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Discussione: Corpus Domini

  1. #11
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    Predefinito En ego, o bone et dulcissime Iesu

    En ego, o bone et dulcissime Iesu, ante conspectum tuum genibus me provolvo, ac maximo animi ardore te oro atque obtestor, ut meum in cor vividos fidei, spei et caritatis sensus, atque veram peccatorum meorum paenitentiam, eaque emendandi firmissimam voluntatem velis imprimere; dum magno animi affectu et dolore tua quinque vulnera mecum ipse considero, ac mente contemplor, illud prae oculis habens, quod iam in ore ponebat tuo David Propheta de te, o bone Iesu: « Foderunt manus meas et pedes meos; dinumeraverunt omnia ossa mea » (Ps 22 [Vg 21] 17-18).

    (Messale Romano, Ringraziamento dopo la Messa. Indulgenza parziale)

  2. #12
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    Predefinito Re: Dalle «Opere» di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa

    Veramente ben fatto questo Thread
    Questa immagine poi è stupenda: le immagini sanno spesso arrivare dove le parole non arrivano, per secoli esse furono la Bibbia dei poveri, ed anche ora non perdono il loro peculiare significato, non perdono il loro "aroma di sacro", non perdono la loro bellezza che attrae la volontà e infervora l'intelletto.

  3. #13
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    Predefinito Re: Re: Dalle «Opere» di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa

    Originally posted by Thomas Aquinas
    Veramente ben fatto questo Thread
    Questa immagine poi è stupenda: le immagini sanno spesso arrivare dove le parole non arrivano, per secoli esse furono la Bibbia dei poveri, ed anche ora non perdono il loro peculiare significato, non perdono il loro "aroma di sacro", non perdono la loro bellezza che attrae la volontà e infervora l'intelletto.
    Ti ringrazio caro Thomas e ti porgo il benvenuto tra noi, in CT.
    Cordialmente

    Augustinus


  4. #14
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    Predefinito Re: Re: Re: Dalle «Opere» di san Tommaso d'Aquino, dottore della Chiesa

    Originally posted by Augustinus
    Ti ringrazio caro Thomas e ti porgo il benvenuto tra noi, in CT.
    Cordialmente

    Augustinus
    grazie mille

  5. #15
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    Predefinito L'EUCARESTIA (dalla Summa Theologiae III, qq 73-83)

    Questione 73

    Il sacramento dell'Eucarestia


    Secondo l'ordine fissato dobbiamo ora trattare del sacramento della Eucarestia. Primo, del sacramento in se stesso; secondo, della sua materia; terzo della sua forma; quarto, dei suoi effetti; quinto, di coloro che possono riceverlo; sesto, di chi lo amministra; settimo, dei riti di questo sacramento.
    Sul primo tema esamineremo sei cose: 1. Se l'Eucarestia sia un sacramento; 2. Se sia un sacramento unico o molteplice; 3. Se sia necessario per la salvezza; 4. Le sue denominazioni; 5. La sua istituzione; 6. Le sue prefigurazioni.

    ARTICOLO 1

    Se l'Eucarestia sia un sacramento


    SEMBRA che l'Eucarestia non sia un sacramento. Infatti:
    1. Non c'è motivo di ordinare due sacramenti a un unico scopo; perché ogni sacramento è sufficiente a produrre il proprio effetto. Ora, stando alle parole di Dionigi, tanto la Cresima che l'Eucarestia sono ordinate a perfezionare; perciò non può essere sacramento l'Eucarestia, essendo tale la cresima, secondo quanto abbiamo già dimostrato.
    2. In ciascun sacramento della nuova legge ciò che visibilmente cade sotto i sensi, produce l'effetto invisibile del sacramento: così l'abluzione dell'acqua causa il carattere battesimale e l'abluzione spirituale, come abbiamo spiegato sopra. Ora, le specie del pane e del vino che in questo sacramento cadono sotto i sensi, non producono né il vero corpo di Cristo, che nell'Eucarestia è res et sacramentum, né il suo corpo mistico che ne è la res tantum. Dunque l'Eucarestia non è un sacramento della nuova legge.
    3. I sacramenti della nuova legge che si servono di una materia consistono nell'uso della materia: il battesimo, p. es., consiste nell'abluzione e la cresima nell'unzione del crisma. Se dunque l'Eucarestia fosse sacramento, consisterebbe nell'uso della materia, non nella consacrazione di essa. Ma ciò risulta falso, perché forma di questo sacramento sono le parole che si pronunziano nella consacrazione della materia, come vedremo. Perciò l'Eucarestia non è un sacramento.

    IN CONTRARIO: In una colletta si chiede: "Che questo tuo sacramento non costituisca per noi motivo di condanna".

    RISPONDO: I sacramenti della Chiesa hanno lo scopo di provvedere l'uomo nella vita spirituale. Ma la vita dello spirito somiglia a quella del corpo, essendo le cose corporali immagini di quelle spirituali. Ora, è evidente che alla vita del corpo, come occorrono la generazione, per la quale l'uomo incomincia a vivere, e la crescita con la quale raggiunge la perfezione della vita, così anche occorre l'alimento per conservarsi in vita. Perciò, come per la vita spirituale era necessario che ci fosse il battesimo, che è la rigenerazione spirituale, e la cresima, che è la crescita spirituale, così era necessario che ci fosse il sacramento dell'Eucarestia, che è l'alimento spirituale.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ci sono due tipi di perfezione. Il primo intrinseco all'uomo stesso, e questa viene raggiunta con la crescita. E tale perfezione compete alla cresima. Il secondo consiste nella perfezione che l'uomo consegue col cibo, col vestito e con altre cose simili. Tale perfezione compete all'Eucarestia, che è una refezione spirituale.
    2. L'acqua del battesimo non ha efficacia spirituale in quanto acqua, ma per la virtù dello Spirito Santo presente in essa, cosicché il Crisostomo spiegando le parole evangeliche, "Un angelo del Signore di tempo in tempo...", osserva: "Nei battezzati non opera la semplice acqua; ma essa lava tutti i peccati dopo che ha ricevuto la grazia dello Spirito Santo". Ora, come la virtù dello Spirito Santo sta all'acqua del battesimo, così il vero corpo di Cristo sta alle specie del pane e del vino. Quindi le specie del pane e del vino nulla producono, se non in virtù del vero corpo di Cristo.
    3. Un sacramento è tale in quanto contiene qualche cosa di sacro. Ma una cosa può essere sacra in due modi: in senso assoluto, o relativamente a un'altra cosa. Ora, è questa appunto la differenza tra l'Eucarestia e gli altri sacramenti aventi materia sensibile: l'Eucarestia contiene qualche cosa di sacro in senso assoluto, cioè il Cristo stesso; l'acqua del battesimo invece contiene qualche cosa di sacro in senso relativo, cioè una virtù santificatrice, e lo stesso vale del crisma e di altre cose simili. Ecco perché il sacramento dell'Eucarestia si compie con la stessa consacrazione della materia, mentre gli altri sacramenti si compiono applicando la materia alla santificazione dell'uomo.
    Da ciò deriva un'altra differenza. Nel sacramento dell'Eucarestia la res et sacramentum si trova nella materia stessa; mentre la res tantum, ossia la grazia conferita, si trova in chi la riceve. Nel battesimo, al contrario, ambedue le cose si trovano in chi lo riceve: sia il carattere che è res et sacramentum, sia la grazia della remissione dei peccati che è res tantum. Lo stesso si dica degli altri sacramenti.

    ARTICOLO 2

    Se l'Eucarestia sia uno o più sacramenti


    SEMBRA che l'Eucarestia non sia uno, ma più sacramenti. Infatti:
    1. In una colletta si prega così : "Ci purifichino, Signore, i sacramenti che abbiamo ricevuto", e questo si dice in rapporto alla comunione eucaristica. L'Eucarestia dunque non è un sacramento unico, ma molteplice.
    2. È impossibile che moltiplicando il genere non resti moltiplicata la specie: che cioè, p. es., si abbiano più animali restando un unico uomo. Ma il segno è il genere del sacramento, come dicemmo sopra. Essendoci dunque nell'Eucarestia più segni, cioè il pane e il vino, è logico che ci siano più sacramenti.
    3. Questo sacramento si compie con la consacrazione della materia, come si è detto. Ma in questo sacramento duplice è la consacrazione della materia. È duplice quindi il sacramento.

    IN CONTRARIO: L'Apostolo scrive: "Poiché uno è il pane, noi, benché molti, siamo un medesimo corpo, partecipando tutti di un medesimo pane e di un medesimo calice". Da ciò risulta che l'Eucarestia è il sacramento dell'unità ecclesiastica. Ma il sacramento contiene la somiglianza della realtà che sacramentalmente esprime. Dunque l'Eucarestia è un unico sacramento.

    RISPONDO: Come scrive Aristotele, l'unità si attribuisce non solo a ciò che è indivisibile o continuo, ma anche a ciò che è perfetto, completo: p. es., a una casa, o a un uomo. Ora, l'unità di perfezione spetta a una cosa che possiede tutti gli elementi richiesti dal suo fine: per l'integrità di un uomo, p. es., si richiedono tutte le membra necessarie alle attività dell'anima, e per quella di una casa si richiedono tutte le parti necessarie ad abitarci. Ebbene in tal senso questo sacramento è unico. Esso infatti è ordinato alla refezione spirituale che rassomiglia a quella corporale. Ora, alla refezione corporale occorrono due cose: il cibo che è alimento solido e la bevanda che è alimento liquido. Conseguentemente anche alla completezza di questo sacramento concorrono due cose: il cibo spirituale e la bevanda spirituale, secondo le parole evangeliche: "La mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda". Perciò questo sacramento, pur essendo molteplice per la sua materia, è uno solo per la sua forma e perfezione.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nella medesima colletta si dice prima al plurale: "Ci purifichino i sacramenti che abbiamo ricevuto", e poi al singolare: "Questo tuo sacramento non costituisca per noi motivo di condanna", per indicare che questo sacramento è in un certo senso più cose, ma in senso assoluto è un solo sacramento.
    2. Il pane e il vino rispetto alla materia sono due segni distinti, ma rispetto alla forma e alla perfezione sono un segno solo, costituendo essi insieme un'unica refezione.
    3. Dal fatto che nella Eucarestia ci sono due consacrazioni non si può dedurre se non che questo sacramento è duplice solo materialmente, come abbiamo spiegato.

    ARTICOLO 3

    Se questo sacramento sia indispensabile alla salvezza


    SEMBRA che questo sacramento sia indispensabile alla salvezza. Infatti:
    1. Il Signore dice: "Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita". Ma in questo sacramento si mangia la carne di Cristo e si beve il suo sangue. Dunque senza questo sacramento l'uomo non può avere la salvezza spirituale.
    2. Questo sacramento è un alimento spirituale. Ma l'alimento materiale è indispensabile alla salute corporale. Dunque anche questo sacramento è indispensabile alla salvezza spirituale.
    3. Come il battesimo è il sacramento della passione del Signore, senza la quale non c'è salvezza, così lo è anche l'Eucarestia: scrive infatti l'Apostolo: "Ogni volta che mangerete questo pane e berrete questo calice, annunzierete la morte del Signore fino alla sua venuta". Perciò come per la salvezza è indispensabile il battesimo, così lo è pure questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Scrive S. Agostino: "Non dovete pensare che i bambini non possano avere la vita, prima di ricevere il corpo e il sangue di Cristo".

    RISPONDO: In questo sacramento dobbiamo considerare due cose: il sacramento stesso e l'effetto del sacramento. Si è detto che l'effetto di questo sacramento è l'unità del corpo mistico, senza la quale non ci può essere salvezza: poiché nessuno può salvarsi fuori della Chiesa, come nel diluvio nessuno si salvò fuori dell'arca di Noè, simbolo della Chiesa, come insegna S. Pietro. Ma dicemmo sopra che l'effetto di un sacramento si può ottenere prima di ricevere il sacramento, per mezzo del voto stesso di accostarsi al sacramento. Così prima di ricevere l'Eucarestia l'uomo può salvarsi in virtù del desiderio di riceverla, come si è detto sopra.
    Ci sono però due differenze. Primo, perché il battesimo è l'inizio della vita spirituale e "la porta dei sacramenti". L'Eucarestia invece è quasi "il coronamento" della vita spirituale e "il fine di tutti i sacramenti", come si disse sopra: poiché le grazie di tutti i sacramenti preparano, o a ricevere, o a consacrare l'Eucarestia. Perciò mentre ricevere il battesimo è necessario per iniziare la vita soprannaturale, ricevere l'Eucarestia è necessario per portarla a compimento: e neppure è indispensabile riceverla di fatto, ma basta averne la brama, così come si brama e si desidera il fine.
    L'altra differenza sta nel fatto che mediante il battesimo l'uomo viene ordinato all'Eucarestia. Quindi col battesimo stesso i bambini sono destinati dalla Chiesa all'Eucarestia. Perciò, come con la fede della Chiesa essi credono, così per l'intenzione della Chiesa essi desiderano l'Eucarestia e di conseguenza ne ricevono l'effetto. Ma al battesimo non vengono indirizzati da un precedente sacramento. Quindi prima di ricevere il battesimo gli adulti soltanto e non i bambini possono averne il desiderio. Questi ultimi perciò non possono ottenere l'effetto del battesimo, senza ricevere il battesimo stesso. Ecco perché l'Eucarestia non è indispensabile alla salvezza come il battesimo.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Come dice S. Agostino spiegando il testo evangelico citato, "per questo cibo e per questa bevanda", che sono la sua carne e il suo sangue, "vuole intendere la società del suo corpo e delle sue membra che è la Chiesa, formata dei suoi santi e dei suoi fedeli, predestinati, chiamati, giustificati e glorificati". Per cui, com'egli stesso altrove fa osservare, "nessuno deve avere il minimo dubbio che ogni fedele diviene partecipe del corpo e del sangue del Signore nel momento in cui col battesimo diviene membro del corpo di Cristo: e dopo essere stato inserito nell'unità del corpo di Cristo uno non rimane privo della comunione di quel pane e di quel calice, anche se parte da questo mondo prima di mangiare quel pane e di bere quel calice".
    2. Tra l'alimento materiale e quello spirituale, c'è questa differenza, che l'alimento materiale viene assimilato nella sostanza di chi lo prende e quindi non può giovare all'uomo per la conservazione della vita, se non viene preso realmente. L'alimento spirituale, al contrario, assimila a sé l'uomo, secondo le parole che S. Agostino racconta di essersi come sentito dire da Cristo: "Né tu muterai me in te, come il cibo della tua carne; ma tu sarai mutato in me". Ora, uno può mutarsi nel Cristo e incorporarsi a lui con il desiderio dello spirito, anche senza ricevere questo sacramento. Perciò il paragone non regge.
    3. Il battesimo è il sacramento della morte e della passione di Cristo, in quanto l'uomo viene rigenerato in Cristo per virtù della sua passione. L'Eucarestia invece è il sacramento della passione di Cristo in quanto l'uomo viene unito perfettamente con Cristo immolato (per noi). Ecco perché mentre il battesimo viene denominato "il sacramento della fede", la quale è il sacramento della vita spirituale; l'Eucarestia viene chiamata "il sacramento della carità", la quale è il "legame perfetto", secondo l'espressione di S. Paolo.

    ARTICOLO 4

    Se siano convenienti i vari nomi con i quali viene indicato questo sacramento


    SEMBRA che non siano convenienti i vari nomi con i quali viene indicato questo sacramento. Infatti:
    1. I nomi devono corrispondere alle cose. Ma questo sacramento è uno solo, come si è detto. Non deve dunque avere più nomi.
    2. La specie non è ben indicata con quello che è comune a tutto il genere. Ma l'Eucarestia è un sacramento della nuova legge. Ora, tutti i sacramenti hanno in comune di conferire la grazia, il che è indicato dal termine eucarestia, che significa buona grazia. Inoltre tutti i sacramenti ci soccorrono in via, cioè nella vita presente: hanno cioè la funzione di viatico. Così in tutti i sacramenti si fa qualche cosa di sacro: il che spetta al sacrificio. Infine con tutti i sacramenti i fedeli comunicano tra loro scambievolmente: ed è questo il senso della parola greca sinassi, e di quella latina comunione. Perciò non è conveniente che codesti nomi siano riservati a questo sacramento.
    3. Ostia è lo stesso che sacrificio. Perciò come non è appropriato il termine sacrificio, così non lo è neppure quello di ostia.

    IN CONTRARIO: Codesti nomi sono nell'uso dei fedeli.

    RISPONDO: Questo sacramento ha tre significati. Il primo riguarda il passato, in quanto commemora la passione del Signore, la quale è stata un vero sacrificio, come sopra abbiamo spiegato. E per questo si denomina sacrificio.
    Il secondo significato riguarda l'effetto presente, cioè l'unità della Chiesa in cui gli uomini vengono compaginati per mezzo di questo sacramento. Per tale motivo esso si denomina comunione o sinassi: spiega infatti il Damasceno, che "si dice comunione, perché mediante l'Eucarestia comunichiamo con il Cristo, sia in quanto partecipiamo della sua umanità e divinità, sia in quanto comunichiamo e ci uniamo tra noi vicendevolmente".
    Il terzo significato riguarda il futuro: poiché questo sacramento è prefigurativo della beatitudine divina che si realizzerà nella patria. E sotto tale aspetto esso si denomina viatico, in quanto ci fornisce la via per giungervi. - Per la stessa ragione si denomina anche Eucarestia, cioè buona grazia, perché "grazia di Dio è la vita eterna", come si esprime S. Paolo; oppure perché contiene il Cristo che è pieno di grazia.
    In greco si dice pure metalessi, ossia assunzione, perché, come spiega il Damasceno, "con essa noi assumiamo la divinità del Figlio".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Niente proibisce che una medesima cosa abbia più nomi secondo le sue diverse proprietà, o effetti.
    2. Ciò che è comune a tutti i sacramenti, si attribuisce per antonomasia all'Eucarestia a motivo della sua eccellenza.
    3. L'Eucarestia si dice sacrificio in quanto rappresenta la passione di Cristo. E si dice ostia in quanto contiene il Cristo in persona, che è "ostia di soavità", come si esprime S. Paolo.

    ARTICOLO 5

    Se l'istituzione di questo sacramento sia stata conveniente


    SEMBRA che l'istituzione di questo sacramento non sia stata conveniente. Infatti:
    1. "Ci nutrono le cose stesse che ci danno l'essere", dice Aristotele. Ma dal battesimo, che è la rigenerazione spirituale, riceviamo l'essere spirituale, come osserva Dionigi. Dal battesimo dunque riceviamo pure il nutrimento. Perciò non era necessario istituire l'Eucarestia quale nutrimento spirituale.
    2. Questo sacramento unisce gli uomini a Cristo come membra al capo. Ma Cristo è il capo di tutti gli uomini, anche di quelli che vissero all'inizio del mondo, come si disse sopra. Dunque l'istituzione di questo sacramento non doveva essere differita fino alla Cena del Signore.
    3. Questo sacramento si chiama memoriale della passione del Signore, secondo le parole evangeliche: "Fate questo in mia memoria". Ma "la memoria è delle cose passate". Perciò questo sacramento non doveva essere istituito prima della passione di Cristo.
    4. All'Eucarestia, che non si deve dare se non ai battezzati, noi veniamo ordinati dal battesimo. Ma il battesimo fu istituito dopo la passione e la risurrezione di Cristo, come risulta dal Vangelo. Dunque non era giusto che questo sacramento fosse istituito prima della passione di Cristo.

    IN CONTRARIO: Questo sacramento fu istituito da Cristo, di cui sta scritto: "Fece bene ogni cosa".

    RISPONDO: Era conveniente che questo sacramento fosse istituito nella Cena, cioè in quella circostanza in cui Cristo per l'ultima volta si trattenne con i suoi discepoli. Primo, a motivo di ciò che esso contiene. Racchiude infatti sacramentalmente Cristo medesimo. Cosicché Cristo lasciò se stesso ai discepoli sotto la specie sacramentale nel momento in cui stava per separarsi da loro nella sua specie reale, come in assenza dell'imperatore si espone alla venerazione la sua immagine. Di qui le parole di Eusebio (di Emesa): "Stando per sottrarre agli sguardi degli altri il corpo che aveva assunto per trasferirlo in cielo, era necessario che nel giorno della Cena consacrasse per noi il sacramento del suo corpo e del suo sangue, perché fosse per sempre onorato nel mistero quel corpo che allora veniva offerto per il riscatto".
    Secondo, perché senza la passione di Cristo non ci poté mai essere salvezza, in conformità alle parole di S. Paolo: "Dio ha prestabilito Cristo quale mezzo di propiziazione per la fede nel suo sangue". Era quindi necessario che in ogni tempo presso gli uomini qualche cosa rappresentasse la passione del Signore. Di essa nel Vecchio Testamento il simbolo principale era l'agnello pasquale; tanto che l'Apostolo afferma: "Qual nostra Pasqua è stato immolato il Cristo". Ora, nel Nuovo Testamento doveva subentrare ad esso il sacramento dell'Eucarestia, che è commemorativo della passione avvenuta, come l'agnello pasquale era prefigurativo della passione futura. Era quindi conveniente che nell'imminenza della passione, dopo aver celebrato l'antico, venisse istituito il nuovo sacramento, come dice il Papa S. Leone.
    Terzo, perché le cose che sono dette per ultime, specialmente dagli amici al momento della separazione rimangono più impresse nella memoria: perché allora più si accende l'affetto verso gli amici, e le cose che più ci commuovono, s'imprimono maggiormente nell'animo. Poiché dunque, come osserva il Papa S. Alessandro, "tra tutti i sacrifici nessuno può essere superiore a quello del corpo e del sangue di Cristo, né alcuna oblazione può essere migliore di questa", affinché fosse tenuto in maggiore venerazione, il Signore istituì questo sacramento sul punto di separarsi dai suoi discepoli. Di qui le parole di S. Agostino : "Il Salvatore per far capire con più efficacia la grandezza di questo mistero, lo volle per ultimo imprimere più vivamente nei cuori e nella memoria dei suoi discepoli, dai quali si separava per andare alla morte".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. "Ci nutrono le stesse cose che ci dànno l'essere", ma non è detto che arrivino a noi nella stessa maniera. Infatti le cose che ci danno l'essere, giungono a noi per la via della generazione: le stesse cose però per nutrirci arrivano a noi per la via della nutrizione. Quindi come per il battesimo veniamo rigenerati in Cristo, così per l'Eucarestia ci nutriamo di Cristo.
    2. L'Eucarestia è il sacramento perfetto della passione del Signore, in quanto contiene il Cristo stesso che ha sofferto. Non poté perciò essere istituita prima dell'incarnazione: quello invece era il tempo dei sacramenti che dovevano prefigurare la passione del Signore.
    3. Questo sacramento fu istituito nella Cena, perché in seguito fosse il memoriale della passione del Signore dopo il compimento di quest'ultima. Di qui il riferimento esplicito al futuro in quelle parole: "Ogni volta che farete questo".
    4. L'istituzione dei sacramenti segue l'ordine d'intenzione. Ora, il sacramento dell'Eucarestia, sebbene posteriore al battesimo nella recezione, lo precede in ordine d'intenzione. Quindi dovette essere istituito prima.
    Oppure si può rispondere che il battesimo era già stato istituito nello stesso battesimo di Cristo. Tanto che alcuni erano già stati battezzati con il battesimo cristiano, come si legge nel Vangelo.

    ARTICOLO 6

    Se l'agnello pasquale fosse la principale figura di questo sacramento


    SEMBRA che l'agnello pasquale non fosse la principale figura di questo sacramento. Infatti:
    1. Il Cristo viene detto "sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec", perché Melchisedec rappresentò il sacrificio di Cristo "offrendo pane e vino". Ora, è l'evidenza della somiglianza che fa denominare una cosa da un'altra. Dunque il sacrificio di Melchisedec fu la principale figura di questo sacramento.
    2. Il passaggio del Mar Rosso fu figura del battesimo, secondo S. Paolo: "Tutti furono battezzati nella nube e nel mare". Ma l'immolazione dell'agnello pasquale precedette il passaggio del Mar Rosso, cui seguì la manna, come l'Eucarestia segue il battesimo. Perciò la manna raffigura questo sacramento meglio dell'agnello pasquale.
    3. L'effetto più grande di questo sacramento è d'introdurci nel regno dei cieli, quale viatico. Ora, ciò era simboleggiato specialmente dal rito dell'espiazione, quando "il sommo sacerdote entrava una volta all'anno col sangue nel sancta sanctorum", come argomenta l'Apostolo. Quel sacrificio fu dunque una figura più esplicita di questo sacramento che l'agnello pasquale.

    IN CONTRARIO: L'Apostolo scrive: "Qual Pasqua nostra fu immolato il Cristo. Celebriamo dunque la festa con gli azzimi della purità e della verità".

    RISPONDO: In questo sacramento possiamo considerare tre elementi: quello che è sacramentum tantum, ossia il pane e il vino; quello che è res et sacramentum, ossia il corpo vero di Cristo; quello che è res tantum, ossia l'effetto di questo sacramento. Ora, per quanto riguarda il sacramentum tantum, la figura principale dell'Eucarestia è l'oblazione di Melchisedec, il quale "offrì pane e vino". Per quanto invece riguarda il Cristo stesso immolato, che è contenuto in questo sacramento, la figura principale va riscontrata in tutti i sacrifici del Vecchio Testamento, specialmente nel sacrificio dell'espiazione che era solennissimo. - Per quanto poi riguarda l'effetto (dell'Eucarestia) la principale figura fu la manna, che "aveva in sé ogni delizia", come dice la Sapienza, come la grazia di questo sacramento che ristora l'anima sotto ogni aspetto.
    Ma l'agnello pasquale prefigurava questo sacramento sotto tutti e tre questi aspetti. Quanto al primo, perché si mangiava con i pani azzimi, a norma dell'Esodo: "Mangeranno le carni e i pani azzimi". Quanto al secondo, perché veniva immolato da tutti i figli d'Israele nella quattordicesima luna, a prefigurare la passione di Cristo, che per l'innocenza viene denominato agnello. Quanto all'effetto, perché il sangue dell'agnello pasquale protesse i figli d'Israele dall'angelo devastatore e li liberò dalla schiavitù d'Egitto. Dunque l'agnello pasquale va considerato come la figura principale dell'Eucarestia, perché la prefigurava sotto tutti gli aspetti.
    Sono così risolte anche le difficoltà.

  6. #16
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    Questione 74

    La materia di questo sacramento


    Passiamo ora a esaminare la materia di questo sacramento. Prima, la specie della materia; secondo, la mutazione del pane e del vino nel corpo di Cristo; terzo, il modo di essere del corpo di Cristo in questo sacramento; quarto, gli accidenti del pane e del vino che rimangono in questo sacramento.
    Sulla prima questione si pongono otto quesiti: 1. Se il pane e il vino siano la materia di questo sacramento; 2. Se per la materia di questo sacramento si richieda una determinata quantità; 3. Se materia di questo sacramento sia il pane di frumento; 4. Se lo sia il pane azzimo o il pane fermentato; 5. Se materia di questo sacramento sia il vino di vite; 6. Se vi si debba mescolare dell'acqua; 7. Se l'acqua sia necessaria per questo sacramento; 8. La quantità dell'acqua da aggiungere.

    ARTICOLO 1

    Se materia di questo sacramento sia il pane e il vino


    SEMBRA che materia di questo sacramento non sia il pane e il vino. Infatti:
    1. Questo sacramento deve rappresentare la passione di Cristo meglio dei sacramenti dell'antica legge. Ma le carni degli animali, che erano la materia dei sacramenti dell'antica legge, rappresentavano la passione di Cristo in modo più espressivo del pane e del vino. Dunque materia di questo sacramento dovrebbero essere le carni di animali piuttosto che il pane e il vino.
    2. Questo sacramento si deve celebrare dappertutto. Ma in molte regioni non si trova né il pane di frumento né il vino. Quindi il pane e il vino non sono materia conveniente di questo sacramento.
    3. A questo sacramento hanno diritto sia i sani che gl'infermi. Ma il vino nuoce a certi infermi. Perciò il vino non può essere materia di questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Il Papa Alessandro I prescrive: "Nelle oblazioni sacramentali si offrano per il sacrificio solo il pane e il vino mescolato con acqua".

    RISPONDO: Circa la materia di questo sacramento ci sono stati molti e diversi errori. Alcuni, i cosiddetti Artoturiti, in questo sacramento, "offrono", come scrive S. Agostino, "pane e formaggio, dicendo che i primi uomini facevano le loro oblazioni con i frutti della terra e delle pecore". - Altri, ossia i Catafrigi e i Pepuziani, "si dice che confezionino una specie di Eucarestia con il sangue di un bambino, spillandolo da tutto il suo corpo attraverso minute incisioni, mescolandolo con farina e cuocendolo come pane". - Alcuni, chiamati Acquariani, offrono in questo sacramento acqua soltanto, sotto pretesto di sobrietà.
    Ebbene, tutti questi e altri simili errori si confutano con il fatto che Cristo istituì questo sacramento sotto le specie del pane e del vino, come risulta dal Vangelo. Quindi il pane e il vino sono la materia conveniente di questo sacramento. E questo per buone ragioni. Primo, a motivo dell'uso di questo sacramento che consiste nella manducazione. Infatti come nel sacramento del battesimo per l'abluzione spirituale si adopera l'acqua, perché l'abluzione corporale si fa comunemente con acqua, così nella Eucarestia si assumono per la refezione spirituale il pane e il vino, perché di essi più comunemente si cibano gli uomini.
    Secondo, in rapporto alla passione di Cristo, che avvenne con la separazione del sangue dal corpo. Perciò in questo sacramento, che è il memoriale della passione del Signore, si assumono separatamente il pane come sacramento del corpo e il vino come sacramento del sangue.
    Terzo, in rapporto all'effetto considerato in ciascuno di coloro che ricevono il sacramento. Poiché come dice S. Ambrogio, "questo sacramento vale a custodire sia l'anima che il corpo": e quindi si offre "il corpo di Cristo" sotto le specie del pane "per la salvezza del corpo", e "il sangue per la salvezza dell'anima" sotto le specie del vino; poiché, come afferma il Levitico, "l'anima di ogni vivente sta nel sangue".
    Quarto, in rapporto all'effetto relativo a tutta la Chiesa, la quale, secondo la Glossa posta a commento delle parole di S. Paolo: "Molti siamo un solo corpo", è costituita dalla diversità dei fedeli "come il pane deriva da chicchi diversi e il vino è spremuto da diversi grappoli d'uva".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le carni degli animali uccisi, quantunque rappresentino la passione di Cristo in modo più espressivo, tuttavia sono meno indicate per l'uso comune di questo sacramento e per esprimere l'unità della Chiesa.
    2. Il frumento e il vino, sebbene non nascano in tutte le regioni, si possono però facilmente portare dovunque nella misura che basti a questo sacramento. Mancando però una delle due cose, non è il caso di consacrare l'altra soltanto, perché il sacrificio non sarebbe valido.
    3. Il vino preso in piccola quantità non può nuocere sensibilmente a un ammalato. Del resto, se c'è ragione di temere un danno, non è necessario che quanti ricevono il corpo di Cristo, ne ricevano anche il sangue, come si dirà in seguito.

    ARTICOLO 2

    Se si richieda una determinata quantità di pane e vino per la materia di questo sacramento


    SEMBRA che si richieda una determinata quantità di pane e di vino per la materia di questo sacramento. Infatti:
    1. Le opere della grazia non sono meno ordinate delle opere della natura. Ora, come dice Aristotele, "di tutte le cose che provengono dalla natura sono stabiliti i termini e i modi di grandezza e di crescita". Molto più dunque in questo sacramento che si chiama Eucarestia, cioè buona grazia, si richiede una determinata quantità di pane e vino.
    2. Ai ministri della Chiesa non è stato concesso da Cristo il potere di fare cose che siano di scherno per la nostra fede e per i suoi sacramenti; poiché l'Apostolo dichiara: "Secondo la facoltà che Dio mi ha concesso a edificazione e non a distruzione". Ma tornerebbe di scherno al sacramento che un sacerdote volesse consacrare tutto il pane in vendita al mercato e tutto il vino di una cantina. Dunque non ha il potere di farlo.
    3. Se uno viene battezzato in mare, non resta santificata dalla forma del battesimo tutta l'acqua del mare, ma solo quell'acqua che lava il corpo del battezzato. Dunque neppure in questo sacramento può restare consacrata la quantità di pane che avanza.

    IN CONTRARIO: Il molto si oppone al poco e il grande al piccolo. Ma non c'è una quantità di pane e di vino così piccola che non si possa consacrare. Dunque nessuna quantità è così grande che non si possa consacrare.

    RISPONDO: Alcuni hanno affermato che il sacerdote non potrebbe consacrare un'immensa quantità di pane e di vino, p. es., tutto il pane in vendita al mercato, o tutto il vino di una botte. Ma questo non sembra esser vero, perché in tutte le cose composte di materia il criterio per determinarla si desume dal suo rapporto al fine: così la materia per una sega è il ferro, affinché sia adatta a segare. Ora, il fine di questo sacramento è la comunione dei fedeli. Occorre quindi che la quantità della materia di questo sacramento si determini in rapporto al bisogno dei fedeli. Non è però possibile che la determinazione si riferisca al bisogno dei fedeli che sono presenti, altrimenti un sacerdote che avesse pochi parrocchiani non avrebbe facoltà di consacrare una grande quantità di ostie. Perciò la materia è da determinarsi in rapporto alla necessità dei fedeli in genere. Ma il numero dei fedeli è indeterminato. Di conseguenza non si può delimitare la quantità di materia in questo sacramento.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La materia di ogni essere naturale riceve una determinata quantità in rapporto a una determinata forma. Ma il numero dei fedeli, alle cui esigenze è ordinato questo sacramento, non è determinato. Perciò il confronto non regge.
    2. Il potere dei ministri della Chiesa è ordinato a due cose: primo, al suo effetto proprio; secondo, al fine di essi. Ora, quest'ultimo non può invalidare il primo. Se dunque un sacerdote intende consacrare il corpo di Cristo per qualche cattivo fine, p. es., a scopo di scherno o per avvelenamento, pecca per l'intenzione di un cattivo fine, ma nondimeno compie il sacramento in forza del potere che possiede.
    3. Il sacramento del battesimo si effettua nell'uso della materia. Quindi con la forma del battesimo non viene consacrata più acqua di quella che si adopera. L'Eucarestia invece si effettua con la consacrazione della materia. Perciò il paragone non regge.

    ARTICOLO 3

    Se materia di questo sacramento sia il pane di frumento


    SEMBRA che materia di questo sacramento non sia il pane di frumento. Infatti:
    1. Questo sacramento è commemorativo della passione del Signore. Ma sembra essere più consono alla passione del Signore il pane d'orzo, che è più aspro e servì a Cristo per nutrire le folle sul monte, come narra S. Giovanni, che non il pane di frumento. Dunque il pane di frumento non è la materia appropriata di questo sacramento.
    2. Per gli esseri corporei la figura è segno della specie. Ora, ci sono alcuni cereali che hanno figura simile a quella del frumento propriamente detto, come il farro e la spelta, con la quale in alcuni luoghi si fa il pane anche per usarlo in questo sacramento. Il pane di frumento dunque non è materia propria di questo sacramento.
    3. La mescolanza fa mutare la specie. Ma è difficile trovare farina di frumento che non sia mescolata con altre graminacee, a meno che non si ottenga selezionando appositamente i chicchi. Perciò il pane di frumento non è materia propria di questo sacramento.
    4. Ciò che si è corrotto, appartiene a un'altra specie. Ma alcuni consacrano il pane corrotto, che non è più pane di frumento. Dunque il pane di frumento non è materia propria di questo sacramento.

    IN CONTRARIO: In questo sacramento è contenuto Cristo, il quale paragonò se stesso al grano di frumento, dicendo: "Se il grano di frumento caduto in terra non muore, rimane esso soltanto". Perciò il pane di frumento, o triticeo è materia di questo sacramento.

    RISPONDO: Nei sacramenti si adopera, come si è detto, la materia che presso gli uomini serve più comunemente a scopi analoghi. Ora, gli uomini, più di ogni altro pane, si cibano del pane di frumento; perché gli altri pani sembra che siano entrati nell'uso in mancanza del pane di frumento. Ecco perché Cristo, così crediamo, ha istituito questo sacramento sotto la specie di codesto pane. Esso inoltre è un pane che ristora l'uomo, e così rappresenta più convenientemente l'effetto dell'Eucarestia. Perciò materia propria di questo sacramento è il pane di frumento.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il pane d'orzo è adatto a rappresentare la durezza dell'antica legge. Sia per la durezza di codesto pane. Sia perché, come spiega S. Agostino, "la polpa dell'orzo, coperta da scorza tenacissima, o indica la stessa legge che era stata data in modo da nascondere sotto simboli materiali il vitale alimento dell'anima, o indica lo stesso popolo non ancora libero dal desiderio carnale che aderiva come scorza al suo cuore". L'Eucarestia invece appartiene al "giogo soave" di Cristo, alla verità ormai manifestata e a un popolo spirituale. Quindi il pane d'orzo non sarebbe materia conveniente per questo sacramento.
    2. Nel generare si produce un essere della medesima specie; ma talora capita qualche differenza accidentale tra generante e generato a causa della materia, o della debolezza della virtù generativa. Di conseguenza, se ci sono dei cereali che possono essere generati dal seme di frumento, come dal grano di frumento seminato in terreni cattivi nasce la segala, il pane fatto con codesto grano può essere materia di questo sacramento. - Ma ciò non accade nel caso dell'orzo, della spelta e neppure del farro, che di tutti è il più simile al grano di frumento. La somiglianza di figura in tali piante sta a rappresentare la vicinanza più che l'identità di specie, come dalla somiglianza di figura risulta che cane e lupo sono di specie vicine tra loro, ma non sono della stessa specie. Perciò con tali grani, che in nessun modo possono essere generati dal seme di frumento, non si può fare un pane che sia la materia richiesta per questo sacramento.
    3. Una mescolanza minima non muta la specie, perché quel poco è come assorbito dal più. Così se c'è una piccola mescolanza di altro grano con una quantità di frumento molto maggiore, si potrà fare di tutto l'insieme un pane che sia materia valida di questo sacramento. Se invece la mescolanza è grande, p. es., di parti uguali o quasi, essa fa cambiare la specie. Perciò il pane che ne risulta non sarà la debita materia per questo sacramento.
    4. Qualche volta è tanta la corruzione del pane da far sparire la sostanza del pane: p. es., quando perde la sua coesione e si scioglie, e quando mutano il colore, il sapore e gli altri accidenti. Quindi con tale materia è impossibile consacrare il corpo di Cristo. - A volte invece la corruzione non è tanto grande da far mutare la specie, ma è una disposizione al mutamento: indicato da una certa alterazione del sapore. Tale pane può anche servire per consacrare il corpo di Cristo: ma chi lo consacra pecca d'irriverenza contro il sacramento.
    E poiché l'amido si ottiene dalla trasmutazione del frumento, non sembra che il pane fatto con l'amido possa convertirsi nel corpo di Cristo: sebbene alcuni sostengano il contrario.

    ARTICOLO 4

    Se per questo sacramento si richieda il pane azzimo


    SEMBRA che per questo sacramento non si richieda il pane azzimo. Infatti:
    1. In questo sacramento si deve imitare la sua istituzione da parte di Cristo. Ora, sembra che Cristo l'abbia istituito con il pane fermentato: perché i Giudei a norma della legge, iniziavano l'uso degli azzimi nel giorno di Pasqua, che si celebra nella quattordicesima luna; Cristo invece istituì l'Eucarestia nella Cena che celebrò "prima della festa di Pasqua", come dice S. Giovanni. Perciò anche noi dobbiamo celebrare questo sacramento col pane fermentato.
    2. Le prescrizioni legali non vanno osservate nell'era della grazia. Ma l'uso degli azzimi era una prescrizione legale, come risulta dall'Esodo. Dunque in questo sacramento di grazia non dobbiamo usare il pane azzimo.
    3. L'Eucarestia, si è detto sopra, è "il sacramento della carità", come il battesimo è il sacramento della fede. Ma il fervore della carità è indicato dal fermento, secondo la Glossa su quel testo di Matteo : "È simile il regno dei cieli al fermento". Perciò in questo sacramento si richiede il pane fermentato.
    4. Azzimo e fermentato sono accidentalità del pane che non ne cambiano la specie. Ma nella materia del battesimo non si fa nessuna discriminazione per gli accidenti dell'acqua: non si bada, p. es., se essa è salata o dolce, calda o fredda. Dunque anche per l'Eucarestia non si deve fare nessuna differenza tra pane azzimo e pane fermentato.

    IN CONTRARIO: I canoni puniscono il sacerdote che "osi celebrare la messa con pane fermentato, o con un calice di legno".

    RISPONDO: Circa la materia di questo sacramento si possono considerare due cose: ciò che è necessario e ciò che è conveniente. Necessario è che il pane sia di frumento, come si è detto; e senza di esso il sacramento non è valido. Non è invece necessario alla validità del sacramento che il pane sia azzimo o fermentato: perché è consacrabile sia l'uno che l'altro.
    È conveniente però che ciascuno osservi il rito della propria Chiesa nella celebrazione del sacramento. Ora, in proposito le consuetudini delle Chiese sono diverse. Scrive infatti S. Gregorio: "La Chiesa Romana offre pani azzimi, perché il Signore prese carne umana, senza alcuna mistura. Altre Chiese invece offrono pane fermentato, perché il Verbo del Padre si rivestì di carne come il fermento viene a mescolarsi con la farina". Come dunque pecca il sacerdote della Chiesa latina celebrando con pane fermentato, così peccherebbe il sacerdote greco celebrando nella Chiesa greca con pane azzimo, perché si tenterebbe così di cambiare il rito della propria Chiesa.
    Ciò nonostante, la consuetudine di celebrare con pane azzimo è più ragionevole. Primo, per l'istituzione di Cristo, il quale istituì questo sacramento "nel primo giorno degli azzimi", come attestano S. Matteo, S. Marco e S. Luca, nel qual giorno, a norma dell'Esodo, non doveva rimanere nelle case dei Giudei alcunché di fermentato. - Secondo, perché il pane come vedremo, è propriamente il sacramento del corpo di Cristo, concepito senza corruzione, e non il sacramento della sua divinità. - Terzo, perché ciò conviene meglio alla sincerità dei fedeli, richiesta per accostarsi a questo sacramento in conformità alle parole di S. Paolo: "Qual nostra Pasqua è stato immolato il Cristo: banchettiamo dunque con gli azzimi della sincerità e della verità".
    La consuetudine dei greci ha nondimeno qualche giusta motivazione: il simbolismo cioè accennato da S. Gregorio, e quale segno di ripulsa per l'eresia dei Nazzarei, i quali mescolavano al Vangelo le prescrizioni legali.

    SOLUZIONI DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La solennità di Pasqua incominciava secondo l'Esodo ai vespri della quattordicesima luna. E fu allora che Cristo dopo l'immolazione dell'agnello pasquale istituì l'Eucarestia. Ecco perché S. Giovanni dice che codesto giorno precedeva immediatamente la festa di Pasqua, mentre gli altri tre Evangelisti lo chiamano "il primo giorno degli azzimi", quando dalle case degli Ebrei, come si è detto veniva eliminato il pane fermentato. Di ciò si è parlato più diffusamente a proposito della passione del Signore.
    2. Coloro che usano il pane azzimo, non intendono osservare le prescrizioni legali, ma conformarsi all'istituzione di Cristo. Quindi non giudaizzano. Altrimenti giudaizzerebbero anche coloro che usano il pane fermentato: poiché i giudei come primizie offrivano pani fermentati.
    3. Il fermento per qualche suo effetto indica la carità, cioè in quanto rende il pane più saporito e più voluminoso. Ma per la natura sua specifica sta a indicare corruzione.
    4. La fermentazione è una specie di corruzione, e con il pane corrotto non si può fare questo sacramento, come si è detto; perciò è giusto tenere più conto della differenza tra pane azzimo e fermentato che tra l'acqua calda e fredda nel battesimo. Infatti l'azione del lievito potrebbe essere tanto grande da rendere la materia invalida per il sacramento.

    ARTICOLO 5

    Se il vino di vite sia materia propria di questo sacramento


    SEMBRA che il vino di vite non sia materia propria per questo sacramento. Infatti:
    1. Come l'acqua è materia del battesimo, così il vino è materia dell'Eucarestia. Ma si può battezzare con qualsiasi acqua. Dunque con qualsiasi vino, p. es., di melagrane, di more o simili, si può fare questo sacramento; considerando soprattutto che in alcune regioni non crescono le viti.
    2. L'aceto è una specie di vino che si ottiene dalla vite, come dice S. Isidoro. Ma con l'aceto non si può consacrare questo sacramento. Dunque il vino di vite non è materia propria di questo sacramento.
    3. Dalla vite, come si ottiene il vino puro, così si ottiene l'agresto e il mosto. Ma con questi ultimi non sembra che si possa consacrare validamente, a norma del sesto Concilio: "Abbiamo saputo che in alcune chiese i sacerdoti per il sacrificio spremono le uve e poi ne dispensano al popolo il succo. Prescriviamo dunque che nessun sacerdote continui a farlo per l'avvenire". E S. Giulio Papa riprende alcuni che "offrono nel sacramento del calice del Signore vino allora spremuto". Dunque il vino di vite non è materia propria di questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Il Signore, come si è paragonato al chicco di frumento, così si è paragonato anche alla vite, dicendo: "Io sono la vera vite". Ma solo il pane di frumento è materia di questo sacramento, come si è detto. Dunque solo il vino di vite ne è la materia propria.

    RISPONDO: Solo il vino di vite può servire per questo sacramento. Primo, per l'istituzione di Cristo che stabilì per questo sacramento il vino di vite, come risulta dalle sue stesse parole: "Non berrò d'ora in poi di questo succo di vite".
    Secondo, perché, come si è detto, la sostanza adottata quale materia dei sacramenti è quella che propriamente e comunemente rientra in quella data specie. Ora, vino in senso proprio si dice quello che si ottiene dalla vite: altre bevande invece si chiamano vino per qualche somiglianza con il vino di vite.
    Terzo, perché il vino di vite è più appropriato all'effetto di questo sacramento, che è la letizia spirituale; poiché sta scritto: "il vino rallegra il cuore dell'uomo".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Tali bevande non sono vino in senso proprio, ma per una certa analogia. D'altra parte in quelle regioni dove non cresce la vite può essere portato il vino vero quanto basta per l'Eucarestia.
    2. L'aceto è vino corrotto: cosicché è impossibile ritrasformarlo in vino, come dice Aristotele. Quindi, come non si può consacrare il pane totalmente corrotto, così non si può consacrare l'aceto. La consacrazione è invece possibile con il vino acescente, come con il pane che incomincia a corrompersi, sebbene pecchi chi lo usa, come si è già detto.
    3. L'agresto è in via di maturazione e non ha perciò natura di vino. Quindi con esso è impossibile consacrare questo sacramento.
    Il mosto al contrario ha già natura di vino: infatti la sua dolcezza aiuta la digestione che "viene compiuta per calore naturale", come osserva Aristotele. Per tale ragione il mosto è materia valida di questo sacramento.
    Tuttavia non si deve usare in questo l'intero succo delle uve spremute, perché esso contiene insieme al vino qualche cos'altro.
    Inoltre è proibito offrire nel calice mosto appena spremuto dall'uva, perché non è decoroso per l'impurità del mosto. Lo si può fare però in caso di necessità; infatti lo stesso Papa S. Giulio dice: "Se è necessario, si sprema un grappolo nel calice".

    ARTICOLO 6

    Se al vino si debba aggiungere dell'acqua


    SEMBRA che al vino non si debba aggiungere dell'acqua. Infatti:
    1. Il sacrificio di Cristo fu raffigurato dall'oblazione di Melchisedec, di cui sta scritto che non offrì se non pane e vino. Dunque in questo sacramento non si deve aggiungere dell'acqua.
    2. Per sacramenti diversi diversa è la materia. Ma l'acqua è materia del battesimo. Dunque essa non va impiegata come materia dell'Eucarestia.
    3. Materia di questo sacramento sono il pane e il vino. Ora, al pane non si aggiunge nulla. Quindi non va aggiunto nulla neppure al vino.

    IN CONTRARIO: Il Papa Alessandro prescrive: "Nelle oblazioni sacramentali, che nella messa si offrono al Signore, si offrano in sacrificio soltanto il pane e il vino misto all'acqua".

    RISPONDO: Al vino che si offre in questo sacramento si deve aggiungere dell'acqua. Primo, a motivo della sua istituzione. È probabile infatti che il Signore abbia istituito questo sacramento con vino mescolato ad acqua, conforme all'uso di quella regione; per cui nei Proverbi si legge: "Bevete il vino che ho mescolato per voi".
    Secondo, perché la cosa è intonata alla passione del Signore. Di qui le parole del Papa Alessandro I: "Non si deve, nel calice del Signore, offrire solo vino, o solo acqua, ma le due cose unite insieme, essendo entrambe sgorgate dal suo costato nella sua passione".
    Terzo, perché ciò concorre a esprimere l'effetto di questo sacramento, che è l'unione del popolo cristiano con Cristo; poiché, come spiega il papa Giulio I, "nell'acqua è raffigurato il popolo, nel vino invece si ha il sangue di Cristo. Poiché, quando nel calice al vino si aggiunge l'acqua, (si vuol dire che) Cristo si unisce al popolo".
    Quarto, perché ciò si addice all'ultimo effetto di questo sacramento che è l'ingresso nella vita eterna. Di qui le parole di S. Ambrogio: "L'acqua scende nel calice, e sale alla vita eterna".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il sacrificio di Cristo, spiega S. Ambrogio, come è stato rappresentato dall'oblazione di Melchisedec, così è stato rappresentato anche dall'acqua che nel deserto sgorgò dalla roccia, dicendo S. Paolo: "Bevevano alla roccia spirituale che li accompagnava".
    2. Nel battesimo l'acqua viene impiegata come lavacro. Nella Eucarestia invece viene impiegata come bevanda ristoratrice, secondo le parole del Salmo: "Con refrigeranti acque mi ristora".
    3. Il pane si fa con acqua e farina. Quindi mescolando l'acqua al vino, nessuna delle due sostanze è priva d'acqua.

    ARTICOLO 7

    Se l'aggiunta dell'acqua sia necessaria alla validità di questo sacramento


    SEMBRA che l'aggiunta dell'acqua sia necessaria per la validità di questo sacramento. Infatti:
    1. Scrive S. Cipriano: "Così il calice del Signore non è acqua soltanto e vino soltanto, ma la mescolanza di ambedue, come nemmeno il corpo del Signore è soltanto farina, ma l'una e l'altra cosa", cioè farina e acqua, "formanti un tutt'uno". Ora, l'aggiunta dell'acqua alla farina è indispensabile per questo sacramento. Per la stessa ragione quindi è indispensabile l'aggiunta dell'acqua al vino.
    2. Nella passione del Signore, di cui questo sacramento è commemorativo, non "uscì dal suo costato" soltanto "sangue", ma anche "acqua". Ora, il vino che è il sacramento del sangue è indispensabile all'Eucarestia. Per la stessa ragione dunque è indispensabile anche l'acqua.
    3. Se l'acqua non fosse indispensabile per questo sacramento, non avrebbe importanza quale acqua si mescoli, cosicché si potrebbe aggiungere acqua di rose o qualsiasi altra acqua del genere. Ora questo non è consentito dall'uso della Chiesa. Perciò l'acqua è indispensabile in questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Scrive S. Cipriano: "Se qualcuno dei nostri predecessori, o per ignoranza, o per semplicità non ha osservato questo rito", cioè di mescere acqua nel vino per l'Eucarestia, "si può perdonare alla sua semplicità". Ma ciò non sarebbe, se l'acqua fosse indispensabile per questo sacramento, come lo è il vino e il pane. Dunque l'aggiunta dell'acqua non è di stretta necessità per il sacramento.

    RISPONDO: Il segno va giudicato dalla cosa significata. Ebbene, l'acqua che si aggiunge al vino sta a rappresentare la partecipazione dei fedeli a questo sacramento, poiché con l'infusione dell'acqua nel vino si vuol indicare l'unione del popolo intorno a Cristo, come si è detto. Anche il fatto che dal costato di Cristo pendente dalla croce sia sgorgata acqua ha lo stesso significato; poiché l'acqua rappresenta l'abluzione dei peccati che veniva prodotta dalla passione di Cristo. Ora si è detto sopra che questo sacramento si compie mediante la consacrazione della materia: mentre il suo uso da parte dei fedeli non è indispensabile per il sacramento, ma è conseguente al sacramento stesso. Da ciò segue che l'aggiunta dell'acqua non è indispensabile.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il testo di S. Cipriano si deve intendere non nel senso di un'impossibilità assoluta, ma di una mancanza di convenienza. Quindi il suo paragone serve a chiarire che ciò è obbligatorio, non già che è indispensabile: l'acqua infatti nel pane è elemento essenziale, non così nel vino.
    2. L'effusione del sangue faceva direttamente parte della stessa passione di Cristo, essendo naturale per un corpo umano ferito che da esso sgorghi sangue. Invece l'effusione dell'acqua non era necessaria nella passione, ma avvenne per mostrare gli effetti, che sono l'abluzione dei peccati e il refrigerio contro gli ardori della concupiscenza. Perciò in questo sacramento l'acqua non si offre separatamente dal vino, come il vino si offre separatamente dal pane; ma l'acqua si offre mescolata col vino, per indicare che il vino appartiene di per sé al sacramento quale suo costitutivo necessario, l'acqua invece in quanto si aggiunge al vino.
    3. Non essendo l'aggiunta dell'acqua al vino indispensabile per la validità del sacramento, non ha importanza la specie di acqua che si versa nel vino: che essa cioè sia naturale o artificiale, p. es., di rose. Sebbene, rispetto alla riverenza dovuta al sacramento, pecchi chi infonde acqua diversa da quella vera e naturale: perché dal costato di Cristo pendente dalla croce uscì acqua vera, e non umore flemmatico, come alcuni hanno detto; e ciò per dimostrare che il corpo di Cristo era veramente composto dei quattro elementi, come lo sgorgare del sangue provava che era composto dei quattro umori, conforme a quanto dice Innocenzo III in una Decretale. Il mescolamento invece dell'acqua con la farina, essendo di necessità per questo sacramento, quale costitutivo appunto della sostanza del pane, se alla farina si mescolasse acqua di rose o qualunque altro liquido diverso dall'acqua vera, con tale materia non si potrebbe consacrare il sacramento, perché non sarebbe vero pane.

    ARTICOLO 8

    Se l'acqua si debba aggiungere in grande quantità


    SEMBRA che l'acqua si debba aggiungere in grande quantità. Infatti:
    1. Dal costato di Cristo come sgorgò in modo ben visibile il sangue, così sgorgò anche l'acqua; tanto che S. Giovanni ha potuto dire: "Chi vide, attesta il fatto". Ma l'acqua non potrebbe essere visibile in questo sacramento, se non si aggiungesse in grande quantità. Dunque l'acqua si deve aggiungere in grande quantità.
    2. Poca acqua mischiata a molto vino sparisce. Ma ciò che sparisce, non esiste più. Perciò aggiungere poca acqua in questo sacramento è come non aggiungerne affatto. Ma non aggiungerne non è affatto lecito. Dunque non è permesso aggiungerne in piccola quantità.
    3. Se bastasse metterne poca, sarebbe sufficiente versare una goccia in tutta una botte. Ma questo è ridicolo. Quindi non basta aggiungerne in piccola quantità.

    IN CONTRARIO: Nelle Decretali a proposito della celebrazione della Messa si legge: "Un pericoloso abuso è invalso dalle tue parti, cioè che nel sacrificio si metta più acqua che vino, mentre secondo la consuetudine della Chiesa universale è da usarsi in esso più vino che acqua".

    RISPONDO: Circa l'acqua che si aggiunge al vino ci sono tre opinioni, come ricorda Innocenzo III in una Decretale. Alcuni sostengono che l'acqua unita al vino rimane acqua, dopo che il vino si è convertito in sangue. - Ma questa opinione non regge. Perché nel sacramento dell'altare dopo la consacrazione nient'altro è presente che il corpo e il sangue di Cristo, come dice S. Ambrogio: "Prima della consacrazione è designata un'altra sostanza, dopo la consacrazione si parla di corpo". Altrimenti non si potrebbe adorare con culto di latria.
    Altri perciò affermarono che, come il vino si converte in sangue, così l'acqua si converte nell'acqua uscita dal costato di Cristo. - Ma neppure questa opinione è ragionevole. Perché allora l'acqua si dovrebbe consacrare separatamente dal vino, come il vino dal pane.
    È dunque più probabile, secondo lo stesso Innocenzo III, l'opinione di altri i quali dicono che l'acqua si converte in vino e il vino in sangue. Ora, questo non potrebbe avvenire, se non si aggiungesse così poca acqua da potersi mutare in vino. Di conseguenza è cosa comunque più sicura aggiungere poca acqua, specialmente se il vino è debole; perché se si facesse tale aggiunta d'acqua da far cambiare la specie al vino, non si potrebbe consacrare validamente il sacramento. Per questo motivo il Papa S. Giulio rimprovera alcuni, che "per tutto l'anno conservano un panno di lino inzuppato di mosto, e al momento del sacrificio ne lavano con acqua una parte e così celebrano".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Basta al simbolismo di questo sacramento che l'acqua sia visibile quando si versa, ma non è necessario che lo sia dopo l'infusione.
    2. Se l'acqua non si aggiungesse affatto, se ne sopprimerebbe il simbolismo, invece quando l'acqua si muta in vino viene a indicare l'incorporazione del popolo a Cristo.
    3. Se l'acqua si aggiungesse al vino nella botte, non si avrebbe il simbolismo di questo sacramento; occorre invece che l'acqua sia aggiunta al vino durante la celebrazione del sacramento.

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    Questione 75

    La conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo


    Passiamo ora a considerare la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo.
    Sull'argomento si pongono otto quesiti: 1. Se in questo sacramento si trovi il corpo di Cristo nella sua realtà, oppure soltanto come rappresentato e simboleggiato; 2. Se in questo sacramento dopo la consacrazione rimanga la sostanza del pane e del vino; 3. Se essa venga annientata; 4. Se si converta nel corpo e nel sangue del Cristo; 5. Se dopo la conversione rimangano gli accidenti; 6. Se rimanga la forma sostanziale; 7. Se questa conversione avvenga istantaneamente; 8. Se sia vera questa proposizione: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo".

    ARTICOLO 1

    Se il corpo di Cristo sia in questo sacramento nella sua realtà, oppure soltanto come rappresentato o simboleggiato


    SEMBRA che il corpo del Cristo non sia in questo sacramento nella sua realtà, ma solo come rappresentato o simboleggiato. Infatti:
    1. Dopo che il Signore ebbe detto: "Se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, ecc.", "molti dei suoi discepoli al sentirlo dissero: Questo linguaggio è duro", ed egli soggiunse: "Lo spirito è quello che vivifica, la carne non giova a nulla". Come per dire, secondo le spiegazioni di S. Agostino: "Prendete in senso spirituale quanto vi ho detto. Non questo corpo che vedete, avrete da mangiare, né avrete da bere quel sangue che mi faranno versare i miei crocifissori. Io vi affido un mistero, o sacramento. Se lo intendete spiritualmente, vi arricchirà di vita; mentre la carne non serve a nulla".
    2. Il Signore ha detto: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo"; e S. Agostino spiega: "Finché il mondo durerà, il Signore rimarrà lassù; tuttavia la verità del Signore è anche qui con noi. Il corpo infatti con il quale è risorto non può essere che in un luogo soltanto, ma la sua verità è diffusa dovunque". Perciò nell'Eucarestia il corpo di Cristo non è presente nella sua realtà, ma solo in forma simbolica.
    3. Nessun corpo può essere contemporaneamente in più luoghi, essendo ciò impossibile anche a un angelo; perché altrimenti potrebbe essere dappertutto. Ma il corpo di Cristo è un vero corpo ed è presente in cielo. Dunque nel sacramento dell'altare non è presente nella sua realtà, ma solo sotto forma di simbolo.
    4. I sacramenti della Chiesa hanno per fine l'utilità dei fedeli. Ora, in un'omelia di S. Gregorio si rimprovera al funzionario regio di "aver cercato la presenza corporale di Cristo". Inoltre anche agli Apostoli l'attaccamento che avevano alla presenza corporale del Signore impediva di ricevere lo Spirito Santo, come dice S. Agostino a commento delle parole: "Se io non vado, il Paraclito non verrà a voi". Dunque Cristo non è presente corporalmente nel sacramento dell'altare.

    IN CONTRARIO: S. Ilario dichiara: "Sulla realtà della carne e del sangue di Cristo non c'è adito a dubbio alcuno. Poiché e per dichiarazione del Signore stesso e per la nostra fede la sua carne è veramente cibo e il suo sangue è veramente bevanda". E S. Ambrogio afferma: "Come il Signore Cristo Gesù è vero Figlio di Dio, così è vera carne di Cristo quella che noi riceviamo, e il suo sangue è vera bevanda".

    RISPONDO: La reale presenza del corpo e del sangue di Cristo in questo sacramento non può essere conosciuta dai sensi, ma solo dalla fede, che si fonda sull'autorità divina. Ecco perché S. Cirillo, commentando le parole, "Questo è il mio corpo che sarà dato per voi", afferma: "Non dubitare che ciò sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole del Salvatore, il quale, essendo la verità, non mentisce".
    E tale presenza si addice prima di tutto alla perfezione della nuova legge. Infatti i sacrifici dell'antica legge contenevano il vero sacrificio della morte di Cristo soltanto in modo figurato, secondo le parole di S. Paolo: "La legge ha l'ombra dei beni futuri, non l'immagine viva delle cose stesse". Era giusto dunque che il sacrificio della nuova legge, istituito da Cristo, avesse qualche cosa di più e cioè che contenesse lui medesimo che fu crocifisso, non solo sotto forma di simbolo o di figura, ma nella realtà. Di conseguenza questo sacramento che contiene realmente Cristo in persona, è tale, come afferma Dionigi, "da essere il coronamento di tutti gli altri sacramenti", per mezzo dei quali ci viene comunicata la grazia di Cristo.
    Secondo, si addice alla carità di Cristo, il quale per la nostra salvezza assunse un corpo reale di natura umana. Ora, essendo particolarmente proprio dell'amicizia, come dice Aristotele, che "gli amici vivano insieme", Cristo ci ha promesso in premio la propria presenza corporale con le parole: "Dovunque sarà il corpo, là si raccoglieranno le aquile". Ma nel frattempo non ha voluto privarcene in questa peregrinazione, unendoci a sé in questo sacramento per mezzo della realtà del suo corpo e del suo sangue. Di qui le sue parole: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, rimane in me e io in lui". Cosicché questo sacramento è il segno della più grande carità ed è il sostegno della nostra speranza per l'unione tanto familiare di Cristo con noi.
    Terzo, si addice alla perfezione della fede, la quale, ha per oggetto sia la divinità di Cristo, che la sua umanità, secondo le sue parole: "Credete in Dio e credete in me". Ora, poiché la fede ha per oggetto cose invisibili, come ci offre la sua divinità in modo invisibile, così in questo sacramento Cristo ci offre anche la sua carne in maniera invisibile.
    Non considerando tutto questo, alcuni hanno sostenuto che in questo sacramento il corpo e il sangue di Cristo non sono contenuti che sotto forma di simbolo. La quale affermazione è da respingersi come eretica, essendo contraria alle parole di Cristo. Perciò Berengario, che per primo propalò questo errore, fu costretto poi a ritrattarlo e a professare la verità della fede.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Proprio dal testo citato presero occasione per il loro errore gli eretici suddetti, intendendo male le parole di S. Agostino. Quando infatti egli dice: "Non questo corpo che vedete, avrete da mangiare", intende escludere non la realtà del corpo di Cristo, ma che esso fosse da mangiarsi nell'aspetto in cui lo vedevano. Con le altre parole poi: "Vi affido un mistero, che inteso spiritualmente vi arricchirà di vita", non vuol dire che il corpo di Cristo è presente in questo sacramento solo secondo un simbolismo mistico, ma che vi è presente in modo spirituale, ossia invisibilmente e per la virtù dello spirito. Perciò commentando l'affermazione "la carne non giova a nulla", spiega: "Nel senso inteso da loro. Infatti essi capirono che dovevano mangiare la sua carne come si strappa a morsi da un cadavere o come si vende alla macelleria, non come è animata dallo spirito. Si unisca lo spirito alla carne e giova moltissimo; se infatti la carne non servisse a nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne per abitare tra noi".
    2. Il testo di S. Agostino e altri simili si riferiscono al corpo di Cristo fisicamente visibile, al quale accennano le parole del Signore stesso: "Me invece non mi avrete sempre". Invisibilmente invece sotto le specie di questo sacramento egli è presente dovunque questo sacramento si compie.
    3. Il corpo di Cristo in questo sacramento non è localizzato come un corpo, che con le sue dimensioni si commisura al luogo, ma in un modo speciale che è proprio di questo sacramento. Perciò diciamo che il corpo di Cristo è presente in diversi altari non localmente, ma sacramentalmente. Così dicendo non intendiamo dire che Cristo è presente solo sotto forma di simbolo, sebbene il sacramento sia nella categoria dei segni, e simboli; ma che il corpo di Cristo è qui presente secondo il modo speciale di questo sacramento.
    4. L'argomento è valido se si riferisce alla presenza del corpo di Cristo fisicamente intesa, ossia nella sua sembianza visibile; ma non se si riferisce alla sua presenza spirituale, cioè invisibile, secondo il modo e la virtù delle cose spirituali. Di qui le parole di Sant'Agostino: "Se intendi spiritualmente" le parole del Cristo a riguardo della sua carne, "esse sono per te spirito e vita; se le intendi in senso carnale, esse sono ugualmente spirito e vita, ma non lo sono per te".

    ARTICOLO 2

    Se in questo sacramento dopo la consacrazione rimanga la sostanza del pane e del vino


    SEMBRA che in questo sacramento dopo la consacrazione rimanga la sostanza del pane e del vino. Infatti:
    1. Il Damasceno dice: "Poiché gli uomini hanno l'abitudine di mangiare il pane e di bere il vino, Dio ha unito a queste cose la sua divinità e le ha fatte corpo e sangue suo". E più sotto: "Il pane della comunione non è semplice pane, ma è pane unito alla divinità". Ora, l'unione si fa tra cose esistenti in atto. Perciò in questo sacramento sono presenti il pane e il vino insieme al corpo e al sangue di Cristo.
    2. Tra i sacramenti della Chiesa ci deve essere uniformità. Ma negli altri sacramenti la sostanza della materia rimane: nel battesimo p. es., rimane la sostanza dell'acqua e nella cresima la sostanza del crisma. Dunque anche in questo sacramento la sostanza del pane e del vino rimane.
    3. Il pane e il vino sono stati scelti per questo sacramento, perché adatti a significare l'unità della Chiesa, poiché "un unico pane si fa con molti grani e un unico vino con molti grappoli", come nota S. Agostino. Ma questo si riscontra nella sostanza stessa del pane e del vino. Quindi la sostanza del pane e del vino in questo sacramento rimane.

    IN CONTRARIO: S. Ambrogio afferma: "Sebbene si vedano le apparenze del pane e del vino, tuttavia dobbiamo credere che dopo la consacrazione sono soltanto carne e sangue di Cristo".

    RISPONDO: Alcuni hanno sostenuto che dopo la consacrazione rimane in questo sacramento la sostanza del pane e del vino. - Ma ciò è insostenibile. Primo, perché questa affermazione esclude la realtà del sacramento eucaristico, la quale implica la presenza in questo sacramento del vero corpo di Cristo. Ma questo non è presente prima della consacrazione. Ora, una cosa non può farsi presente dove non era prima, se non per mezzo di un trasferimento locale, o per il convertirsi in essa di qualche altra cosa: il fuoco p. es., comincia ad essere di nuovo in una casa o perché ci si porta, o perché viene generato in essa. È chiaro però che il corpo di Cristo non incomincia ad essere presente in questo sacramento per un trasferimento locale. Primo, perché allora dovrebbe cessare di essere in cielo; infatti ciò che si sposta localmente, non giunge nel luogo successivo, se non lasciando il precedente. Secondo, perché ogni corpo mosso localmente attraversa tutti gli spazi intermedi: cosa che non si può afferrare nel nostro caso. Terzo, perché è impossibile che un unico movimento del medesimo corpo mosso localmente abbia per termine nello stesso tempo punti diversi: il corpo di Cristo invece si fa presente sotto questo sacramento contemporaneamente in più luoghi. Da ciò si deduce che il corpo di Cristo non può incominciare ad essere in questo sacramento, se non per mezzo della conversione in esso della sostanza del pane. Ma quello che si muta in un'altra cosa, a mutazione avvenuta non rimane. Per salvare quindi la verità di questo sacramento si deve concludere che la sostanza del pane non può rimanere dopo la consacrazione.
    Secondo, perché l'opinione suddetta contraddice alla forma di questo sacramento, nella quale si afferma: "Questo (hoc) è il mio corpo". Ciò non sarebbe vero se vi rimanesse la sostanza del pane: perché la sostanza del pane non è affatto il corpo di Cristo. Ma si dovrebbe dire: "Qui c'è il mio corpo".
    Terzo, perché sarebbe incompatibile con il culto di questo sacramento, qualora in esso rimanesse una sostanza che non si potesse adorare con adorazione di latria.
    Quarto, perché contrasterebbe con le prescrizioni della Chiesa, secondo le quali, dopo aver preso del cibo materiale, non è lecito ricevere il corpo di Cristo, mentre dopo un'ostia consacrata se ne può sumere un'altra.
    Perciò tale opinione è da respingersi come eretica.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dio ha unito "la sua divinità", ossia la sua virtù divina, al pane e al vino, non perché essi rimanessero in questo sacramento, bensì allo scopo di farne il suo corpo e il suo sangue.
    2. Negli altri sacramenti non c'è realmente presente Cristo in persona, come in questo sacramento. Quindi negli altri sacramenti rimane la sostanza della loro materia, ma in questo non può rimanere.
    3. Le apparenze che rimangono, come si dirà appresso, bastano al simbolismo di questo sacramento: perché è attraverso gli accidenti che si conosce la natura della sostanza.

    ARTICOLO 3

    Se la sostanza del pane dopo la consacrazione di questo sacramento venga annichilata, o si risolva nella materia preesistente


    SEMBRA che la sostanza del pane dopo la consacrazione di questo sacramento venga annichilata, o si risolva nella materia preesistente. Infatti:
    1. Ciò che è corporeo deve essere in un dato luogo. Ma la sostanza del pane, che è qualche cosa di corporeo, non rimane, come sopra abbiamo spiegato, in questo sacramento: però non è possibile neppure stabilire un luogo dove si trovi. Quindi non è più nulla dopo la consacrazione. Perciò o è stata annichilata, oppure si è risolta nella materia preesistente.
    2. In qualunque mutazione il termine di partenza sparisce, o tutt'al più rimane nella potenza della materia: quando l'aria, p. es., si trasforma in fuoco, rimane solo nella potenza della materia; lo stesso si dica quando una cosa da bianca diventa nera. Ma in questo sacramento il termine di partenza è la sostanza del pane e del vino, mentre il corpo e il sangue di Cristo sono il termine di arrivo; dice infatti S. Ambrogio: "Prima della consacrazione è designata un'altra sostanza, dopo la consacrazione sta a indicare il corpo di Cristo". Quindi dopo la consacrazione la sostanza del pane e del vino non rimane che nella materia preesistente.
    3. Di due proposizioni contraddittorie una dev'esser vera. Ora, questa è falsa: "Fatta la consacrazione, la sostanza del pane e del vino, è qualche cosa". Dunque è vera quest'altra: "La sostanza del pane e del vino non è più nulla".

    IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "Dio non è la causa della tendenza al non essere". Ma questo sacramento si compie per virtù divina. Dunque in essa la sostanza del pane e del vino non viene annichilata.

    RISPONDO: Poiché la sostanza del pane e del vino non rimane in questo sacramento, alcuni, ritenendo impossibile che essa si converta nel corpo e nel sangue di Cristo, pensarono che in forza della consacrazione la sostanza del pane e del vino si risolva nella materia preesistente, oppure che venga annichilata.
    Ora, la materia preesistente in cui si possono risolvere i corpi composti, sono i quattro elementi: non potendosi essi risolvere nella materia prima priva di qualsiasi forma, perché la materia senza forma non può esistere. Dopo la consacrazione però, non rimanendo sotto la specie del sacramento nient'altro che il corpo e il sangue, è necessario dire che gli elementi in cui si risolverebbe la sostanza del pane e del vino si ritirano dal sacramento con moto locale. E questo dovrebbe essere percepito dai sensi. - Inoltre la sostanza del pane e del vino deve pur rimanere fino all'ultimo istante della consacrazione. Ma nell'ultimo istante della consacrazione c'è già la sostanza del corpo e del sangue di Cristo, come nell'ultimo istante della generazione c'è già la nuova forma. Quindi non è possibile trovare un istante in cui sia presente la materia preesistente. Evidentemente non si può dire che la sostanza del pane e del vino si risolva nella materia preesistente un po' alla volta, o che abbandoni le specie gradualmente. Perché se ciò incominciasse a verificarsi nell'ultimo istante della consacrazione, insieme al corpo di Cristo sotto una parte dell'ostia ci sarebbe la sostanza del pane, contro quello che abbiamo dimostrato sopra. Se invece incominciasse a verificarsi prima della consacrazione, allora ci sarebbe un periodo di tempo durante il quale sotto una parte dell'ostia non sarebbe contenuta né la sostanza del pane né il corpo di Cristo; e questo è inaccettabile.
    Sembra che gli stessi autori suddetti si siano resi conto di questo. Cosicché proposero anche l'altro termine dell'alternativa: cioè l'annichilazione. - Ma neppure questa è possibile. Perché non c'è altro modo per cui il vero corpo di Cristo possa iniziare la sua presenza in questo sacramento all'infuori della conversione in esso della sostanza del pane: e tale conversione viene negata ammettendo, o l'annichilazione della sostanza del pane, o la sua risoluzione nella materia preesistente. - Parimente non c'è modo neppure d'assegnare a tale risoluzione o annichilazione una causa che la produca: poiché l'effetto del sacramento viene indicato dalla forma; ma nessuna di queste due cose viene indicata dalle parole della forma: "Questo è il mio corpo".
    È chiaro quindi che la suddetta opinione è falsa.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dopo la consacrazione la sostanza del pane e del vino non rimane, né sotto le specie sacramentali, né altrove. Non ne segue tuttavia che venga annichilata: essa si converte nel corpo di Cristo. Come non segue che l'aria da cui si è generato il fuoco, se non è qui né altrove, sia annichilata.
    2. La forma da cui si parte non si muta nella forma successiva, ma l'una succede all'altra in un dato soggetto; quindi la prima forma non rimane se non nella potenza della materia. Qui invece la sostanza del pane si muta nel corpo di Cristo, come si è detto. Perciò l'argomento non regge.
    3. Dopo la consacrazione, sebbene sia falsa la proposizione: "La sostanza del pane è qualche cosa", è però qualche cosa ciò in cui la sostanza del pane si è convertita. Quindi la sostanza del pane non è stata annichilata.

    ARTICOLO 4

    Se il pane possa convertirsi nel corpo di Cristo


    SEMBRA che il pane non possa convertirsi nel corpo di Cristo. Infatti:
    1. La conversione è una mutazione. Ma in ogni mutazione dev'esserci un soggetto, il quale prima è in potenza e poi in atto, perché il moto è "l'atto di un ente in potenza", come dice Aristotele. Ora, la sostanza e del pane e del corpo di Cristo, non può avere soggetto, perché è proprio della sostanza, nota Aristotele, "non essere in un soggetto". Quindi è impossibile che tutta la sostanza del pane si converta nel corpo di Cristo.
    2. Nella conversione la forma risultante inizia come nuova nella materia di ciò che si è trasmutato in essa: quando l'aria, p. es., si converte nel fuoco che prima non esisteva, la forma del fuoco incomincia allora a esistere nella materia dell'aria; e così quando il cibo si converte in sostanza umana prima inesistente, la forma umana incomincia allora a esistere nella materia del cibo. Se dunque il pane si converte nel corpo di Cristo, la forma del corpo di Cristo deve incominciare come cosa nuova a esistere nella materia del pane: il che è falso. Dunque il pane non si converte nella sostanza del corpo di Cristo.
    3. Di due cose che sono radicalmente distinte tra loro, una non diventa mai l'altra: il bianco, p. es., non diventa mai nero, ma è il soggetto del bianco che diventa soggetto del nero, come dice Aristotele. Ora, come sono contrarie tra loro due forme radicalmente distinte, essendo esse principii della differenza formale; così sono radicalmente distinte due determinate porzioni di materia, essendo principii della distinzione materiale (o numerica). Quindi è impossibile che questa materia del pane diventi quest'altra materia individuante il corpo di Cristo. Perciò è impossibile che la sostanza di questo pane si converta nella sostanza del corpo di Cristo.

    IN CONTRARIO: Eusebio di Emesa afferma: "Non dev'essere per te strano e impossibile, che cose terrene e mortali si convertano nella sostanza di Cristo".

    RISPONDO: Sopra abbiamo già chiarito che in questo sacramento è presente il vero corpo di Cristo; il quale non può iniziarvi la sua presenza con un moto locale; anzi abbiamo visto pure che il corpo di Cristo non è in esso neppure localmente: perciò bisogna concludere che il corpo di Cristo vi inizia la sua presenza per la conversione in esso della sostanza del pane.
    Questa conversione però non è simile alle conversioni naturali, ma è del tutto soprannaturale, compiuta. dalla sola potenza di Dio. Di qui le parole di S. Ambrogio: "È noto che la Vergine generò fuori dell'ordine della natura. Ora, anche ciò che noi consacriamo è il corpo nato dalla Vergine. Perché dunque cerchi l'ordine naturale nel corpo di Cristo, se il Signore stesso Gesù è stato partorito dalla Vergine fuori dell'ordine di natura?". E a commento del passo, "Le parole che vi ho rivolto", a proposito di questo sacramento, "sono spirito e vita", il Crisostomo afferma: "Sono cioè spirituali, non hanno niente di carnale, né seguono un processo di natura, liberate da ogni necessità terrena e dalle leggi che vigono sulla terra".
    È chiaro infatti che ogni ente opera in quanto è in atto. Ma ogni agente creato è limitato nel suo atto, appartenendo a un dato genere e a una data specie. Quindi l'azione di qualsiasi agente creato si limita a un determinato atto. Ora, la determinazione di qualsiasi cosa al proprio essere in atto dipende dalla forma. Perciò un agente naturale o creato non può causare che una trasmutazione di forma. E quindi ogni conversione, che si compia secondo le leggi naturali, è un cambiamento soltanto formale. Dio invece è atto infinito, come abbiamo spiegato nella Prima Parte. Perciò la sua azione si estende a tutta la natura dell'ente. E quindi può produrre non soltanto delle conversioni formali, in cui in un medesimo soggetto si succedono forme diverse; ma può trasmutare tutto l'ente, in modo che tutta la sostanza di un ente si converta per intero nella sostanza di un altro.
    Ciò appunto avviene per virtù divina in questo sacramento. Infatti tutta la sostanza del pane si converte in tutta la sostanza del corpo di Cristo, e tutta la sostanza del vino in tutta la sostanza del sangue di Cristo. Perciò questa non è una convelsione formale, ma sostanziale. Né rientra tra le specie delle mutazioni naturali, ma con termine proprio può dirsi transustanziazione.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La prima obiezione procede dalle mutazioni di forma; perché è proprio della forma essere nella materia o nel soggetto. La cosa non ha luogo nella conversione di tutta la sostanza. Infatti questa conversione sostanziale, poiché implica un ordine tra due sostanze, di cui una si converte nell'altra, ha il suo soggetto in ambedue le sostanze, appunto come l'ordine e il numero.
    2. Anche la seconda obiezione si basa sulla conversione o mutazione formale; perché, come abbiamo detto, è necessario che la forma sia nella materia o nel soggetto. Ciò invece non avviene nella trasmutazione di tutta la sostanza, in cui il soggetto non esiste.
    3. Per virtù di un agente limitato non può una forma cambiarsi in un'altra forma, né una materia in un'altra materia. Ma per virtù di un agente infinito, che opera su tutto l'ente, tale conversione è possibile; perché ad ambedue le forme e ad ambedue le materie è comune la natura di ente; e l'autore dell'ente può mutare l'entità dell'una nell'entità dell'altra, eliminando ciò che distingueva l'una dall'altra.

    ARTICOLO 5

    Se in questo sacramento rimangano gli accidenti del pane e del vino


    SEMBRA che in questo sacramento non rimangano gli accidenti del pane e del vino. Infatti:
    1. Rimosso ciò che precede, viene meno ciò che segue. Ora, per natura la sostanza precede l'accidente, come prova Aristotele. Poiché dunque, fatta la consacrazione, non rimane la sostanza del pane in questo sacramento, non rimangono neppure i suoi accidenti.
    2. Nel sacramento della verità non ci dev'essere nessun inganno. Ma dagli accidenti noi giudichiamo della sostanza. Perciò, se rimanessero gli accidenti senza che rimanga la sostanza del pane, il giudizio dell'uomo verrebbe ad essere ingannato. Ciò dunque non è conveniente per questo sacramento.
    3. La nostra fede, sebbene non sia subordinata alla ragione, non è tuttavia contro ma sopra di essa, come abbiamo detto all'inizio di quest'opera. Ora, la nostra ragione prende le mosse dai sensi. Perciò la nostra fede non deve mettersi contro i sensi, al punto di credere sostanza del corpo di Cristo quanto i nostri sensi giudicano essere pane. Non è dunque conveniente che in questo sacramento rimangano gli accidenti del pane oggetto dei sensi, e non rimanga la sostanza del pane.
    4. Ciò che rimane dopo la conversione risulta essere il soggetto della mutazione. Se dunque, a conversione avvenuta, rimangono gli accidenti del pane, si dovrà dire che gli stessi accidenti sono il soggetto della conversione. Il che è impossibile, perché "niente è accidente di un altro accidente". Non devono dunque rimanere in questo sacramento gli accidenti del pane e del vino.

    IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "Sotto le specie del pane e del vino che vediamo, noi onoriamo cose invisibili, cioè la carne e il sangue".

    RISPONDO: Con i sensi si constata che, fatta la consacrazione, rimangono tutti gli accidenti del pane e del vino. E ciò è stato disposto sapientemente dalla provvidenza divina. Primo, perché, non essendo per gli uomini cosa abituale ma ributtante mangiare carne umana e bere sangue umano, la carne e il sangue del Cristo ci vengono presentati sotto le specie di quei cibi, che più frequentemente sono usati dagli uomini, cioè del pane e del vino.
    Secondo, perché questo sacramento non sia oggetto d'irrisione da parte dei non credenti, come sarebbe se mangiassimo il Signore nostro nelle sue proprie sembianze.
    Terzo, perché il ricevere in modo invisibile il corpo e il sangue del Signore, giovi ad accrescere il merito della fede.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'effetto, come nota Aristotele, dipende più dalla causa prima che dalla causa seconda. Quindi per virtù di Dio che è la causa prima di tutte le cose, possono rimanere cose susseguenti, senza che rimanga ciò che le precede.
    2. In questo sacramento non c'è alcun inganno: perché gli accidenti, di cui giudicano i sensi, rimangono nella loro realtà. L'intelletto poi, il quale, come dice Aristotele, ha per suo oggetto la sostanza, viene preservato dall'inganno mediante la fede.
    3. E così è risolta anche la terza difficoltà. Perché, la fede non è contro i sensi, ma riguarda cose cui i sensi non possono arrivare.
    4. Questa conversione, come abbiamo notato, non ha propriamente un soggetto. Tuttavia gli accidenti che rimangono, hanno una certa somiglianza con esso.

    ARTICOLO 6

    Se, fatta la consacrazione, rimanga in questo sacramento la forma sostanziale del pane


    SEMBRA che, fatta la consacrazione, rimanga in questo sacramento la forma sostanziale del pane. Infatti:
    1. È stato detto che dopo la consacrazione rimangono gli accidenti. Ma essendo il pane qualche cosa di artificiale, anche la sua forma è un accidente. Quindi, a consacrazione avvenuta, rimane.
    2. La forma del corpo di Cristo è l'anima, poiché secondo la definizione di Aristotele l'anima è "atto del corpo fisico avente vita in potenza". Ma non si può dire che la forma sostanziale del pane si converta nell'anima. Dunque essa rimane dopo la consacrazione.
    3. In ogni ente l'operazione propria presuppone la forma sostanziale. Ma ciò che rimane in questo sacramento, nutre e produce tutti gli effetti che produrrebbe il pane se fosse presente. Dunque la forma sostanziale del pane rimane.

    IN CONTRARIO: La forma sostanziale del pane fa parte della sostanza del pane. Ma la sostanza del pane si converte nel corpo di Cristo, come si è detto. Dunque la forma sostanziale del pane non può rimanere.

    RISPONDO: Alcuni hanno pensato che, fatta la consacrazione, rimangono non solo gli accidenti del pane, ma anche la sua forma sostanziale. - Ma ciò non può essere. Primo, perché, se la forma sostanziale del pane rimanesse, si convertirebbe nel corpo di Cristo null'altro che la materia del pane. Conseguentemente non tutto il pane si convertirebbe nel corpo di Cristo, ma solo la materia del pane. Il che è incompatibile con la forma del sacramento nella quale si dice: "Questo è il mio corpo".
    Secondo, perché se la forma sostanziale del pane rimanesse, rimarrebbe o unita o separata dalla materia. Ma la prima ipotesi è impossibile. Perché, rimanendo nella materia del pane, rimarrebbe allora tutta la sostanza del pane, contro quanto abbiamo detto. Né potrebbe rimanere unita ad altra materia: perché ogni forma non si trova se non nella propria materia. - Se poi rimanesse separata dalla materia, allora sarebbe una forma intelligibile in atto e quindi intelligente: poiché sono tali tutte le forme separate dalla materia.
    Terzo, la cosa sarebbe inconciliabile con questo sacramento. Infatti gli accidenti del pane rimangono in questo sacramento per mostrare il corpo di Cristo, come si è detto sopra, sotto apparenze non proprie.
    Perciò la forma sostanziale del pane non rimane.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Niente impedisce che l'arte faccia qualche cosa, la cui forma non è accidentale ma sostanziale: così possono prodursi artificialmente rane e serpenti. Tali forme l'arte non le produce per virtù propria, ma per virtù dei principii naturali. Ed è così che essa produce la forma sostanziale del pane mediante la virtù del fuoco che cuoce la materia composta di farina e di acqua.
    2. L'anima è forma del corpo e gli dona tutta la sua struttura di essere completo: cioè l'essere, l'essere corporeo, l'essere animato e così via. Orbene, la forma del pane si converte nella forma del corpo di Cristo solo rispetto all'essere corporeo: non già rispetto all'essere animato da un'anima umana.
    3. Tra le operazioni del pane alcune gli sono proprie in ragione degli accidenti, p. es., alterare i nostri sensi. E tali operazioni si riscontrano nella specie del pane dopo la consacrazione a causa della permanenza degli accidenti stessi.
    Altre operazioni invece sono proprie del pane, o in forza della materia, come il potersi convertire in un'altra cosa; oppure in forza della forma sostanziale, come gli effetti derivanti dalla sua natura, il fatto p. es., di "irrobustire il cuore dell'uomo". E tali operazioni si riscontrano in questo sacramento non in quanto rimane la forma o la materia, ma perché sono concesse miracolosamente agli stessi accidenti, come si dirà in seguito.

    ARTICOLO 7

    Se questa conversione avvenga istantaneamente o gradualmente


    SEMBRA che questa conversione non avvenga istantaneamente, ma gradualmente. Infatti:
    1. In questo sacramento prima si ha la sostanza del pane e poi la sostanza del corpo di Cristo. Perciò le due cose non si hanno nel medesimo istante, bensì in due istanti. Ma tra due istanti c'è sempre un tempo intermedio. Quindi questa conversione avviene necessariamente in quel processo di tempo, che intercorre dall'ultimo istante in cui è presente il pane, al primo istante in cui è presente il corpo di Cristo.
    2. In ogni conversione si distingue il suo farsi e l'esser fatta, o compiuta. Ma queste due cose non sono simultanee, perché quello che si sta facendo non esiste ancora, e quello che è già fatto esiste già. Dunque in questa conversione c'è un prima e un dopo. Conseguentemente non è istantanea, ma graduale.
    3. S. Ambrogio afferma che questo sacramento "si compie con le parole di Cristo". Ma le parole di Cristo vengono proferite successivamente. Quindi questa conversione non è istantanea.

    IN CONTRARIO: Questa conversione si compie per una virtù infinita, della quale è proprio operare istantaneamente.

    RISPONDO: Una mutazione può essere istantanea per tre motivi. Primo, a motivo della forma a cui termina la mutazione. Se infatti si tratta di una forma che ammette un più e un meno, essa viene acquisita dal soggetto per gradi successivi, come la sanità. Ecco perché la forma sostanziale "non ammettendo un più e un meno", viene introdotta nella materia istantaneamente. - Secondo, a motivo del soggetto che a volte viene gradualmente preparato a ricevere la forma: l'acqua p. es., si riscalda poco a poco. Quando invece il soggetto è di per sé nella disposizione immediata alla forma, la riceve istantaneamente: così un corpo diafano si illumina all'istante. - Terzo, a motivo dell'agente di virtù infinita: poiché esso è capace di disporre in un attimo la materia alla forma. Così si legge che avendo Cristo detto: "Effeta, cioè: Apriti, subito a un uomo si aprirono gli orecchi e si sciolse il nodo della lingua".
    E per questi tre motivi la conversione di cui parliamo è istantanea. Primo, perché la sostanza del corpo di Cristo, alla quale termina questa conversione, non ammette un più e un meno. - Secondo, perché in questa conversione non c'è un soggetto da preparare gradualmente. - Terzo, perché viene compiuta dall'infinita virtù di Dio.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Alcuni non ammettono che tra due istanti ci debba sempre essere un tempo intermedio. Dicono infatti che ciò è impossibile tra due istanti che si riferiscano al medesimo movimento, ma non tra due istanti che si riferiscono a cose diverse. Così tra l'istante che segna la fine del riposo e l'istante che segna l'inizio del movimento non c'è tempo intermedio. - Ma in questo s'ingannano. Perché, l'identità del tempo e dell'istante o la loro diversità non si giudicano in relazione a qualsiasi movimento, bensì in relazione al primo moto del cielo, che è la misura di ogni moto e di ogni quiete.
    Perciò altri ammettono il tempo intermedio nel tempo che misura il movimento dipendente dal moto del cielo. Ci sono però moti indipendenti dal moto del cielo, che non sono misurati da esso: i moti degli angeli, p. es., di cui abbiamo parlato nella Prima Parte. Perciò tra due istanti corrispondenti a codesti moti non c'è tempo intermedio. - Ma questo non si può applicare al caso presente. Perché, sebbene questa conversione non abbia di per sé rapporto con il moto dei cieli, segue però la pronunzia delle parole, la quale è misurata necessariamente dal moto dei cieli. Perciò è inevitabile che tra due istanti qualsiasi di questa conversione ci sia un tempo intermedio.
    Alcuni allora dicono che l'ultimo istante in cui è presente il pane e il primo istante in cui è presente il corpo di Cristo sono due in riferimento alle due cose misurate, ma sono un medesimo istante in riferimento al tempo misurante: come quando due linee si toccano, i punti da parte delle linee sono due, ma è il medesimo punto rispetto al luogo d'incontro. - Ma qui il caso è diverso. Perché, l'istante e il tempo non sono per i movimenti particolari una misura intrinseca come la linea e il punto per i corpi, ma soltanto estrinseca, come il luogo per i corpi.
    Altri quindi dicono che l'istante è identico nella realtà, ma duplice secondo ragione. - Da questo però seguirebbe che simultaneamente esisterebbero nella realtà cose tra loro opposte. Infatti la differenza di ragione non cambia affatto la realtà.
    Perciò si deve rispondere che questa conversione avviene, come si è detto, per le parole di Cristo proferite dal sacerdote, in modo che l'ultimo istante della dizione delle parole è il primo istante della presenza del corpo di Cristo nel sacramento, mentre in tutto il tempo precedente c'era la sostanza del pane. Ma in questo tempo non è possibile distinguere il penultimo istante immediatamente precedente all'ultimo; perché il tempo non si compone d'istanti consecutivi, come dimostra Aristotele. E così è precisabile il primo istante della presenza del corpo del Cristo, ma non è precisabile l'ultimo istante in cui è presente la sostanza del pane, bensì è precisabile l'ultimo tempo. Del resto la stessa cosa si riscontra anche nelle trasmutazioni naturali, come insegna Aristotele.
    2. Nelle mutazioni istantanee c'è coincidenza tra il farsi e l'esser fatto: è simultaneo, p. es., venire illuminati ed essere illuminati. Poiché in tali mutazioni si parla di cose fatte in quanto già sono, e di divenire in quanto prima di allora non erano.
    3. Questa conversione, come si è detto, avviene nell'ultimo istante del proferimento delle parole: allora infatti è completo il loro significato, il quale ha efficacia nella forma dei sacramenti. Perciò non segue che questa conversione debba essere graduale.

    ARTICOLO 8

    Se sia vera questa proposizione: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo"


    SEMBRA che sia falsa questa proposizione: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo". Infatti:
    1. Ogni cosa da cui se ne ottiene un'altra si può dire che diventa l'altra, ma non viceversa: diciamo infatti che dal bianco si ottiene il nero e che il bianco diventa nero; e sebbene diciamo che un uomo diventa nero, non diciamo tuttavia che da un uomo si ottiene il nero, come osserva Aristotele. Se dunque è vero che dal pane si ottiene il corpo di Cristo, sarà vero che il pane diventa il corpo di Cristo. Il che è falso, perché il pane non è il soggetto della conversione, ma ne è piuttosto il termine di partenza. Non è dunque esatto che dal pane si ottenga il corpo di Cristo.
    2. Il divenire ha per termine l'essere o l'esser fatto. Ma non è mai vera questa proposizione: "Il pane è il corpo di Cristo", e neppure quest'altra: "Il pane è diventato il corpo di Cristo"; oppure: "Il pane sarà il corpo di Cristo". Non è vera dunque nemmeno questa: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo".
    3. Ogni cosa da cui se ne ottiene un'altra, si converte in questa. Ma la proposizione: "Il pane si converte nel corpo di Cristo", è falsa; perché tale conversione è più miracolosa della creazione, per descrivere la quale tuttavia non si dice che il non ente si converte nell'ente. Dunque è falsa anche la proposizione: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo".
    4. La cosa da cui se ne ottiene un'altra ha la capacità di diventare quest'ultima. Ma è falso dire: "Il pane può diventare il corpo di Cristo". Dunque è falso anche dire: "Dal pane si ottiene il corpo di Cristo".

    IN CONTRARIO: S. Ambrogio afferma: "Quando sopraggiunge la consacrazione, dal pane si ottiene il corpo di Cristo".

    RISPONDO: Questa conversione del pane nel corpo di Cristo sotto certi aspetti somiglia alla creazione e alla trasmutazione naturale, e sotto altri differisce da ambedue. Infatti è comune a tutti e tre i fatti la successione dei termini, cioè che una cosa sia dopo l'altra: infatti nella creazione abbiamo l'essere dopo il non essere, in questo sacramento abbiamo il corpo di Cristo dopo la sostanza del pane, e nella mutazione naturale abbiamo il bianco dopo il nero, o il fuoco dopo l'aria; inoltre è comune la non coincidenza di detti termini.
    Detta conversione somiglia inoltre alla creazione, perché in entrambe è escluso un soggetto comune ai due termini del trapasso. Il contrario invece si verifica in ogni trasmutazione naturale.
    Questa conversione ha poi un'affinità con la trasmutazione naturale su due cose, però in maniere diverse. Primo, per il fatto che in ambedue uno degli estremi si converte nell'altro: il pane nel corpo di Cristo, e l'aria (p. es.) nel fuoco, mentre il non ente non si converte nell'ente. Tuttavia nei due casi il trapasso è ben diverso. Infatti in questo sacramento l'intera sostanza del pane si converte in tutto il corpo di Cristo; mentre nella mutazione naturale la materia di una cosa riceve la forma di un'altra dopo la perdita della forma precedente. - Secondo, si somigliano in questo, che in ambedue i trapassi rimane un dato permanente: il che non può avvenire nella creazione. Però con questa differenza: che mentre nelle trasmutazioni naturali rimane identica la materia o il soggetto, in questo sacramento rimangono identici gli accidenti.
    Da ciò si rileva quali siano le differenze di linguaggio da osservarsi in proposito. Poiché infatti in nessuno dei tre processi indicati i termini estremi sono simultanei, in nessuno di essi un estremo si può predicare dell'altro con un verbo di tempo presente che indichi la sostanza; ecco perché non diciamo che "Il non ente è ente", o che "Il pane è il corpo di Cristo", oppure che "L'aria è il fuoco", o che "Il bianco è nero".
    Tenendo conto invece che gli estremi si succedono, possiamo nei tre casi usare la proposizione da (ex), per designare la successione. Possiamo così dire con verità e proprietà di linguaggio che "dal non ente si ha l'ente", "dal pane si ha il corpo di Cristo", "dall'aria il fuoco", o "dal bianco il nero".
    Ma poiché nella creazione un estremo non si converte nell'altro, parlando della creazione non possiamo usare il termine conversione, e quindi non possiamo dire che "il non ente si converte nell'ente". A codesto termine invece possiamo ricorrere in questo sacramento, come anche nelle trasmutazioni naturali. Ma siccome in questo sacramento si converte tutta una sostanza in tutta un'altra sostanza, tale conversione si chiama propriamente transustanziazione.
    Ancora, poiché di questa conversionè non esiste un soggetto, tutto ciò che si riscontra nelle conversioni naturali a motivo del soggetto non si può applicare a questa conversione. Innanzi tutto è chiaro che la potenza all'opposto è dovuta al soggetto; ed è in relazione a esso che valgono le frasi: "Il bianco può essere nero", e "L'aria può essere fuoco". Sebbene in questo secondo caso l'espressione non sia così propria come nel primo: infatti il soggetto del bianco in cui c'è la potenza al nero, è tutta la sostanza di codesto soggetto bianco, non essendo il bianco una parte della sostanza; invece il soggetto della forma dell'aria è una parte dell'aria e quindi dire che "l'aria può essere fuoco" è vero in forza della parte, per sineddoche. Al contrario nella transustanziazione come nella creazione, non essendovi alcun soggetto, non si dice che un estremo può essere l'altro, p. es., che "il non ente possa essere l'ente", oppure che "il pane possa essere il corpo di Cristo". - Per la stessa ragione non si può dire propriamente che "dal non ente si ha l'ente", o che "dal pane si ha il corpo di Cristo"; perché questa preposizione da (de) indica una causa consustanziale e tale consustanzialità degli estremi nelle trasmutazioni naturali dipende dalla comunanza del soggetto. - Similmente non è consentito dire che "il pane sarà il corpo di Cristo", o che "il pane diventa il corpo di Cristo"; come non è consentito, rispetto alla creazione dire che "il non ente sarà l'ente", o che "il non ente diventa l'ente", perché questo modo di dire è vero nelle trasmutazioni naturali dipendentemente dal soggetto: quando diciamo, p. es., che "il bianco diventa nero" e che "il bianco sarà nero".
    Nondimeno, siccome in questo sacramento, a conversione avvenuta, rimane qualche cosa di immutato, cioè gli accidenti del pane, come si è detto sopra, secondo una certa analogia alcune delle proposizioni esaminate possono essere accettate: cioè che "il pane è il corpo di Cristo", che "il pane sarà il corpo di Cristo", oppure che "dal pane si ottiene il corpo di Cristo", intendendo con il termine pane non la sostanza del pane, ma indeterminatamente ciò che è contenuto sotto le specie del pane, sotto le quali prima era contenuta la sostanza del pane e poi il corpo di Cristo.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La cosa da cui se ne ottiene un'altra, talora indica il soggetto insieme a uno degli estremi della mutazione, come quando si dice di una cosa che "da bianca si fa nera". Talora invece indica solo l'opposto o l'estremo contrario, come quando si dice che "dal mattino si fa giorno". E allora non è consentito di dire che questo diventa quello, cioè che "il mattino diventa il giorno". Altrettanto nel caso nostro: sebbene si dica con proprietà che dal pane si ottiene il corpo di Cristo, tuttavia l'espressione "il pane diviene il corpo di Cristo" non si può usare con proprietà di linguaggio; ma solo secondo una certa analogia, come si è detto.
    2. La cosa da cui se ne ottiene un'altra, talora diventerà l'altra in forza del soggetto presupposto. Perciò, siccome in questa conversione sacramentale non c'è un soggetto, non è possibile considerarla alla pari.
    3. In questa conversione ci sono delle cose più difficili che nella creazione, nella quale è difficile soltanto questo, che una cosa venga dal nulla: ciò tuttavia rientra nel modo di operare che è proprio della causa prima, la quale non presuppone nient'altro. Invece nella transustanziazione non solo è difficile il fatto che questo tutto si converte in un altro tutto, cosicché non resti nulla del primo, e ciò non rientra nel modo comune di agire di nessuna causa, ma c'è di difficile anche la permanenza degli accidenti dopo la conversione della sostanza, e molte altre cose di cui si parlerà in seguito. Ciò nonostante, il termine conversione si usa per questo sacramento, come abbiamo spiegato, e non per la creazione.
    4. La potenza, come si è detto, spetta al soggetto, che manca in questa conversione. Ecco perché non è lecito dire che il pane può essere il corpo del Cristo, poiché questa conversione non si compie in virtù della potenza passiva della creatura, ma solo in virtù della potenza attiva del Creatore.

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    Questione 76

    Il modo in cui Cristo è presente in questo sacramento


    Veniamo ora a considerare il modo in cui Cristo è presente in questo sacramento.
    In proposito si pongono otto quesiti: 1. Se Cristo sia per intero in questo sacramento; 2. Se Cristo sia tutto intero in ambedue le specie del sacramento; 3. Se Cristo sia per intero in tutte le parti delle specie; 4. Se le dimensioni del corpo di Cristo siano rispettate in questo sacramento; 5. Se il corpo di Cristo sia in questo sacramento localmente; 6. Se il corpo di Cristo venga mosso al muoversi dell'ostia o del calice dopo la consacrazione; 7. Se il corpo di Cristo sia percepibile dagli occhi in questo sacramento; 8. Se il vero corpo di Cristo rimanga in questo sacramento, quando miracolosamente appare sotto le sembianze di bambino o di carne.

    ARTICOLO 1

    Se tutto Cristo sia contenuto per intero in questo sacramento


    SEMBRA che Cristo non sia contenuto per intero in questo sacramento. Infatti:
    1. Cristo incomincia a essere in questo sacramento per la conversione del pane e del vino. Ma è evidente che il pane e il vino non possono convertirsi né nella divinità di Cristo, né nella sua anima. Ora, Cristo essendo composto di tre sostanze, cioè di divinità, di anima e di corpo, come sopra abbiamo detto, è chiaro che egli non è presente per intero in questo sacramento.
    2. Cristo è in questo sacramento per il nutrimento dei fedeli, che consiste nel cibo e nella bevanda, come si è detto. Ora, il Signore afferma: "La mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda". Perciò in questo sacramento ci sono soltanto la carne e il sangue di Cristo. Ma ci sono molte altre parti nel corpo del Cristo: p. es., i nervi, le ossa e altre simili. Dunque Cristo non è contenuto per intero in questo sacramento.
    3. Un corpo di maggiore grandezza non può essere contenuto tutto nelle misure di una quantità minore. Ma le misure del pane e del vino consacrato sono molto più piccole delle misure proprie del corpo di Cristo. Dunque non è possibile che Cristo sia contenuto per intero in questo sacramento.

    IN CONTRARIO: S. Ambrogio afferma: "In questo sacramento c'è Cristo".

    RISPONDO: È necessario riconoscere, secondo la fede cattolica, che tutto il Cristo è presente in questo sacramento. Si noti però che le parti del Cristo possono essere in questo sacramento in due modi: primo, quasi in forza del sacramento; secondo, per concomitanza naturale. In forza del sacramento è presente sotto le specie sacramentali ciò in cui direttamente si converte la preesistente sostanza del pane e del vino, come significano le parole della forma, che qui sono efficaci come negli altri sacramenti, e cioè: "Questo è il mio corpo", "Questo è il mio sangue". Per concomitanza naturale poi è presente in questo sacramento ciò che è realmente congiunto con quanto costituisce il termine della conversione suddetta. Infatti, di due cose unite realmente tra loro, dov'è realmente l'una bisogna che sia anche l'altra: poiché le cose che sono unite realmente vengono separate solo dall'attività dello spirito.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Poiché la conversione del pane e del vino non termina alla divinità o all'anima del Cristo, è logico che la divinità e l'anima di Cristo non possono essere presenti in forza del sacramento, ma per concomitanza naturale. Infatti, non avendo mai la divinità lasciato il corpo che assunse, dovunque si trova il corpo di Cristo, deve esserci anche la sua divinità. Quindi in questo sacramento è necessariamente presente la divinità di Cristo in concomitanza del suo corpo. Ecco perché negli atti del Concilio di Efeso si legge: "Diventiamo partecipi del corpo e del sangue di Cristo, ricevendo non una carne comune, né quella di un uomo santificato e congiunto con il Verbo a titolo di onore, ma una carne veramente vivificante e divenuta propria del Verbo stesso".
    L'anima al contrario una volta si separò realmente dal corpo, come si è detto sopra. Perciò, se in quel triduo di morte fosse stato celebrato questo sacramento, l'anima non vi sarebbe stata presente, né in forza del sacramento, né per concomitanza naturale. Ma poiché "il Cristo risorto da morte non muore più", come dice S. Paolo, la sua anima è sempre realmente unita al corpo. E quindi, in questo sacramento, il corpo di Cristo è presente in forza del sacramento, l'anima invece per concomitanza reale.
    2. In virtù del sacramento nell'Eucarestia è presente sotto le specie del pane non solo la carne, ma tutto il corpo di Cristo, cioè le ossa, i nervi e le altre parti consimili. Ciò risulta dalla forma di questo sacramento, nella quale non si dice: "Questa è la mia carne", bensì: "Questo è il mio corpo". Perciò nelle parole del Signore: "La mia carne è veramente cibo", carne sta per il corpo intero, poiché essa secondo gli usi degli uomini è più adatta alla funzione di cibo: infatti comunemente gli uomini si cibano della carne degli animali, e non delle ossa o di altre parti del corpo.
    3. Come si è già detto, avvenuta la conversione del pane nel corpo di Cristo o del vino nel sangue, gli accidenti dell'uno e dell'altro rimangono. Da ciò risulta che la conversione non sta nelle dimensioni del pane e del vino che si mutano nelle dimensioni del corpo di Cristo, ma nella conversione da sostanza a sostanza. Cosicché la sostanza del corpo o del sangue di Cristo è presente in questo sacramento in forza del sacramento, non così le dimensioni del suo corpo e del suo sangue. È perciò evidente che il corpo di Cristo è presente in questo sacramento secondo il modo della sostanza e non secondo il modo della quantità. Ora, la totalità propria della sostanza è contenuta indifferentemente in una quantità piccola o in una quantità grande: la natura dell'aria, p. es., è tutta intera in un grande come in un piccolo volume di aria, e la natura dell'uomo è tutta, sia in un uomo grande, che in uno piccolo. Perciò anche in questo sacramento dopo la consacrazione è contenuta tutta la sostanza del corpo e del sangue di Cristo, come prima della consacrazione c'era contenuta la sostanza del pane e del vino.

    ARTICOLO 2

    Se sotto ognuna delle due specie di questo sacramento sia contenuto tutto il Cristo


    SEMBRA che sotto ognuna delle due specie di questo sacramento non sia contenuto tutto il Cristo. Infatti:
    1. Questo sacramento è ordinato alla salvezza dei fedeli, non per la virtù delle specie, ma di ciò che è contenuto sotto le specie: poiché le specie esistevano già prima della consacrazione, con la quale inizia la virtù di questo sacramento. Se dunque sotto una specie niente si contiene che non sia contenuto nell'altra, e tutto il Cristo è contenuto in ciascuna di esse, una delle due specie è superflua in questo sacramento.
    2. Si è detto che il termine carne abbraccia tutte le altre parti del corpo, cioè le ossa, i nervi e così via. Ma il sangue è una delle parti del corpo umano, come spiega Aristotele. Se dunque il sangue di Cristo è contenuto sotto le specie del pane, alla maniera che sono contenute le altre parti del corpo, non si dovrebbe consacrare separatamente il sangue, come non si consacra separatamente nessun'altra parte del corpo.
    3. Quello che già è stato fatto, non può farsi ormai. Ora, il corpo di Cristo è già presente in questo sacramento per la consacrazione del pane. Non può dunque incominciare a esserci una seconda volta per la consacrazione del vino. Quindi sotto le specie del vino non sarà contenuto il corpo di Cristo, e di conseguenza non sarà in esso contenuto tutto il Cristo. Perciò in ognuna delle due specie non è contenuto Cristo nella sua integrità.

    IN CONTRARIO: La Glossa a commento delle parole di S. Paolo afferma che "sotto ambedue le specie", cioè del pane e del vino, "si riceve la medesima realtà". È chiaro quindi che in ognuna di esse, Cristo è presente per intero.

    RISPONDO: Da quanto abbiamo già detto deriva come tesi certissima che sotto ognuna delle due specie sacramentali è presente tutto il Cristo: però in modi diversi. Infatti sotto le specie del pane il corpo di Cristo è presente in forza del sacramento, il sangue invece per concomitanza naturale, come si è detto sopra riguardo all'anima e alla divinità. Al contrario sotto le specie del vino è presente il sangue di Cristo in forza del sacramento, e il corpo di Cristo per concomitanza naturale, come l'anima e la divinità; questo perché attualmente il sangue di Cristo non è separato dal suo corpo, come lo fu nel tempo della sua passione e morte. Poiché, se allora si fosse celebrato questo sacramento, sotto le specie del pane ci sarebbe stato il corpo di Cristo senza il sangue e sotto le specie del vino il sangue senza il corpo, come voleva la realtà delle cose.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene tutto il Cristo sia presente in ciascuna delle due specie, non vi è presente inutilmente. Primo, perché ciò serve a rappresentare efficacemente la passione di Cristo, nella quale il sangue fu separato dal corpo. Cosicché nella forma stessa della consacrazione del sangue viene ricordata la sua effusione.
    Secondo, la cosa è adatta all'uso del sacramento, al fine di poter offrire distintamente ai fedeli il corpo di Cristo come cibo e il sangue come bevanda.
    Terzo, ciò si addice anche agli effetti, perché, come abbiamo accennato sopra, "il corpo viene offerto per la salvezza del corpo e il sangue per la salvezza dell'anima".
    2. Nella passione di Cristo, della quale l'Eucarestia è il memoriale, le altre parti del corpo non rimasero separate tra loro come il sangue; ma il corpo rimase integro, in conformità alle parole: "Non gli romperete alcun osso". Ecco perché in questo sacramento nessun'altra parte, all'infuori del sangue, viene consacrata separatamente dal corpo.
    3. Il corpo di Cristo, come si è detto, non è nelle specie del vino in forza del sacramento, ma solo per concomitanza. Quindi con la consacrazione del vino si renderà presente il corpo di Cristo non direttamente, ma per concomitanza.

    ARTICOLO 3

    Se Cristo sia per intero in ogni particella delle specie del pane e del vino


    SEMBRA che Cristo non sia per intero in ogni particella delle specie del pane e del vino. Infatti:
    1. Quelle specie si possono dividere all'infinito. Se dunque Cristo fosse per intero in ogni particella delle specie suddette, sarebbe infinite volte in questo sacramento. Il che è inammissibile: poiché l'infinito ripugna non solo nell'ordine della natura, ma anche in quello della grazia.
    2. Il corpo di Cristo, essendo organico, ha le sue parti determinatamente distanziate, perché è della natura di un corpo organico una certa distanza tra le singole parti, come tra un occhio e l'altro, tra un occhio e un orecchio. Ma questo sarebbe impossibile, se in tutte le parti delle specie ci fosse tutto il Cristo, perché allora in ogni singola parte sarebbero presenti tutte le parti, e così dove fosse una parte ci sarebbe anche l'altra. Non è dunque possibile che Cristo per intero sia in tutte le parti dell'ostia, oppure del vino contenuto nel calice.
    3. Il corpo di Cristo conserva sempre la sua vera natura di corpo e non si cambia in spirito. Ma è proprio della natura del corpo di essere "una quantità avente posizione", come si esprime Aristotele. Ebbene, la natura della quantità vuole che parti diverse occupino diverse parti dello spazio. È dunque impossibile che tutto il Cristo sia in tutte le parti delle specie.

    IN CONTRARIO: S. Agostino afferma: "Ciascuno riceve il Cristo Signore: e nelle singole porzioni egli è tutto senza diminuzione, ma a ciascuno egli si dona intero".

    RISPONDO: Poiché, come risulta dalle spiegazioni già date, la sostanza del corpo di Cristo è presente in questo sacramento in forza del sacramento, mentre la quantità con le sue dimensioni è presente per concomitanza, il corpo di Cristo è presente in questo sacramento alla maniera delle sostanze, ossia alla stessa maniera in cui la sostanza è presente sotto le proprie dimensioni, non già come le dimensioni: ossia non alla maniera in cui la quantità estesa di un corpo è nella quantità estesa dello spazio. Ora, è chiaro che la natura di una sostanza è tutta in tutte le parti delle dimensioni che la contengono: in tutte le parti dell'aria, p. es., c'è tutta la natura dell'aria, e in tutte le parti di un pane c'è tutta la natura del pane. E questo, sia nel caso che le dimensioni siano di fatto divise, come quando si divide l'aria o si taglia il pane; sia nel caso che non lo siano, pur essendo divisibili in potenza. È dunque evidente che Cristo è tutto in ciascuna parte delle specie del pane, anche se l'ostia rimane intera: e non soltanto quando si spezza, come dicono alcuni, i quali portano l'esempio dell'immagine riflessa nello specchio, la quale è unica nello specchio intero, mentre rompendo lo specchio in ogni frammento di esso appaiono altrettante immagini. Ma tra i due fatti non c'è tanta somiglianza. Perché la moltiplicazione di tali immagini nello specchio rotto dipende dalle diverse rifrazioni nelle varie parti dello specchio; mentre qui non c'è che una sola consacrazione in forza della quale il corpo di Cristo è presente nel sacramento.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il numero segue la divisione. Quindi finché la quantità rimane una in atto, né le sostanze delle varie cose sono ripetutamente dentro le proprie dimensioni, né il corpo di Cristo è più volte dentro le dimensioni del pane. Quindi neppure infinite volte; ma tante volte quante sono le parti in cui si divide.
    2. Quella determinata distanza tra le parti di un corpo organico si fonda sull'estensione della sua quantità; ma la natura della sostanza precede anche l'estensione della quantità. Ora, poiché la conversione della sostanza del pane termina direttamente alla sostanza del corpo di Cristo, e quest'ultimo si trova propriamente e direttamente come sostanza in questo sacramento, le distanze suddette tra le parti organiche sono senza dubbio nel vero corpo di Cristo; tale corpo però non riguarda questo sacramento secondo quelle determinazioni spaziali, bensì secondo il modo di essere della propria sostanza, come sopra abbiamo detto.
    3. L'argomento parte dalla natura che appartiene al corpo secondo la sua estensione quantitativa. Ma, come noi abbiamo già notato sopra, il corpo di Cristo riguarda questo sacramento non secondo l'estensione o quantità, bensì secondo la sua sostanza.

    ARTICOLO 4

    Se le dimensioni del corpo di Cristo siano per intero in questo sacramento


    SEMBRA che le dimensioni del corpo di Cristo non siano per intero in questo sacramento. Infatti:
    1. Sopra abbiamo concluso che il corpo di Cristo è contenuto per intero in tutte le parti dell'ostia consacrata. Ora, nessuna quantità estesa può essere contenuta per intero in un tutto e in ciascuna delle sue parti. È dunque impossibile che tutte le dimensioni del corpo del Cristo siano contenute per intero in questo sacramento.
    2. È impossibile, spiega Aristotele, che due quantità estese occupino lo stesso spazio, pur essendo l'una separata e l'altra in un corpo fisico. Ma in questo sacramento rimane la quantità estesa del pane, come appare ai sensi. Dunque in esso non sono presenti le dimensioni del corpo di Cristo.
    3. Se due estensioni disuguali si pongono una accanto all'altra, la più grande si estende oltre la più piccola. Ma l'estensione del corpo di Cristo è molto più grande di quella dell'ostia consacrata. Se dunque in questo sacramento fossero presenti le dimensioni del corpo di Cristo insieme a quelle dell'ostia, le prime oltrepasserebbero le dimensioni dell'ostia. E tuttavia quest'ultima include la sostanza del corpo di Cristo. Conseguentemente la sostanza del corpo di Cristo sarà presente in questo sacramento anche fuori delle specie del pane. Il che è inammissibile, poiché la sostanza del corpo di Cristo è presente in questo sacramento solo in forza della consacrazione del pane, come si è detto. Dunque è impossibile che le dimensioni del corpo di Cristo siano per intero in questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Le dimensioni di un corpo sono nella realtà inseparabili dalla sostanza. Ma in questo sacramento c'è tutta la sostanza del corpo di Cristo, come si è detto sopra. Dunque le dimensioni del corpo del Cristo sono per intero in questo sacramento.

    RISPONDO: Quanto appartiene a Cristo può essere presente in questo sacramento, come si è detto sopra, in due modi: primo, in forza del sacramento; secondo, per naturale concomitanza. Ebbene, le dimensioni del corpo di Cristo non sono in questo sacramento in forza del sacramento. Infatti in forza del sacramento è presente nell'Eucarestia ciò a cui termina direttamente la conversione. Ma la conversione sacramentale termina direttamente alla sostanza del corpo di Cristo e non alle sue dimensioni. Ciò risulta con evidenza dal fatto che rimangono le dimensioni (delle specie) dopo la consacrazione, mentre si muta solo la sostanza del pane. - Tuttavia, poiché la sostanza del corpo di Cristo non viene realmente spogliata delle proprie dimensioni né degli altri suoi accidenti, ne segue che in forza della concomitanza naturale sono presenti in questo sacramento tutte le dimensioni del corpo di Cristo e tutti gli altri suoi accidenti.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il modo di essere di qualsiasi cosa è determinato da ciò che essa possiede per se e non da ciò che possiede per accidens: un corpo, p. es., è presente nell'occhio per la sua bianchezza e non per la sua dolcezza, sebbene il medesimo corpo possa essere bianco e dolce. Per cui la dolcezza è nell'occhio secondo il modo della bianchezza, e non secondo il modo della dolcezza. Ebbene, poiché in forza del sacramento nell'Eucarestia è presente la sostanza del corpo di Cristo, mentre le sue dimensioni ci sono per concomitanza e quasi per accidens, tali dimensioni sono presenti in questo sacramento non nel modo loro proprio, e cioè integralmente in tutto il corpo e parzialmente nelle singole parti; ma secondo il modo della sostanza, la cui natura è di essere tutta nel tutto e tutta in ciascuna parte.
    2. Due dimensioni non possono per natura occupare insieme il medesimo spazio con la presenza dovuta alle dimensioni, secondo il loro modo di essere. Ma in questo sacramento sono presenti secondo il proprio modo, ossia per commisurazione, le dimensioni del pane; non già le dimensioni del corpo di Cristo, che sono presenti secondo il modo della sostanza, come si è spiegato sopra.
    3. Le dimensioni del corpo di Cristo non sono in questo sacramento a modo di commisurazione, il quale è proprio della quantità e implica che una quantità più grande sia più estesa di una quantità più piccola; ma ci sono nel modo già spiegato.

    ARTICOLO 5

    Se il corpo di Cristo sia presente come localizzato in questo sacramento


    SEMBRA che il corpo di Cristo sia presente come localizzato in questo sacramento. Infatti:
    1. Essere in un luogo in maniera delimitante e circoscrittiva fa parte della localizzazione. Ma il corpo di Cristo sembra che sia in questo sacramento per delimitazione: perché è presente là dove sono le specie del pane e del vino, senza essere in altre parti dell'altare. Sembra inoltre che vi sia presente in maniera circoscrittiva, perché è contenuto talmente entro la superficie dell'ostia consacrata, da non oltrepassarla e da non esserne oltrepassato. Dunque il corpo di Cristo è come localizzato in questo sacramento.
    2. Il luogo occupato dalle specie del pane non è vuoto: la natura infatti non soffre il vuoto. In esso però non c'è più la sostanza del pane, come si è detto sopra, ma solo il corpo di Cristo. Dunque il corpo di Cristo riempie quello spazio. Ma ogni cosa che occupa uno spazio, è localizzata in esso. Quindi il corpo di Cristo è localmente in questo sacramento.
    3. In questo sacramento, come si è detto, il corpo di Cristo è presente con le sue dimensioni e con tutti i suoi accidenti. Ma la localizzazione è un accidente del corpo: difatti tra le nove specie di accidenti c'è anche l'ubi. Perciò il corpo di Cristo è localizzato in questo sacramento.

    IN CONTRARIO: Luogo e locato devono combaciare perfettamente, come spiega Aristotele. Ma il luogo occupato da questo sacramento, è molto più piccolo del corpo di Cristo. Dunque il corpo di Cristo non è presente come localizzato in questo sacramento.

    RISPONDO: Il corpo di Cristo, come si è già detto, non è in questo sacramento alla maniera delle quantità estese, ma piuttosto alla maniera delle sostanze. Ora, ogni corpo localizzato è nel luogo alla maniera della quantità estesa, cioè commisurando ad esso le proprie dimensioni. Ne segue perciò che il corpo di Cristo è in questo sacramento non localizzato, ma alla maniera delle sostanze: ossia alla maniera in cui una sostanza può essere contenuta dalle dimensioni. Infatti in questo sacramento la sostanza del corpo di Cristo subentra alla sostanza del pane. E quindi come la sostanza del pane non era localmente ma sostanzialmente sotto le proprie dimensioni, così la sostanza del corpo di Cristo. Quest'ultima però non fa da soggetto a quelle dimensioni, come lo faceva la sostanza del pane. Perciò il pane era ivi presente localmente in forza delle proprie dimensioni: poiché si riferiva a quello spazio tramite le dimensioni proprie. Invece la sostanza del corpo di Cristo si riferisce a quello spazio per mezzo di dimensioni non proprie: anzi, le dimensioni proprie del corpo di Cristo si riferiscono a quello spazio per mezzo della sostanza. E questo è contro la natura della localizzazione di un corpo. Dunque in nessun modo il corpo di Cristo è localizzato in questo sacramento.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il corpo del Cristo non è in questo sacramento in maniera delimitante, perché allora non sarebbe se non sull'altare dove si compie questo sacramento, mentre invece è in cielo secondo le proprie sembianze e in molti altri altari sotto le specie sacramentali. Parimente è chiaro che non è in questo sacramento in maniera circoscrittiva, perché non commisura ad esso la propria quantità, come si è detto. Che poi non oltrepassi la superficie del sacramento e non sia presente in altre parti dell'altare non dipende dalla presenza delimitante o circoscrittiva; ma dipende dal fatto che la sua presenza sacramentale deriva, come si è detto sopra, dalla consacrazione e dalla conversione del pane e del vino.
    2. Il luogo dov'è il corpo di Cristo non è vuoto. Tuttavia non è propriamente occupato dalla sostanza del corpo di Cristo, la quale non vi è presente localmente, come si è detto. Ma è occupato dalle specie sacramentali, le quali sono in grado di riempire lo spazio, o in forza della natura delle loro dimensioni, o almeno miracolosamente, come già miracolosamente sussistono a imitazione della sostanza.
    3. Gli accidenti del corpo del Cristo, come abbiamo notato, sono in questo sacramento per concomitanza naturale. Perciò in questo sacramento sono presenti gli accidenti che sono intrinseci al corpo di Cristo. Ora, la localizzazione è un accidente relativo allo spazio estrinseco che contiene. Non è perciò necessario che Cristo sia presente come localizzato in questo sacramento.

    ARTICOLO 6

    Se il corpo di Cristo in questo sacramento sia soggetto al moto


    SEMBRA che il corpo di Cristo in questo sacramento sia soggetto al moto. Infatti:
    1. "Se noi ci muoviamo, si muove con noi quanto in noi si trova", dice Aristotele. E ciò vale anche per la sostanza spirituale dell'anima. Ma Cristo è presente in questo sacramento, come si è detto. Dunque si muove anch'egli col muoversi del sacramento.
    2. La verità deve corrispondere alla figura. Ora, dell'agnello pasquale che era figura in questo sacramento "niente rimaneva per la mattina dopo", come prescriveva la legge. Dunque neppure il corpo di Cristo deve rimanere in questo sacramento, se lo si vuol conservare per il giorno dopo. Quindi non è presente stabilmente in questo sacramento.
    3. Se il corpo di Cristo restasse in questo sacramento anche per il giorno dopo, per lo stesso principio resterebbe pure per sempre, perché non si può dire che venga meno con la sparizione delle specie, dato che l'esistenza del corpo di Cristo non dipende da esse. Di fatto però Cristo non rimane per sempre in questo sacramento. Perciò sembra che l'indomani stesso, o poco tempo dopo, cessi di essere in questo sacramento. Quindi Cristo non vi è presente in modo stabile.

    IN CONTRARIO: È impossibile che un'identica cosa sia insieme ferma e in moto, perché allora si verificherebbe una contraddizione. Ma il corpo di Cristo in cielo è sottratto alla mutazione. Dunque esso in questo sacramento non è soggetto al moto.

    RISPONDO: Quando una cosa ha unità di soggetto e pluralità di aspetti, niente impedisce che sotto un aspetto si muova e sotto un altro rimanga immobile: per un corpo, p. es., altro è essere bianco e altro è essere grande, cosicché può mutare di colore e rimanere invariato nella grandezza. Ora, per Cristo non è la stessa cosa essere in sé ed essere nel sacramento: poiché dicendo che egli è nel sacramento, si indica una sua relazione con questo sacramento. Perciò in rapporto al modo sacramentale di essere, Cristo non si muove localmente per se, ma solo per accidens. Cristo infatti non è localizzato in questo sacramento, secondo le spiegazioni date; ora, ciò che non è localizzato non si muove per se, ma solo per il movimento del soggetto che lo contiene.
    Similmente, per quanto riguarda l'esistenza sacramentale, (il corpo di Cristo) non subisce di per sé neppure altri tipi di mutazione: p. es., la cessazione dell'esistenza sacramentale. Perché ciò che ha di per sé un'esistenza indefettibile, non può essere causa di defettibilità, ma cessa di essere in una cosa, se questa viene a mancare: Dio, p. es., il cui essere è indefettibile e immortale, cessa di essere in qualche creatura corruttibile, per il fatto che la creatura corruttibile cessa di esistere. Allo stesso modo Cristo, avendo un essere indefettibile e incorruttibile, non può perdere l'esistenza sacramentale, né per corruzione propria, né per una propria dipartita, come sopra abbiamo visto, ma solo per la corruzione delle specie eucaristiche.
    È dunque evidente che Cristo in questo sacramento non è di per sé soggetto al moto.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'argomento si basa sul moto per accidens, in forza del quale in seguito al nostro moto si muove quanto è in noi. Questo però avviene in modo diverso per le cose che per se stesse possono occupare uno spazio, come i corpi, e per quelle che per se stesse non possono occupare uno spazio, come le forme e le sostanze spirituali. Ebbene, a questo ultimo si può ridurre il moto per accidens accessorio, che attribuiamo a Cristo in questo sacramento, nel quale egli non ha un essere localizzato.
    2. Sembra che da tale ragione siano stati sollecitati alcuni che negarono la permanenza di Cristo in questo sacramento per la conservazione fino al giorno successivo. Contro costoro S. Cirillo scrive: "È pazzo chi afferma che la mistica benedizione perde la sua forza santificatrice, se qualcosa ne avanza per il giorno dopo. Non si muta infatti il corpo di Cristo consacrato, ma continua in esso la virtù della benedizione e la grazia vivificante". Del resto tutte le altre consacrazioni perdurano finché rimangono le cose consacrate, e per questo non si ripetono. - Sebbene la figura debba corrispondere alla verità, non può mai adeguarla.
    3. Il corpo di Cristo rimane in questo sacramento, non solo fino all'indomani, ma anche oltre, finché durano le specie sacramentali. Quando esse cessano, smette di esistere in esse il corpo di Cristo, non perché dipenda da esse, ma perché viene a mancare il suo legame con quelle specie. Allo stesso modo cioè, in cui Dio cessa di essere Signore di una creatura, quando questa viene a mancare.

    ARTICOLO 7

    Se il corpo di Cristo nella sua presenza sacramentale possa essere visibile almeno all'occhio glorificato


    SEMBRA che il corpo di Cristo nella sua presenza sacramentale possa essere visibile almeno all'occhio glorificato. Infatti:
    1. I nostri occhi sono impediti di vedere il corpo di Cristo presente in questo sacramento dalle specie sacramentali che lo ricoprono. Ma nulla può impedire a un occhio glorificato di vedere tutti i corpi come sono. Dunque un occhio glorificato può vedere il corpo di Cristo com'è presente in questo sacramento.
    2. I corpi gloriosi dei santi "somiglieranno al corpo glorioso del Cristo", come dice S. Paolo. Ma Cristo con i suoi occhi vede se stesso com'è nel sacramento. Dunque per la stessa ragione può vederlo qualunque altro occhio glorificato.
    3. I santi nella resurrezione saranno "uguali agli angeli", come dice S. Luca. Ma gli angeli vedono il corpo di Cristo com'è in questo sacramento; perché si riscontra che i demoni stessi rispettano e temono questo sacramento. Quindi anche un occhio glorificato potrà vedere quel corpo com'è in questo sacramento.

    IN CONTRARIO: L'identica cosa non può apparire simultaneamente diversa alla medesima facoltà. Ma l'occhio glorificato Cristo lo vede sempre com'è nella sua propria specie, in conformità alle parole di Isaia: "Vedranno il re nel suo splendore". Dunque non lo vede com'è sotto la specie di questo sacramento.

    RISPONDO: Ci sono due tipi di occhi: gli occhi del corpo, ossia in senso proprio, e gli occhi dell'intelletto, ossia in senso metaforico. Ora, il corpo di Cristo com'è in questo sacramento non può esser visto da nessun occhio corporale. Primo, perché un corpo visibile agisce con i suoi accidenti sul mezzo ambiente. Invece gli accidenti del corpo di Cristo sono in questo sacramento solo indirettamente mediante la sostanza, cosicché gli accidenti del corpo di Cristo non hanno rapporto diretto né con questo sacramento né con i corpi circostanti. Quindi non possono agire sul mezzo ambiente, così da rendersi visibili a un occhio corporale.
    Secondo, perché il corpo di Cristo, come si è detto sopra, è in questo sacramento alla maniera della sostanza. Ma la sostanza in quanto tale non è visibile a un occhio corporale, né è conoscibile da altri sensi e neppure dall'immaginazione, ma soltanto dall'intelligenza la quale ha per oggetto "ciò che la cosa è", come si esprime Aristotele. Perciò, propriamente parlando, il corpo di Cristo nella sua presenza sacramentale non è percepibile né dal senso né dall'immaginazione; ma solo dall'intelletto, che viene chiamato l'occhio dello spirito.
    Però è percepito diversamente dalle diverse intelligenze. Essendo infatti del tutto soprannaturale la presenza di Cristo in questo sacramento, egli è direttamente visibile all'intelletto soprannaturale, cioè a quello divino, e per conseguenza è visibile all'intelletto beato, e dell'angelo e dell'uomo, che per la partecipazione della luce dell'intelletto divino vede le cose soprannaturali nella visione dell'essenza divina. Ma dall'intelletto dell'uomo viatore (il corpo sacramentale di Cristo) non può essere percepito se non mediante la fede, come tutte le altre cose soprannaturali. Anzi neppure l'intelletto angelico è in grado di percepirlo con i suoi mezzi naturali. Cosicché i demoni non possono vedere intellettualmente Cristo in questo sacramento, se non mediante la fede, alla quale si arrendono non liberamente, ma vinti dall'evidenza dei miracoli, secondo le parole di S. Giacomo: "I demoni credono e tremano".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ai nostri occhi corporali è impedita dalle specie sacramentali la visione del corpo di Cristo, presente sotto di esse, non solo perché lo ricoprono come un velo materiale; ma perché il corpo di Cristo non si riferisce all'ambiente che circonda questo sacramento per mezzo dei propri accidenti, bensì per mezzo delle specie sacramentali.
    2. Gli occhi corporei di Cristo vedono lui stesso nella sua presenza sacramentale, ma non possono vedere il modo stesso di tale presenza, che è oggetto d'intelletto. Non è detto però che possano fare lo stesso altri occhi glorificati; perché gli occhi di Cristo sono essi stessi in questo sacramento: cosa che non è concessa a nessun altro occhio glorioso.
    3. L'angelo buono o cattivo non può vedere nulla con l'occhio del corpo, ma solo con l'occhio dell'intelletto. Quindi il confronto non regge, come risulta da quanto si è detto.

    ARTICOLO 8

    Se quando per miracolo appare in questo sacramento o la carne o un bambino, vi sia veramente presente il corpo di Cristo


    SEMBRA che quando per miracolo appare in questo sacramento, o la carne, o un bambino, non vi sia veramente presente il corpo di Cristo. Infatti:
    1. Il corpo di Cristo cessa di essere in questo sacramento, quando cessano di esistere le specie sacramentali, come si è detto. Ma quando appare la carne, o un bambino, cessano di esistere le specie sacramentali. Dunque allora non c'è più il corpo di Cristo.
    2. Il corpo di Cristo, dovunque sia presente, o c'è con le proprie sembianze, o sotto le specie sacramentali. Ma quando avvengono tali apparizioni, è chiaro che non si tratta della presenza di Cristo nelle proprie sembianze, perché in questo sacramento è presente tutto il Cristo che rimane invariabile nello stato in cui salì al cielo; mentre ciò che appare per miracolo in questo sacramento si presenta a volte come un pezzetto di carne, a volte come un bambino. È chiaro anche che non si tratta della presenza di Cristo sotto le specie sacramentali, che sono le specie del pane e del vino. Dunque è evidente che il corpo di Cristo non è là presente in nessuna maniera.
    3. Il corpo di Cristo inizia la sua presenza in questo sacramento con la consacrazione e la conversione, come sopra abbiamo visto. Ma la carne e il sangue che appaiono miracolosamente non sono né consacrati, né si sono convertiti nel vero corpo e sangue di Cristo. Perciò sotto codeste sembianze non è presente il corpo o il sangue di Cristo.

    IN CONTRARIO: In tali apparizioni si tributa a ciò che appare lo stesso culto di prima. Ora, questo non avverrebbe, se non vi fosse veramente presente Cristo, cui tributiamo culto di latria. Dunque anche in tali apparizioni Cristo rimane in questo sacramento.

    RISPONDO: In due modi si verificano le apparizioni in cui a volte si vede miracolosamente in questo sacramento della carne, o del sangue, o addirittura un bambino. Talora infatti il fenomeno si compie soggettivamente negli spettatori: i loro occhi subiscono tale impressione, come se veramente nella realtà esterna vedessero della carne o del sangue, o un bambino, senza però che si operi alcuna mutazione nel sacramento. Così sembra che avvenga quando ad alcuni appare sotto l'aspetto di carne o di bambino, mentre ad altri si mostra come prima sotto le apparenze del pane; oppure quando a una medesima persona appare per un po' di tempo sotto la specie di carne o di bambino, e poi sotto le specie del pane. Tuttavia questo fenomeno soggettivo non rientra nella categoria delle illusioni come i prestigi dei maghi, perché tale impressione viene prodotta divinamente negli occhi per esprimere una verità, e cioè per manifestare la reale presenza del corpo di Cristo in questo sacramento; ossia come il Cristo medesimo, senza ingannare, apparve ai discepoli che andavano a Emmaus. Dice infatti S. Agostino che "la nostra simulazione, quando vuole essere significativa, non è menzogna, ma è simbolo di verità". Ora, non intervenendo in questo caso nessuna mutazione del sacramento, è evidente che Cristo non cessa di esservi presente al compiersi di dette apparizioni.
    Altre volte invece tali apparizioni accadono non solo per l'impressione degli spettatori, ma per una reale esistenza al di fuori di essi del fenomeno che si vede. Ciò è evidente quando l'apparizione si presenta identica a tutti, e dura non per il momento, ma per lungo tempo. In simili casi alcuni dicono che si tratta delle sembianze proprie del corpo di Cristo. Senza contare che certe volte non si vede il Cristo per intero, ma una parte della sua carne; e che non si vede in età giovanile, ma infantile: poiché il corpo glorioso ha la capacità, come si dirà in seguito, di comparire a un occhio non glorificato, sia per intero che in parte, o nelle sue proprie sembianze, o in altra maniera.
    Ma questa spiegazione non è accettabile. Primo, perché il corpo di Cristo non può essere visto nelle proprie sembianze che in un luogo soltanto, in cui è contenuto in modo delimitante. Orbene, facendosi egli vedere e adorare in cielo nelle proprie sembianze, non può mostrarsi così in questo sacramento. - Secondo, perché il corpo glorioso che appare quando vuole, scompare anche quando vuole dopo che si è fatto vedere: è scritto così che il Signore "svanì agli occhi dei discepoli". Ma quello che appare sotto l'aspetto di carne in questo sacramento rimane a lungo; anzi, si legge che a volte è stato chiuso e conservato in una pisside per deliberazione di molti vescovi: il che è assurdo pensare di Cristo nelle proprie sembianze.
    Dobbiamo perciò concludere che, restando le stesse dimensioni di prima, si compiono miracolosamente delle mutazioni negli altri accidenti, p. es., nella figura, nel colore e in altri simili, così che appaia della carne, o del sangue, oppure un bambino. E questo non è un inganno: perché come si è detto sopra, avviene "per indicare una verità", cioè per dimostrare con queste miracolose apparizioni che in questo sacramento è veramente presente il corpo e il sangue di Cristo. In tal modo è ovvio che, rimanendo le dimensioni, le quali come vedremo sono il fondamento degli altri accidenti, resta veramente in questo sacramento il corpo di Cristo.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. In codeste apparizioni le specie sacramentali a volte, come abbiamo detto, rimangono in se stesse immutate; a volte invece rimangono immutate secondo il loro elemento principale.
    2. In simili apparizioni non si vedono le sembianze proprie di Cristo, come si è detto; ma delle sembianze miracolosamente prodotte, o negli occhi degli spettatori, o addirittura entro le dimensioni del sacramento.
    3. Le dimensioni del pane e del vino consacrate restano invariate, mentre, come abbiamo visto, le variazioni avvengono in esse per miracolo rispetto agli altri accidenti.

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    Questione 77

    La permanenza degli accidenti in questo sacramento


    Veniamo ora a trattare della permanenza degli accidenti in questo sacramento.
    In proposito discuteremo otto argomenti: 1. Se gli accidenti che rimangono siano senza soggetto; 2. Se la quantità, o estensione sia il soggetto degli altri accidenti; 3. Se questi accidenti possano agire sui corpi esterni; 4. Se possano corrompersi; 5. Se da essi possa generarsi qualche cosa; 6. Se possano nutrire; 7. La frazione del pane consacrato; 8. Se al vino consacrato sia possibile aggiungere altri liquidi.

    ARTICOLO 1

    Se in questo sacramento gli accidenti rimangano senza soggetto


    SEMBRA che in questo sacramento gli accidenti non rimangano senza soggetto. Infatti:
    1. In questo sacramento di verità non può esserci nulla di disordinato o di falso. Ora, l'esistenza di accidenti senza soggetto è contro l'ordine che Dio ha posto nella natura. Ed è pure una specie d'inganno: poiché gli accidenti sono i segni indicativi naturali della sostanza. Perciò in questo sacramento non ci sono accidenti senza soggetto.
    2. Nemmeno per miracolo può avvenire che a una cosa si tolga la sua definizione o che le si adatti la definizione di un'altra: p. es., che un uomo, rimanendo uomo, sia un animale non ragionevole. Infatti ne seguirebbe la simultaneità di cose contraddittorie: perché, come dice Aristotele "la definizione di una cosa è quello che significa il suo nome". Ebbene, la definizione dell'accidente implica che esso sia in un soggetto, mentre la definizione della sostanza implica che essa sussista in sé senza un soggetto. Dunque per miracolo non può avvenire che in questo sacramento gli accidenti rimangano senza il loro soggetto.
    3. L'accidente è individuato dal soggetto. Se dunque gli accidenti rimangono in questo sacramento senza soggetto, non saranno individuali ma universali. Il che è falso, perché allora non sarebbero sensibili ma intelligibili.
    4. Gli accidenti in forza della consacrazione di questo sacramento non acquistano alcuna composizione. Ma prima della consacrazione essi non erano composti né di materia e forma, né di natura e supposito. Quindi anche dopo la consacrazione non sono composti in nessuno di questi due modi. Ora però questo è impossibile, perché allora sarebbero più semplici degli angeli, pur essendo cose sensibili. Perciò in questo sacramento gli accidenti non rimangono senza il loro soggetto.

    IN CONTRARIO: S. Gregorio afferma che "le specie sacramentali conservano i nomi delle cose esistenti prima, cioè del pane e del vino". Quindi, non restando la sostanza del pane e del vino, tali specie rimangono senza il loro soggetto.

    RISPONDO: Gli accidenti del pane e del vino, la cui permanenza in questo sacramento dopo la consacrazione è constatata dai nostri sensi, non hanno il loro soggetto nella sostanza del pane e del vino, la quale, come si è detto sopra, non rimane. E neppure sussistono nella loro forma sostanziale, poiché sparisce; e anche se restasse, "non potrebbe fare da soggetto", come osserva Boezio. È poi evidente che questi accidenti non hanno il loro soggetto nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo; perché la sostanza del corpo umano non può rivestirsi in alcun modo di tali accidenti; inoltre non è possibile che il corpo di Cristo glorioso e impassibile subisca dei cambiamenti per rivestirsi di tali accidenti.
    Alcuni però sostengono che gli accidenti hanno per loro soggetto l'aria circostante. - Ma anche questo è impossibile. Primo, perché l'aria non è suscettibile di tali accidenti. - Secondo, perché tali accidenti non si trovano dov'è l'aria. Anzi, al muoversi delle sacre specie, l'aria si ritrae. - Terzo, perché "gli accidenti non passano da soggetto a soggetto"; nel senso che un accidente, numericamente identico, non può trovarsi prima in un soggetto e poi in un altro. Perché l'accidente deve la sua individualità al soggetto. Quindi non può accadere che, rimanendo numericamente identico, si trovi prima in un soggetto e poi in un altro. - Quarto, perché l'aria, non spogliandosi dei propri accidenti, avrebbe simultaneamente gli accidenti propri e altrui. - Né si può dire che tale trapasso avvenga miracolosamente per virtù della consacrazione: perché le parole della consacrazione non la significano; e d'altra parte esse non producono se non ciò che significano.
    Perciò si deve concludere che in questo sacramento gli accidenti rimangono senza soggetto. E la cosa è possibile per virtù divina. Perché, dipendendo l'effetto dalla causa prima più ancora che dalla causa seconda, Dio, causa prima della sostanza e dell'accidente, con la sua infinita virtù può conservare in essere l'accidente anche quando sia venuta meno la sostanza, la quale lo conserva in essere in qualità di causa propria; cioè come può produrre senza le cause naturali altri effetti delle cause naturali: come formò, p. es., un corpo umano nel seno della Vergine "senza seme virile".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Niente impedisce che una cosa sia ordinata secondo la legge comune della natura, e che il suo contrario venga ordinato secondo un privilegio speciale di grazia, come è evidente nella risurrezione dei morti e nella illuminazione dei ciechi: del resto anche nelle relazioni umane si concedono a certuni dei privilegi speciali al di fuori della legge comune. E così, sebbene secondo l'ordine comune della natura gli accidenti sussistano in un soggetto, tuttavia per una ragione speciale, secondo l'ordine della grazia, gli accidenti in questo sacramento sussistono senza il loro soggetto, per i motivi già indicati.
    2. Poiché l'ente non è un genere, non può l'essere stesso costituire l'essenza della sostanza o dell'accidente. La frase quindi "ente per sé senza soggetto" non è la definizione della sostanza. Né è definizione dell'accidente "ente in un soggetto"; ma piuttosto diremo che alla quiddità o essenza della sostanza "compete di esistere senza un soggetto", e alla quiddità o essenza dell'accidente "compete di esistere in un soggetto". Ora, in questo sacramento non viene concesso agli accidenti di essere senza soggetto in forza della loro essenza, ma per la virtù divina che li sostenta. Quindi non cessano di essere accidenti; perché né si toglie ad essi la loro definizione, né viene sostituita con la definizione della sostanza.
    3. Questi accidenti hanno acquistato la loro individualità dalla sostanza del pane e del vino e, dopo che questa si è cambiata nel corpo e nel sangue del Cristo, si conservano per virtù divina nella loro individualità di prima. Rimangono perciò singolari e sensibili.
    4. Questi accidenti, come tutti gli altri, finché rimane la sostanza del pane e del vino, non hanno l'essere in proprio, ma lo ha in essi la loro sostanza: la neve, p. es., ha di esser bianca per l'accidente della bianchezza. Dopo la consacrazione invece gli accidenti che rimangono hanno l'essere in proprio. Perciò risultano composti di essere e di ciò che è (o essenza), come si è detto nella Prima Parte a proposito degli angeli. Inoltte essi sono composti di parti quantitative.

    ARTICOLO 2

    Se in questo sacramento le dimensioni del pane e del vino facciano da soggetto degli altri accidenti


    SEMBRA che in questo sacramento le dimensioni del pane e del vino non facciano da soggetto degli altri accidenti. Infatti:
    1. "Non si dà accidente di un accidente": perché nessuna forma può fare da soggetto, essendo lo star sotto proprietà della materia. Ma la quantità, o estensione, è uno degli accidenti. Dunque la quantità non può essere il soggetto degli altri accidenti.
    2. Come la quantità, anche gli altri accidenti ricevono la loro individuazione dalla sostanza. Se dunque la quantità, o estensione del pane e del vino conserva l'individuazione ricevuta in precedenza, anche gli altri accidenti devono conservare quella che avevano già nella sostanza. Perciò essi non hanno il loro soggetto nella quantità: mentre ogni accidente deve appunto al proprio soggetto la propria individuazione.
    3. Tra gli accidenti del pane e del vino che rimangono si riscontrano coi nostri sensi anche la rarità e la densità. Ma queste non possono sussistere nella quantità prescindendo dalla materia: perché raro è ciò che ha poca materia in grandi dimensioni, e denso è ciò che ha molta materia in piccole dimensioni, come spiega Aristotele. Perciò soggetto degli accidenti che rimangono in questo sacramento non può essere la quantità.
    4. La quantità separata dal soggetto è la quantità geometrica, la quale non è soggetto di qualità sensibili. Ora, poiché gli accidenti che rimangono in questo sacramento sono sensibili, non possono avere come loro soggetto la quantità, ossia le dimensioni del pane e del vino, che rimangono dopo la consacrazione.

    IN CONTRARIO: Le qualità non sono divisibili se non indirettamente, cioè per la divisione del soggetto. Ma le qualità che rimangono in questo sacramento si dividono per la divisione delle sue dimensioni: come i sensi mostrano chiaramente. Dunque le dimensioni sono il soggetto degli accidenti che rimangono in questo sacramento.

    RISPONDO: È necessario che gli altri accidenti che rimangono in questo sacramento abbiano come loro soggetto le dimensioni rimaste del pane e del vino. Primo, perché ai nostri sensi risulta esistente in questo sacramento una quantità estesa, dotata di colore e di altri accidenti: e in ciò i sensi non s'ingannano.
    Secondo, perché la prima disposizione della materia è la quantità dimensionale; per cui anche Platone dava come prime divisioni della materia la grandezza e la piccolezza. E poiché la materia è il soggetto primordiale, ne segue che tutti gli altri accidenti debbano riferirsi al soggetto mediante le dimensioni, cosicché il primo soggetto del colore è la superficie: tanto che alcuni considerarono le dimensioni quale sostanza dei corpi, come riferisce Aristotele. Ora, siccome, sparito il soggetto, gli accidenti conservano nell'Eucarestia il loro essere di prima, ne segue che tutti gli accidenti restano fondati sopra le dimensioni.
    Terzo, perché essendo il soggetto principio d'individuazione degli accidenti, ciò che fa da soggetto agli accidenti dev'essere in qualche modo principio di individuazione. Ora, è proprio dell'individuo di non essere in più soggetti. E ciò può dipendere da due ragioni. Primo, dal fatto che per sua natura una data cosa non è fatta per essere ricevuta in un soggetto: è così che le forme immateriali separate, sussistenti per se stesse, sono individuali per se stesse. Secondo, può dipendere dal fatto che certe forme, sia sostanziali che accidentali, pur essendo fatte per esistere in qualche soggetto, non sono fatte per essere ricevute in più soggetti: è il caso, p. es., di questo bianco che colora questo corpo. Ebbene rispetto alle prime il principio d'individuazione per tutte le forme che le sono inerenti è la materia; perché, dovendo per natura tali forme essere ricevute da un soggetto, quando una di esse viene ricevuta nella materia, la quale non sussiste in altro soggetto, da quel momento codesta forma stessa non può più essere in altri soggetti. Rispetto alle seconde invece, principio d'individuazione è la quantità, ossia le dimensioni. Infatti una forma in tanto è limitata a sussistere in un solo soggetto, in quanto questo è indivisibile in sé e distinto da ogni altro. Ora, la sostanza diventa divisibile in forza della quantità, come osserva Aristotele. Perciò le dimensioni sono il principio d'individuazione per tali forme, nel senso che a parti diverse della materia corrispondono forme distinte numericamente. Cosicché la quantità per se stessa (nelle sue dimensioni) ha una certa individuazione: al punto che possiamo immaginare più linee della identica specie, le quali però differiscono per la loro posizione, posizione che rientra in questo tipo di quantità; la dimensione infatti è "una quantità avente posizione". Ecco perché la capacità ad essere soggetto degli altri accidenti va attribuita più alla quantità che ad altri accidenti.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Un accidente non può essere di per sé il soggetto di un altro accidente, perché non ha un proprio essere. Però in quanto un accidente è nella sostanza, si può dire che fa da soggetto a un altro accidente, se l'altro è ricevuto dalla sostanza mediante il primo: e così la superficie può dirsi soggetto del colore. Perciò quando a un accidente viene concesso da Dio di esistere per sé, gli viene anche concesso di essere soggetto di altri accidenti.
    2. Gli altri accidenti, anche considerati nella sostanza del pane, venivano individuati tramite la quantità dimensionale, come si è detto. Ed è per questo che la quantità è soggetto degli altri accidenti in questo sacramento, piuttosto che viceversa.
    3. Rarità e densità sono qualità che i corpi derivano dall'avere essi dentro le loro dimensioni poca o molta materia: al pari di tutti gli altri accidenti esse derivano dai principii della sostanza. Perciò, come sparendo la sostanza vengono conservati per virtù divina gli altri accidenti; così sparendo la materia si conservano per virtù divina le qualità derivanti dalla materia, cioè la rarità e la densità.
    4. La quantità matematica astrae non dalla materia intelligibile, ma dalla materia sensibile, come dice Aristotele. Ora, la materia può dirsi sensibile, perché è rivestita di qualità sensibili. È ovvio quindi che la quantità, che in questo sacramento rimane priva di soggetto, non è la quantità matematica.

    ARTICOLO 3

    Se le specie che rimangono in questo sacramento possano agire sulle cose esterne


    SEMBRA che le specie rimaste in questo sacramento non possano agire sulle cose esterne. Infatti:
    1. Aristotele dimostra che le forme esistenti nella materia vengono prodotte da altre forme presenti nella materia, non già da forme separate dalla materia; perché ogni agente agisce sugli enti che sono al suo stesso livello. Ma le specie sacramentali sono specie prive di materia, poiché, come risulta da quanto si è detto, esse rimangono senza soggetto. Dunque non possono agire sulla materia esterna inducendo in essa delle forme.
    2. Cessando l'azione dell'agente principale, è inevitabile che cessi l'azione dello strumento: così fermandosi il fabbro, non si muove il martello. Ma tutte le forme accidentali agiscono strumentalmente in virtù della forma sostanziale che è l'agente principale. Perciò, non rimanendo in questo sacramento la forma sostanziale del pane e del vino, come si è detto sopra, le superstiti forme accidentali non possono agire sulla materia esterna.
    3. Niente può agire oltre i limiti della propria natura, non potendo l'effetto essere superiore alla causa. Ora, tutte le specie sacramentali sono accidenti. Non possono quindi agire sulla materia esterna, così almeno da cambiarne la forma sostanziale.

    IN CONTRARIO: Se non potessero agire sui corpi esterni, non potrebbero essere avvertite dai nostri sensi; perché una cosa si sente in quanto essa modifica i nostri sensi, come dice Aristotele.

    RISPONDO: Poiché ogni ente agisce in quanto è in atto, è chiaro che per ogni ente il modo di agire è identico al suo modo di essere. Ora, siccome alle specie sacramentali è dato per virtù divina di rimanere nell'essere che avevano quando sussisteva la sostanza del pane e del vino, è logico che conservino anche il loro modo di agire. Quindi tutte le funzioni, che potevano avere quando era presente la sostanza del pane e del vino, possono essere compiute da esse anche quando la sostanza del pane e del vino si converte nel corpo e nel sangue di Cristo. Perciò non c'è dubbio che esse possono agire sui corpi esterni.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Le specie sacramentali, sebbene siano forme prive di materia, conservano tuttavia il medesimo essere che avevano nella materia. Perciò in base a questo loro essere sono simili alle forme esistenti nella materia.
    2. L'agire della forma accidentale dipende dall'agire della forma sostanziale, come l'essere dell'accidente dipende dall'essere della sostanza. Quindi come per virtù divina è concesso alle specie sacramentali di poter sussistere senza la sostanza, così è concesso loro di poter agire senza la forma sostanziale per intervento di Dio, da cui, come da primo agente, dipende l'agire di ogni forma e sostanziale e accidentale.
    3. La trasmutazione che porta a un'altra forma sostanziale non viene prodotta dalla forma sostanziale direttamente, ma mediante le qualità attive e passive che agiscono in virtù della forma sostanziale. Ora, questa virtù strumentale rimane come prima nelle specie sacramentali per l'intervento di Dio. Ecco perché codeste qualità strumentalmente possono mutare la forma sostanziale: allo stesso modo che un dato essere può agire oltre la propria natura, non per virtù sua, ma per virtù dell'agente principale.

    ARTICOLO 4

    Se le specie sacramentali possano corrompersi


    SEMBRA che le specie sacramentali non possano corrompersi. Infatti:
    1. La corruzione avviene per la separazione della forma dalla materia. Ma la forma del pane, come sopra abbiamo spiegato, non resta in questo sacramento. Perciò le specie suddette non possono corrompersi.
    2. Una forma non può corrompersi che indirettamente per la corruzione del soggetto: tanto è vero che le forme per sé sussistenti sono incorruttibili, come vediamo nel caso delle sostanze spirituali. Ma le specie sacramentali sono forme prive di soggetto. Dunque non possono corrompersi.
    3. Se si corrompono, ciò accadrà o naturalmente o miracolosamente. Ma non può accadere naturalmente, non essendo possibile individuare il soggetto della corruzione che perduri dopo la corruzione. E non può accadere miracolosamente, perché i miracoli compiuti in questo sacramento avvengono in virtù della consacrazione, la quale mira a conservare le specie sacramentali, e una stessa cosa non può essere causa di conservazione e di corruzione. Perciò le specie sacramentali non possono corrompersi in nessuna maniera.

    IN CONTRARIO: I nostri sensi avvertono che le ostie consacrate imputridiscono e si corrompono.

    RISPONDO: Corruzione è "il passare dall'essere al non essere". Ma le specie sacramentali, abbiamo detto sopra, mantengono lo stesso essere che avevano prima, quando sussisteva la sostanza del pane e del vino. Perciò, come l'essere di tali accidenti poteva corrompersi nella sostanza del pane e del vino, così può corrompersi quando quella sostanza viene a mancare.
    Ma prima tali accidenti potevano corrompersi in due modi: direttamente e indirettamente. Direttamente, sia per l'alterarsi delle qualità, che per aumento o diminuzione della quantità: non già per crescita o decrescita come nei corpi animati, non essendo animata la sostanza del pane e del vino, ma per addizione o per divisione; infatti, come nota Aristotele, con la divisione di una dimensione se ne fanno due, e al contrario con l'addizione di due se ne fa una. In tal modo possono evidentemente corrompersi gli accidenti eucaristici dopo la consacrazione, sia perché la quantità del sacramento può essere soggetta a divisione e addizione; sia perché, essendo essa soggetto delle qualità sensibili, come si è detto, può anche essere soggetto delle loro alterazioni, p. es., del colore e del sapore del pane o del vino.
    Inoltre le specie del pane e del vino prima della consacrazione potevano corrompersi indirettamente per la corruzione del loro soggetto. E in questa maniera possono corrompersi anche dopo la consacrazione. Sebbene infatti non rimanga il loro soggetto, rimane tuttavia l'essere che tali accidenti avevano nel loro soggetto, un essere proprio e connaturale ad esso. Perciò questo essere può venir corrotto da un agente contrario, come da questo poteva essere corrotta la sostanza del pane e del vino: che pure non si corrompeva se non a seguito dell'alterazione degli accidenti.
    Occorre però ben distinguere questi due modi di corrompersi. Siccome infatti il corpo e il sangue di Cristo succedono in questo sacramento alla sostanza del pane e del vino, qualora intervenga da parte degli accidenti un cambiamento insufficiente a corrompere il pane e il vino, con tale mutazione non cessano di essere nel sacramento il corpo e il sangue di Cristo: sia che il cambiamento avvenga nelle qualità, p. es., mediante una lieve alterazione del colore o del sapore del pane e del vino; sia che avvenga nella quantità, p. es., mediante la divisione delle specie in parti che possono conservare in sé la natura del pane e del vino. - Se invece intervenisse un cambiamento così profondo che avrebbe corrotto la sostanza del pane e del vino, non rimangono il corpo e il sangue di Cristo sotto questo sacramento. E ciò tanto da parte delle qualità, come quando il colore, il sapore e le altre qualità del pane e del vino si guastano in modo tale che la sostanza del pane e del vino non lo sopporta; quanto da parte della quantità, qualora, p. es., il pane, o il vino venisse polverizzato in parti così minute da far scomparire le specie del pane e del vino.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La corruzione propriamente ha il compito di far cessare l'essere che una forma ha nella materia; perciò è necessario che la corruzione separi la forma dalla materia. Se invece tale essere non si trovasse nella materia, e fosse tuttavia identico all'essere che si trova nella materia, potrebbe corrompersi anche in assenza della materia: ciò appunto avviene in questo sacramento, come risulta da quanto abbiamo detto.
    2. Le specie sacramentali, sebbene siano forme senza materia, conservano tuttavia l'essere che prima avevano nella materia.
    3. La corruzione delle specie sacramentali non è miracolosa, ma naturale: presupponendo però il miracolo compiutosi nella consacrazione, e cioè che quelle specie sacramentali mantengano senza il soggetto l'essere che prima avevano nel soggetto; allo stesso modo che un cieco guarito in maniera miracolosa ci vede in maniera naturale.

    ARTICOLO 5

    Se dalle specie sacramentali possa generarsi qualche cosa


    SEMBRA che nulla possa generarsi dalle specie sacramentali. Infatti:
    1. Ciò che si genera, si genera dalla materia: infatti dal nulla nulla si genera, sebbene dal nulla derivi qualche cosa per creazione. Ma sotto le specie sacramentali non c'è altra materia che quella del corpo di Cristo, che è incorruttibile. Dunque dalle specie sacramentali niente si può generare.
    2. Tra cose che non sono dello stesso genere, una non può generarsi dall'altra: dalla bianchezza, p. es., non può prodursi una linea. Ma l'accidente e la sostanza differiscono nel genere. Perciò le specie sacramentali, essendo accidenti, non è possibile che da esse derivi una sostanza.
    3. Se da esse si generasse una sostanza corporea, questa non sarebbe senza i suoi accidenti. Se dunque dalle specie sacramentali si generasse una sostanza corporea, dagli accidenti dovrebbero nascere sia la sostanza che gli accidenti, ossia due cose da una: il che è impossibile. È quindi impossibile che dalle specie sacramentali si generi una sostanza corporea.

    IN CONTRARIO: Si può vedere con i sensi che dalle specie sacramentali si genera qualche cosa: la cenere, se vengono bruciate; i vermi, se vanno in putrefazione; o la polvere, se vengono tritate.

    RISPONDO: Poiché, come dice Aristotele, "la corruzione di una cosa è generazione di un'altra", è inevitabile che dalle specie sacramentali, quando si corrompono, si generi qualche altra cosa. Infatti non si corrompono così da sparire completamente, come se venissero annichilate; ma ad esse succede in modo evidente un'entità sensibile.
    In che modo però da esse possa generarsi qualche cosa, è difficile a comprendersi. Infatti è chiaro che dal corpo e dal sangue di Cristo, ivi realmente presenti, non si genera nulla, trattandosi di realtà incorruttibili. Se invece rimanesse in questo sacramento la sostanza o la materia del pane e del vino, sarebbe facile veder generata da esse, come alcuni ritennero, l'entità sensibile successiva. Ciò però è falso per quanto si è detto sopra.
    Alcuni perciò hanno asserito che gli elementi generati non provengono dalle specie sacramentali, ma dall'aria circostante. - Ma questo risulta impossibile per molte ragioni. Primo, perché quando si genera una cosa da un'altra, quest'ultima precedentemente appare alterata e corrotta. Ora, nell'aria circostante non si manifesta in precedenza nessuna alterazione e corruzione. Non è da essa perciò che hanno origine i vermi e le ceneri. - Secondo, perché la natura dell'aria non è tale da poter produrre con simili alterazioni codeste cose. - Terzo, perché può accadere che bruci o si corrompa una grande quantità di ostie consacrate: e con l'aria non sarebbe possibile generare altrettanta materia, se non rendendo molto spessa una grande quantità di aria. - Quarto perché in tale trasformazione dovrebbero essere coinvolti anche i corpi solidi circostanti, p. es., il ferro o le pietre (su cui poggia il sacramento), che invece dopo la generazione delle suddette cose risultano invariati. - Perciò questa è un'affermazione insostenibile, perché contraria alle constatazioni dei nostri sensi.
    Altri perciò hanno insegnato che nel momento della corruzione delle specie ritornerebbe la sostanza del pane e del vino, e così dalla ritornata sostanza del pane e del vino verrebbero generati le ceneri, i vermi e altre simili cose. Ma anche questa opinione è inaccettabile. Primo, perché se la sostanza del pane e del vino si è convertita nel corpo e nel sangue di Cristo, come si è detto sopra, non può ritornare a esistere se non per la riconversione del corpo e del sangue di Cristo nella sostanza del pane e del vino, il che è impossibile: come non può tornare ad esistere l'aria convertitasi in fuoco, se non per la riconversione del fuoco in aria. Se poi la sostanza del pane e del vino fu annichilata, non può tornare ad esistere, perché ciò che è caduto nel nulla, non può tornare numericamente identico a quello di prima: a meno che non si denomini ritorno della sostanza precedente il fatto che Dio ne crea una nuova al posto della prima. - Secondo, ciò è impossibile, perché non si può assegnare il tempo in cui la sostanza del pane e del vino dovrebbe ritornare. Infatti si è dimostrato sopra che per tutta la durata delle specie del pane e del vino rimane il corpo e il sangue di Cristo, i quali, secondo le spiegazioni già date, non possono esser presenti in questo sacramento assieme alla sostanza del pane e del vino. Cosicché tale sostanza non può ritornare finché durano le specie sacramentali. Parimente tale sostanza non può tornare quando esse spariscono, perché allora la sostanza del pane e del vino verrebbe a trovarsi assurdamente senza i propri accidenti. - A meno che non si affermi che nell'ultimo istante della corruzione delle specie ritorna non la sostanza del pane e del vino, essendo quello l'istante medesimo in cui si presentano le sostanze generate dalle specie, bensì la materia del pane e del vino, che propriamente parlando si dovrebbe dire creata di nuovo piuttosto che ritornata. In questo senso la suddetta opinione sarebbe ancora sostenibile.
    Tuttavia, poiché non sembra ragionevole ammettere miracoli in questo sacramento se non in dipendenza della consacrazione, la quale non importa né creazione né ritorno di materia, è meglio asserire che nella consacrazione stessa viene concesso miracolosamente alla quantità, ossia alle dimensioni del pane e del vino, di essere il primo soggetto delle forme successive. Ora, questa è una proprietà della materia. Di conseguenza è concesso alla suddetta quantità tutto ciò che spetta alla materia. E così quanto potrebbe generarsi dalla materia del pane e del vino se fosse presente, può generarsi dalla suddetta quantità propria del pane e del vino; non per un nuovo miracolo, ma in forza del miracolo già compiuto (nella consacrazione).

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Sebbene (nelle sacre specie) non ci sia la materia per generare qualche cosa, c'è tuttavia la quantità, o estensione a far le veci della materia, come si è detto.
    2. Le specie sacramentali sono degli accidenti, esse però, secondo le spiegazioni date, hanno le funzioni e le virtù della sostanza.
    3. Le dimensioni proprie del pane e del vino conservano la propria natura e ricevono miracolosamente le virtù e le proprietà della sostanza. Ecco perché esse possono trasformarsi in ambedue le cose: in una nuova sostanza e nelle sue dimensioni.

    ARTICOLO 6

    Se le specie sacramentali possano nutrire


    SEMBRA che le specie sacramentali non possano nutrire. Infatti:
    1. S. Ambrogio ha scritto: "Non è questo un pane che finisce nel nostro corpo, ma è il pane della vita eterna che alimenta la sostanza della nostra anima". Ora, ogni cosa che nutre, finisce nel nostro corpo. Dunque questo pane non nutre. E lo stesso vale per il vino.
    2. "Ci nutrono le cose stesse che ci donano l'essere", dice Aristotele. Ma le specie sacramentali sono accidenti, i quali non possono costituire l'uomo, non essendo l'accidente parte della sostanza. Dunque le specie sacramentali non possono nutrire.
    3. Il Filosofo afferma che "l'alimento nutre perché è una sostanza, fa invece crescere perché dotato di quantità". Ma le specie sacramentali non sono sostanza. Dunque non possono nutrire.

    IN CONTRARIO: L'Apostolo parlando di questo sacramento scrive: "C'è chi resta con la fame e chi si ubriaca", e la Glossa commenta: "Rimprovera coloro che dopo la celebrazione del sacro mistero e la consacrazione del pane e del vino si riprendevano le proprie offerte, e senza farne parte agli altri le consumavano da soli, così da ubriacarsi perfino". Ora, ciò non sarebbe potuto accadere, se le specie sacramentali non nutrissero. Dunque le specie sacramentali nutrono.

    RISPONDO: L'attuale quesito non presenta difficoltà dopo la risposta data a quello precedente. Difatti, come dice Aristotele, in tanto il cibo nutre in quanto si cambia nella sostanza di chi si alimenta. Ma abbiamo già detto che le specie sacramentali possono convertirsi in una sostanza che si genera da esse. Ora, per la stessa ragione per cui possono convertirsi in cenere e in vermi, possono convertirsi nel corpo umano. Quindi è chiaro che nutrono.
    L'opinione di alcuni poi, secondo la quale esse non nutrirebbero in senso proprio convertendosi in corpo umano, ma ristorando e sostenendo tramite un influsso sui sensi, come l'odore del cibo può ristorare e l'odore del vino inebriare, risulta falsa alla prova dei sensi. Infatti un simile ristoro non è durevole per l'uomo, il cui corpo ha bisogno di compensare continue perdite. E tuttavia l'uomo potrebbe sostenersi a lungo consumando in grande quantità ostie e vino consacrati.
    Similmente non può reggersi l'opinione di chi dice che le specie sacramentali nutrono mediante la forma sostanziale del pane e del vino, la quale rimarrebbe. Sia perché essa non rimane, come sopra abbiamo dimostrato. - Sia perché nutrire non è compito della forma, ma piuttosto della materia, la quale riceve la forma di chi si nutre e perde quella dell'alimento. Aristotele infatti osserva che il cibo è dissimile all'inizio, mentre alla fine è simile.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dopo la consacrazione si può parlare di pane, in questo sacramento, in due sensi. Primo, indicando come pane le specie del pane che mantengono il nome della sostanza di prima: e in tal senso lo usa S. Gregorio nell'omelia di Pasqua. Secondo, si può chiamare pane lo stesso corpo di Cristo che è mistico pane "disceso dal cielo". Perciò quando S. Ambrogio dice che "questo pane non finisce nel nostro corpo", usa il termine pane nel secondo senso: poiché il corpo di Cristo non si converte nel corpo dell'uomo, ma ristora il suo spirito. Egli perciò non parla di pane nel primo senso.
    2. Le specie sacramentali, sebbene non siano tra le parti costitutive del corpo umano, tuttavia si convertono in esse, come si è detto.
    3. Le specie sacramentali, pur non essendo sostanza, hanno nondimeno le virtù della sostanza, come sopra abbiamo spiegato.

    ARTICOLO 7

    Se in questo sacramento le specie sacramentali subiscano la frattura


    SEMBRA che in questo sacramento la frazione non possa raggiungere le specie sacramentali. Infatti:
    1. Aristotele attribuisce la frangibilità dei corpi alla loro porosità. Ma questa non può attribuirsi alle specie sacramentali. Dunque le specie sacramentali non sono frangibili.
    2. La frattura è accompagnata dal suono. Ma le specie sacramentali non producono suono: poiché, come dice il Filosofo, sonoro è un corpo duro avente superficie leggera. Dunque le specie sacramentali non sono soggette a frattura.
    3. Frangere sembra identico a masticare. Ora, ciò che qui si mangia è il vero corpo di Cristo, stando alle sue parole: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue...". Dunque è il corpo di Cristo che si frange e si mastica. Difatti anche nella professione di Berengario si legge: "Consento con la santa Chiesa Romana, e confesso con il cuore e con le labbra che il pane e il vino presenti sull'altare sono, dopo la consacrazione, il vero corpo e sangue di Cristo, il quale viene toccato dalle mani dei sacerdoti, nonché franto e masticato dai denti dei fedeli". Non è dunque alle specie sacramentali che deve attribuirsi la frazione.

    IN CONTRARIO: La frazione avviene con la divisione della quantità. Ma nell'Eucarestia non si divide altra quantità che quella delle specie sacramentali: poiché non si divide né il corpo di Cristo che è immutabile, né la sostanza del pane che sparisce. Dunque si frangono le specie sacramentali.

    RISPONDO: Presso gli antichi ci furono in proposito molte opinioni. Alcuni infatti dissero che la frazione non avveniva in questo sacramento secondo la realtà oggettiva, ma solo secondo l'impressione visiva degli astanti. - Questo però non è sostenibile. Perché in questo sacramento di verità i sensi non s'ingannano sugli oggetti di loro competenza: e tra questi c'è la frazione che divide una cosa in più parti, e queste cose rientrano tra i sensibili comuni, come nota Aristotele.
    Altri perciò dissero che nell'Eucarestia c'è una vera frazione, senza incidere sulla sostanza. - Ma anche questa opinione contraddice i nostri sensi. Appare infatti in questo sacramento un soggetto quanto, il quale, prima compatto, viene poi diviso in molte parti: e questo quanto è necessariamente il soggetto della frazione.
    D'altronde non si può dire che si franga il vero corpo di Cristo. Primo, perché è incorruttibile e impassibile. - Secondo, perché è presente tutto intero in ciascuna parte, come si è detto prima: e ciò è inconciliabile con la sua frazione.
    Resta dunque che la frazione, come gli altri accidenti, ha per soggetto le dimensioni quantitative del pane. E come le specie sacramentali sono il sacramento del vero corpo di Cristo, così tale frazione delle specie è il sacramento o simbolo della passione sofferta dal vero corpo di Cristo.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Nelle specie sacramentali, come rimangono la rarità e la densità, conforme a quanto si è detto sopra, così rimane anche la porosità, e di conseguenza la frangibilità.
    2. La durezza segue la densità. Perciò quando le specie sacramentali sono dense, sono anche dure: e con la durezza è naturalmente connessa la sonorità.
    3. Ciò che viene mangiato nella propria specie, viene anche franto e masticato nella propria specie. Ma il corpo di Cristo non viene mangiato nella propria specie, bensì sotto le specie sacramentali. Perciò S. Agostino, spiegando le parole evangeliche, "La carne non giova a nulla", scrive: "Esse si riferiscono a coloro che le interpretavano carnalmente. Avevano capito cioè che si trattasse di carne come quella fatta a pezzi in un animale ucciso, o venduta al macello". Quindi non è il corpo vero di Cristo che si frange, se non sotto le specie sacramentali. - Ed è in questo senso che va intesa la professione di Berengario: la frazione e la triturazione dei denti si riferiscono alle specie sacramentali, sotto le quali è presente il corpo di Cristo.

    ARTICOLO 8

    Se col vino consacrato si possano mescolare altri liquidi


    SEMBRA che col vino consacrato non si possano mescolare altri liquidi. Infatti:
    1. Il liquido che si mesce, prende le qualità del liquido in cui si mesce. Ma nessun liquido può prendere le qualità delle specie sacramentali, essendo esse accidenti senza sostanza, come si è detto. Dunque nessun liquido può mescolarsi con le specie sacramentali del vino.
    2. Se un liquido si mescolasse con quelle specie, necessariamente ne deriverebbe un composto unico. Ora non è possibile comporre un'unica cosa, né con il liquido suddetto che è una sostanza e le specie sacramentali che sono degli accidenti, né combinando codesto liquido con il sangue di Cristo, il quale a motivo della sua incorruttibilità non ammette addizioni o sottrazioni. Perciò nessun liquido può mescolarsi col vino consacrato.
    3. Se col vino consacrato si potesse mescolare altro liquido, anch'esso dovrebbe diventare consacrato, come l'acqua che si versa nell'acqua benedetta diventa anch'essa benedetta. Ma il vino consacrato è sangue di Cristo. Quindi anche il liquido aggiunto diventerebbe sangue di Cristo. In tal caso una sostanza diverrebbe sangue di Cristo per una via diversa dalla consacrazione: il che è inammissibile. Dunque nessun liquido può mescolarsi col vino consacrato.
    4. Se mescolando due cose una di esse si corrompe totalmente, non si ha più un composto, come osserva Aristotele. Ma l'aggiunta di qualsiasi liquido corrompe la specie sacramentale del vino, cosicché cessa di essere sotto di essa il sangue di Cristo. Sia perché il più e il meno sono differenze che distinguono e differenziano la quantità, come il bianco e il nero distinguono il colore. Sia perché il liquido aggiunto, non trovando ostacolo alcuno, si diffonde per tutte le specie consacrate: così viene a cessare in esse la presenza del sangue di Cristo, il quale non può esservi presente insieme ad altra sostanza. Perciò nessun altro liquido può mescolarsi col vino consacrato.

    IN CONTRARIO: I sensi constatano che altri liquidi si possono mescolare col vino dopo la consacrazione, esattamente come prima.

    RISPONDO: La soluzione del presente quesito deriva chiaramente da quanto si è già detto. Infatti sopra abbiamo spiegato che le specie, le quali rimangono in questo sacramento, come in virtù della consacrazione acquistano il modo di essere della sostanza, così acquistano di essa anche il modo di agire e di patire: ossia la capacità di fare e di ricevere quanto farebbe o riceverebbe la sostanza, se fosse ivi presente. Ora, è chiaro che se là ci fosse la sostanza del vino, con essa si potrebbe mescolare altro liquido.
    L'effetto però di tale aggiunta sarebbe diverso secondo la qualità e la quantità del liquido. Se infatti si aggiungesse in tanta quantità da potersi diffondere in tutto il vino, rimarrebbe tutto mescolato. Ora, ciò che è composto da due cose, non è più né l'una né l'altra delle due, ma tanto l'una che l'altra si converte nel composto che ne risulta. E in questo caso se il liquido aggiunto al vino fosse di altra natura, ne seguirebbe che il vino di prima cesserebbe di esistere. - Se invece il liquido aggiunto al vino fosse della stessa natura, p. es., altro vino, rimarrebbe la natura del vino, ma il vino non rimarrebbe numericamente lo stesso. E lo dimostra la diversità degli accidenti: quando l'uno fosse vino bianco e l'altro rosso.
    Se però il liquido aggiunto fosse tanto poco da non potersi diffondere per tutto, il vino non rimarrebbe mescolato in tutto ma solo in una sua parte. Questa evidentemente cambierebbe d'individualità per l'aggiunta di materia estranea. Il tutto però conserverebbe la medesima natura, non solo se quel poco liquido versatovi fosse vino, ma anche se fosse di altra natura, perché una goccia d'acqua versata in molto vino si cambia in vino, come osserva Aristotele.
    Ebbene, negli articoli precedenti si è dimostrato che il corpo e il sangue di Cristo rimangono in questo sacramento finché le specie conservano la propria identità numerica: poiché ad esser consacrato fu questo pane e questo vino determinato. Di conseguenza se si facesse un'aggiunta di liquido qualsiasi in tanta misura da diffondersi in tutto il vino consacrato e da fare miscuglio con esso, sparirebbe l'identità numerica e cesserebbe la presenza del sangue di Cristo. Se invece si aggiungesse un liquido in misura così scarsa da non potersi diffondere per tutto, ma solo per una parte delle specie, la presenza del sangue di Cristo cesserebbe in quella parte e rimarrebbe nelle altre.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Innocenzo III in una Decretale dichiara che "gli accidenti si fondono con il vino aggiunto; perché, se si aggiungesse dell'acqua, essa prenderebbe il sapore del vino. Accade così che gli accidenti mutano soggetto, come accade anche che il soggetto muti accidenti. La natura così cede al miracolo e la virtù divina opera fuori dell'ordine consueto". Questo però non si deve intendere nel senso che i medesimi accidenti passino numericamente dal vino consacrato al vino aggiunto, ma tale mutamento avviene a seguito di un'azione. Infatti gli accidenti del vino che rimangono, conservano le funzioni della sostanza, come si disse: e quindi è con una trasmutazione che raggiungono il liquido aggiunto.
    2. Il liquido aggiunto al vino consacrato non si mescola affatto alla sostanza del sangue di Cristo. Si mescola però alle specie sacramentali: tuttavia con tale mescolanza le dette specie si corrompono o in tutto o in parte, in conformità con quanto si disse sulla possibilità che da quelle specie si generi qualche altra cosa. Se si corrompono in tutto, non c'è altro da cercare: perché non ci sarà più che un tutto nuovo uniforme. Se invece si corrompono in parte, ci sarà un'unità di dimensioni e di massa quantitativa, ma non di sostanza, perché una parte di esse sarà priva di soggetto e un'altra legata alla sostanza; come se si formasse un corpo di due metalli: per la quantità sarà un corpo soltanto, ma non sarà un corpo omogeneo rispetto alla natura dei metalli.
    3. Come dice Innocenzo III nella Decretale suddetta, "se dopo la consacrazione del vino s'infonde nel calice altro vino, questo non si cambia nel sangue, né si mescola al sangue; ma mescolandosi agli accidenti del vino di prima, circonda d'ogni parte il sangue di Cristo ivi presente, senza mescolarsi con esso". Ciò deve intendersi per il caso in cui l'aggiunta del liquido estraneo non sia tanta da far cessare totalmente la presenza del sangue di Cristo. Allora si dice che lo "circonda d'ogni parte", non perché venga a contatto del sangue di Cristo secondo le dimensioni proprie di lui, ma secondo le dimensioni sacramentali in cui è contenuto. - Diverso è invece il caso dell'acqua benedetta: perché quella benedizione non produce alcun cambiamento nella sostanza dell'acqua, come invece la produce la consacrazione del vino.
    4. Alcuni hanno asserito che, per quanto piccola sia l'aggiunta di liquido estraneo, la sostanza del sangue di Cristo cessa di essere sotto tutta la specie. La ragione è quella riferita dall'argomento. Ma non è una ragione valida. Perché il più e il meno diversificano la quantità estesa non nella sua essenza, ma nelle sue dimensioni.
    Inoltre il liquido aggiunto può essere così scarso da non potersi diffondere dovunque, e quindi neppure nelle dimensioni: le quali, come abbiamo già spiegato, sebbene siano prive di soggetto, tuttavia oppongono a un altro liquido tanta resistenza quanta ne opporrebbe la sostanza se fosse presente.

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    Questione 78

    La forma di questo sacramento


    Passiamo ora a esaminare la forma di questo sacramento.
    In proposito si pongono sei quesiti: 1. Quale sia la forma di questo sacramento; 2. Se la forma della consacrazione del pane sia conveniente. 3. Se lo sia la forma della consacrazione del sangue; 4. L'efficacia di entrambe le forme; 5. La loro veridicità; 6. Il loro confronto reciproco.

    ARTICOLO 1

    Se la forma di questo sacramento sia la seguente: "Questo è il mio corpo", e: "Questo è il calice del mio sangue"


    SEMBRA che la forma di questo sacramento non sia la seguente: "Questo è il mio corpo ", e: "Questo è il calice del mio sangue". Infatti:
    1. Appartengono alla forma del sacramento le parole con le quali Cristo consacrò il suo corpo e il suo sangue. Ma Cristo, come dice il Vangelo, prima benedisse il pane che aveva preso in mano, e dopo soltanto disse: "Prendete e mangiate: questo è il mio corpo"; altrettanto fece con il calice. Dunque le suddette parole non sono la forma di questo sacramento.
    2. Eusebio di Emesa dice che "l'invisibile sacerdote converte nel suo corpo le visibili creature, dicendo: Prendete e mangiate, questo è il mio corpo". Dunque appartiene alla forma del sacramento tutta la frase. Lo stesso vale per le parole riguardanti il sangue.
    3. Nella forma del battesimo si esprime la persona del ministro e la sua azione, dicendo: "Io ti battezzo". Ma nelle suddette parole non c'è allusione alcuna alla persona del ministro né alla sua azione. Dunque non è conveniente la forma di questo sacramento.
    4. La forma del sacramento basta da sola a fare il sacramento, cosicché il sacramento del battesimo si può conferire a volte con le sole parole della forma, tralasciando tutte le altre. Se dunque le suddette parole sono la forma di questo sacramento, sarà possibile eventualmente celebrare questo sacramento proferendo queste parole soltanto, omettendo tutte le altre che si dicono nella messa. Ciò tuttavia è falso, perché, se si omettessero le altre, le suddette parole s'intenderebbero come se il sacerdote le pronunziasse in nome proprio, mentre il pane e il vino non si convertono nel corpo e nel sangue del sacerdote. Perciò le parole suddette non sono la forma di questo sacramento.

    IN CONTRARIO: S. Ambrogio scrive: "La consacrazione si fa con le parole e le affermazioni del Signore Gesù. Infatti con tutte le altre parole si loda Dio, si supplica per il popolo, per i re, per tutti gli altri. Ma quando compie il venerabile sacramento, il sacerdote non si serve più delle proprie espressioni, bensì delle parole di Cristo. Perciò è la parola di Cristo che compie questo sacramento".

    RISPONDO: Questo sacramento differisce dagli altri sacramenti in due cose. Primo, per il fatto che si compie mediante la consacrazione della materia; mentre gli altri sacramenti si compiono mediante l'uso della materia consacrata. - Secondo, per il fatto che negli altri sacramenti la consacrazione della materia consiste solo in una benedizione, per la quale la materia consacrata riceve strumentalmente una virtù spirituale che dal ministro, strumento animato, può passare in strumenti inanimati. Al contrario in questo sacramento la consacrazione della materia consiste in una miracolosa conversione della sostanza, che Dio solo può compiere. Perciò nel fare questo sacramento il ministro non ha altro ufficio che quello di proferire le parole.
    E poiché la forma dev'essere adeguata alla realtà, conseguentemente la forma di questo sacramento differisce in due maniere dalle forme degli altri sacramenti. Primo, nel fatto che le forme degli altri sacramenti esprimono l'uso della materia: p. es., battezzare o confermare; mentre la forma di questo sacramento esprime solo la consacrazione della materia, che consiste nella transustanziazione, e cioè con le espressioni: "Questo è il mio corpo", e "Questo è il calice del mio sangue". - Secondo, perché le forme degli altri sacramenti vengono proferite dal ministro in persona propria, sia in atto di fare, come quando si dice: "Io ti battezzo" o "Io ti confermo"; sia in atto di comandare, come quando nel sacramento dell'ordine si dice: "Ricevi il potere..."; sia in atto d'intercedere, come nel sacramento dell'estrema unzione: "Per questa unzione e per la nostra intercessione...". Al contrario la forma di questo sacramento viene proferita in persona di Cristo stesso che parla (direttamente): in modo da far intendere che il ministro nella celebrazione di questo sacramento non fa nient'altro che proferire le parole di Cristo.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Ci sono in proposito molte opinioni. Alcuni sostennero che Cristo, avendo potere di eccellenza sui sacramenti, compì questo sacramento senza alcuna forma verbale e dopo pronunziò le parole con le quali gli altri dovevano consacrare. Ciò sembra intendere Innocenzo III quando scrive: "Si può dire senza dubbio che Cristo prima consacrò per virtù divina, e poi espresse la forma con la quale avrebbero consacrato gli altri". - Ma contro questa opinione sta l'esplicita affermazione del Vangelo, in cui si dice che Cristo "benedisse": la quale benedizione fu fatta certamente con delle parole. Perciò la frase riferita di Innocenzo III esprime più un'opinione che una determinazione.
    Altri invece sostennero che quella benedizione fu fatta con delle parole che non conosciamo. - Ma nemmeno questo può stare. Perché la benedizione della consacrazione ora si compie ripetendo quanto fu fatto allora. Quindi se allora la consacrazione non avvenne in forza di queste parole, non avverrebbe neppure ora.
    Perciò altri affermarono che quella benedizione fu fatta anche allora con le stesse parole con le quali avviene adesso, ma Cristo le pronunziò due volte: prima segretamente per consacrare, poi manifestamente per istruire. - Ma neppure questo è sostenibile. Perché il sacerdote consacra proferendo queste parole, non come dette da Cristo nella benedizione segreta, bensì come pronunziate da lui palesemente. Di conseguenza, non avendo efficacia tali parole se non dall'essere pronunziate da Cristo, è chiaro che anche Cristo deve aver consacrato nel pronunziarle manifestamente.
    Altri perciò ritengono che gli Evangelisti nel raccontare non sempre hanno conservato l'ordine cronologico dei fatti, come nota S. Agostino. Cosicché l'ordine cronologico si potrebbe ricostruire nel modo seguente: "Preso il pane, lo benedisse dicendo: "Questo è il mio corpo"; quindi lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli". - Ma codesto senso si può ricavare dallo stesso testo evangelico, anche senza apportarvi dei cambiamenti. Perché il gerundio "dicendo" indica la concomitanza delle parole pronunziate con ciò che precede. E tale concomitanza non è necessario intenderla soltanto rispetto all'ultimo atto, quasi che Cristo abbia detto quelle parole nel momento di dare il pane ai suoi discepoli; ma può intendersi rispetto a tutto ciò che precede, così da avere questo senso: "Mentre benediceva e spezzava e dava ai suoi discepoli, disse queste parole: Prendete ecc.".
    2. Le parole: "Prendete e mangiate" esprimono l'uso della materia consacrata, uso che non è necessario alla validità di questo sacramento, come si è detto sopra. Perciò neanche queste parole sono essenziali alla forma.
    Nondimeno, poiché l'uso della materia consacrata contribuisce alla perfezione del sacramento, nel senso in cui l'operazione non è la prima, ma la seconda perfezione di una cosa, tutte le parole indicate concorrono a esprimere integralmente questo sacramento. Ed è in tal senso che Eusebio intese attribuire alle suddette parole l'efficacia sul sacramento, rispetto alla sua prima e seconda perfezione.
    3. Nel sacramento del battesimo il ministro compie un atto riguardante l'uso della materia, uso che è essenziale al battesimo stesso; l'uso invece non è mai tale nell'Eucarestia. Perciò il paragone non regge.
    4. Alcuni affermarono che questo sacramento non si può celebrare pronunziando le parole in questione e tacendo le altre, quelle particolarmente che sono nel canone della messa. - Ma ciò risulta falso. Sia dal testo sopra citato di S. Ambrogio, sia anche perché il canone della messa non è identico per tutte le chiese e per tutti i tempi, essendo state aggiunte cose diverse da persone diverse.
    Si deve dunque ritenere che, se il sacerdote pronunziasse solo le parole suddette con l'intenzione di celebrare questo sacramento, esso varrebbe; perché l'intenzione farebbe intendere codeste parole come proferite in persona di Cristo, anche se ciò non venisse espresso dalle parole precedenti. Nondimeno peccherebbe gravemente il sacerdote che celebrasse così, perché non rispetterebbe il rito della Chiesa. Il che non avviene nel battesimo, che è sacramento di necessità; invece, come nota S. Agostino, alla mancanza della comunione eucaristica può supplire la comunione spirituale.

    ARTICOLO 2

    Se "Questo è il mio corpo" sia la forma conveniente della consacrazione del pane


    SEMBRA che "Questo è il mio corpo" non sia la forma conveniente della consacrazione del pane. Infatti:
    1. La forma del sacramento deve esprimere l'effetto del sacramento. Ma l'effetto che si ottiene nella consacrazione del pane è la conversione della sostanza del pane nel corpo di Cristo, conversione che si esprime meglio col termine diviene che col termine è. Quindi nella forma della consacrazione si dovrebbe dire: "Questo diviene il mio corpo".
    2. S. Ambrogio scrive: "La parola di Cristo fa questo sacramento. Quale parola di Cristo? Quella che ha fatto ogni cosa: comandò il Signore e furono fatti i cieli e la terra". Dunque anche la forma di questo sacramento sarebbe stata più conveniente col verbo di modo imperativo: "Questo sia il mio corpo".
    3. Come il soggetto della proposizione in esame indica ciò che si converte, così il predicato indica dove termina la conversione. Ora, come è determinato ciò in cui la cosa si converte, ossia il corpo del Cristo, così è determinato ciò che si converte: infatti esso non è che il pane. Di conseguenza, come il predicato è espresso con un sostantivo, così si doveva indicare con un sostantivo anche il soggetto, dicendo: "Questo pane è il mio corpo".
    4. Ciò in cui termina la conversione, come appartiene a una natura determinata, essendo un corpo, così appartiene a una determinata persona. Dunque per indicare anche la persona si doveva dire: "Questo è il corpo di Cristo".
    5. Nelle parole della forma non si deve mettere nulla che non sia essenziale. Perciò non si può giustificare la congiunzione enim che troviamo in certi libri, la quale non appartiene all'essenza della forma.

    IN CONTRARIO: Il Signore usò questa forma nel consacrare, come risulta dal vangelo di S. Matteo.

    RISPONDO: Questa è la forma conveniente della consacrazione del pane. Sopra infatti abbiamo visto che tale consacrazione consiste nella conversione della sostanza del pane nel corpo di Cristo. Ora, è necessario che la forma del sacramento significhi ciò che il sacramento produce. Quindi anche la forma della consacrazione del pane deve significare la conversione del pane nel corpo di Cristo, nella quale si riscontrano tre elementi: la conversione, il termine di partenza e il termine di arrivo.
    Ebbene, la conversione si può considerare in due modi: nel suo compiersi e nella sua attuazione già avvenuta. Ora, nella forma della consacrazione del pane la conversione non doveva essere indicata nel suo compiersi, ma come attuata. Primo, perché questa conversione non è successiva ma istantanea, come si disse sopra, e nelle mutazioni istantanee il compiersi s'identifica con l'essere compiuto. - Secondo, perché le forme sacramentali servono a indicare l'effetto del sacramento, come le forme dell'arte servono a indicare l'effetto del lavoro. Ma la forma che guida l'arte non è che l'immagine del prodotto rifinito, cui l'artista mira con la sua intenzione: la forma dell'arte p. es., nella mente di un architetto è principalmente la forma della casa costruita, e solo secondariamente la forma della sua costruzione. Perciò anche nella forma della consacrazione del pane deve esprimersi la conversione come attuata, perché ad essa mira l'intenzione.
    Ma poiché la conversione stessa viene espressa in questa forma come compiuta, necessariamente gli estremi della conversione bisogna indicarli come sono al momento in cui la conversione si è già realizzata. Ebbene, allora il termine di arrivo ha la natura propria della sua sostanza, mentre il termine di partenza non conserva la sua sostanza, ma solo i suoi accidenti, con i quali si presenta ai sensi e secondo i quali è determinabile dai sensi. È giusto quindi che il termine di partenza venga indicato con il pronome dimostrativo, riferito agli accidenti sensibili che rimangono. Invece il termine di arrivo si esprime con un sostantivo, che indica la natura di ciò in cui la cosa si converte: e questo, come abbiamo notato, è il corpo di Cristo nella sua integrità e non la sola carne. Perciò la forma "Questo è il mio corpo" è convenientissima.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'effetto ultimo di questa consacrazione non è il divenire ma l'essere, come si è detto. E quindi nella forma si deve esprimere di preferenza quest'ultimo.
    2. Nella creazione agì la stessa parola di Dio che opera anche in questo sacramento, ma in modo diverso. Infatti qui essa opera sacramentalmente, ossia secondo la forza dell'espressione. Perciò è necessario indicare in questa forma l'ultimo effetto della consacrazione mediante un verbo sostantivo, di modo indicativo e di tempo presente. Nella creazione delle cose invece la parola di Dio operò soltanto come causa efficiente: e l'efficienza deriva dal comando della sua sapienza. Ecco perché nella creazione delle cose la parola di Dio si esprime con un verbo di modo imperativo, p. es.: "Si faccia la luce: e la luce fu".
    3. A conversione avvenuta il termine di partenza non conserva la natura della sua sostanza, come la conserva invece il termine di arrivo. E quindi non c'è parità.
    4. Con il pronome "mio", che implica l'indicazione della prima persona, cioè di quella che parla, è sufficientemente espressa la persona di Cristo, in nome della quale si proferiscono le parole, come si è detto.
    5. La congiunzione "enim" si mette in questa forma secondo l'uso della Chiesa Romana, che deriva dall'Apostolo Pietro. E si fa così per ricollegarsi alle parole precedenti. Essa quindi non appartiene alla forma, come non appartengono ad essa le parole che precedono la forma stessa.

    ARTICOLO 3

    Se "Questo è il calice del mio sangue ecc." sia la forma conveniente della consacrazione del vino


    SEMBRA che la formula "Questo è il calice del mio sangue, del nuovo ed eterno testamento, mistero di fede, che sarà sparso per voi e per molti in remissione dei peccati", non sia la forma conveniente della consacrazione del vino. Infatti:
    1. Come il pane si converte nel corpo di Cristo in forza della consacrazione, così il vino si converte nel suo sangue, come risulta da quanto abbiamo detto. Ora, nella forma della consacrazione del pane il corpo di Cristo è in caso retto, senza l'aggiunta di altro. Perciò non è giusto che nella consacrazione del vino il sangue di Cristo sia in caso obliquo, con l'aggiunta del "calice" in caso retto, dicendo: "Questo è il calice del mio sangue".
    2. Le parole dette nella consacrazione del pane non sono più efficaci delle parole dette nella consacrazione del vino, essendo le une e le altre parole di Cristo. Ma appena detto: "Questo è il mio corpo", la consacrazione del pane è fatta. Dunque appena detto: "Questo è il calice del mio sangue", è fatta la consacrazione del vino. Dunque le parole che vengono dopo, non appartengono alla forma: tanto più che esprimono solo certe proprietà di questo sacramento.
    3. Il nuovo Testamento sembra consistere in un'ispirazione interiore, come risulta dal fatto che l'Apostolo cita le parole di Geremia: "Contrarrò con la casa d'Israele un patto (o testamento) nuovo, mettendo le mie leggi nelle loro menti". Il sacramento invece si celebra in forma visibile ed esterna. Non è opportuno quindi che nella forma del sacramento si dica: "del nuovo Testamento".
    4. Nuovo si dice quanto è ancora prossimo all'inizio della sua esistenza. L'eterno invece non ha inizio nell'esistere. Perciò l'espressione "del nuovo ed eterno" non è a proposito, perché sembra implicare una contraddizione.
    5. È necessario allontanare dall'uomo ogni occasione di errore, come raccomanda Isaia: "Togliete dalla via del mio popolo ogni inciampo". Ma taluni errarono pensando che il corpo e il sangue di Cristo siano in questo sacramento misticamente soltanto. Dunque non era opportuno che in questa forma si dicesse: "mistero di fede".
    6. Sopra abbiamo detto che, come il battesimo è "il sacramento della fede", così l'Eucarestia è "il sacramento della carità". Perciò in questa forma non "di fede", ma "di carità" si sarebbe dovuto parlare.
    7. Questo sacramento, è per intero memoriale della passione del Signore, ciò sia per il corpo che per il sangue, secondo il testo di S. Paolo: "Ogni volta che mangerete di questo pane e berrete di questo calice, voi annunzierete la morte del Signore". Non dovrebbe quindi menzionarsi la passione di Cristo e il suo frutto solo nella forma della consacrazione del sangue e non in quella del corpo, tanto più che il Signore aveva detto: "Questo è il mio corpo che sarà dato per voi".
    8. La passione di Cristo, si è detto sopra, di suo è sufficiente per tutti, ma quanto a efficacia giova a molti. Si doveva dunque dire: "sarà sparso per tutti", o "per molti", ma senza aggiungere "per voi".
    9. Le parole con le quali si consacra questo sacramento, derivano la loro efficacia dall'istituzione di Cristo. Ma nessun evangelista riferisce che Cristo abbia detto tutte queste parole. Perciò la forma della consacrazione del vino non è conveniente.

    IN CONTRARIO: La Chiesa, istruita dagli Apostoli, usa questa forma nella consacrazione del vino.

    RISPONDO: Riguardo a questa forma ci sono due opinioni. Alcuni sostennero che è essenziale a questa forma solo la frase: "Questo è il calice del mio sangue", e non le parole successive. - Ma questa opinione non sembra giusta: perché le parole successive sono delle determinazioni del predicato, ossia del sangue di Cristo; e quindi appartengono all'integrità della formula.
    Per tale ragione altri con più verità ritengono essenziali alla forma tutte le parole successive fino alla proposizione: "Ogni volta che farete questo...", la quale, riguardando l'uso di questo sacramento, non è essenziale alla forma. È per questo che il sacerdote pronunzia tutte le suddette parole con lo stesso rito e atteggiamento, cioè tenendo il calice tra le mani. Del resto anche in S. Luca le parole successive vengono frapposte alle prime: "Questo calice è il nuovo testamento nel mio sangue".
    Si deve dunque ritenere che tutte le suddette parole sono essenziali alla forma: però con le prime, "Questo è il calice del mio sangue", si indica la conversione stessa del vino in sangue, come abbiamo spiegato per la forma del pane; invece con le altre parole si indica la virtù del sangue sparso nella passione, la quale opera in questo sacramento. Ora, la passione è ordinata a tre scopi. Primo e principalmente, a conferire l'eterna eredità, conforme al testo di S. Paolo: "In virtù del suo sangue abbiamo libero accesso al santuario". E ciò viene indicato dall'espressione: "del nuovo ed eterno testamento". - Secondo, tende alla giustizia della grazia che deriva dalla fede, come dice l'Apostolo: "Dio ha prestabilito lui (Gesù) quale mezzo di propiziazione per via della fede nel suo sangue, in modo da essere giusto lui e nello stesso tempo giustificante chi per la fede è di Gesù Cristo". E per indicare questo si aggiunge: "mistero di fede". - Terzo, è ordinata a rimuovere gli ostacoli, ossia i peccati che impediscono di raggiungere le due cose precedenti, secondo le parole di S. Paolo: "Il sangue di Cristo purificherà le nostre coscienze dalle opere morte", cioè dai peccati. E ciò viene espresso dalla frase: "che sarà sparso per voi e per molti altri in remissione dei peccati".

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. La frase: "Questo è il calice del mio sangue" è figura retorica e si può intendere in due modi. Primo, quale metonimia, poiché il contenente qui sta per il contenuto, nel senso seguente: "Questo è il mio sangue contenuto nel calice". Del calice si fa qui menzione, perché il sangue di Cristo viene consacrato in questo sacramento come bevanda dei fedeli: ciò che non è proprio del sangue; era dunque necessario che venisse indicato con il recipiente adatto a questo scopo.
    Secondo, si può intendere come metafora, cosicché il calice sarebbe indicato quale figura della passione di Cristo, la quale può inebriare come una coppa, secondo il testo di Geremia: "Mi ha riempito di amarezze, mi ha ubriacato di assenzio"; tanto che il Signore stesso chiamò calice la propria passione: "Passi da me questo calice". E allora il senso sarebbe: "Questo è il calice della mia passione". E di essa si fa menzione nel consacrare il sangue separatamente dal corpo; perché la separazione del sangue dal corpo avvenne con la passione.
    2. Poiché, come ora si è detto, il sangue consacrato a parte rappresenta chiaramente la passione di Cristo, l'effetto della passione doveva essere ricordato più nella consacrazione del sangue che nella consacrazione del corpo, soggetto della passione. E ciò viene indicato da quelle parole del Signore: "che sarà dato per voi", come per dire: "che per voi sarà assoggettato alla passione".
    3. Il testamento consiste nella disposizione circa un'eredità. Ora, Dio ha disposto di dare agli uomini l'eredità celeste in virtù del sangue di Gesù Cristo, perché, come dice l'Apostolo: "Dove c'è un testamento, occorre che intervenga la morte del testatore". Ebbene, il sangue di Cristo è stato dato agli uomini in due modi. Primo, in modo figurale: e ciò nell'antico Testamento. Perciò l'Apostolo conclude dicendo: "Neppure il primo Testamento fu inaugurato senza sangue", come si rileva dall'Esodo: "Dopo aver letto ogni prescrizione della legge, Mosè asperse l'intero popolo e disse: Questo è il sangue del testamento che il Signore ha concluso con voi".
    Secondo, esso fu dato nella realtà: ed è questa la caratteristica del nuovo Testamento. L'Apostolo così ne parla nel passo citato: "Il Cristo è il mediatore del nuovo Testamento, affinché, intervenuta la sua morte, gli eletti ricevano l'eterna eredità che è stata loro promessa". Perciò qui viene ricordato "il sangue del nuovo Testamento", perché questo non è più dato in figura, ma nella realtà, tanto che si aggiunge: "che sarà sparso per voi". - L'ispirazione interiore poi deriva dalla virtù del sangue, in quanto veniamo giustificati dalla passione di Cristo.
    4. Questo testamento è nuovo perché nuova è la sua offerta sacramentale. Ed è chiamato eterno, tanto a causa dell'eterno decreto di Dio, quanto a causa dell'eterna eredità di cui in questo testamento si dispone. Inoltre è eterna la persona stessa di Cristo, per il cui sangue è concessa tale disposizione testamentaria.
    5. La parola "mistero" è usata qui, non per escludere la realtà, ma per sottolineare il suo occultamento. Perché in questo sacramento il sangue stesso di Cristo è presente in modo occulto; e la sua passione stessa fu occultamente raffigurata nel vecchio Testamento.
    6. L'Eucarestia è denominata "sacramento di fede" perché oggetto di fede: che il sangue di Cristo infatti sia realmente presente in questo sacramento si crede solo per fede. Inoltre la passione stessa di Cristo giustifica per mezzo della fede. Il battesimo invece è detto "sacramento della fede" in quanto ne è una professione. - L'Eucarestia è poi "il sacramento della carità" nel senso che la rappresenta e la produce.
    7. Il sangue consacrato separatamente dal corpo rappresenta più chiaramente, come si è detto, la passione di Cristo. Ed è per questo che si rammenta la passione di Cristo e il suo frutto nel consacrare il sangue, piuttosto che nel consacrare il corpo.
    8. Il sangue della passione di Cristo non ha efficacia soltanto per la parte eletta dei Giudei, per i quali fu offerto il sangue dell'antico Testamento, ma anche per i Gentili; e non solo per i sacerdoti che celebrano questo sacramento o per gli altri che lo ricevono, ma anche per coloro per i quali viene offerto. Ecco perché viene detto espressamente "per voi", Giudei, "e per molti", per i quali viene offerto.
    9. Gli evangelisti non intendevano di far conoscere le forme dei sacramenti, che nella Chiesa primitiva bisognava tener nascoste, come osserva Dionigi. Ma intesero tessere la storia di Cristo.
    Nondimeno quasi tutte le suddette parole possono raccogliersi da diversi luoghi della Scrittura. Infatti la frase: "Questo è il calice" è in S. Luca e in S. Paolo. In S. Matteo poi si legge: "Questo è il mio sangue del nuovo Testamento, che sarà sparso per molti in remissione dei peccati". - Le aggiunte "eterno" e "mistero di fede" derivano dalla tradizione del Signore, giunta alla Chiesa tramite gli Apostoli, secondo l'attestazione di S. Paolo: "Dal Signore ho ricevuto ciò che ho trasmesso a voi".

    ARTICOLO 4

    Se nelle parole delle due forme suddette risieda una virtù creata capace di produrre la consacrazione


    SEMBRA che nelle parole delle due forme suddette non risieda nessuna virtù creata capace di produrre la consacrazione. Infatti:
    1. Il Damasceno afferma: "Solo per virtù dello Spirito Santo avviene la conversione del pane nel corpo di Cristo". Ma la virtù dello Spirito Santo è una virtù increata. Dunque per nessuna virtù creata di tali parole si compie questo sacramento.
    2. I miracoli non vengono compiuti per una virtù creata qualsiasi, ma solo per virtù divina, come abbiamo visto nella Prima Parte. Ma la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo è un'opera non meno miracolosa della creazione, o della formazione del corpo di Cristo nel seno della Vergine: cose che non poterono avvenire per nessuna virtù creata. Perciò neppure questo sacramento viene consacrato per una qualsiasi virtù creata delle parole suddette.
    3. Le parole in questione non sono parole semplici, ma composte di frasi e non si pronunziano simultaneamente, ma successivamente. Invece la conversione di cui parliamo, avviene istantaneamente, come si disse sopra: quindi è necessario che si compia per opera di una virtù semplice. Non si compie dunque per virtù di queste parole:

    IN CONTRARIO: S. Ambrogio scrive: "Se tanta è la forza della parola del Signore Gesù da far esistere ciò che prima non esisteva, quanto più agirà sulle cose esistenti e le cambierà in altre? Così quello che era pane prima della consacrazione, è ormai corpo di Cristo dopo la consacrazione, perché la parola di Cristo muta la creatura".

    RISPONDO: Alcuni affermarono che non c'è nessuna virtù creata, sia nelle parole suddette usate per compiere la transustanziazione, sia negli altri sacramenti per produrre i loro effetti. - Tale opinione, come sopra abbiamo spiegato, è inconciliabile con le affermazioni dei Santi Padri e contraddice alla dignità dei sacramenti della nuova legge. Di conseguenza, essendo questo sacramento più nobile degli altri, come sopra abbiamo visto, è evidente che nelle parole della forma di questo sacramento deve esserci una virtù creata capace di operare la conversione che in esso si compie: virtù però strumentale, analoga a quella degli altri sacramenti, come si disse sopra. Infatti quando queste parole vengono proferite in persona di Cristo, ricevono da lui per sua disposizione una virtù strumentale; come anche le altre sue azioni e parole, secondo le spiegazioni date, hanno strumentalmente una virtù salvifica.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quando si dice che solo per virtù dello Spirito Santo il pane si converte nel corpo di Cristo, non si esclude la virtù strumentale che è nella forma di questo sacramento; come quando si dice che solo il fabbro fa un coltello, non si esclude la virtù del suo martello.
    2. I miracoli nessuna creatura li può fare come agente principale; tuttavia li può fare strumentalmente, come il contatto stesso della mano di Cristo guarì il lebbroso. È appunto in tal modo che le sue parole convertono il pane nel suo corpo. Nulla di ciò poté invece avvenire nella concezione del corpo di Cristo al momento della sua formazione, così da concedere a una realtà qualsiasi derivante dal corpo di Cristo una virtù strumentale per la formazione di quel corpo medesimo. Neppure nella creazione c'era un termine di partenza su cui si potesse esercitare l'azione strumentale della creatura. Perciò questi paragoni non reggono.
    3. Le suddette parole, con le quali si compie la consacrazione, operano sacramentalmente. Perciò la virtù trasformante contenuta nelle forme di questo sacramento segue il loro significato, che diventa completo con la pronunzia dell'ultima parola. Quindi nell'ultimo istante del proferimento delle parole, queste ricevono la virtù strumentale, in relazione però a tutte le precedenti. Tale virtù è semplice rispetto a ciò che significano: sebbene nelle parole proferite esternamente ci sia una certa composizione.

    ARTICOLO 5

    Se le suddette proposizioni siano veridiche


    SEMBRA che le suddette proposizioni non siano veridiche. Infatti:
    1. Nella proposizione: "Questo è il mio corpo", il pronome "questo" indica la sostanza. Ma secondo quanto abbiamo spiegato, nel momento di dire "questo", c'è ancora la sostanza del pane, avvenendo la transustanziazione nell'ultimo istante del proferimento delle parole. Ora, la proposizione: "Il pane è il corpo di Cristo", è falsa. Dunque è falsa anche l'altra: "Questo è il mio corpo".
    2. Il pronome "questo" è dimostrativo rispetto ai sensi. Ma le specie sensibili presenti in questo sacramento non sono né il corpo stesso di Cristo né gli accidenti del corpo di Cristo. Perciò non può esser vera la frase: "Questo è il mio corpo".
    3. Queste parole, come abbiamo visto sopra, per il loro significato sono causa efficiente della conversione del pane nel corpo di Cristo. Ma la causa efficiente precede l'effetto. Quindi il significato di queste parole precede la conversione del pane nel corpo di Cristo. Prima però della conversione la proposizione: "Questo è il mio corpo" è falsa. Deve quindi giudicarsi falsa in senso assoluto. Lo stesso vale anche della formula: "Questo è il calice del mio sangue, ecc.".

    IN CONTRARIO: Queste parole vengono proferite in persona di Cristo, il quale dice di se stesso: "Io sono la verità".

    RISPONDO: Ci sono in proposito opinioni diverse. Alcuni pensarono che nella frase: "Questo è il mio corpo" il pronome "questo" fosse dimostrativo grammaticalmente e non efficientemente; perché tutta la proposizione avrebbe valore materiale, venendo proferita come un dato storico, in quanto il sacerdote riferisce che Cristo ha detto: "Questo è il mio corpo".
    Ma tale opinione è insostenibile. Perché nel caso le parole non verrebbero applicate alla materia sensibile presente, e allora non si compirebbe il sacramento; scrive infatti S. Agostino: "Si unisce la parola all'elemento e si ha il sacramento". - Inoltre con tale spiegazione non si supera affatto la difficoltà; perché le stesse ragioni valgono per la prima volta che Cristo proferì quelle parole: che certo allora non furono proferite materialmente, ma per attuarne il significato. Perciò è da ritenersi che anche quando vengono dette dal sacerdote, hanno un valore significativo e non soltanto materiale. E non importa che il sacerdote le riferisca come dette da Cristo. Perché per l'infinita virtù di Cristo, come dal contatto della sua carne la virtù di rigenerare raggiunse non solo le acque che lo lambirono, ma tutte le altre dovunque e per tutti i secoli futuri, così per il proferimento di queste parole da parte di Cristo esse ricevettero la virtù di consacrare, qualunque sia il sacerdote che le pronunzia, allo stesso modo che se a pronunziarle fosse presente Cristo medesimo.
    Altri perciò hanno pensato che il pronome "questo" nella proposizione esaminata sia dimostrativo, non rispetto ai sensi, ma rispetto all'intelligenza. Cosicché la frase "Questo è il mio corpo", vorrebbe dire: "Ciò che questo significa è il mio corpo".
    Neppure questo però è sostenibile. Perché, producendo i sacramenti quello che significano, non si otterrebbe con tale forma la presenza del corpo di Cristo in questo sacramento secondo la realtà, ma solo come in un segno che lo esprime. E questa è un'eresia, come sopra abbiamo visto.
    Altri per conseguenza hanno sostenuto che il pronome "questo" è dimostrativo rispetto ai sensi, ma non nell'istante in cui viene pronunziato, bensì nell'ultimo istante della forma, come quandò uno dice: Ora taccio, l'avverbio ora sta a indicare l'istante immediatamente successivo a quello in cui parla, nel senso: Appena dette queste parole, taccio.
    Ma neppure questa opinione si regge. Perché secondo tale spiegazione la frase avrebbe questo significato: "Il mio corpo è il mio corpo". In tal caso la formula non compirebbe ciò che significa, perché ciò è vero anche prima di proferire la forma. Neppure questo dunque è il significato della proposizione suddetta.
    Perciò si deve procedere diversamente, affermando che questa proposizione, come abbiamo già detto, ha la virtù di compiere la conversione del pane nel corpo di Cristo. Essa quindi sta alle altre proposizioni che hanno virtù soltanto significativa e non operativa, come l'idea dell'intelletto pratico, fattiva delle cose, sta all'idea dell'intelletto speculativo, derivata dalle cose: infatti "le parole sono segni dei concetti", per dirla con Aristotele. Perciò come i concetti dell'intelletto pratico non presuppongono le cose concepite, ma le compiono, così la verità di questa proposizione non presuppone la cosa significata, ma la compie: tale è infatti il rapporto della parola di Dio con le cose che produce. Ora, questa conversione non avviene per fasi successive, ma in modo istantaneo, come si è detto. È vero quindi che la proposizione in esame va intesa in rapporto all'istante conclusivo della locuzione: non si deve però sottintendere nel soggetto quello che è il termine della conversione, così da significare che il corpo di Cristo è il corpo di Cristo; neppure si deve sottintendere nel soggetto ciò che era prima della conversione, ossia il pane: ma si deve intendere nel soggetto ciò che è comune alle due cose, ossia la cosa genericamente contenuta sotto le specie. In realtà le parole della forma non fanno che il corpo di Cristo sia il corpo di Cristo, né che il pane sia il corpo di Cristo, ma che il contenuto di queste specie, il quale prima era pane, sia il corpo di Cristo. A bella posta il Signore non dice: "Questo pane è il mio corpo", come intende la seconda opinione, e neppure: "Questo mio corpo è il mio corpo", come vorrebbe la terza opinione: ma genericamente: "Questo è il mio corpo", senza specificare il soggetto con qualche sostantivo, bensì adoperando come soggetto il solo pronome, che indica la sostanza in genere senza specificazione, cioè senza una forma determinata.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il pronome "questo" indica la sostanza, ma senza determinarne la natura, come si è detto.
    2. Il pronome "questo" non indica gli accidenti, bensì la sostanza contenuta sotto gli accidenti, la quale prima era pane e dopo è il corpo di Cristo: e quest'ultimo, sebbene non si rivesta di tali accidenti, è nondimeno contenuto sotto di essi.
    3. Il significato di questa proposizione precede la cosa significata in ordine di natura, come la causa è per natura prima dell'effetto; non la precede però in ordine di tempo, perché questa causa implica simultaneamente il proprio effetto. E tanto basta alla verità della proposizione.

    ARTICOLO 6

    Se la forma della consacrazione del pane produca il suo effetto prima che termini la forma della consacrazione del vino


    SEMBRA che la forma della consacrazione del pane non produca il suo effetto finché non sia terminata la forma della consacrazione del vino. Infatti:
    1. Come per la consacrazione del pane comincia a essere presente il corpo di Cristo sotto questo sacramento, così per la consacrazione del vino incomincia a essere presente il sangue. Se dunque le parole della consacrazione del pane avessero il loro effetto prima della consacrazione del vino, succederebbe che in questo sacramento il corpo di Cristo comincerebbe a essere presente privo di sangue. Il che non è ammissibile.
    2. Un sacramento non può avere che un unico compimento: nel battesimo p. es., sebbene le immersioni siano tre, tuttavia la prima immersione non ha effetto finché non è a termine la terza. Ora, tutta la celebrazione eucaristica costituisce un unico sacramento, come sopra abbiamo visto. Perciò le parole con le quali si consacra il pane non conseguono il loro effetto, senza le parole sacramentali con cui si consacra il vino.
    3. Nella forma stessa della consacrazione del pane si hanno più parole, le prime delle quali non hanno effetto se non quando sia stata detta l'ultima, come si è spiegato. Dunque per lo stesso motivo anche le parole con cui si consacra il corpo di Cristo non hanno effetto, se non quando siano state proferite le altre con cui se ne consacra il sangue.

    IN CONTRARIO: Appena dette le parole della consacrazione del pane, l'ostia consacrata si mostra all'adorazione del popolo. Ma ciò non avverrebbe, se non vi fosse presente il corpo di Cristo, perché altrimenti sarebbe un atto d'idolatria. Dunque le parole della consacrazione del pane conseguono il loro effetto prima che siano pronunziate le parole della consacrazione del vino.

    RISPONDO: Alcuni dottori antichi ritennero che queste due forme, della consacrazione del pane e del vino, si aspettano a vicenda nell'operare: cioè la prima non raggiungerebbe il suo effetto finché non sia stata proferita la seconda.
    Ma questa opinione non è ammissibile, perché, come si è detto, alla verità della proposizione: "Questo è il mio corpo", si richiede per il verbo di tempo presente che la cosa significata sia simultanea alla significazione stessa della frase; altrimenti, se la cosa significata si aspettasse per il futuro, si userebbe un verbo di tempo futuro, non di tempo presente; e non si direbbe: "Questo è il mio corpo", bensì : "Questo sarà il mio corpo". Ora, il significato di questa frase si attua appena termina la pronunzia di tali parole. Occorre dunque che la cosa significata, effetto di questo sacramento, sia subito presente; altrimenti la proposizione non sarebbe vera. - Inoltre tale opinione è contro il rito della Chiesa, la quale subito dopo il proferimento di quelle parole adora il corpo di Cristo.
    Si deve dunque ritenere che la prima forma non aspetta la seconda nell'operare, ma produce subito il suo effetto.

    SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Dalla ragione esposta nella difficoltà sembra che siano stati ingannati quanti tennero la suddetta opinione. Si deve dunque ricordare che, dopo la consacrazione del pane sono presenti nella specie del pane, sia il corpo di Cristo in forza del sacramento, sia il suo sangue in forza della naturale concomitanza; invece dopo la consacrazione del vino, nelle specie del vino il sangue di Cristo è presente in forza del sacramento, e il corpo di Cristo per naturale concomitanza, cosicché tutto il Cristo è presente sotto l'una e sotto l'altra specie, come si è detto sopra.
    2. La completezza di questo sacramento è unica, come abbiamo visto precedentemente, in quanto è costituito di due cose, cioè di cibo e di bevanda, ciascuna delle quali però ha la propria perfezione. Invece le tre immersioni del battesimo sono ordinate a un unico e semplice effetto. Quindi il paragone non regge.
    3. Le varie parole che sono nella forma della consacrazione del pane, concorrono a dare il senso a una stessa proposizione; non così le parole delle due forme distinte. Quindi il caso è diverso.

 

 
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