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  1. #31
    SENATORE di POL
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    Nella sua intervista rilasciata ad un programma televisivo di rete4 (trasmessa con quelle di Bonino e del capo dell'ex SDI), Berlusconi, incalzato dal giornalista, ha corretto il tiro: non è che sia sbagliato che i figli di operai abbiano le migliori opportunità, è sbagliato pensare che ciò possa conseguire alle politiche della sinsitruzza. L'allineamento fra "classe operaia" e la gran parte del "ceto medio", deve avvenire verso l'alto e non per livellamento verso il basso.
    Evidentemente Berlusconi si è accorto del grossolano errore, soprattutto di comunicazione. O più realisticamente, qualcuno finalmente ha avuto il coraggio di farglielo notare. Cosa non di tutti i giorni fra gli yes-man di Forza italia.

    Saluti liberali

  2. #32
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    dal quotiano LIBERO di oggi....

    " IL CASO BERLUSCONI

    di ANTONIO SOCCI

    Basta con il capo imperatore: al centrodestra serve una vera rifondazione. E nuovi leader

    Siamo alla vigilia dell'esplosione della Casa delle Libertà? I segnali, purtroppo, sono quelli. Rischia di diventare il Casino delle libertà. L'un contro l'altro armati i leader del centrodestra si rinfacciano i risultati delle amministrative. Volano gli stracci e il referendum del 25 giugno sebbene i sondaggi sembrino buoni - rischia di rappresentare una nuova, devastante batosta a causa dell'astensionismo dell'elettorato di centrodestra (ma chi ha stabilito quella data "balneare"? Non è stato il governo della Cdl?). Oltretutto la Lega Nord già si chiama fuori: ieri Roberto Maroni ha ripetuto al Corriere della Sera che dal 26 giugno, in caso di sconfitta nel referendum, andranno per la loro strada. E apertasi la falla tutta la diga rischierà il crollo perché la Lega è essenziale. Berlusconi finora ha tentato di tenere insieme la Casa delle Libertà agitando la prospettiva di un rapido rovesciamento del risultato del 9 aprile: per un diverso computo dei voti o per una spallata elettorale (alle amministrative e al referendum). Ma di spallate non si vede l'ombra, anzi è stato il centrosinistra a darne, e quanto ai calcoli nuovi di zecca, dopo il 9 aprile, si sono visti solo quelli del povero Veltroni in ospedale. Il "taroccamento" dei dati o viene subito provato o diventa un argomento controproducente. Rischia di far pensare che alle elezioni del 9 aprile ancora una volta gli italiani abbiano dato al centrodestra la maggioranza dei voti e questo si sia fatto fregare. Disastroso. Il centrodestra può lamentarsi col destino cinico e baro, con Ciampi che ha fatto cambiare il premio di maggioranza del Senato (lasciandolo solo alla Camera dove hanno vinto gli altri), con i presunti "brogli" (ma il ministero degli Interni era governato dal centrodestra, no?), con Tremaglia per l'incredibile trovata del voto estero (e delle liste separate), con chi ha fatto proliferare tutte le listarelle vicine (dalla Sicilia al Veneto) una delle quali sarebbe bastata per vincere... Ma alla fine sarebbe bene che se la prendesse innanzitutto con se stesso. Una bella revisione autocritica sarebbe stata salutare. Invece la classe dirigente del centrodestra sta facendo il gioco dello scaricabarile. Anche sulle amministrative di domenica: sembra che a decidere candidature e strategie sia stata un'entità fantasma, un ufo. Certo, è più facile assumere un sottosegretario (come fa la sinistra) che una responsabilità, ma qualcuno avrà pur deciso. Di riflessioni vere e strategiche sul futuro non c'è neanche l'ombra. E la sinistra - ringalluzzita dalle amministrative - è decisa a proseguire con la lottizzazione selvaggia, con annesso aumento della spesa: appena passato anche il referendum predisporrà subito la stangata e si ricomincerà la sarabanda. Berlusconi sembra inchiodato (e paralizzato) politicamente dall'idea della spallata, forse anche a causa del fattore età. Perché prendere in considerazione l'idea che il governo del centrosinistra possa durare tutta la legislatura significa per lui porsi un dilemma esistenziale: il leader oggi ha 70 anni e si dovrebbe chiedere seriamente se fra cinque anni, alla bella età di anni 75, possa di nuovo ricandidarsi, per la quinta volta consecutiva - ripeto: la quinta - a Palazzo Chigi. Sebbene si sia fatto promettere l'immortalità da Scapagnini i problemi ci sono.

    DOPO SILVIO IL DILUVIO

    Potrebbe puntare, fra sette anni, al Quirinale, dove sembra si acceda solo all'età di Noè, ma anche in questo caso gli si impone la necessità di predisporre subito un disegno politico e una nuova classe dirigente, preparata, dinamica e più giovane per le elezioni del 2011, con nuove e decise idee (per esempio sul problema energetico). Sì, Berlusconi è a un bivio decisivo. Ha dimostrato di essere un leader straordinario, che ha cambiato la storia d'Italia, si è saputo battere come un leone durante la campagna elettorale conseguendo un risultato sorprendente, è stato veramente il motore del centrodestra, anche oggi - lo ha dimostrato la settimana scorsa a Porta a porta - ha una grande forza di comunicazione e certamente il centrodestra non può fare a meno di lui, ma non può vivere più di solo Berlusconi. O di "Berlusconi Sole". Un leader che dichiara "dopo di me il diluvio" è politicamente disperato, è come ammettere il fallimento politico, costringendo i moderati a cercare altrove (magari fra le braccia di Rutelli). Invece non è così ed uno dei meriti storici di Berlusconi è proprio quello di aver fatto crescere una cultura liberale e una classe politica comunque alternativa a quella della vecchia sinistra. Al Cavaliere capita spesso di pronunciare frasi del tipo "dopo di me non vedo nessuno", ma per fortuna le cose stanno diversamente. Di persone preparate e capaci, in Forza Italia e nel centrodestra, ce ne sono. Solo che finora sono sempre state impallinate o abbattute dal Berlusca stesso a cui tutti fanno ombra. Ne cito due per tutti: Tremonti e Formigoni. Solo per restare all'interno di Forza Italia. Poi nel centrodestra restano Casini e Fini i quali dovranno prendere decisioni forti. Nessuno (se non forse Follini, pessimo stratega) immagina un centrodestra senza Berlusconi. Non solo perché il risultato di Forza Italia, primo partito italiano con sette punti di vantaggio sui Ds, è comunque fortissimo (sebbene sia negativo quello delle amministrative). Ma anche perché Berlusconi è tuttora il leader senza il quale tutto si sfascia. Si tratta dunque di capire se Berlusconi vuole guidare la nuova fase del centrodestra o se vuole rischiare di vedersi sfuggire di mano le cose. Dovrebbe essere il Cavaliere stesso a propiziare questa operazione, a lanciarla, a volerla, a sostenerla. A capire che è l'unica via possibile, a prevenire lo sfascio. Anche come colpo mediatico sarebbe impressionante. Immaginiamo una nuova leadership di quarantenni alla Blair, di forte cultura liberale e popolare, con alcune idee innovative e coraggiose, che organizza l'opposizione a questo centrosinistra di bolliti (come dice Capezzone) e di avventuristi dell'ideologia ottocentesca. Berlusconi in fondo questo rinnovamento l'ha saputo fare per le sue aziende. Perché non in politica? So già che Berlusconi è talora circondato da Berlus-cloni che mi accuseranno di mettere in discussione la leadership del Capo, cosa controproducente, autolesionista e già vedo qualche intellettuale di area che scaglierà i soliti improperi sul reprobo. Mi daranno, come fa Ferrara da tempo, del "casiniano" pensando così di aver esorcizzato il diavolo. Ma vorrei che si rispondesse sul punto, anche perché francamente non appalto il cervello a nessuno. Sbaglio da solo. L'Italia moderata, che è più del cinquanta per cento, merita di essere ben rappresentata e di candidarsi degnamente alla guida del Paese.

    URGE RINNOVAMENTO

    Forse sarebbe l'ora che dall'area intellettuale del centrodestra arrivassero altre voci "sovversive". Urge il rinnovamento. In fondo gli intellettuali avrebbero il dovere di incarnare lo spirito critico. Purtroppo sembrano sempre con l'elmetto. Prima delle elezioni perché era controproducente criticare il Capo. Dopo perché le colpe sono sempre e tutte degli altri. Fanno finta a volte di fare la fronda, ma l'unica loro critica al Lìder Maximo è di essere troppo buono. Lo incitano a non avere pietà, ad asfaltare, annichilire i ribaldi che non ubbidiscono, quelli che non dicono prontamente sissignore e non seguono proni la sua infallibile guida. Un film già visto. Personalmente stimo Berlusconi e gli sono anche affezionato, ma anche per questo credo di dovergli sincerità. Dovrebbero farlo molti altri, più bravi e intelligenti del sottoscritto, altrimenti il pensatore di riferimento del Cavaliere rischia di diventare davvero lo stravagante Rotondi che già favoleggia di future bicamerali di Berlusconi con D'Alema. Illusioni
    ."

    Saluti liberali

  3. #33
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    dal quotidiano LIBERO di oggi...

    " Caro Silvio, i dieci errori da non rifare

    di GIANFRANCO MORRA

    Come sta Berlusconi? Non bene. E Forza Italia? Ancora peggio. E la Casa delle Libertà? Non c'è più. Vincere o perdere le elezioni è solo democrazia. Non accettare il verdetto e attribuire la sconfitta alle truffe dei nemici è un calcolo sbagliato, che gli elettori non apprezzano. Passare dall' «Io triumphe» del 2001 al vittimismo risentito e aggressivo del 2006 non è cosa facile da comprendere, né producente. Nessuna sconfitta potrà cancellare gli indiscutibili meriti del Cavaliere: unico dopo Craxi, ha saputo rompere l'alleanza di cattolici e comunisti, produrre un sistema di bipolarismo dell'alternanza, consentendo per la prima volta in Italia governi stabili, muovere l'attacco allo statalismo e all'assistenzialismo clientelare, realizzare un pluralismo dei media, fare riforme di tipo europeo nel senso di "meno stato e più società". Ora che la sconfitta è stata confermata, occorre fare in Parlamento una opposizione ferma; attendere l'inevitabile esplosione del conflitto dentro un'Unione, che più litigiosa non potrebbe essere; evitare i giri di valzer con i vincitori; e, soprattutto, ricostruire il centrodestra. Ma per farlo occorre riconoscere gli errori compiuti. Che non sono stati pochi. Ci permettiamo di suggerirne dieci. 1. Il partito (che non c'è). Nato in fretta, non poteva che essere organizzato centralisticamente: una succursale di Fininvest. Ma dieci anni dopo tale è rimasto: nessuna democrazia interna, nessuna discussione, i dirigenti nominati dal Capo, le candidature imposte da Arcore, spesso presi dalla Corte (avvocati, costruttori, manager, medici, soubrette), i collaboratori più yes men che consiglieri. Un leninismo manageriale. 2. Un partito, dunque, che coincideva col Fondatore: «Le Parti c'est moi». E ciò ha impedito ogni formazione di una classe dirigente di ricambio. Il Capo avrà nel 2011 75 anni, ma uomini destinati a sostituirlo non se ne vedono. Col pericolo che accada quello che temeva Re Sole: «Dopo di me, il diluvio». 3. Come ha fondato un non-partito, così ha creato una non-alleanza: la Cdl. Nata, già col Polo, come alleanza elettorale, non è mai riuscita a divenire un soggetto politico. Serviva a gestire unitariamente le elezioni, ma cessava di esistere subito dopo. Ha saputo, nel 2001, arrivare al governo, ma nelle decisioni di governo troppe divergenze ne hanno frenato l'azione. 4. E non è mai divenuta una alleanza culturale. L'impero mass-mediatico del Cavaliere era di destra nel capitale e di sinistra nei contenuti. Nel calcio basta comprare buoni giocatori per vincere. Gli uomini di cultura si portano dietro un bagaglio di idee, sanno mitigarle e anche nasconderle, ma non dimenticarle. La cultura protetta dal Cavaliere non riguardava i valori, ma la sua utilizzazione a sostegno dell'operazione politica. 5. Straordinario uomo di comando, Berlusconi ha applicato alla politica quei metodi che gli hanno consentito di divenire un big dell'impresa. Sicurezza e trionfalismo, disprezzo per i nemici e insofferenza per discussioni e critiche. Tali doti sono state utili per raggiungere il potere, ma non per gestirlo. 6. Nel corso della legislatura 2001-2006, mentre anche gli alleati mostravano insofferenza, Berlusconi ha compiuto scelte contraddittorie. In primo luogo la modifica del sistema elettorale, in fondo una sconfessione della sua più grande invenzione, il bipolarismo. Con la conseguenza che alle elezioni non c'era più un polo, ma quattro partiti diversi, con tre diverse "punte". Un riconoscimento che la Casa era finita. 7. Il Cavaliere ha reagito alla sconfitta negandola e attribuendola alla truffa. Pur non mancando, contemporaneamente, di proporre l'inciucio di un governo di coalizione. La conflittualità esasperata, che ha caratterizzato le politiche, è continuata per le amministrative. Con esiti ancor più negativi. Sappiamo bene che gli inventori del wrestling sono state le sinistre, che lo hanno aggredito per dieci anni. Ma l'elettorato moderato vuole meno risse e, soprattutto, meno elezioni. 8. Questa conflittualità permanente ottiene il contrario di quanto si propone. Il centrosinistra, rissoso e dilacerato, ha trovato per cinque anni una unità proprio nel Nemico Pubblico n. 1 da combattere tutti insieme. Ora il nemico è un vinto e l'Unione deve vedersela con le sue lotte interne. Un Cavaliere ancora superaggressivo è per loro come il cacio sui maccheroni: li induce a coalizzarsi contro il pericolo. 9. Come uscire da questa situazione? La strada sarebbe quella del partito unico. Ma è strada ardua e pericolosa. FI è un partito di elettori non di militanti, finirebbe per divenire una appendice degli altri due, dato che An e Udc hanno una organizzazione che agli azzurri manca del tutto. 10. E poi, come dovrebbe nascere tale partito? Di certo il Cavaliere non senza ragioni, vuole esserne il leader. E anche qualcosa di più, il demiurgo: un partito progettato ad Arcore, realizzato dai suoi colonnelli, nato per accordi di vertice tra le segreterie, non per volontà popolare. Il partito unico è, insieme necessario e impossibile. E la situazione attuale appare bloccata da un singolare paradosso: che senza Berlusconi non si vince di nuovo e con Berlusconi non si vince più. "


    Saluti liberali

  4. #34
    SANDRO II
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    Gli italiani non hanno votato tanto per ideologie ma in base a 2 presupposti:

    1) erano stanchi del Berlusconismo e quindi Prodi

    2) secondo molti italiani se l'italia è in crisi è solo colpa del governo Berlusconi.

    A mio parere l'italia si trova in uno stato di netta confusione politica e non riesce a liberarsi delle false convinzioni e per questo bisogna che si faccia un quadro completo illustrando tutti i propblemi socio-economici e cercare di capire come siamo potuti arrivare a questo punto e un modo per risolverli.

  5. #35
    SENATORE di POL
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    Quindi?

  6. #36
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    Citazione Originariamente Scritto da SANDRO II
    Gli italiani non hanno votato tanto per ideologie ma in base a 2 presupposti:

    1) erano stanchi del Berlusconismo e quindi Prodi

    2) secondo molti italiani se l'italia è in crisi è solo colpa del governo Berlusconi.

    A mio parere l'italia si trova in uno stato di netta confusione politica e non riesce a liberarsi delle false convinzioni e per questo bisogna che si faccia un quadro completo illustrando tutti i propblemi socio-economici e cercare di capire come siamo potuti arrivare a questo punto e un modo per risolverli.

    Una delle due parti ha già provveduto in merito. La "fabbrica" ha svolto non solo l'analisi, ma elaborato alcune soluzioni, il cui compromesso/sintesi costituisce il (corposo) programma dell'Ulivo.

    informauro

  7. #37
    SENATORE di POL
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    dal quotidiano LIBERO di oggi.........

    "Chi sarà il prossimo premier

    di ANTONIO SOCCI

    "Che fa e che dice Berlusconi?", si chiedeva ansiosamente Paolo Guzzanti, domenica, in un articolo dedicato alla paralisi del centrodestra. La risposta è arrivata a tamburo battente da un sito di gossip: è al telefono. Con chi? Con Putin? Con Bush? No, molto più in alto. E' al telefono c'informano i ben informati con tal Lucio Presta, manager di Elisabetta Gregoraci che ora "sarà nel cast di Buona Domenica". Se la notizia è vera complimenti. Salvare le fanciulle indigenti dalla povertà è un'opera da buon samaritano. Ma qualche domanda sul "buon politico" si pone. A parte la storia della "mera proprietà" che dovrebbe tener lontano il Cavaliere dalle sue tv, non è sicuro che il 50 per cento degli italiani che hanno votato centrodestra oggi gli chieda esattamente di occuparsi delle sorti lavorative della Gregoraci o di organizzare feste sulla Costa Smeralda. Ha ragione Alba Parietti che l'ha conosciuto come demiurgo dell'estate sarda: «Berlusconi è simpaticissimo ». Ma anche perché è l'unico italiano che non parla di politica. Milioni di elettori lo preferivano come protagonista del villaggio globale anziché animatore del villaggio vacanze: le mirabolanti cronache delle sue feste pirotecniche, con i vulcani in eruzione, i duetti con Apicella e quelli con la stessa Parietti, hanno riempito le pagine dei quotidiani (come la performance marocchina in costume a Marrakech). Ho già scritto che c'è il rischio di confondere don Sturzo con don Lurio. Abbiamo invocato qualcuno che facesse come Nanni Moretti in piazza Navona: strapazzare i capi supremi a cominciare dal Cavaliere che ha perso la guerra elettorale e ora sta a Porto Rotondo a cantare "Que reste-t-il de nos amours/ Que reste-t-il de ces beaux jours".

    Un uomo solo al comando?
    Adesso qualcosa si muove. Paolo Guzzanti e Giuliano Ferrara hanno il mal di pancia. Il primo ha chiamato il ceto medio alla rivoluzione, ma poi se l'è presa solo con "il partito a livello locale che è un disastro". Non mi pare che il problema di Forza Italia sia il segretario di Canicattì. Guzzanti ha avuto anche il coraggio di porre qualche domanda scomoda a Berlusconi (dove sia e cosa faccia), ma non prende di petto il problema: possibile che dopo una tale disfatta elettorale e la cacciata all'opposizione non si sia vista una direzione o un congresso del partito di maggioranza, né si parli di ricambio? Possibile che non sia stato dato un giudizio politico, né elaborata alcuna strategia? Ma che partito è? E che democrazia è? Il partito com'è noto prefigura il modello di Stato che si vorrebbe e se guardiamo Forza Italia l'unico modello istituzionale che viene in mente è la Francia di Re Sole. Forza Italia - ricordiamolo - è il partito di maggioranza relativa oggi in Italia, non un gruppetto di collezionisti di farfalle. Ma sarà un normale partito occidentale solo il giorno in cui si voterà democraticamente e magari Berlusconi andrà in minoranza o - quantomeno - avrà una maggioranza risicata e un'opposizione interna. Possibile che si debba avere addirittura del coraggio, in Forza Italia e nel centrodestra, per esprimere una critica a Berlusconi? Per carità, sono il primo a riconoscere i suoi meriti storici e le sue qualità personali (molto più grandi di quanto lui stesso mostri). E penso che abbia ancora molto da dare al Paese. Ma - caspita - non è il Padreterno. E ha appena perso le elezioni. E non può decidere tutto lui, da solo. E il centrodestra non è sua proprietà privata. Così come la metà dell'Italia che ha votato Casa delle Libertà non è sua. Non si può capeggiare uno schieramento liberale mettendo al bando gli uomini liberi e con la schiena diritta. Dalla libertà abbiamo tutti da guadagnare. Anche Berlusconi. E alla vigilia del suo settantesimo compleanno s'impone - con la prospettiva di cinque anni di opposizione - il problema della leadership. Non è possibile che il Cavaliere si immagini fra cinque anni, a 75 anni, di nuovo candidato per la quinta volta.

    Il nodo di Mediaset
    Perfino Giuliano Ferrara ieri sul Foglio si è posto il problema. Lo ha fatto con simpatia. Suggerendogli, ormai alla vigilia dei 70, di inventarsi una pagina nuova, magari rinunciando "al ruolo di manager della sua coalizione e diventando l'azionista di riferimento di un pezzo di società". E' una bella idea. Uno come il Cavaliere, che è riuscito nell'impresa di dare una casa ai moderati italiani, in pochi mesi, di portarli al governo, di sdoganare finalmente una sana cultura liberale, uno che per cinque anni ha rappresentato l'Italia nel mondo, insomma uno statista, oltretutto coraggioso e innovativo com'è stato in politica estera, dovrebbe adesso coltivare ambizioni all'altezza di questo vissuto. Magari internazionali. E lanciare grandi idee, grandi iniziative, per esempio in campo umanitario o culturale o della ricerca o della solidarietà. E non riempire con performance mondane le cronache estive e quelle dei tg (imbottite di dichiarazioni dell'incredibile Gianfranco Rotondi per far sparire Fini e Casini). C'è una ragione in questa sua estate pirotecnica? Probabilmente sì e si chiama Mediaset. Se Berlusconi se ne sta in Sardegna e lascia i vari Guzzanti orfani di una strategia e di una politica è perché probabilmente è impegnato in una tacita partita a scacchi con il centrosinistra per la legge sul conflitto di interessi e le tv, tenendosi aperte le due opzioni: l'inciucio o la guerra totale. Così però consegna di fatto alla maggioranza l'arma per paralizzare il centrodestra. Mediaset è una grande azienda che non deve essere punita e danneggiata, ma il centrodestra non dovrebbe impiccarsi alle antenne di Mediaset. Se accetta questa situazione state sicuri che la minaccia di questa legge verrà agitata a lungo come una spada di Damocle e il governo si guarderà bene dal varare una legge sull'incompatibilità fra politica e concessioni governative (altrimenti toglierebbe le castagne dal fuoco alla Casa delle Libertà e regalerebbe al Cavaliere l'immagine del martirio).

    Esempio francese
    Per la Cdl è il viale del tramonto. Anzi, il caviale del tramonto, modello Billionaire. Brutta storia. Soprattutto vedendo in Francia l'entrata in campo di Sarkozy come leader dei moderati per l'Eliseo. Rinnovamento, grandi idee e nuovi orizzonti. Non più la boria di Chirac e il suo laicismo, ma grande attenzione alla cultura cristiana e alla modernità. L'esordio, provocatorio, è stato fatto con un attacco al '68 di cui i giovani attuali pagano il conto. Ce n'est qu'un début. Un grande intellettuale ebreo-francese, un vero anticonformista, Alain Finkielkraut ne "L'Imparfait du présent" ha trafitto la generazione oggi al potere anche da noi, di rivoluzionari da salotto: "E' schiumando di rabbia contro il fascismo in piena ascesa che l'arte contemporanea fa man bassa delle istituzioni culturali. Non c'è nessuna fessura nella corazza dei fortunati del mondo postsessantottino. Hanno lo stereotipo sulfureo, il cliché ribelle, l'opinione sopra le righe e più buona coscienza ancora che i notabili del museo di Bouville descritti da Sartre ne 'La Nausea'. Perché essi occupano tutti i posti: quello, vantaggioso, del Maestro, e quello, prestigioso, del Maledetto. Vivono come una sfida eroica all'ordine delle cose la loro adesione piena di sollecitudine alla norma del giorno. Il dogma, sono loro; la bestemmia pure. E per darsi arie da emarginati insultano urlando i loro rari avversari. In breve, coniugano senza vergogna l'euforia del potere con l'ebbrezza della sovversione. Stronzi". Si può fare come in Francia?
    "

    Saluti liberali

  8. #38
    SANDRO II
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    Il Berlusconismo a mio parere è una salvezza per l'Italia

  9. #39
    SENATORE di POL
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    E una sventura per Berlusconi.

    Shalom

  10. #40
    SENATORE di POL
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    Predefinito Re: Fine del Berlusconismo?

    Citazione Originariamente Scritto da Pieffebi Visualizza Messaggio
    Credo che possa avere ragione chi, fra amici ed avversari, dice che occorre sbarazzarsi del “berlusconismo”. Il berlusconismo, infatti, è risultato deleterio e deteriore proprio in quanto ha prodotto quella schiera di cloni, imitatori, “portavoce” del capo che costituiscono gran parte dell’ossatura del principale partito della coalizione. Se per berlusconismo si intende non la costruzione “partito nuovo”, “leggero”. “di opinione” (che è quello che ci vuole), ma un partito senza vera dialettica interna e senza un processo “normale” e proceduralmente democratico di formazione e selezione dei gruppi dirigenti………….allora il berlusconismo deve finire. Se per berlusconismo si intende il mancato radicamento territoriale del maggiore partito della coalizione, determinato in gran parte da quanto sinteticamente detto prima, allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo vuole dire il “culto della personalità” del capo carismatico, con la valorizzazione degli yes-men e la stroncatura delle forze critiche…… allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo significa predicare la rivoluzione liberale invocando ronaldo e margareta (in nome dei quali si vinse anche a Mirafiori nel 1994) per poi attuare politiche socialpopulistiche che ricordano la filosofia del “socialismo borghese” descritto da Marx ed Engels ne “Il Manifesto”, allora il berlusconismo deve finire. Se berlusconismo vuole dire….da un lato… la raccolta in una grossa armata di tutto ciò che è raccoglibile per battere l’avversario e poi la costante recriminazione sulle difficoltà riscontrate nel trovare punti di intesa attuativi delle politiche concordate quando ci si trova di fronte alla prime difficoltà…senza neppure la capacità di separare la propria vicenda personale dagli interessi generali …allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo significa promettere la riforma della giustizia e attuare la riformicchia castelli, largamente insufficiente, contraddittoria, debole e pure in odore di anticostituzionalità……..allora il berlusconismo deve finire. Se il berlusconismo vuole dire fare approvare quella riformicchia e POI dire che in fondo…..fa schifo…….ma difenderla senza modificarla nei suoi difetti evidenti, limitandosi a formali acquiescenze alle note critiche del quirinale……….allora il berlusconismo deve finire. Quanto del berlusconismo è direttamente imputabile a Berlusconi? E’ possibile liberarsi del berlusconismo tenendo in sella, alla guida della coalizione e del Paese (fin che ci saranno i numeri in Parlamento) Silvio Berlusconi? E’ possibile che sia proprio Berlusconi che, presa coscienza dei limiti della sua miracolosa e storica creatura, si accinga a riformarla sbarazzandosi di tanti personaggi…..discutibili? La risposta a queste domande non è, a mio avviso ne’ semplice, ne’ scontata. Personalmente ho sempre pensato che, in astratto, sarebbe stato preferibile che Berlusconi, che è certamente portatore di un conflitto di interessi imbarazzante, non assumesse le funzioni di capo del governo, anche se, realisticamente, non ci si poteva attendere di avere da lui una tale capacità di “sacrificio” e di rinuncia alla narcisistica contemplazione della propria eccezionale bravura e della difesa, legittima, di interessi suoi minacciati da metodi poco ortodossi di attuazione della battaglia politica “a tutto campo” da parte dei nemici rivoluzzzzzionari della sinistra politica e giudiziaria. Altrettanto realisticamente sappiamo tutti che senza Berlusconi e i suoi indubbi e grandi meriti nella costruzione prima del POLO e poi della CDL, la sinistretta avrebbe ininterrottamente governato dal 1994 ad oggi, e con equilibri interni ancora più spostati verso il massimalismo (la occhettiana “gioiosa macchina da guerra”) . Voglio dire….ancora più massimalisti……rispetto al fassiniano prodinottismo della via rivoluzionaria alle “riforme” (ossia del tentativo di usare i massimalisti come carne da cannone…. per poi stringere i soliti accordi neocorporativi con i poteri forti….. ai quali garantire la “pace sociale” in cambio di ….potere e sottopotere, con annesso potenziamento del clientelismo “efficiente” ).
    E ancora…..senza Silvio Berlusconi che ne sarebbe ora del leghismo o della “destra nazionale missina” di Fini, o dei post-democristiani orfani della gran Mammà trafitta dal manipulitismo strabico?
    Difficile rispondere a queste domande. Pertanto, difficile persino il solo pensare ad un Centrodestra senza Silvio Berlusconi, nel bene e nel male.
    Dunque la contraddizione è evidente, seria, forse insanabile, almeno nel breve termine (ossia in tempo utile per il 2006), visto che nel medio-lungo alla sostituzione di Berlusconi si dovrà pur pensare……per ragioni anagrafiche.
    Possiamo permetterci di liberarci del berlusconismo? E d’altra parte….. l’Italia come Paese …può ancora permettersi per molto …..il berlusconismo?

    Saluti liberali


    Quasi dieci anni dopo..........


    Shalom

 

 
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