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    Predefinito Se al posto della Moratti ci fosse stata la Turca?

    chissà se il risultato sarebbe stato lo stesso




    Milano, l’addio al liceo delle giovani islamiche

    No alla «classe separata» e le 17 studentesse non si iscrivono Ultimo tentativo del preside per convincere almeno i 3 ragazzi


    MILANO - Hanno revocato le iscrizioni. Tutte. Delle 17 studentesse e dei 3 ragazzi. Addio liceo delle Scienze sociali, anche se in una sezione separata, destinata solo a loro: nessuna campanella, l’8 settembre, inaugurerà un nuovo anno scolastico per i venti musulmani della «classe islamica». Si è concluso definitivamente l’esperimento del liceo Agnesi di Milano. Quel «primo passo verso l’integrazione» (così l’avevano definito gli organizzatori) che riuniva studenti provenienti da famiglie integraliste all’interno di un liceo pubblico. Dopo il «no» del ministero dell’Istruzione, e dopo un’estate di polemiche, sabato mattina un rappresentante della comunità di via Quaranta - il centro islamico (non riconosciuto dallo Stato) dove i venti giovani hanno studiato con altri 400 allievi - ha presentato formalmente la richiesta di ritiro delle iscrizioni.
    Ed è svanita così anche l’ultima speranza. L’illusione che, con un ripensamento dell’ultimo minuto, visto che «ormai erano iscritti», e che «le carte erano pronte», i genitori decidessero - comunque - di far frequentare ai figli una scuola italiana. Senza divisioni di classi, di religione, di lingua. Le studentesse avrebbero tenuto il velo, avrebbero fatto ginnastica di pomeriggio. Dall’istituto erano pronti a togliere il crocifisso. Niente da fare.
    «Ora, invece, le ragazze smetteranno di studiare - prevede Paolo Branca, docente di lingua Araba all’Università Cattolica, coordinatore di un programma di integrazione alle elementari e alle medie - o, nella migliore delle ipotesi, lo faranno a casa (la cosiddetta «istruzione paterna»), sostenendo ogni anno un esame di idoneità. Ma c’è un’altra ipotesi: partite per l’Egitto durante le vacanze, potrebbero non tornare più in Italia». La pensa così anche Lidia Acerboni, responsabile del progetto della classe islamica per conto del Cisem, il centro di innovazione sperimentale della Provincia di Milano: «Non ci sono probabilità che le ragazze tornino a scuola».
    E i tre ragazzi? Un ultimo tentativo lo farà, questa mattina, il preside dell’Agnesi, Giovanni Gaglio. Incontrerà alcuni esponenti del centro islamico di via Quaranta. A scuola. Cercherà di «salvare» almeno loro, i tre studenti maschi. Proverà a convincere i genitori che si tratta di «una grande opportunità», che stando con i coetanei di altre culture «non perderanno la loro identità». Anzi.
    Ma Alì Sharif, responsabile del centro di via Quaranta, che aveva sostenuto l’idea di una classe islamica all’Agnesi, sussurra amaro: «Era un progetto buono. Di integrazione. Ma è stato rovinato. Hanno distrutto tutto. Non c’è altro da dire».
    Anche l’altra sperimentazione, quella di quattro classi islamiche in alcune scuole elementari e medie milanesi (con programma italiano e senza Corano), è naufragata. Il direttore scolastico lombardo, Mario Dutto, bocciando il progetto dell’Agnesi, aveva parlato chiaro: «Si deve escludere la possibilità di costituire classi con soli alunni appartenenti alla stessa lingua, cultura e religione, in quanto contrasterebbe con i principi e valori costituzionali tesi a superare ogni forma di discriminazione».
    Ma Paolo Branca è ottimista: «Tutto il lavoro fatto in questi anni non può finire nel nulla. Bisogna vedere come si può recuperare». Una sfida che anche il preside dell’Agnesi ha promesso di raccogliere.

    Annachiara Sacchi


    Politica Corriere di oggi




  2. #2
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    Mi sembra assurdo definire un progetto di integrazione un progetto che di fatto distingueva i musulmani "ghettizzandoli" in una classe separata.

    E' questa l'integrazione che vorrebbe la sinistra?

    A me sembra che non si capisca il senso delle parole, boh!

  3. #3
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    Sono daccordo con Antonio e credo che sarebbe il caso di considerare in modo serio l'atteggiamento di queste famiglie. L'educazione scolastica è un diritto di ogni cittadino italiano e se i genitori di questi ragazzi, spesso neppure cittadini italiani, non la ritengono necessaria, penso sia ragionevole considerare la loro espulsione da una nazione della cui società non vogliono (per ragioni loro) far parte.

    Il problema successivo è etico, ed è: si lasciano i bimbi con tali genitori una volta espulsi o si assicura loro una adeguata istruzione come ci impone la Costituzione?

  4. #4
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    La scuola pubblica non può separare per motivi religiosi o addiritura razziali per ovvie ragioni che dipendono dalla nostra costituzione, se l'iniziativa fosse stata di una scuola privata il discorso però assume un altro aspetto.

 

 

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