ROMA - "Ho agito da solo ai fini di giustizia: un avvocato mi ha chiesto di aiutare la legge, anzi mi ha detto che non potevo tirarmi indietro e che dovevo mantenere il segreto perchè quella era un'indagine. Mi sono comportato da cittadino modello". Mirko Maceri ha 28 anni, è il direttore tecnico dimissionario di Laziomatica: è, lo dice lui stesso, la persona che materialmente ha scaricato gli oltre 2000 dati dalla banca dati dell'Anagrafe usando il sistema informatico di Laziomatica.
E lo ha fatto, sottolinea, "perchè me lo ha chiesto l' avvocato Romolo Reboa, presentandosi con delle carte che avevano il timbro della Procura: mi ha detto che c'era un'inchiesta, era una cosa delicata, che se mi tiravo indietro ci sarebbero state delle complicazioni, ecco perchè l'ho fatto". Reboa è il legale di Marco De Vincentiis, il primo a presentare l'esposto per le firme false a sostegno di As.
"Reboa - afferma Maceri - mi ha detto che aveva tentato di contattare l'amministratore unico Vincenzo Bianchini che però era fuori, all'estero. Io a quell'ora, in quel momento ero l'unico dirigente presente a Laziomatica, in ufficio. Certo che mi sono posto il problema della privacy: Reboa mi ha rassicurato dicendo che per le indagini difensive, come erano quelle, questo problema non c'era. Era superato".
Maceri spiega anche di avere chiesto a Reboa di rivolgersi all'Anagrafe. "Lui mi ha detto che il Campidoglio non gliele avrebbe date subito quelle visure, che non c'era il tempo per la richiesta - continua Maceri - Reboa mi ha detto: o questa cosa la fa Laziomatica o non la fa nessuno".
Così il direttore tecnico di Laziomatica si convince. "Ho fatto tutto da solo e ho mantenuto il segreto. Ho relazionato l'azienda di quello che era successo solo dopo che è scoppiato il caso e così anche con i referenti politici" sottolinea Maceri. Che ha una spiegazione anche per la questione delle password usate. "Io sono un dirigente, certo che ho la password per accedere ai dati del Ced del Comune ma non l'ho mai usata, il mio lavoro non richiede quel tipo di prestazione - spiega - e non usandola l'ho dimenticata. Per questo ho usato la password di due miei dipendenti, previa loro autorizzazione informale. Le cose sono andate così, non c'è nessun mistero".
Maceri vuole spiegare anche un ultimo punto: quello degli orari notturni e domenicali scelti per interrogare l'anagrafe capitolina e scaricare i file. "Non capisco i sospetti: ho semplicemente preferito non sottrarre tempo al normale orario di lavoro - continua - è stata una questione di correttezza".
Quello che proprio non va giù a Maceri è "essere al centro di un attacco politico, quando sono un tecnico, ed essere attaccato da quella parte politica che nel '99, all'epoca della Giunta Badaloni, mi ha fatto entrare alla Regione Lazio. E' tutta un'assurdità, una situazione nella quale mi sento a disagio".
"Ripeto: ho agito per aiutare la giustizia. Sono un professionista, ho sempre lavorato: quando sono arrivato qui l'informatica era trascurata. Ho dato la mia vita per rifare la rete informatica della Regione. Perchè l'informatica aiuta e risolve la vita dei cittadini". Questa almeno la convinzione del direttore tecnico di Laziomatica.