CASTELNUOVO A VOLTURNO - Il Cervo (Gl' Cierv')
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L'ultima domenica di carnevale, a Castelnuovo al Volturno, la piazza principale incomincia ad animarsi già nel primo pomeriggio. Uomini donne bambini, da soli o a gruppetti si radunano, osservano, si salutano, parlano. Col passare dei minuti il vocio diventa sempre più forte e si amalgama con una intrigante atmosfera di attesa. All'imbrunire è tutto pronto ed infatti ecco gli zampognari che, con passo lento e sicuro come la melodia delle loro zampogne, avvertono che il Cervo sta arrivando. La gente, già disposta a cerchio, ammutolisce. Rapidamente diventano sempre più distinti rumori di campanacci, grida, richiami, versi inusuali; cresce l'animazione e la folla, in fondo alla piazza, si apre all'improvviso; eccoli: con grandi corna ramificate sul capo, interamente coperto di ruvide pelli, il volto le mani dipinte di nero e con campanacci difformi attaccati sul petto, Gl' Cierv' ostenta tutta la sua forza, vitalità e cattiveria. Con minore vigoria ma altrettanta vivacità è assecondato dalla sua compagna Cerva, con un pellame più chiaro e movenze più aggraziate. Entrambe le "bestie" sono controllate da Martino, personaggio misterioso vestito di bianco, con un lungo cappello a cono ed un bastone convincente. Incuranti dei richiami di Martino le bestie sfogano la loro potenza con una serie impressionante di salti, corse, versacci, capriole; cercano di sopraffare Martino, deridono la gente. La pantomima ora assume un ritmo serrato: le bestie si sono liberate della corda, sembrano incontrollabili, rifiutano con dispregio la polenta offerta, tentano di aggredire la folla che si ritrae, ogni volta, con una improbabile olà. C'è un momento più compassato quando Gl' Clerv' cede alle lusinghe della compagna per vivere "la stagione degli amori", ma subito dopo ricomincia, più forte, la sarabanda. Invano Martino tenta di normalizzare la situazione ma nulla sembra più in grado di fermare le bestie; ecco allora un cacciatore che, implacabilmente, uccide Gl' Cierv'. Le bestie lentamente si accasciano in un improvviso silenzio. La gente è attonita, come si è attoniti ogni volta che si insinua l'idea della morte. Lentamente il cacciatore si avvicina alle bestie, si china sui corpi inanimati, soffia nelle loro orecchie e, come per incanto, le bestie rivivono, purificate da ogni male, in una ritrovata dimensione naturale. Un generale sospiro di sollievo allenta la tensione ed anticipa di poco il sentimento di allegrezza che pervade tutta la piazza. Gl' Cierv' e la compagna, intanto, in un'atmosfera festante e presaga di ottimi auspici, si allontanano tornandosene nei boschi sui monti. Così si presenta, in sintesi, il rito che si ripete ogni anno, da sempre, a Castelnuovo. L' Associazione Culturale "Il Cervo", pur non proponendo ricostruzioni o interpretazioni sicuramente inopportune, condividono pienamente ciò che Giorgio Salvatori ha espresso in chiusura del suo servizio televisivo sulla rappresentazione del Cervo. In tale occasione il giornalista ha così commentato: "Sembra una favola per bambini, ma l'uccisione rituale dell'animale selvatico è rappresentazione millenaria che veniva a propiziare la caccia e i raccolti, anche se oggi stupisce e diverte un mondo distratto e lontano dal magico. Il rito ha straordinarie analogie con il simbolismo religioso delle popolazioni siberiane, ma lo ritroviamo anche tra gli indiani d'America e tra gli antichi misteriosi Celti: attenzione però Cernunnos non è soltanto una maschera; siamo noi stessi alle prese con il mistero della vita. Il folclore è solo la tarda, tardissima degenerazione di una tradizione primordiale vissuta dall 'umanità."


Giuseppe Tomassone

da una guida del Molise