Ancora una volta i tifosi organizzati, i cosiddetti ultras, si sono distinti per il loro comportamento vergognoso. Sempre in guerra con le forze dell'ordine, oggi si è raggiunto il paradosso, si è inscenata una farsa. Con la diffusione della falsa notizia della morte di un bimbo investito da una camionetta dei carabinieri, trasformatasi per altri nell'uccisione di un ragazzo di 16 anni (ma poco importava chi fosse la vittima, l'importante era crearne una), è partita la sceneggiata che ha visto unite le due tifoserie di Roma e Lazio. Al grido di "assassini, assassini" i tifosi hanno preteso che non si giocasse più; poveri dementi che dichiaravano di essere stati testimoni oculari dell'uccisione, quattro disperati che ancora una volta hanno vissuto in questo modo il proprio momento di gloria arrivando al risultato più alto, quello della sospensione della partita con tanto di minacce ai giocatori delle due squadre affinché si rifiutassero di riprendere il gioco. Follia allo stato puro, l'ennesima prova del branco, dei gruppi organizzati di tifosi che credono di ricoprire un ruolo centrale nella vita sociale solo esponendo uno striscione o cantando in una curva. Rigorosamente in guerra contro il nemico che oggi non è più costituito dalla tifoseria avversaria, almeno non solo da quella. Il principale nemico è costituito dalle forze dell'ordine. E' ancora vivo il ricordo dell'indecente aggressione che i tifosi del Napoli hanno compiuto verso i tutori dell'ordine pubblico lo scorso settembre nella triste gara di Avellino, oggi un altro caso clamoroso. Queste sono le nostre curve in tutta la piena espressione della propria demenza.
Il calcio ha perso, domani torneranno illustri psicologi a spiegarci le ragioni di fondo di una società malata. Per noi è semplice stupida violenza che va assolutamente circoscritta e repressa.