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Risultati da 1 a 8 di 8
  1. #1
    Totila
    Ospite

    Predefinito Perchè Grozny (corridoi petroliferi)

    Mi sono permesso di riportare questo interessantissimo post, preso dal Principale, dell'ottimo Decima Regio.
    Invito tutti a leggerlo.


    quote:
    --------------------------------------------------------------------------------
    In Origine Postato da Decima Regio
    Ottimo Re,
    perchè mi fate prendere i coccoloni di spavento ? Gli U$A non hanno basi in Kazakhstan (ne hanno in Uzbekistan e Turkmenistan, presto forse ne avranno in Georgia), ma le loro pressioni sul Kazakhstan sono state respinte.

    Dopo aver letto il post che mi sono permesso di quotare , ho passato un'ora a cercare ogni possibile traccia ma mi sonon tranquillizzato : il Kazakhstan dovrebbe essere ancora Visitors-frei, ed orchetti-frei. E rientrato abbastanza saldamente nell'orbita russa (con, se mai, una sensibile influenza cinese).

    Per Fuori Schema : il principale sponsor della guerriglia cecena è l'amministrazione U$A ; anzi, la cupola Visitors che la controlla.
    Per chi avesse avuto dubbi, sarebbe bastato osservare la posizine dei felloni radicali per capirlo.

    Però, se vuoi un ragionamento più articolato, fai mente locale ad un dato : le riserve energetiche dell'Asia Centrale, specialmente sotto il Caspio sono enormi. Però, il petrolio (ed il gas soprattutto, in Kazakhstan Azerbaigian ed Uzbekistan) sono inutili fintanto che rimangono in Asia Centrale. Debbono raggiungere i paesei importatori, e ciò possono fare in linea di principio attraverso tre tracciati :


    Baku - Tbiblisi - Ceyhan (cosiddetto BTC) che porterebbe gli idrocarburi ad un porto mediterraneo turco. La Turchia è sotto stretto controllo U$raeliano, per cui è ovvio che questa è la soluzione da loro auspicata per controllare il rifornimento energetico dell'Europa, soprattutto meridionale ; però in mezzo c'è la Georgia (che infatti è stata oggetto delle attenzioni U$raeliane, e presto ospiterà una base di Orchetti) ;



    Daulatabad - Afghanistan - Gwadar (cosiddetto DAG). E' allo studio da anni ; il progetto non proseguì, per la opposizione - a carattere ecologico - del Mullah Omar, quando era alla guida dell'Afghanistan. Ora però non c'è più ! Quando si dicono le coincidenze ..... Questo tracciato sarebbe ottimale per controllare il rifornimento energetico di India, Cina etc. Per l'Europa sarebbe una catastrofe (le risorse energetiche dell'Asia Centrale se sboccano nel Mediterrano sono fatalmente destinate a giungere in Europa ; se arrivano al porto Pakistan di Gwadar vanno ad Est. Ciò è vero per il petrolio, ma più ancora per il gas, che è difficile e costoso da spostare per mare );



    e il buon vecchio Baku-Novorossisk (porto russo sul Mar Nero). Che era la veccchia via ai tempi dell'URSS. ed è quella che gli U$raeliani non possono controllare, essndo pressochè tutta endorussa. Per cui la vogliono precludere, in modo da rendere obbligato il passaggio degli idorcarburi attraverso gli sbocchi, pakistani o turchi, da loro controllati. Il tracciato del Baku-Novorossisk passa per Grozny, capitale della Cecenia . Avete dunque capito perchè i petrolieri Visitors vogliono impossessarsene, sì da controllare il flusso degli idrocarburi dell'Asia centrale ?

    Ed avete capito perchè Volodja Putin sta provvidenzialmente liquidando i predoni che una stampa pietosa (in realtà la parola giusta è "embedded") chiama "oligarchi", ma in realtà sono tutti Visitors ? Tanto che Kodorzowsky, quando ha capito che i russi gli avrebbero fumato la Yukos, ha annunciato che l'avrebbe venduta o regalata ai Rotschild, che non c'entravano nulla se non per la comune provenienza dallo spazio profondo ? (V - Visitors !).

    Il bello è che il mantenimento del cordone ombelicale tra i giacimenti energetici dell'Asia Centrale, e i paesi importatori dell'Europa Occidentale, è vitale per noi almeno quanto lo è per i russi. Per cui, avremmo dovuto festeggiare quando la Yukos è stata tolta dal controllo dei Visitors, mediante la carecrazione dell'amico K. (sotto la cui regia la Yukos si stava attrezzando per collegare i giacimenti siberiani verso il porto di Daqin (comodo pr la Cina), piuttosto che verso Ovest ....
    Però i fallocefali nostrani, anzichè approfondire (rectius : prospettarsi) le ovvie argomentazioni sopra esposte, si trastullano :

    - i bananas e gli orridi radicali, fanno sfoggio di patriottismo avallando quello U$raeliano, dimenticando che l'economia U$A si sostiene oramai solo sulla residua forza del $ come moneta di riserva valutaria : per cui la loro guerra non è contro il terrorismo, ma contro l'€ ;

    - i "sinistri", che magari potrebbro sfuggire all'asservimento mentale pro U$A, poi cadon vittime di riflessi condizionati da buonismo pro ceceno di tipo "veltroniano".
    --------------------------------------------------------------------------------



    Grazie Decima Regio per le ottime informazioni sulle pipelines. Chi vorrà capire, avrà elementi per farsi un'opinione. Sul Kazakhstan, mi sono sbagliato...

  2. #2
    Totila
    Ospite

    Predefinito

    Vi invito a leggere e commentare.

  3. #3
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    Cool MASSIMA SOLIDARIETAì

    Originally posted by Totila
    Vi invito a leggere e commentare.

    Ho già letto e approvo, siamo alle solite, l'eurasia dà fastidio.

    Ho letto solo l'altra sera la vicenda riguardante lo zio totila.
    esprimo anch'io massima solidarietà per l'avvenuto e persevererò nel non scrivere in un forum, quello di là,ove non mi riconosco.

    saluti.

  4. #4
    Totila
    Ospite

    Predefinito Re: MASSIMA SOLIDARIETAì

    Originally posted by Jenainsubrica
    Ho già letto e approvo, siamo alle solite, l'eurasia dà fastidio.

    Ho letto solo l'altra sera la vicenda riguardante lo zio totila.
    esprimo anch'io massima solidarietà per l'avvenuto e persevererò nel non scrivere in un forum, quello di là,ove non mi riconosco.

    saluti.
    Grazie Jena. Cmq, teniamo sempre presente queste questioni geo-economiche. Ci aiuteranno a capire il perchè della strage di Beslan. Scriviamolo dove ci capita. E' vitale che più gente possibile capisca...

  5. #5
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    Cecenia: un'area strategica per russi e americani



    Le origini dell'ascesa al potere di Vladimir Putin
    Secondo le teorie geopolitiche tornate in auge dopo la caduta dell'Unione sovietica, chi domina "il cuore della terra, domina il mondo" e il "cuore delle terra" è costituito dall'heartland, dal quale passano le risorse. L'heartland, oggi, è una vasta area che va dal Golfo Persico alla Siberia, passando per le ex repubbliche sovietiche, nel cui sottosuolo sono contenuti oltre i due terzi delle riserve di idrocarburi del globo. Questo è lo spazio geografico e politico della partita che si gioca tra Stati Uniti, Russia, Cina ed Europa: uno scenario che sarebbe incompleto senza considerare le saldature storiche, geografiche ed economiche ai Balcani e al Mediterraneo, crocevia e punti di passaggio essenziali.

    In questa ottica il Caucaso è considerato la cerniera fra l'Europa e l'Asia. Dentro e attorno a questa regione si sta dunque svolgendo una durissima lotta fra russi, americani, europei e cinesi che si contendono il suo controllo sulla pelle delle sciagurate popolazioni locali. Il Caucaso si affaccia sul Mar Caspio, recentemente definito uno dei principali serbatoi di petrolio e gas sul quale si sono addensate le attenzioni delle major petrolifere, ENI compresa, in alleanza con i rispettivi Stati. Così il Caucaso è divenuto importante perché attraversato da oleodotti e gasdotti che portano petrolio e gas nel Mar Nero o nel Mediterraneo, attraversando la Russia o, come vorrebbero gli anglo-americani, escludendola.
    All'interno di questo scontro, a Mosca non vengono contemplate soluzioni che possano diminuire il controllo sul Caucaso settentrionale, Cecenia e Inguscezia, per il semplice motivo che queste repubbliche sono attraversate da gasdotti e oleodotti che portano petrolio e gas al porto russo di Novissirisk. Dietro i sorrisi di facciata ai summit e le alleanze "antiterrorismo globale" più o meno di comodo, la strategia russa e quella americana nella regione sono alternative: o vince l'una o vince l'altra. Putin lo sa bene e manovra sullo scacchiere caucasico per evitare di rimanerne escluso a favore degli americani.

    D'altronde le vicende politiche di Vladimir Putin sono strettamente legate a quelle del conflitto caucasico. Nel 1999 questo allora illustre sconosciuto utilizzò la ripresa della guerra per farsi eleggere presidente della Repubblica. Erano tempi duri per la classe dominante russa e per i suoi sponsor occidentali, americani in testa. Boris Eltsin non era più presentabile, con i suoi scandali svizzeri e la sua corte di servi indecenti. E così fu deciso, prima di tutto a Washington, che doveva andarsene. Ma non c'era un successore "di grido". Inventarono Vladimir Putin, il "Signor Nessuno". E per fare trionfare in un'elezione un Signor Nessuno cosa c'è di meglio di una piccola guerra vittoriosa di una grande potenza frustrata contro un piccolo popolo guidato da una banda di ambiziosi nazionalisti islamici?

    Così cominciò la seconda guerra cecena: con un attacco molto strano, fatto dal territorio ceceno contro il vicino Daghestan e guidato da un certo, allora poco noto, Shamil Basaev. Attacco sventato, controffensiva russa, e poi conquista graduale del territorio dell'ex repubblica russa di Cecenia fino a Grozny. Basaev, dopo aver fatto ciò che gli era stato comandato, sparì per mesi. Ma qualcuno ricordò che Basaev era stato un agente dei servizi segreti militari russi nel corso di un'altra guerra caucasica, quella di Abkhazia, territorio secessionista dalla Georgia. E allora molte cose diventarono più chiare e molti ipotizzarono che la guerra fosse stata preparata a tavolino, a Mosca. Come molti ipotizzarono che dietro le bombe che provocarono nel giro di pochi giorni oltre 300 morti a Mosca ci fossero i servizi segreti russi.

    Quando cominciò la seconda guerra cecena, era il 24 settembre 1999, il generale Michaylov dichiarò che "Mosca prenderà la Cecenia in un mese in modo che gli europei non se accorgano nemmeno", ma la guerra si dimostrò tutt'altro che rapida… Promettendo di vincere in modo sbrigativo la guerra, il "Signor nessuno", che il 31 dicembre 1999 aveva sostituito il dimissionario Eltsin, diventò nel marzo 2000 presidente con una maggioranza straripante. Ma la guerra dura ancora…

    A. Ruberti
    Fonte:Umanità Nova, numero 9 del 14 marzo 2004, Anno 84
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  6. #6
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    Uno sguardo sulla "potente lobby ebraica" negli USA



    HarmWolf segnala questo articolo: "A Look at the ‘Powerful Jewish Lobby’ (Uno sguardo sulla ‘Potente Lobby Ebraica’)
    di Mark Weber



    Per decenni Israele ha violato i principi codificati del diritto internazionale e sfidato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite a proposito dei territori palestinesi occupati, delle uccisioni extra giudiziarie e dei suoi ripetuti atti d’aggressione militare. Gran parte del mondo considera la politica israeliana, e specialmente la sua oppressione dei Palestinesi, come vergognosa e criminale. Questa opinione comune internazionale è riflessa, per esempio, in numerose risoluzioni dell’ONU che condannano Israele e che sono state approvate da schiaccianti maggioranze. “Il mondo intero – ha recentemente affermato il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan – chiede che Israele si ritiri (dai territori palestinesi occupati). Ed io non credo che il mondo intero possa essere in errore.” (1)
    Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora ferventemente Israele e la sua politica. Per decenni gli Stati Uniti hanno fornito ad Israele un cruciale sostegno militare, diplomatico e finanziario oltre ad un aiuto economico annuo di più di tre miliardi di dollari. Perché gli Stati Uniti restano il solo bastione di supporto per Israele? Il Vescovo del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insignito nel 1984 del premio Nobel per la Pace, ha candidamente illustrato la ragione: “Il governo d’Israele è posto su di un piedistallo (negli Stati Uniti) e la sua critica è immediatamente sospettata d’antisemitismo. La gente di questo paese ha paura di dire pane al pane e vino al vino perché la lobby ebraica è potente, molto potente.” (2)
    Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene gli ebrei costituiscano solo circa il tre per cento della popolazione degli Stati Uniti, essi controllano un immenso potere ed esercitano un’influenza molto maggiore di quella d’ogni altro gruppo etnico o religioso. Come l’autore ebreo e professore di Scienze Politiche Benjamin Ginsberg ha argutamente mostrato: “Dagli anni sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una considerevole influenza in America sull’economia, la cultura, la vita politica ed intellettuale. Gli ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella finanza americana durante gli anni ottanta ed essi sono stati i maggiori beneficiari di fusioni e riorganizzazioni economiche. Oggi, sebbene appena il 2% della popolazione nazionale sia ebraica, quasi la metà dei suoi miliardari è ebrea. I vertici degli uffici esecutivi dei tre maggiori network televisivi e i quattro maggiori proprietari degli studios cinematografici sono ebrei come i proprietari dei più influenti giornali, il New York Times …Il ruolo e l’influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente significativo… Gli ebrei sono meno del tre per cento della popolazione nazionale ma comprendono l’undici per cento di quello che gli studi definiscono l’élite nazionale. Inoltre gli ebrei costituiscono più del 25% delle élite giornalistica e editoriale, più del 17% dei leader d’importanti organizzazioni di volontariato ed interesse pubblico e più del 15% degli alti ranghi dell’amministrazione statale.” (3)
    Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the American Jews Committeee similmente rilevava “lo spropositato potere politico” degli ebrei che è “ senza dubbio il più grande rispetto ad ogni altro gruppo etnico/culturale in America.” Egli proseguiva spiegando che “il potere e l’influenza economica degli ebrei sono concentrate in modo spropositato a Hollywood, nella televisione e nell’industria mediatica.” (4)
    Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano nel loro libro Jews and the New American Scene del 1995: “Durante gli ultimi tre decenni, gli ebrei (negli Stati Uniti) hanno superato il 50% tra i maggiori 200 intellettuali … il 20% tra i professori nelle università più prestigiose … il 40% tra i soci dei maggiori studi legali a New York e a Washington … il 59% dei direttori, scrittori, e dei produttori delle 50 maggiori pellicole cinematografiche dal 1965 al 1982, e il 58% dei direttori, scrittori e produttori in due o più serie televisive di prima serata.” (5)
    L’influenza dell’ebraismo americano a Washington, notava il quotidiano israeliano Jerusalem Post “è largamente sproporzionata rispetto alle dimensioni della comunità, ammettono i leader ebrei ed americani. Ma così è l’ammontare della somma di denaro che essi elargiscono per le campagne (elettorali).” Uno dei membri dell’influente Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations “stimava che gli ebrei hanno da soli contribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del Presidente Bill Clinton del 1996.” (6)
    “E’ completamente privo di senso cercare di negare la realtà del potere ebraico ed il suo predominio nella cultura popolare” ammette Michael Medved un noto scrittore e critico cinematografico ebreo “Ogni lista dei più influenti produttori cinematografici produrrebbe una preponderante maggioranza di riconoscibili nomi ebraici.” (7)
    Una delle persone che ha più attentamente studiato questo argomento è Jonathan J. Goldberg, adesso editore dell’influente settimanale della comunità ebrea Forward. Nel suo libro Jewish Power del 1996 scriveva: “Nei settori chiave dei media, specialmente negli studi cinematografici di Hollywood, gli Ebrei sono così numericamente dominanti che definire questi affari sotto controllo ebreo è poco più che un’osservazione statistica … Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un’industria con una pronunciata coloritura etnica. Praticamente tutti i capi delle produzioni cinematografiche sono ebrei. Scrittori, produttori, e anche i meno evoluti direttori sono in larga maggioranza ebrei – un recente studio ha mostrato come superino il 59% tra i produttori di film a budget più elevato. Il peso di tanti ebrei in una delle più lucrose ed importanti industrie americane conferisce loro uno straordinario potere politico. Essi sono la maggior riserva di denaro per i candidati Democratici.” (8)
    Specularmente alla loro forte presenza nei media americani gli ebrei sono abitualmente descritti come molto intelligenti, altruistici, degni di fede, compassionevoli e meritevoli di simpatia e sostegno. Mentre milioni di americani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate qualcuno non si lasciava impressionare. “Sono molto arrabbiato con qualcuno degli ebrei – dichiarava l’attore Marlon Brando in un intervista del 1996 – essi sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono… Hollywood è governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero manifestare una grande sensibilità per la gente che sta soffrendo.” (9)

    A Well – Entrenched Factor

    Il potere d’intimidazione della “lobby ebraica” non è un fenomeno recente, ma è stato da molto tempo un importante fattore della vita sociale americana. Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del potere ebraico nei media e nel governo. Il timido trentanovenne – famoso in tutto il mondo per il suo primo ed epico volo transatlantico del 1927 da New York a Parigi, - si rivolgeva a settemila persone a Des Moines, Iowa, l’undici settembre del 1941 illustrando il pericolo del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra che si stava svolgendo in Europa. Egli spiegò che i tre più importanti gruppi di pressione che spingevano gli Stati Uniti verso la guerra erano i britannici, gli ebrei e l’amministrazione di Roosevelt. A proposito degli ebrei egli disse: “Il più grande pericolo per questo paese sta nelle loro immense proprietà e nella loro grande influenza nel nostro cinema, sulla nostra stampa, la nostra radio e il nostro governo.” E aggiunse: “Per ragioni che sono comprensibili dal loro punto di vista, che non è il nostro per il motivo che essi non sono americani, desiderano coinvolgerci nella guerra. Noi non possiamo biasimarli poiché essi perseguono quelli che ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo difendere i nostri. Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e i pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro paese alla distruzione.”
    Nel 1978, l’autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel suo dettagliato studio The Zionist Connection scrisse: “Come è stata imposta la volontà sionista al popolo americano? …E’ la ‘Jewish connection’, la solidarietà tribale tra correligionari, l’incredibile vantaggio sui non ebrei, che ha forgiato questo potere senza precedenti … Nelle grandi aree metropolitane la ‘Jewish-Zionist connection’ pervade completamente gli influenti circoli finanziari, commerciali, sociali e ricreativi.” (10)
    Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è che la copertura informativa delle notizie sul conflitto Israelo – Palestinese nella televisione e sulla stampa americana è inesorabilmente a favore d’Israele. Ciò si manifesta per esempio nel deformante ritratto del “terrorismo” palestinese. Come puntualizza Lilienthal: “ I reportage unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata all’effetto, sono possibili perché la più efficiente parte della ‘Jewish connection’ è probabilmente il controllo dei media.”

    One - sided ‘Holocaust’ History

    Il controllo ebraico della vita culturale ed accademica ha avuto un profondo impatto sul modo in cui gli americani guardano al loro passato. In nessun posto più che nella campagna mediatica sull’Olocausto e sul destino degli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visione giudeo - centrica della storia è più radicata.
    Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all’università ebraica di Gerusalemme ed esperto dell’Olocausto ha notato: “Sia se presentato realisticamente o in modo inautentico, sia se compatibile con i fatti storici o in contraddizione con questi, sia se rappresentato con empatia e comprensione o come un monumento al kitsch, l’olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura … Difficilmente trascorre un mese senza una nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo spettacolo, dei nuovi libri di prosa o poesia commercializzino il tema, e il flusso è in crescita più che in diminuzione.” (11)
    Le sofferenze dei non-ebrei non meritano le stesse attenzioni. Fuori dal focus della vittimizzazione ebraica sono, per esempio, i dieci milioni di vittime americane nella seconda guerra mondiale, quelle della Russia stalinista, più di dieci milioni di vittime del regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi, vittime della fuga e delle espulsioni dal 1944 – 1949 in cui circa due milioni persero la vita. La ben finanziata campagna mediatica ed ‘educativa’ sull’Olocausto è di cruciale importanza per gli interessi di Israele. Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all’università di Yale ha osservato: “Con i ringraziamenti d’Israele, l’Olocausto può essere usato per prevenire le critiche politiche e sopprimere il dibattito; esso rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo assediato che può difendersi solo facendo affidamento solo su se stesso. L’invocazione delle sofferenze patite dagli ebrei sotto i nazisti, spesso, occupa il posto delle argomentazioni razionali ed è usato per convincere i dubbiosi della legittimità dell’attuale politica del governo d’Israele.” (12)
    Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche all’università di New York (Hunter College), scrive nel suo libro, The Holocaust Industry (ed. italiana “L’industria dell’Olocausto” Rizzoli 2002, 16 euro): “invocare l’Olocausto è un espediente per delegittimizzare ogni critica rivolta agli ebrei. Attraverso il conferimento delle totale impunità degli ebrei, il dogma dell’Olocausto immunizza Israele e l’ebraismo americano da ogni legittima censura… L’ebraismo organizzato ha sfruttato l’olocausto nazista per deviare le critiche rivolte ad Israele e la sua moralmente indifendibile politica.” Egli scrive della vergognosa “estorsione di denaro” fatta alla Germania, alla Svizzera e ad altri paesi da Israele e dalle organizzazioni ebraiche “per estorcere miliardi di dollari.” “L’Olocausto - predice Finkelstein –può trasformarsi nella più grande rapina della storia del genere umano.” (13)
    “Gli ebrei in Israele si sentono liberi di effettuare ogni atto di brutalità contro gli arabi”- scrive il giornalista israeliano Ari Shavit - “credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa Bianca, il Senato e molti dei media americani nelle loro mani, la vita degli altri non conta come quella ebraica.” (14)
    L’Ammiraglio Thomas Moorer, ultimo presidente del US Joint Chiefs of Staff, ha parlato con schiettezza esasperata della supremazia ebraico-israeliana negli Stati uniti: “Non ho mai visto un presidente – non importa chi egli sia – che li abbia contrastati (gli israeliani). E’ difficile anche solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che vogliono. Gli israeliani sanno sempre quello che succede. Arrivai al punto che mi era impossibile scrivere qualcosa sull’argomento. Se il popolo americano capisse che tipo di dominio questa gente ha sul nostro governo insorgerebbe in armi. I nostri cittadini certamente non hanno nessun idea di quello che succede.” (15)
    Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste di questo paese stanno incitando gli Stati Uniti – la maggior potenza mondiale militare ed economica – ad una nuova guerra contro i nemici d’Israele. Come ha recentemente riconosciuto l’ambasciatore francese a Londra, Israele – che egli ha definito “that shitty little country” – è una minaccia per la pace mondiale. “Perché il mondo dovrebbe rischiare a causa di questa gente la terza guerra mondiale?” (16)
    Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano una pesante influenza negli Stati Uniti. “La lobby ebraica” è un fattore decisivo per il sostegno statunitense ad Israele. Gli interessi ebraico–sionisti non sono identici agli interessi americani. Nei fatti, spesso, sono in conflitto. Fino a che la potentissima lobby ebraica rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica distorsione degli avvenimenti presenti e della storia, alla dominazione ebraico -sionista del sistema politico degli Stati Uniti, all’oppressione sionista in Palestina, al sanguinoso conflitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio Oriente e alla minaccia israeliana alla pace.


    (1) citato da Forward (New York City), 19 Aprile 2002, p.11.
    (2) D. Tutu, “Apartheid in the Holy Land”, The Guardian (Gran Bretagna), 29 Aprile 2002.
    (3) Benjamin Ginsberg, The Fatal Embrace: Jews and the State (Università di Chicago, 1993), pp.1, 103.
    (4) S. Steinlight, “The Jewish Stake in America’s Changing Demography: Reconsidering a Misguided Immigration Policy”, Center for Immigration Studies, Novembre 2001. Http://www.cis.org/articles/2001/back1301.html
    (5) Seymour Martin Lipset e Earl Raab, Jews and the New American Scene (Harvard Univ. Press, 1995), pp. 26-27.
    (6) Janine Zacharia, “The Unofficial Ambassadors of the Jewish State”, The Jerusalem Post (Israele), 2 Aprile 2000.Ristampato in “Other Voices” , Giugno 2000, p. OV-4, un supplemento al The Washington Report on Middle East Affairs.
    (7) M. Medved, “Is Hollywood Too Jewish?”, Moment, Vol. 21, No. 4 (1996), p. 37.
    (8) Jonathan Jeremy Goldberg, Jewish Power: Inside the American Jewish Establishment (Addison – Wesley, 1996), pp. 280, 287, 288. Vedi anche pp. 39-40, 290-291.
    (9) Intervista con Larry King, CNN network, 5 Aprile 1996. “Brando Remarks”, Los Angeles Times, 8 Aprile 1996, p. F4 (OC). Poco tempo dopo Brando fu obbligato a chiedere scusa per le sue considerazioni.
    (10) A. Lilienthal, The Zionist Connection (New York: Dodd, Mead, 1978), pp. 206, 218, 219, 229.
    (11) Da una conferenza del 1992, pubblicata in: David Cesarani, ed., The Final Solution: Origins and Implementation (London e New York: Routledge, 1994), pp. 305, 306.
    (12) Paula E. Hyman, “New Debate on the Holocaust”, The New York Times Magazine, 14 Settembre 1980, p. 79.
    (13) Norman G. Finkelstein, The Holocaust Industry (London, New York: Verso, 2000), pp.130, 138, 139, 149 ed. italiana: L’industria dell’Olocausto, Milano, Rizzoli, 2002.
    (14) The New York Times, 27 Maggio 1996. Shavit è un giornalista di Ha’aretz, un quotidiano israeliano in lingua ebraica, “da cui questo articolo è adattato.”
    (15) Intervista con Moorer, 24 Agosto 1983. Citata in: Paul Findley, They Dare to Speak Out: People and Institutions Confront Israel’s Lobby (Laurence Hill, 1984, 1985), p. 161.
    (16) D. Davis, “French Envoy to UK: Israel Threatens World Peace”, Jerusalem Post, 20 Dicembre 2001. L’ambasciatore francese citato è Daniel Bernard.

    Mark Weber è il direttore del Institute for Historical Review. Ha studiato storia all’università dell’Illinois (Chicago), all’Università di Monaco di Baviera, alla Università statale di Portland e all’Indiana University (M.A.,1977). Per nove anni è stato editore della prestigiosa rivista dell’IHR il Journal of historical Review.
    Per informazioni: Institute for Historical Review, Post Office Box 2739, Newport Beach, California 92659 U.S.A.
    Http://www.ihr.org
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

  7. #7
    Totila
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    Io non capisco come ci possa essere gente che ancora non capisca cosa stia accadendo nel Caucaso e le ragioni delle guerre nella regione...

  8. #8
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    Eppure c'è.
    "Sarà qualcun'altro a ballare, ma sono io che ho scritto la musica. Io avrò influenzato la storia del XXI secolo più di qualunque altro europeo".

    Der Wehrwolf

 

 

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