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Discussione: Bosch: arte alchemica

  1. #11
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    Il centro esatto del Paradiso terrestre è la Fontana della vita, imponente e spettrale come un monumento gotico, che con il suo congegno minerale-vegetale ricorda certe concrezioni del fondo marino (per Jacques Combe, tema eretico della vita sessuata della materia). In alto una mezzaluna, simbolo diabolico. Al centro del disco di base, un occhio con una civetta appollaiata. Secondo lo storico dell’arte tedesco Wilhelm Fraenger, il disco, l'occhio e la civetta formano uno dei "punti di concentrazione" dei mistici per raggiungere l'ascesi.






    In fondo al Giardino delle delizie, il labirinto della voluttà, con lo stagno su cui galleggia, enorme globo grigio-azzurro, la Fontana dell'adulterio, le cui escrescenze minerali e vegetali a base di corna, palmette, coni, cilindri e mezze lune, sono emblemi del mercurio. Tutto il dipinto è pervaso dal senso della trasmutazione perpetua d'impronta alchemica e dallo snaturato lussureggiare delle forme: le teste degli amanti diventano roridi frutti, strane vegetazioni fioriscono dai deretani nudi, agavi gigantesche sbocciano dal duro corallo. Frutti, pesci, uccelli riflettono una simbologia erotica d'estrazione onirica, alchemica, mistica. (Combe)






    Al centro del Giardino, la cavalcata della libidine intorno alla Fonte della giovinezza (Combe richiama il motivo alchemico dell'elisir di vita), dove si bagnano donne che hanno sul capo corvi, emblema dell’ incredulità, pavoni, metafora della vanità, e ibis, ritenuti divoratori di pesci morti e simboli della fugacità delle gioie carnali e degli amori passati.






    La bolla trasparente, secondo Combe, è la camera nuziale per l'unione alchemica dei principi maschile e femminile, così come le cucurbitacee, i coralli e le uova dentro cui si rifugiano gli amanti sono simboli del crogiolo alchemico: è significativo che il centro geometrico del quadro sia segnato da un uovo, portato in bilico sulla testa da uno dei cavalieri.






    I simboli alchemici si incontrano ovunque, con i pettirossi che rappresentano la lascivia, le farfalle simbolo di incostanza, le civette identificate con l’eresia, l’upupa che al pari dell’ibis si nutre di rifiuti, e quindi si ciba dell’anima preda delle false dottrine, o meglio di quel che ne rimane, e il martin pescatore, immagine simbolica dell’ipocrisia.
    Anche i colori usati hanno precisi significati secondo la tradizione alchemica: il rosso identifica il processo creativo, l’azzurro simboleggia la frode e la malvagità, mentre la vegetazione lussureggiante, improbabile ed esotica, con piante che sembrano carnivore, esseri umani che si trasformano in creature antropomorfe, e ibridi di formazioni a metà rocciose e a metà vegetali, stanno a indicare la continua trasformazione della materia e la completa inaffidabilità di tutto ciò che è carnale.






    Nell’Inferno, il momento figurativo culminante è l’immagine del mostro centrale che, secondo Combe, rappresenta l’uomo alchemico. I colori (dal basso verso l'alto: nero, bianco e rosso), riflettono gli stadi della cottura del mercurio. Le gambe ad albero cavo richiamano il tema del crogiolo alchemico e sono posate sui due vascelli dell’Arte e della Natura, che portano alla Grande Opera.
    Nel cavo dell'uomo è una bettola, in cui demoni e streghe gozzovigliano (critica ai costumi della società). Sulla testa, probabilmente un autoritratto, intorno ad una cornamusa rosa, simbolo sessuale, danzano diavoli e peccatori. L'arpa, il liuto e la ghironda, diventati strumenti di supplizio, sono simboli sessuali della punizione del peccato carnale per alcuni, ricordi dell'armonia del Paradiso per altri (secondo l'interpretazione adamitica). L'orecchio gigantesco trafitto dalla freccia e trapassato dalla lama è ritenuta l'emblema dell'infelicità. O, forse, allude al detto evangelico: “Chi ha orecchie per udire, oda”.






    Il mostro in trono, con testa di uccello e piedi nelle brocche è Satana: inghiotte i dannati e li passa sottoforma di escrementi in una bolla trasparente, contrappasso delle bolle voluttuose del Giardino. Il dannato che snocciola monete d’oro potrebbe alludere alla trasmutazione alchemica, quello che vomita al “nero”, il primo stadio di cottura (Combe). Ma la nausea e l’espulsione di cose non assimilabili sono anche un aspetto del demoniaco, della separazione dell’essere.




    Ma forse il vero inferno, dannazione eterna dei peccatori, è lo sfondo di fuoco. Fraenger vi scorge la simbologia dei quattro Elementi: la Terra, rappresentata dal villaggio, l’Acqua sotto la veste del fiume infernale, l’Aria identificata con il mulino a vento dalle pale luminose, e infine il fuoco, raffigurato dal vulcano, che consumerà tutti i peccatori nel rogo divino.

  2. #12
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    BOSCH E LA… PSICANALISI

    Scrive Roberto Volterri (Hera n° 37 – gennaio 2003):
    Alcuni studiosi della psiche umana si sono avventurati nella non facile impresa di interpretare la produzione artistica di Bosch in base a quello che avrebbe potuto essere il suo carattere. Qualche psicanalista, come per esempio Hubner, si è avvalso anche di presunti ritratti dell’artista, in cui Bosch appare con il “pomo d’Adamo” prominente, magro, con le labbra sottili e il volto affilato: tutte caratteristiche che lo farebbero classificare tra gli astenici o leptosomici, con un tenperamento schizo-timico, proprio di un individuo che non si accontenta mai delle vie di mezzo, capace di passare dalla più grande euforia alla più cupa depressione. Che abbiano ragione gli psicanalisti, secondo i quali l’opera d’arte è un fenomeno di proiezione dell’inconscio dell’artista? In base a questa chiave di lettura, nel caso di Bosch emergerebbero chiare tendenze sado-masochiste, sommate a una nevrosi ossessiva. Jacques Lacan, esponente della scuola freudiana di Parigi, ha messo inoltre in evidenza le frequenti scene di castrazione, di smembramento, di divoramento riconoscendovi le immagini aggressive che tormentano da sempre il genere umano. Un altro psicanalista, Pierre Rabin, ha invece individuato le latenti, ossessive pulsioni erotiche di Bosch soprattutto nel pannello centrale del Trittico delle Delizie, in cui l’artista sembra proiettare le sue cupidigie sessuali nella sfera lasciva del demonio. Non manca anche chi ha ravvisato un mai risolto complesso di Edipo, sia nel cambiamento di nome da Van Aken a Bosch, nelle frequenti raffigurazioni delle tentazioni di Sant’Antonio (il nome del padre) e nell’aver sposato una fanciulla che si chiamava Aleyt, lo stesso nome della madre.


    Scrive invece Paolo Berruti nell’introduzione al saggio di Massimo Centini "Bosch una vita tra i simboli":
    Come già da alcuni adombrato, il cosiddetto "uomo-albero" che emerge, parzialmente coperto, al centro dell'Inferno (scomparto destro del Trittico delle Delizie) è l'autoritratto di Bosch.



    Ed è, qui diciamo, lo stesso viso ancora parzialmente coperto (al centro del quadrante inferiore destro dello scomparto centrale) del personaggio che, nudo tra nudi, ma inginocchiato in una posizione per molti "sconveniente", tra esibizionismo e masochismo, è "ornato" di fiori infilati non propriamente in un consueto vaso, e proprio "in illo loco" sembra venir percosso con alcuni fiori come a stabilire, attraverso l'elemento vegetale accomunante, una sorta di identità di genere.



    Se tutto questo è una scelta del razionale, possiamo parlare di una "confessione velata" di omosessualità. Se invece è una induzione dell'inconscio possiamo parlare, come freudianamente fu per Leonardo, di una inconsapevole propensione all'omosessualità o di una sua sublimazione quale meccanismo di difesa. In un caso o nell'altro, un oscuro e residuale senso di colpa induce la già citata autoraffigurazione nell'Inferno. Ancora una volta una lettura integrata dell'opera apporta elementi di conoscenza sull'autore, secondo le rivelazioni straordinariamente introspettive e senza tempo di Edvard Munch "I miei quadri sono il mio diario" e di Gustav Klimt: "Chi vuole sapere di più su di me osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio".


  3. #13
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    Il Colosseo, come il Circo massimo, è solo un ignobile e crudele luogo di sterminio, per il divertimento di una crudele società dedita al male fine a sè stesso.
    I lager e i gulag scompaiono al loro cospetto.

  4. #14
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    Citazione Originariamente Scritto da Eridano
    Il Colosseo, come il Circo massimo, è solo un ignobile e crudele luogo di sterminio, per il divertimento di una crudele società dedita al male fine a sè stesso.
    I lager e i gulag scompaiono al loro cospetto.

    Caro Eridano,niente come l'ignoranza è male,hai gustato la lettura del Darrè!!!???harunabdelnur

  5. #15
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    Vittorio Sgarbi

    BOSCH RITRATTISTA DELL'INCONSCIO


    Pochi artisti meglio di Jeroen Anthoniszoon Van Aken, a noi più noto come Hieronymus Bosch, hanno dato immagine all'inconscio individuale e collettivo prima che Sigmund Freud proponesse per essi una definizione scientifica. In un momento artistico dominato non solo in Italia dall'istanza classicista, ormai nella certezza di aver recuperato quella conciliazione con la natura su cui si era imperniata la condizione ideale e sentimentale della cultura greco-romana, e con essa di aver superato la contrapposizione storica fra cristianesimo e paganesimo, Bosch riconduce l'arte occidentale alla sua tradizione più autenticamente cristiana e europea, quella medievale, rinunciando alla conciliazione e riproponendo la necessità del confronto con tutto ciò che possa essere considerato anti-natura, ovvero con il Male.

    Ciò che nelle opere di Leonardo, di Raffaello o del primo Michelangelo è proiezione del reale in una dimensione di perfezione assoluta, in Bosch diventa proiezione nel volutamente imperfetto, nel deforme e mostruoso che abita regolarmente nelle nostre anime e che può riemergere in superficie da un momento all'altro. A differenza della maggioranza dei suoi colleghi, Bosch manifesta un profondo scetticismo sul destino dell'uomo moderno: l'arte non può essere uno strumento con cui fingere la serenità interiore in un'epoca di guerre continue, di lutti, di immoralità insopportabili, di imminenti, inevitabili, drammatiche divisioni religiose. Più ancora che anti-classico, Bosch va considerato un anti-mediterraneo: riconosce all'Europa un'identità culturale essenzialmente nordica, figlia delle civiltà post-barbariche, rispetto alla quale il ripristino del primato del Mediterraneo, sostenuto dall'Umanesimo e dal Rinascimento, andrebbe considerato una perdita di direzione.

    È innegabile, però, che in Bosch lo scetticismo sulla natura dell'uomo finisca per assumere un carattere metastorico: l'uomo ha sempre convissuto con il Male, è istintivamente portato a essere schiavo dei sensi, a mirare solo alla soddisfazione dei piaceri terreni, dunque a peccare, a essere pagano. Dio, un Dio cristiano e medievale, distaccato dalla natura che è una prova della sua perfezione, ma anche una forma di istigazione continua al peccato, è l'unica possibilità di una palingenesi non moralistica, ma certamente morale. Bosch, che crede cristianamente alla Redenzione, ritiene allo stesso modo che l'arte debba svolgere un compito supremo, il più alto di tutti: risvegliare la componente spirituale dell'uomo, in modo che possa emanciparsi dall'inganno delle passioni caduche, dai falsi miti intellettuali, e rivolgersi verso la sola verità di Dio.

    La rappresentazione oggettiva della natura, secondo il principio classico della mimèsis, sarebbe insufficiente a svolgere questo compito: l'arte non deve rasserenare, al contrario deve inquietare, suscitare agitazione interiore, ridestare le nostre paure recondite per il dolore e la dannazione. Ecco perché Bosch sostiene che l'arte debba essere il campo del visionarismo e del simbolismo senza limiti, in una maniera così sistematica da non trovare riscontri nei suoi contemporanei né in coloro che lo precedettero; se in un certo senso anticipa le tendenze successive del Manierismo, dall'altra le scavalca, non compiacendosi mai del culto post-classico dell'arte fine a se stessa, concependo semmai un vero e proprio Surrealismo ante litteram, a conferma dell'assoluta anomalia della sua personalità.

    Se Bosch ritiene che l'arte debba essere necessariamente visione fantastica, è perché in religione lo è il Male, ma anche il Bene: credo quia absurdum, diceva Tertulliano; per salvarsi l'uomo di fede non può che affidarsi all'immaginazione, a qualcosa di non percepibile con i sensi ordinari. Con tutto ciò, non potremmo non vedere l'arte di Bosch come perfettamente complementare a quella d'ispirazione classica, l'altra faccia spirituale, quella più apertamente critica, quella negata, per certi versi anche quella più anti-moderna, di un mondo che si sforzava di apparire felice e che non si accorgeva di essere in prossimità del baratro. Profeta della fine del disincanto, coscienza del dilagare dell'incoscienza, Bosch muore un anno prima della presentazione delle 95 tesi di Lutero contro la Chiesa romana. Ancora pochi anni, e la Roma beata e santa si sarebbe trovata all'interno del peggiore incubo di Bosch, coinvolta in un Sacco dopo il quale niente sarebbe più stato come prima.

    Vittorio Sgarbi su Il Giornale del 14 dicembre 2005




    I sette peccati capitali - dettaglio (Madrid, Prado)

    (ingrandimento)


  6. #16
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    Il pittore Jeroen Anthoniszoon van Aken, meglio noto come Hieronymus Bosch, non è solo uno dei grandi maestri della pittura fiamminga, anzi universale: è soprattutto un enigma rimasto insoluto nei secoli. Dalle sue opere superstiti, tecnicamente di avanguardia nei decenni che chiudono il Quattrocento e nei primi del Cinquecento, si irradia un messaggio, un insegnamento, un'affermazione di cui si è perduta la chiave. Ma dalle forme mostruose e da quelle (più rare) pervase di serenità e perfino di speranza traspaiono insieme una potenza espressiva che ha del prodigioso, una cultura vastissima non facilmente definibile nei suoi contorni e un animo tormentato, se non addirittura contorto.


    Dal Trittico del giudizio (dettaglio)

    In parole più semplici: Hieronymus Bosch è una personalità misteriosa che sul piano critico offre una serie nutrita di problemi (in parte insolubili), ma che è capace di affascinare critici e spettatori, appartenenti a epoche e a culture diverse, già solo con la sua straordinaria capacità d'invenzione. Chiunque egli fosse, e le possibilità sono molte, Bosch fu (e rimane) una personalità di eccezione, un caso limite, per certi aspetti assolutamente isolato e irripetibile.
    Nell'immensa produzione figurativa ispirata al "demoniaco", che va dalla cattiveria maligna delle immagini egiziane e mesopotamiche alla violenza spaventosa e bestiale di quelle tibetane, attraverso le strane congruenze dei demoni gotici di Francia e d'Italia con quelli dell'arte greco-buddhista del Gandhara (anteriori di un millennio), i demoni di Bosch, impostati sulla mescolanza delle forme, hanno un posto a sé. Anche perché le "mescolanze" non si limitano al mondo animato, ma includono manufatti umani (come il "cavallo-orcio"), accrescendo il dominio del demoniaco ed espandendolo anche all'inanimato e al frutto del lavoro umano, con un effetto di ripugnanza e di sconcerto in coloro che osservano le sue opere.
    Analogamente, un effetto del genere è ottenuto con appropriate deformazioni anatomiche che trasformano parti o strutture di animali o uomini in qualcosa di incongruo, di non funzionante, nell'ambito di un'immagine malignamente caricaturale o pesantemente grottesca. Ne è un esempio tipico l'essere semiumano dalla testa di uccello coperta dall'imbuto che, nelle Tentazioni di sant'Antonio di Lisbona, porta sui pattini la propria grottesca deformità. Il suo becco, normalmente ricurvo in un senso nella parte superiore e in senso inverso in quella inferiore, incrocia assurdamente le due parti così da escludere presa e chiusura. E la parte inferiore reca infilzato un plico con una scritta non chiara: forse «Bosco», firma spagnoleggiante (o italianizzante?) dell'autore.


    Dal Trittico delle tentazioni (dettaglio)

    Nei demoni di Bosch si spande spesso una vibrazione consimile alla grossolanità ridicola di quelli buddhisti dell'India centromeridionale e un'eco lontana dei tratti caricaturali con cui si definiscono certe figure demoniache minori nell'arte cinese e giapponese. Sono corrispondenze tenui, che si possono rilevare più per intuizione che per analisi e confronto, e che non possono avere base storica alcuna, per accertata impossibilità specifica; eppure manifestano in lui una visione del demoniaco, del male e del difforme che sembra capace di sintetizzare l'intera esperienza umana nella rappresentazione del male. Senza dubbio, Bosch ha raggiunto in questo particolare settore una potenza espressiva (e forse esorcizzante) raramente avvicinata da altri.
    Ma l'enigma di Bosch non si incentra solo sul demoniaco, anche se è questo che colpisce di più, e sarebbe assai riduttivo considerarlo solo come creatore di fantasie "bizzarre". L'enigma è molto più complesso e profondo.
    Certo è che, per risolverlo, dovremmo conoscerne in maniera più sicura e precisa la preparazione culturale che, anche nel caso che egli avesse avuto un "suggeritore", una guida, doveva essere vasta e profonda. E, se avessimo maggiori informazioni sulla sua vita, che scorre, senza grandi tempeste apparenti, nella piccola città di 's Hertogenbosch da cui trae lo pseudonimo, molti aspetti inquietanti della sua arte diverrebbero probabilmente più chiari. […]


    Dal Trittico degli eremiti (dettaglio)


    La critica iniziale si sofferma soprattutto sulle notazioni demoniache, considerandole delle esercitazioni più o meno fantasiose del pittore, teso suscitare sensazioni educative di disagio e di repellenza in coloro che contemplavano le sue opere.
    Per quanto ne apprezzi il vigore e l'inventiva, questa critica non si domanda affatto né quale sia la spinta interiore che avvia Bosch su questa strada insolita, né quale sia il significato "vero” delle composizioni, contentandosi, con qualche disinvoltura, di spiegazioni piuttosto superficiali e relativamente semplici. È una critica che non "legge" interamente le opere, che sorvola molti dei particolari più astrusi e che non rivela l'incongruità di certe scene minori poste a fianco e a complemento di quelle principali e più chiare. In definitiva, quasi per una sorta di pigrizia (e un po' per lo spirito del tempo che non sottilizza sui mezzi iconografici), si considera lecita e ortodossa ogni opera a soggetto cristiano, quali che siano i particolari che la completano. Ma nessuno si è preoccupato di scendere nella profondità dell'animo di Bosch.
    La critica moderna, invece, oltre ad appoggiarsi volentieri alla psicanalisi, muove da attente e minuziose ricerche sul mondo religioso e sociale che circondava il Maestro, sulle correnti eretiche del tempo, sul pensiero esoterico dominante a 's Hertogenbosch e nelle Fiandre. Ma in genere, anche se non lo confessa, essa ha quasi rinunciato a tentar di risolvere il "mistero" di Bosch, perché non trova nessuna corrente di pensiero e nessun testo che siano veramente in grado di offrircene la chiave in maniera non opinabile.


    Dal Trittico del fieno (dettaglio)

    Ne consegue che, quando non si aggira il problema, ci si domanda ancora, affannosamente, se il grande pittore fiammingo fu un eretico, un ribelle, un mago deluso, un credente che sbatteva in faccia agli uomini del suo tempo (anzi di tutti i tempi) bestialità e cattiverie che formano l'essenza del comportamento umano comune; oppure se fu un uomo che riuscì a vedere quale sia l'estensione e la potenza delle forze del male in un mondo che non ha saputo ascoltare la parola del Cristo.
    Certo è che, chiunque egli fosse, nessuno può dire con sicurezza di essere riuscito a comprenderlo.
    Dei suoi contemporanei e delle generazioni a lui più vicine, nessuno gridò all'eresia o lo accusò di magia, né trasse insegnamento dalla sua denuncia. Bosch piacque, semplicemente, e il suo tempo si limitò ad ammirarlo per i suoi colori, per le sue figure esili o corpose, soprattutto per quell'apparente capacità di crear forme insolite, di presentare il demoniaco in maniera nuova, infinitamente più mostruosa e impressionante delle consuete forme medievali.



    Da Visioni dell'aldilà. La caduta dei dannati (dettaglio)


    Mario Bussagli – da Bosch (Art Dossier Giunti - pag. 5 e seguenti)

  7. #17
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    Citazione Originariamente Scritto da harunabdelnur Visualizza Messaggio
    Caro Eridano,niente come l'ignoranza è male,hai gustato la lettura del Darrè!!!???harunabdelnur
    Vero.

  8. #18
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    Questo video non è postato a caso

    http://youtube.com/watch?v=B49x0ltBBbc

  9. #19
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    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Il Colosseo, come il Circo massimo, è solo un ignobile e crudele luogo di sterminio, per il divertimento di una crudele società dedita al male fine a sè stesso.
    I lager e i gulag scompaiono al loro cospetto.
    Scusate, potrei capirci qualcosa anch'io? Che ci azzecca il Colosseo con Bosch?

  10. #20
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    Citazione Originariamente Scritto da Tomás de Torquemada Visualizza Messaggio
    Scusate, potrei capirci qualcosa anch'io? Che ci azzecca il Colosseo con Bosch?
    Vorrei sapere anche io come è finito qui il mio post, proveniente da un altro forum.
    Misteri della rete...
    Entschuldigung.
    Tschüs.

 

 
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