Al via la Fiera del libro di Torino: si moltiplicano i best seller «religiosi»

La voglia di sacro volta pagina



Alessandro Zaccuri

Lo ammette perfino Salman Rushdie, che sull'argomento rimane abbastanza suscettibile: tra religione e lettura il legame è forte e, quando si allenta, qualcosa va perduto. Tutto sta a stabilire se si allenti mai veramente, però. Una buona occasione per effettuare una verifica potrebbe venire dall'ormai imminente Fiera internazionale del libro di Torino, che mai come quest'anno si apre in un contesto bisognoso di una sia pur minima interpretazione. Anche e specialmente in termini di mercato. In Italia si legge poco, ci si lamenta, e quindi non si compra un granché. Sì, ma che cosa si compra e, nel caso, che cosa si legge? I mesi scorsi, lo sappiamo, sono stati dominati dal successo - tutto sommato imprevedibile, considerata la qualità del manufatto - del Codice Da Vinci di Dan Brown, un romanziere americano sbarcato con i mezzi corazzati nel salotto buono della cultura europea, cercando di convincerci che in Vaticano si nascondono inconfessabili segreti. Che il librone sia infarcito di imprecisioni e forzature, in questa sede, poco importa. Resta il fatto che si tratta di un libro che parla - male - di religione e che anche per questo si trasforma in campione d'incassi. O forse no, Il Codice Da Vinci ha avuto il successo che ha avuto proprio perché è sorretto dall'astuzia di affrontare, in termini purtroppo maldestri, una problematica di tipo spirituale. La controprova è venuta, nelle ultime settimane, dal picco di vendite fatto registrare dai libri dei Papi. Un altro elemento di continuità fra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, d'accordo, ma anche la conferma di un interesse tutt'altro che superficiale nei confronti della persona e del pensiero di Karol il Grande e del suo successore. E questo, tra l'altro, è un fatto che non si spiega se, come ha fatto di recente Alessandro Baricco, si pretende di ridurre ciò che è avvenuto nei dintorni di San Pietro a un'ondata di emotività cinicamente alimentata dai media: se di Papa Wojtyla già parlano tutti, infatti, perché s i dovrebbe avvertire il bisogno di portarsi a casa anche Memoria e identità? Molto probabilmente perché l'impulso che spinge a un simile acquisto non è soltanto mediatico e men che meno unicamente emotivo. È la vecchia profezia di André Malraux, quella sul XXI secolo che non potrà non essere spirituale (altrimenti «non sarà», aggiungeva lo scrittore francese) che si sta compiendo sotto i nostri occhi, in una forma che risulta difficile decifrare proprio a causa della sua apparente "normalità". Un libro, niente di più comune. Ma molti dei libri che oggi si scrivono e si leggono, si comprano e si prendono in prestito, sono articolati in un linguaggio che non può essere definito spirituale. Di una spiritualità in molti casi disorientata e irrisolta, ma comunque perseguita nella consapevolezza che non è più possibile affidarsi a una cultura - letteralmente - senz'anima. Non a caso, quest'anno la Fiera di Torino ha scelto il sogno come tema portante. Non è soltanto l'utopia dei filosofi o la terra incognita della psicanalisi: nel sogno e attraverso il sogno Dio ha sempre parlato agli uomini. Anche quando il sogno ha preso la forma di un libro.


Avvenire -3 maggio 2005