….con i tagli
L’economia americana galoppa. L’indice della produzione industriale di ottobre ha registrato un aumento spettacolare: più 0,7 per cento rispetto a settembre. Questo aveva avuto un modesto incremento, pari soltanto allo 0,1 per cento, a causa degli uragani che avevano generato gravose interruzioni produttive. Ma anche considerando l’ottobre del 2004 rispetto all’ottobre del 2003, il balzo in avanti è molto consistente: si tratta del 5,4 per cento. Andando a guardare all’interno dell’indice aggregato si trova, poi, che mentre la produzione di beni di consumo è aumentata del 3,7 per cento, quella dei beni di investimento per le imprese si è accresciuta dell’11,2 per cento. Una crescita che anche l’economia cinese potrebbe invidiare. Indica che, ormai, il ciclo economico degli Usa si è irrobustito.
Il governo e le autorità monetarie perciò dovranno, piuttosto, dedicarsi al compito di correggere gli squilibri e di moderare gli eccessi, allo scopo di prolungare la crescita. Va comunque notato che la capacità produttiva è ben lontana dal pieno impiego: l’indice di utilizzo della capacità produttiva, infatti, è ancora solo al 77,7 per cento, tre punti al di sotto della media degli ultimi trenta anni, che è di poco superiore all’80 per cento.
Il problema principale è ora quello dell’inflazione, che in ottobre ha avuto un aumento dello 0,5 per cento rispetto al mese precedente. Nel balzo giocano sia il rincaro del petrolio sia la componente stagionale: al netto di questa, e quindi considerando l’indice rispetto all’ottobre 2003, l’incremento è comunque del 3,2 per cento. Certo, l’energia conta molto, ma i prezzi degli alimentari e degli alloggi sono comunque aumentati del 3,4 per cento e quelli delle cure mediche del 6 per cento.
Dunque, il fatto che il dollaro sia debole non appare, al presente, un fattore favorevole per l’andamento equilibrato dell’economia degli Stati Uniti, perché spinge in su i prezzi, tramite il rincaro delle importazioni. Washington ha perciò buoni motivi quando dichiara che è a favore del dollaro forte, non di una sua svalutazione.
Ma sino ad ora il mercato non mostra di crederci, anche perché è scettico sui propositi dell’Europa di bloccare la corsa autolesionista dell’euro.
saluti