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Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
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    Predefinito Bachofen e gli Etruschi

    Come promesso, ecco in esclusiva per voi un brano di Bachofen sugli Etruschi, corrispondente al paragrafo 5 della sua "saga di Tanaquilla". Lo scritto è tratto nientemeno che dall'antidiluviana antologia "le madri e la virilità olimpica" curata da Julius Evola per l'editore Bocca, nel 1949.

    Il seculum etrusco

    Il rito della fondazione delle città, contenuto nei rituales libri, secondo Catone e Varrone era il seguente. Il fondatore aggiogava un toro bianco ed una vacca bianca ad un aratro, il primo a destra, la seconda a sinistra. Secondo le norme dettate dal nume tellurico etrusco Tages, il vomere doveva esser di bronzo. Conducendo la vacca dall'interno si doveva tracciare un solco - sulcus primigenius- col vomere disposto obliquamente, sì che le zolle di terra cadessero tutte dalla parte interna. Tali zolle dovevano corrispondere alle mura da innalzare, mentre il solco stava a rappresentare il fossato circostante. Nei punti ove era preveduta una porta, l'aratro doveva esser sollevato da terra. Al centro della zona così delimitata si creava il mundus, una specie di fossa, ove dovevansi gittare le primizie di ogni frutto e che poi si doveva chiudere per mezzo del lapis manalis, rimuovibile solo tre giorni all'anno. Secondo Varrone e Macrobio il mundus era come una soglia del mondo dei tetri dèi inferi: attraverso di esso gli spiriti sarebbero affiorati nel mondo superiore e i giorni in cui il mundus era aperto valevano come "religiosi" (epperò devitandi) ed erano sacri a Plutone e a Proserpina. A base di tutti i dettagli di un tale rito ritroviamo la concezione tellurico-materna. All'aratro che fende la terra il fondatore etrusco di città connetteva lo stesso significato rinchiuso nel mito di Tages nato dalla zolla terrestre. E' un equivalente simbolico dell'atto virile generatore, allo stesso modo che il solco aperto corrisponde al grembo materno che attende di esser fecondato. Il primo simbolismo si palesa nelle raffigurazioni di Poseidone con l'aratro nell'espressione "semente di figli legittimi" e in formule analoghe: il secondo nell'espressione virgiliana "genitale arvum" (Servio: pro muliebri follicolo, quam scilicet vulvam vocant, ut etiam Plinius docet; nam folliculus ante dicebatur), in quella di Lucrezio: eicit enim (mulier) sulcum recta regione viaque vomeris e nelle stesse formule del diritto pontificale romano. L'attributo primigenius per sulcus concorda perfettamente con questa veduta fondamentale. Dal solco dischiuso scaturì ogni vita. Il maternus sulcus è dunque primigenius nello stesso senso, secondo il quale la Madre che tutto genera venne detta primigenia, genitrix, parens originalis. In conformità a ciò, i membri della futura comunità sono come le spighe del campo, essi seguiranno il diritto della terra, ius terrae, e non lo ius sementis o aratoris, cioè, di colui che semina o ara.

    segue

  2. #2
    zilath mexl rasnal
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    Predefinito

    Bravo Senatore. Mi pace rileggere Bachofen. Continua così ...a piccole dosi.
    Vale.

  3. #3
    zilath mexl rasnal
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    Predefinito Re: Bachofen e gli Etruschi

    Originally posted by Senatore

    ... essi seguiranno il diritto della terra, ius terrae, e non lo ius sementis o aratoris, cioè, di colui che semina o ara.
    ...l'importanza della geografia sacra

  4. #4
    Mjollnir
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    Senatore mi stupisci... questi argomenti squisitamente pre-cristiani... e senza l'ombra di Guenon !!!
    Che ti succede
    Sei forse ammalato

  5. #5
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    Originally posted by nhmem
    Bravo Senatore. Mi pace rileggere Bachofen. Continua così ...a piccole dosi.
    Vale.
    et voilà... un'altra piccola dose

    Nella concezione del seculum riappare questa stessa idea naturalistica. Ciò che scaturisce dalla terra in un giorno, costituisce una falciatura di spighe (seculum a secando). Il singolo è come una spiga, l'insieme degli uomini corrisponde ad un covone o seculum, la morte è il falciatore. Lucrezio usa ripetutamente la parola in questo senso: et muliebre oritur patrio de semine seclum- figurazione, questa, che dà speciale risalto al carattere feminile del seculum. noi abbiamo un significato già derivato quandoall'espressione, invece che all'insieme delle nascite, si riferisce alla durata della loro vita e, infine, ad un periodo di un dato numero di anni. So diceva: quando l'ultimo nato dalla stessa semente muore e quindi il raccolto è esaurito, la Madre Terra ha di nuovo tutto quel che essa fece già sorgere in simultaneità dal sulcus maternus. Il tempo di una falciatura e di un covone è esaurito, si è alla fine di un seculum. Un nuovo ciclo si inizia, il quale, come tutti gli altri, prenderà le mosse dalla prima apertura del primigenius sulcus.
    Precise corrispondenze di tutto ciò si ritrovano in Asia. La Frigia, che già ci sorprese per la concordanza di varie sue leggende con quelle italiche e perfino romane, conobbe il mito di Litierse, dove è ben visibile la stessa idea racchiusa nel seculum etrusco. La messe matura per la falciatura è il genere umano, Litierse, arator simile a Gordio, è il crudele principe della morte sempre pronto a falciare gli steli, ogni covone si compone di teste, il canto della mietitura è carmen ferale. Qui il motvo fondamentale è l'assimilazione dell'uomo alle spighe del sulcus primigenius, epperò la stessa concezione insita nel rito etrusco di fondazione e nel seculum ad esso connesso. Le concordanze si spingono ancor oltre. Il predominare dell'idea della morte, sempre inevitabilmente connessa al modo materno-tellurico di concepire l'uomo, nella tradizione etrusca non è meno palese che nella leggenda frigia. Nella prima si manifesta nel precetto di Tages, che il vomero dell'aratro sia di bronzo, e specialmente nel significato del mundus che deve stare al centro dello spazio sacro della città. Su di una tale stirpe di uomini regnano Plutone e Proserpina, che producono frutta esuberanti a nutrire dei mortali, i quali però debbono tornare a tali divinità. Nella leggenda frigia la legge selvaggia della morte trova un limite quand appare Eracle. Fedele alla sua vocazione di combattere contro le forze demoniche scatenate, l'eroe della Luce tronca la testa del falciatore inesorabile con l'arma ricurva dell'antico Bel-Saturnus e propizia così una più alta e calma esistenza. Ciò significa che con la disfatta del figlio illegittimo di Mida (Litierse) la generazione promiscua delle paludi, epperò anche il selvaggio imperversare della morte, si piegano alla lege di Luce della civiltà agricola, dell'ordinata cultura e della monogamia.
    Anche in questo punto il rito etrusco si incontra con la leggenda frigia: infatti se i libri rituales vogliono che al toro fosse associata la vacca e che entrambi fossero bianchi, questo precetto rimanda visibilmente al modello costituito dal congiungimento di Ginone e di Eracle quali potenze celesti. Il bianco è il colore della luce: il toro è imagine dell'Eracle solare; la vacca è sacra alla Mater Regina Juno etrusca; l'aratro è espressione della congiunzione sessuale, cosa che appare soprattutto dai monumenti etruschi, con riferimento proprio a queste stesse divinità; il quadrato del tempio della città è una figura eracleae solare. Lo Jovial Genius appare qui come il padre del popolo etrusco, protettore della comunità cittadina; ed anche qui la superiore forza generatrice della luce passa in sottordine rispetto alla maternità che partorisce. Il toro procede dalla parte esterna, la vacca da quella interna e il vomero dell'aratro viene disposto in modo che tutte le zolle cadano nello spazio interno. Tutto ciò va essenzialmente ad esprimere che le nascita dal primigenius sulcus son legate alla vacca, che i secula della futura generazione della città sono una schiatta materna della terra e che la forza generatrice di Eracle è la ulterior potestas; così nel mito di fondazione della città ritroviamo tutti i motivi presenti nel mito etrusco di Tages. Abbiamo dunque un perfetto concordare di tutte le singole parti del sacro rito. La sovranità del principio materno vi costituisce il motivo centrale. Dallo stadio della vita palustre afroditica esso ci conduce a quello dell'unità cittadina a base monogamica, connessa dunque sia alla Terra ctonia che alla sua imagine celeste, alla Luna, familiarissimus terrae nostrae sidus.

  6. #6
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    Originally posted by Mjollnir
    Senatore mi stupisci... questi argomenti squisitamente pre-cristiani... e senza l'ombra di Guenon !!!
    Che ti succede
    Sei forse ammalato
    No no, un momento. Prima mi sono assicurato che Bachofen andasse a Messa tutte le domeniche.
    Alla fine, se non vi scoccia, farò un piccolo contronto tra le posizioni del basilese e Guenon.
    A parte gli scherzi, ho ritenuto bello riportare riportare questi passi e poi alcuni altri che seguiranno, perchè si tratta di materiale che, se spesso è assunto come basi di varie discussioni e querelle, è anche poco conosciuto... e con buona causa dato che a parte una ristampa negli anni settanta questa arcaica antologia bachofeniana non è stata più riproposta in Italia. Insomma oggi circolano in Italia tanti scritti di Bachofen, ma non quelli che egli ha consacrato ai popoli italici e questo è un bel paradosso.
    Citerò altri due libri, a loro volta di difficile reperibilità:
    -la lupa romana su monumenti sepolcrali dell'Impero, edizioni Sear, curato da Del Ponte
    -paesaggi dell'Italia centrale, edizioni Fogola.
    Ciao

  7. #7
    zilath mexl rasnal
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    Originally posted by Senatore
    et voilà... un'altra piccola dose

    Precise corrispondenze di tutto ciò si ritrovano in Asia. La Frigia, che già ci sorprese per la concordanza di varie sue leggende con quelle italiche e perfino romane...

  8. #8
    zilath mexl rasnal
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    Originally posted by Senatore
    et voilà... un'altra piccola dose

    Nella leggenda frigia la legge selvaggia della morte trova un limite quand appare Eracle. Fedele alla sua vocazione di combattere contro le forze demoniche scatenate, l'eroe della Luce tronca la testa del falciatore inesorabile con l'arma ricurva dell'antico Bel-Saturnus e propizia così una più alta e calma esistenza. Ciò significa che con la disfatta del figlio illegittimo di Mida (Litierse) la generazione promiscua delle paludi, epperò anche il selvaggio imperversare della morte, si piegano alla lege di Luce della civiltà agricola, dell'ordinata cultura e della monogamia.
    Anche in questo punto il rito etrusco si incontra con la leggenda frigia: infatti se i libri rituales vogliono che al toro fosse associata la vacca e che entrambi fossero bianchi, questo precetto rimanda visibilmente al modello costituito dal congiungimento di Ginone e di Eracle quali potenze celesti. Il bianco è il colore della luce: il toro è imagine dell'Eracle solare; la vacca è sacra alla Mater Regina Juno etrusca; l'aratro è espressione della congiunzione sessuale, cosa che appare soprattutto dai monumenti etruschi, con riferimento proprio a queste stesse divinità; il quadrato del tempio della città è una figura eracleae solare. Lo Jovial Genius appare qui come il padre del popolo etrusco, protettore della comunità cittadina; ed anche qui la superiore forza generatrice della luce passa in sottordine rispetto alla maternità che partorisce. Il toro procede dalla parte esterna, la vacca da quella interna e il vomero dell'aratro viene disposto in modo che tutte le zolle cadano nello spazio interno. Tutto ciò va essenzialmente ad esprimere che le nascita dal primigenius sulcus son legate alla vacca, che i secula della futura generazione della città sono una schiatta materna della terra e che la forza generatrice di Eracle è la ulterior potestas; così nel mito di fondazione della città ritroviamo tutti i motivi presenti nel mito etrusco di Tages. Abbiamo dunque un perfetto concordare di tutte le singole parti del sacro rito. La sovranità del principio materno vi costituisce il motivo centrale. Dallo stadio della vita palustre afroditica esso ci conduce a quello dell'unità cittadina a base monogamica, connessa dunque sia alla Terra ctonia che alla sua imagine celeste, alla Luna, familiarissimus terrae nostrae sidus.

    Le considerazioni finali non tornano. E' giusto che l'Eroe difenda la città e si rivolga verso i nemici esterni.

 

 

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