Obama non salva Cit
di Maurizio Galvani
su il manifesto del 03/11/2009
La banca in amministrazione controllata. È il quinto maggiore crack dopo Lehman
Dopo mesi di trattative e di interventi adottati dal governo, la Cit non ce l'ha fatta e ha dichiarato la bancarotta depositando i libri presso il tribunale fallimentare di New York. Il colosso finanziario è quindi entrato in amministrazione controllata, definita Chapter 11. Si tratta della quinta maggiore bancarotta dopo quella di Lehman Brothers (che ha dato inizio formalmente alla depressione Usa), di Washington Mutual, WordlCom e del gruppo auto Gm.
La Cit group ha presentato libri contabili che mostrano attività pari a 71 miliardi di dollari a fronte di un debito di 64,9 miliardi di dollari. Il suo fallimento potrebbe mettere a rischio il sistema di 2000 fornitori che ricevevano crediti dall'istituto e a loro volta servivano oltre 300.000 commercianti al dettaglio. La crisi del gruppo potrebbe mettere a repentaglio le attività di piccole e medie dimensioni al dettaglio ora che si avvicina Natale. Ieri, comunque, Wall street ha aperto le contrattazioni in crescita - trend mantenuto per tutta la giornata - confortata dagli eccezionali profitti, nel terzo trimestre dell'anno, della Ford (997 milioni di dollari) e dalla notizia che l'indice manifatturiero (Ism) è salito a 55,7 punti a ottobre (rispetto ai 52,6 punti di settembre), mentre sono scresciute anche le vendite delle case (del 6,1% a settembre).
Centosedici banche Usa - in prevalenza di piccole dimensioni ma con un certa importanza per le economie regionali - sono già fallite. Negli Stati uniti, attualmente, operano oltre ottomila mila banche locali ma si teme che almeno il 2,5% di queste sparirà entro dicembre del 2010. Questi istituti sono «a stretto contatto» con il mondo degli affari proprio come la Cit, la quale - come effetto immediato del crack - non dovrà almeno più restituire allo stato i 2,3 miliardi di dollari ricevuti in prestito in passato. L'amministratore delegato del gruppo Jeffrey Peek - che ha già annunciato il suo ritiro dalla guida della banca a fine anno - cerca di rassicurare commercianti e creditori. Spera contemporaneamente di recuperare subito, con questa misura, circa 10 miliardi di dollari.
Nel corso degli ultimi mesi, la Cit aveva ridotto già drasticamente i suoi interventi e, a fronte degli 11,3 miliardi prestati nella prima metà del 2008, ha sborsato solamente 4,5 miliardi di dollari nel corso del 2009. Il colosso finanziario è stato già al centro di vari tentativi di salvataggio: un tentativo lo fece la grande banca di affari Goldman Sachs, mentre un'altra linea di credito (pari a 1 miliardo di dollari) l'aveva erogata il finanziere miliardario Carl Ichan. I creditori, però, non hanno voluto aderire al piano proposto dalla direzione di scambiare le azioni contro il debito per un valore di 5,4 miliardi di dollari. Soprattutto, l'amministrazione Obama ha confermato che non avrebbe dato più nessun sostegno (bailout) alla banca. L'ipotesi più credibile è che adesso gli obbligazionisti possano ricevere il 70% di rimborso sul valore dei bond, con l'aggiunta di azioni della nuova società, mentre dall'altro lato la Casa Bianca dovrà fare attenzione agli effetti di questa bancarotta sul mondo delle Pmi. Ma i guai per Obama non finiscono qui: ora si è aggiunta una proposta di legge bipartisan dei senatori Usa che potrebbe invalidare l'opera di vigilanza che intendono organizzare sia il tesoro (Tim Geithner) che la Fed. Un'azione che mirava alla vigilanza delle bolle.
In Europa, intanto, alle banche si chiede più trasparenza: in particolare alla inglese Lloyd e alla scozzese Royal Bank Of Scotland. Da entrambe, l'Europa vuole maggiori garanzie sulle loro attività, specialmente sugli asset tossici che hanno provocato molte sofferenze. La Lloyd e la Rbs (quest'ultima è per il 70% di proprietà dello stato) devono dimostrare quali sono i loro piani e dare più assicurazioni. La commissaria alla concorrenza, Neelie Kroes, avanza dubbi sugli aiuti governativi che le hanno salvate.
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