Dalla mezzanotte del 31 agosto 1994, infatti, l'Ira abbandonò le armi. La dichiarazione di cessate il fuoco che ha impresso, nei fatti, l'accelerazione di cui l'agonizzante processo di avvio dei negoziati aveva bisogno, colse senza dubbio in contropiede il governo britannico






IRLANDA DEL NORD
E il diavolo Gerry perse la coda
Dieci anni fa, il 1° settembre, l'Ira decretava la fine della lotta armata. Il presidente del Sinn Fein, Gerry Adams, ricostruisce il decennio «senza guerra». Ma la pace è ancora da conquistare
ORSOLA CASAGRANDE
«Cominciamo dai capelli bianchi?». Ride con la sua profonda risata Gerry Adams. La voce baritonale e l'inconfondibile accento nordirlandese del presidente del Sinn Fein oggi fanno voltare la gente in Irlanda e Gran Bretagna perché vengono immediatamente riconosciute e associate al leader repubblicano. Eppure, soltanto dieci anni fa in pochi sapevano che accento e che tono avesse la voce di Adams. Sia il governo inglese che quello della Repubblica d'Irlanda, infatti, avevano vietato la messa in onda delle voci dei «terroristi» irlandesi (e quella di Gerry Adams in primis). Così, il presidente e gli esponenti del Sinn Fein parlavano sempre alla radio e alla televisione con impeccabili e improbabili accenti britannici. Received Pronunciation, quella che esce da Oxford. Erano le voci di attori che doppiavano i politici irlandesi. «Una delle tante assurdità di questa guerra - dice oggi Adams - quasi che a fare paura al governo britannico fossero la mia voce e il mio accento più che le mie parole. Perché quelle - aggiunge - venivano sempre riprodotte fedelmente, ma da una voce asettica che faceva piegare in due dal ridere tutti a Belfast».

Umorismo nordirlandese

Già, il proverbiale umorismo nordirlandese. Memorabile è rimasto quel programma girato da una troupe di Channel Four all'interno di Long Kesh, il carcere di massima sicurezza dove venivano rinchiusi i prigionieri politici e dove nel 1981 erano morti, dopo uno straziante sciopero della fame, Bobby Sands, comandante in capo dell'Ira e nove suoi compagni. «Era la prima volta che il governo britannico autorizzava una troupe televisiva all'interno di Long Kesh - dice Adams - Eravamo tutti curiosi di vedere gli amici rinchiusi nel carcere, qualcuno da molti anni. A un certo punto, ecco Raymond (McCresh, l'Oc, officer commanding dell'Ira) ripreso in mensa. E' lì che gesticola, la camera si avvicina e finalmente si sente l'audio. Raymond, con perfetto accento inglese, si stava lamentando della dimensione delle salsicce servite in mensa: troppo piccole. La censura - Adams parla trattenendo a stento una fragorosa risata - aveva colpito ancora: un attore ripeteva impassibile le critiche di Raymond su quelle salsicce poco cicciotte. Non ti dico cosa è successo tra quelli che guardavano il programma: piegati per terra dalle risate».

Io, il diavolo

Di acqua sotto i ponti ne è passata molta. Sembrano lontanissimi i tempi in cui il premier inglese conservatore John Major dichiarava al quotidiano The Guardian che il solo pensiero di «stringere la mano a Gerry Adams mi fa venire il voltastomaco». Eppure sono passati appena dieci anni. Qualche altro politico aveva ribadito che se si chiede agli inglesi quali sono le persone che più detestano, la risposta sarà «Gerry Adams». Ma con il «diavolo» il governo inglese è alla fine stato costretto a scendere a patti. «Non l'abbiamo detto noi - ci dice Adams - ma un alto ufficiale dell'esercito britannico che la guerra con l'Ira non poteva essere vinta militarmente». Anche se non l'hanno detto i repubblicani è da attribuire senz'altro a loro il merito di aver imposto al governo britannico i negoziati di pace. Dalla mezzanotte del 31 agosto 1994, infatti, l'Ira abbandonò le armi. La dichiarazione di cessate il fuoco che ha impresso, nei fatti, l'accelerazione di cui l'agonizzante processo di avvio dei negoziati aveva bisogno, colse senza dubbio in contropiede il governo britannico. Non i repubblicani, che immediatamente scesero per le strade di Belfast e delle altre città nordirlandesi per stringersi intorno al loro leader, Gerry Adams, simbolo di una lotta che durava (nella sua ultima fase) da un quarto di secolo.

L'assenza di guerra

«Si possono indicare molte date come fondamentali per l'avvio del processo di pace - dice il presidente del Sinn Fein - ma il giorno in cui l'Ira ha annunciato il suo storico cessate il fuoco è certamente quella che io mi sento di indicare senza esitazioni». Certo, il nord Irlanda, dieci anni dopo, non è affatto pacificato. «Assenza di guerra - insiste Adams - non significa pace. L'abbiamo sperimentato, e continuiamo a farlo, sulla nostra pelle». Dal punto di vista politico questi dieci anni sono stati caratterizzati dall'ascesa del Sinn Fein, entrato prepotentemente nell'arena politica da protagonista. Oggi è il primo partito in molte città del nord, ha conquistato due europarlamentari, ha avuto due ministri nell'agonizzante governo decentrato del nord (voluto dal premier Tony Blair nel 1998), ha cinque deputati nella Repubblica. Ma la strada della pace è ancora lunga. «Gli unionisti - dice Adams - non hanno superato la crisi di identità in cui il processo di pace li ha gettati. Non vogliono rinunciare ai loro privilegi, al loro diritto di veto. Non si arrendono all'inevitabile cambiamento. Cercano di mantenere lo status quo, certo con complicità dell'establishment britannico».

Ma se dal punto di vista politico la luce alla fine del tunnel prima o poi si comincerà a vedere, meno noto è invece il racconto di come i protagonisti di questi avvenimenti sono cambiati in questi dieci anni. «Ripartiamo dall'inizio della nostra conversazione - ride Adams - per dire che intanto ho molti più capelli bianchi di dieci anni fa. Poi sono diventato nonno di una bellissima bambina, la figlia di mio figlio Gearoid». Abituato a dormire ogni notte in una casa diversa per motivi di sicurezza, oggi Adams concede di riuscire a godersi «un pochino di più la mia casa, assieme a Colette, mia moglie». Quello che, nonostante le fasi a volte frenetiche dei negoziati e della successiva devolution, Adams è riuscito a fare è stato «leggere più romanzi e scrivere di più». Il presidente del Sinn Fein, infatti, è anche un appassionato lettore e un apprezzato scrittore. Ma questi dieci anni sono stati anche gli anni dei viaggi, negli Stati uniti, in Australia, in Canada, in Sud Africa. «Uno dei momenti più belli - dice - è stato incontrare Nelson Mandela. Siamo stati una settimana in Sudafrica. Avevo portato anche mio figlio. Quando Madiba, come lo chiamano i compagni e gli amici, è arrivato, il suo volto si è illuminato nel vederci. Mi ha stretto la mano e mi ha detto sornione, "caro compagno Gerry, non mi laverò la mano per una settimana.". Io credo che Mandela sia, non solo uno dei miei eroi, ma uno dei più grandi leader politici del nostro tempo». In America le cose sono andate «in maniera un pochino diversa», scherza Adams. «Abbiamo conosciuto gente meravigliosa anche negli Usa. Noi, gli irlandesi, con le nostre cravatte acquistate da Mark&Spencers [grande magazzino inglese, la Standa britannica ndr] e i nostri frac presi in affitto... e le zip dei pantaloni che si rompono proprio mentre devo andare in onda in uno dei talk show più prestigiosi della Cnn».

Un lutto in famiglia

A ricordare costantemente che «l'assenza di guerra non significa pace», ci sono stati in questi anni gli omicidi costanti di giovani cattolici da parte degli squadroni della morte lealisti. Per Adams l'11 gennaio 1998 è stata però una data particolarmente drammatica. «Il marito di mia nipote Deirdre, la figlia di mia sorella, è stato ammazzato mentre usciva da un locale». Si chiamava Terry Enright e aveva ventotto anni e due figlie. «Terry era un attivista, lavorava nella comunità. Amante del calcio gaelico e uomo pieno di vita ed entusiasmo. La sua vita, come quella di tanti nostri giovani era stata spezzata». Dopo l'accordo del venerdì santo (aprile `98) e la devolution di Blair, il processo di pace nordirlandese si è nuovamente paralizzato. La prossima settimana il premier inglese incontrerà i politici nordirlandesi e della Repubblica irlandese al castello di Leeds, dove nel 1978 si svolsero i negoziati tra Egitto, Israele e Stati uniti che portarono all'accordo di Camp David. «Il nostro scopo - conclude Adams - è, e continuerà a rimanere, uno: lavorare per ottenere una pace giusta e duratura. Nessuno credeva sarebbe stato facile, ma è nostro dovere continuare a impegnarci per raggiungere questo obiettivo».
------

Fonte: ilmanifesto.it

____