Il miracolo del cretino
Il Commissario Tecnico della Nazionale Italiana, altrimenti noto fino a pochi mesi fa in ogni bar della stazione, facoltà universitaria, gabinetto dentistico, studio legale, salone di barbiere, seminario diocesano, trattoria di paese e redazione di giornale come "quel cretino di Trapattoni", ridiventa il genio che ha saputo dare cuore e testa agli stessi giocatori che si fecero sbattere fuori dalla Corea ed erano arrivati a un passo dal farsi buttar fuori dal prossimo Europeo.
Poiché chi scrive e il suo cane erano forse i soli due italiani, anzi il cane no perché neppure italiano è, che non hanno mai giudicato il Signor Trappola di Cusano Milanino nè un mago nè un idiota, oggi possiamo dire serenamente che il quattro a zero inflitto al Galles, con Trapattoni c'entra proprio un tubo, come appunto direbbero a Cusano Milanino per non dire parolacce.
Il Signor Trappola ha messo in campo praticamente la stessa gente e più o meno allo stesso modo, anzi, allo stesso "modulo" come si dice nel tragico "calcese" che sempre aveva messo in campo (per chi non lo conoscesse, il Trappoloni l'è un crapùn de la madòna ossia un tipo un po' ostinato) e non ha neppure cambiato marca di acqua benedetta. Sempre dallo stesso Dio arriva.
I veri trionfatori di San Siro, gli autori del miracolo che hanno trasformato le pippe di Dajeong nei bastonatori del Galles (il giorno dopo la terrificante mazzata per 8-1 inflitta dai loro fratellini ai boys Gallesi guidati dal mio futuro idolo, il giovane De Rossi) non sono Vieri, Nesta, Buffon, l'Inzaghi tornato a far gol e il Beato Del Piero Martire tornato a fare il suo mestiere di stellina.
I veri salvatori si chiamano Carraro e Gaucci, Galliani e le scimmiette sordo-mutole-cieche della Covisoc, Cragnotti e Ciuccio Gori, Moratti e Zamparini, Gasparri e tutta la banda di leccapiedi e farabutti che hanno fatto e inghiottito tutto, fino a produrre il decreto salva padroni del calcio gia respinto dalla Commissione della Ue perché è un'evidente immondizia statalista pagata da noi per salvare interessi privati.
Senza bisogno che nessuno glielo dicesse e forse senza neppure capirlo, i nostri eroi di cartapesta hanno intuito che l'aria è davvero cambiata e che indossare la maglia celeste, o quella rossa o nera o gialla o verde, non basta più ad attirare i polli che pagano i loro insensati stipendi e risparmiargli la fatica di trovare un lavoro a 30 anni, non sapendo fare nulla nella vita che non sia prendere a pedate un pallone di cuoio cucito in Pakistan.
La rabbia, la furia agonistica, il cuore, la voglia che abbiamo visto dispiegarsi contro il Galles e che speriamo di rivedere contro i (da me) temutissimi Slavi, sono l'atteggiamento di chi ha capito che, a parte gli irriducibili malati che farebbero l'abbonamento anche se la propria squadra traslocasse in Kazakhstan, ora devono conquistare o riconquistare spettatore per spettatore, tifoso per tifoso, uno per uno.
In questo inizio di settembre - andate a frugare negli archivi dei giornali - le puntuali figure barbine delle nostre nazionali venivano sempre giustificate con la formula dell'essere "a corto di preparazione". Che cosa è accaduto, in questo settembrer 2003? La preparazione non è più corta? No, la preparazione è sempre la stessa, è la voglia a essere cambiata. I nostri eroi non erano a corto di preparazione, erano a corto di voglia.
Ora sembrano averla ritrovata. La credibilità del calcio dipende ormai da loro, dai Vieri, dagli Inzaghi, dai Totti, dal rigorista Del Piero, da Buffon, come è sempre stato, perché il mito del "Mister" che prende un branco di carciofi e li trasforma nel nuovo Brasile è, appunto un mito. Giocare o non giocare bene, mettere la palla dentro o no, sgobbare a centro campo e fare il proprio dovere in difesa non dipendono mai dalle formule dell'allenatore, dai "moduli" (moduli di che, di CC postale?) o dalle chiacchiere, che un professionista di 30 anni sente ripetere da quando aveva sei anni.
Come dimostrò la Nazionale del 1982, che fece un girone di qualificazione ridicolo e poi decise di mettersi a giocare per conto proprio facendo sembrare Bearzot un Einstein del balùn, i tecnici, i CT, i mister, non parano, non tirano, non lanciano, non marcano, non inseguono, non passano. Tutto quello che possono fare è mettere i propri giocatori nelle condizioni e nella posizione per tirare o difendere. Il resto, il 99,9% non dipende mai da quel cretino di Trapattoni, da ma quei cretini con la maglia e le mutande corte che sembrano, finalmente, aver intuito che neppure loro sono esentati dal fare quello che uno svuota pitali all'ospedale, un commesso di supermercato, addirittura (non sempre) un giornalista deve fare ogni giorno, il proprio dovere.
Grazie, geometra Galliani, onorevole Gasparri, dottor Carraro, signor Gaucci. Ancora qualche mese di gestione così attenta e illuminata e onesta e trasparente del calcio italiano e qui rischiamo di vincere un Mondiale. Non mollate proprio adesso.
(7 settembre 2003)