore, migliora la tua vita conformandola alla mia, che stai raccontando, e fissa l'attenzione su ciò che io feci dopo essere tornata nel mondo dalla destra del mio diletto. Medita a fondo e con tutto l'impegno i miei atti, così che, nella misura della grazia che ti sarà data, tu possa copiare nella tua anima quello che intenderai e narrerai. Se la tua negligenza non se ne renderà immeritevole, non ti verrà meno il favore di Dio, perché egli non lo nega a chiunque dal canto suo fa quanto può e ne ha bisogno per dargli compiacimento. Dilata gli spazi del tuo cuore, infervora la tua volontà, purifica la tua mente e distogliti da ogni pensiero rivolto alle realtà visibili, affinché nessuna di esse ti ostacoli o ti obblighi a commettere neppure una lieve colpa o una mancanza, e l'Onnipotente possa depositare in te la sua occulta sapienza, trovandoti pronta ad operare con solerzia con essa tutto quello che sarà più gradito ai nostri occhi e che noi ti annunceremo.

    9. Da adesso la tua deve essere come la vita di chi la riceve risorta, dopo essere morto alla precedente. Colui che accoglie questo beneficio rinasce trasformato e quasi straniero a ciò che antecedentemente amava, con altri aneliti e qualità mutate, e si regola in tutto diversamente; appunto in tale maniera, ed anzi con più perfezione, voglio che tu sia rinnovata, perché devi vivere come se per la prima volta partecipassi delle doti dell'anima, per quanto potrai con la forza dell'Altissimo, che agirà in te. Per conseguire questi effetti assolutamente sublimi, è però necessario che tu ti aiuti e ti disponga restando libera e come una tela assolutamente liscia, dove egli con il suo dito possa scrivere e disegnare come sulla morbida cera, imprimendovi senza incontrare resistenza il sigillo delle mie virtù. Sua Maestà chiede che tu sia nella sua mano vigorosa simile a uno strumento per compiere il suo santo volere; devi comportarti come fa esso, che non si oppone all'artefice e, se ha possibilità di arbitrio, la usa solo per lasciarsi muovere. Su dunque, vieni, vieni dove ti attiro. Considera che, se sempre è cosa naturale al Padre delle misericordie, che è il sommo bene, comunicarsi alle sue creature e soccorrerle, nel secolo presente egli intende manifestare maggiormente la sua grande clemenza verso gli uomini, perché il loro tempo volge al termine e sono pochi quelli che si preparano ad accogliere i doni del suo braccio. Tu non perdere un'occasione così propizia: corri dietro i miei passi e non rattristare lo Spirito trattenendoti quando ti invito a tale letizia, con affetto materno e con esortazioni tanto eccelse.

  4. #14
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    Predefinito Dal Colloquio con Motovilov di Serafino di Sàrov.

    Irina Goraìnoff, Serafino di Sarov, Gribaudi, Torino, 1981, 157-161.

    Il bene compiuto nel nome di Cristo non solo procura una corona di gloria nel mondo a venire, ma fin da quaggiù riempie l'uomo della grazia dello Spirito Santo. Sta scritto infatti: Dio dà lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa (Gv 3, 34-35).
    Il vero fine della vita cristiana consiste quindi nell'acquisizione di questo Spirito di Dio. L'acquisizione è la stessa cosa dell'ottenimento. Sai cosa significhi acquisire del denaro? Per lo Spirito Santo è lo stesso.
    Per la gente normale il fine della vita consiste nell'acquisizione del denaro, nel guadagno. I nobili inoltre desiderano ottenere onori, medaglie e altre ricompense per i servizi resi allo stato. Anche l'acquisizione dello Spirito Santo è un capitale, ma un capitale eterno, dispensatore di grazie, analogo ai capitali temporali e che si ottiene con gli stessi procedimenti.
    Nostro Signore Gesù Cristo, Dio‑uomo, paragona la nostra vita ad un mercato e la nostra attività sulla terra ad un commercio. Raccomanda a tutti noi: "Datevi da fare fino al mio ritorno, tenendo da conto il tempo, perché i giorni sono incerti (Cf Lc 19, 12-13. Ef 5, 15-16), il che significa: sbrigatevi ad ottenere dei beni celesti trafficando merci terrene". Queste merci non sono niente altro che le buone azioni compiute in nome di Cristo le quali ci ottengono la grazia dello Spirito Santo.

    Proprio la grazia dello Spirito Santo, simboleggiata dall'olio, mancava alle vergini stolte. Esse sono chiamate stolte, perché non si preoccupavano del frutto indispensabile della virtù che è la grazia dello Spirito Santo, senza la quale nessuno può essere salvato; infatti ogni anima è vivificata dallo Spirito Santo per essere illuminata dal sacro mistero dell'Unità trinitaria.
    Lo Spirito Santo stesso viene ad abitare in noi e questa dimora in noi dell'Onnipotente, la coesistenza in noi della sua Unità trinitaria con il nostro spirito, non ci è data se non a condizione che ci impegniamo con tutti i mezzi a nostra disposizione per ottenere lo Spirito Santo. Egli prepara in noi un luogo degno di questo incontro secondo la parola immutabile di Dio: Io verrò e abiterò in loro, io sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo (Cf Ger 7, 3.7.23).

    L'olio delle vergini non rappresenta le nostre azioni, ma la grazia attraverso la quale lo Spirito Santo riempie il nostro essere. Egli trasforma il corruttibile nell'incorruttibile, la morte psichica in vita spirituale, le tenebre in luce, la stalla, dove sono incatenate le nostre passioni, in tempio di Dio, in camera nuziale dove incontriamo il nostro Signore, creatore e salvatore, lo sposo delle nostre anime.
    Grande è la compassione che Dio ha per la nostra disgrazia, cioè per la nostra negligenza nei confronti della sua sollecitudine. Egli afferma: Io sto alla porta e busso (Ap 3, 20); la porta significa il corso della nostra vita non ancora concluso dalla morte.
    Come vorrei, amico di Dio, che in questa vita tu fossi sempre pieno di Spirito Santo! Ricordati che il Signore dice: Vi giudicherò nella condizione in cui vi troverò (Cf Mt 24, 42).

    Vegliate e pregate per non cadere in tentazione (Mt 26, 41), cioè per non essere privati dello Spirito di Dio; le veglie e la preghiera infatti ci donano la sua grazia.
    E' certo che ogni buona azione fatta in nome di Cristo conferisce la grazia dello Spirito Santo, ma la preghiera lo fa più di ogni altra cosa, essendo sempre a nostra disposizione. Potresti, ad esempio, aver voglia di andare in chiesa, ma la chiesa è lontana oppure sono finite le funzioni; potresti aver voglia di fare l'elemosina, ma non incontri nessun povero oppure non hai spiccioli in tasca; vorresti rimanere vergine, ma non ne hai le forze, a causa della tua costituzione o dei tranelli dell'avversario, ai quali la debolezza della tua carne umana non è in grado di opporre resistenza; forse vorresti trovare qualche altra buona azione da fare in nome di Cristo, ma non hai abbastanza forze, oppure non ti si presenta l'occasione.
    Niente di tutto questo invece tocca la preghiera: tutti hanno sempre la possibilità di pregare, il ricco come il povero, il nobile come la persona qualsiasi, il forte come il debole, il sano come il malato, il virtuoso come il peccatore.

  5. #15

  6. #16
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    Non so se deve essere richiesta l'autorizzazione, ma ugualmente io mi sono ricopiato tutti i sermoni del Padri e le bellissime pitture dell'Ascenione.
    Sempre riconoscente al grande Augustinus

  7. #17
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  8. #18
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    Roccia dell'Ascensione sulla quale Gesù impresse l'impronta dei suoi piedi, cappella dell'Ascensione, Monte degli Ulivi, Gerusalemme

    cappella dell'Ascensione, Monte degli Ulivi, Gerusalemme

  9. #19
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    Andrea di Vanni D'Andrea, Ascensione di Cristo, 1355-60, Hermitage, San Pietroburgo

    Giotto di Bondone, Ascensione di Cristo, 1300 circa, Basilica superiore di S. Francesco, Assisi

    Giotto di Bondone, Ascensione di Cristo, 1304-06, Cappella Scrovegni (Cappella Arena), Padova

    Hans Memling, Trittico della Resurrezione (con martirio di S. Sebastiano, Resurrezione e Ascensione di Gesù), 1490 circa, Musée du Louvre, Parigi

    Melozzo da Forlì, Cristo trionfante, 1481-83, Palazzo Quirinale, Roma

  10. #20
    Ut unum sint!
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    ad Amburgo la si e' festeggiata giovedi'....
    UT UNUM SINT!

 

 
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